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Acufene

Farmaci e terapie

Quali farmaci per l’ Acufene?

Non esiste ad oggi una “cura definitiva” per l’acufene. Si tratta infatti di un sintomo che può derivare da cause differenti, e che spesso persiste anche dopo aver affrontato la condizione sottostante. Tuttavia, negli ultimi decenni la ricerca ha portato allo sviluppo di numerosi approcci farmacologici, riabilitativi e psicoterapeutici, che non eliminano l’acufene ma mirano a ridurne l’intensità e soprattutto l’impatto sulla qualità della vita (Kleinjung et al., 2024).

Il trattamento dell’acufene deve essere sempre personalizzato: non esiste un protocollo valido per tutti, ma un insieme di strategie combinate che rispondono al profilo clinico e psicologico del paziente. In generale, i migliori risultati si ottengono integrando counseling, terapia sonora e supporto psicologico, con o senza l’ausilio farmacologico.

L’acufene, insomma, non è un sintomo che può essere “spento” con una pillola, ma un fenomeno che va affrontato con un approccio globale e continuativo, in grado di restituire al paziente il controllo sulla propria vita (Kleinjung et al., 2024).

Terapie farmacologiche

Farmaci vasoattivi e metabolici

In passato sono stati ampiamente utilizzati farmaci mirati a migliorare la circolazione e il metabolismo cocleare, come la betaistina, il piracetam e altri vasodilatatori. Tuttavia, la letteratura mostra che i benefici clinici sono modesti e non sempre superiori al placebo (Baguley et al., 2013).

Antidepressivi e ansiolitici

Molti pazienti con acufene cronico sviluppano ansia e depressione. In questi casi, l’uso di antidepressivi triciclici (come l’amitriptilina) o inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) può ridurre la sofferenza soggettiva e migliorare il sonno, senza però agire direttamente sulla percezione del suono (Langguth et al., 2013). Anche le benzodiazepine sono state studiate, ma il loro utilizzo prolungato è limitato dal rischio di dipendenza.

Farmaci anticonvulsivanti e neuromodulatori

Alcuni studi hanno valutato il ruolo di farmaci che modulano l’eccitabilità neuronale, come la gabapentina e la carbamazepina, ipotizzando un effetto sulla plasticità maladattiva delle vie uditive. I risultati, tuttavia, sono contrastanti e non sufficienti a raccomandarne l’uso routinario (Henry et al., 2014).

Corticosteroidi

Nei casi di acufene improvviso associato a perdita uditiva acuta neurosensoriale (sordità improvvisa), la terapia con corticosteroidi sistemici o intratimpanici rappresenta lo standard di trattamento, con possibilità di recupero parziale o totale (Kleinjung et al., 2024).

Terapie non farmacologiche

Terapie sonore

L’idea di utilizzare suoni esterni per contrastare l’acufene non è nuova. Fin dagli anni ’70 si parlava di masking, ovvero l’impiego di rumori bianchi o suoni costanti per coprire temporaneamente la percezione del fischio o del ronzio. Questa strategia, sebbene semplice, ha aiutato molti pazienti a trovare sollievo, specialmente in ambienti silenziosi dove l’acufene diventa più evidente (Baguley et al., 2013).

Negli anni ’90 questa intuizione è stata sviluppata in maniera più strutturata con la nascita della Tinnitus Retraining Therapy (TRT) (Jasteboff, Hazell, 2009). La TRT non si limita a mascherare l’acufene, ma utilizza un arricchimento sonoro a basso livello, in combinazione con counseling psicologico mirato, con lo scopo di indurre un processo di abituazione. L’obiettivo non è eliminare il suono, ma ridurre progressivamente la sua rilevanza percettiva ed emotiva.

Negli ultimi anni, la TRT è stata affiancata da approcci più moderni che sfruttano le tecnologie digitali. Sono stati sviluppati dispositivi acustici che combinano la funzione di amplificazione uditiva (come un apparecchio acustico) con quella di generatore di suoni personalizzati, adattati allo spettro dell’acufene del singolo paziente. Inoltre, applicazioni per smartphone e piattaforme digitali offrono programmi di sound therapy integrata con moduli cognitivo-comportamentali, spesso sotto forma di coaching o chatbot (Kleinjung et al., 2024; Bardy et al., 2024).

Riabilitazione uditiva

Per i pazienti con ipoacusia, l’utilizzo di apparecchi acustici o impianti cocleari può ridurre significativamente la percezione dell’acufene, probabilmente grazie al miglioramento dell’input uditivo periferico e alla riduzione del “vuoto sonoro” che alimenta l’attività spontanea patologica (Henry et al., 2014).

Terapie psicologiche

Le forme croniche di acufene beneficiano spesso della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che aiuta a ridurre l’ansia, la depressione e l’attenzione ossessiva verso il sintomo. Studi clinici randomizzati hanno dimostrato che la CBT non elimina il suono percepito, ma migliora in maniera significativa la tolleranza e la qualità della vita (Cima et al., 2012).

Neuromodulazione

Negli ultimi anni sono stati sviluppati approcci innovativi di neuromodulazione, come la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) e la stimolazione elettrica transcranica a corrente continua (tDCS). Queste tecniche cercano di modulare l’attività anomala della corteccia uditiva. I risultati sono promettenti ma ancora eterogenei, e la loro applicazione rimane confinata a centri specializzati (Hoare et al., 2024).

Una novità particolarmente interessante è la stimolazione bimodale, che combina suoni con impulsi elettrici al nervo vago o al nervo trigemino. Studi preliminari hanno mostrato una riduzione significativa del fastidio da acufene in alcuni pazienti (Conlon et al., 2020).