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Anemia

Farmaci e terapie

Quali farmaci per l’ Anemia?

Il trattamento dell’anemia è etiologico quando possibile (correggere la causa: carenze nutrizionali, infiammazione, perdita di sangue, emolisi, difetti congeniti) e funzionale quando occorre ripristinare rapidamente l’ossigenazione tissutale o ridurre i sintomi. In pratica:

Anemia sideropenica (da carenza di ferro)

Ferro orale

Il ferro per os è la prima scelta nei pazienti stabili senza malassorbimento o perdite ematiche importanti. Preparati comunemente usati sono: solfato/fumarato/gluconato ferroso e, selettivamente, maltolo ferrico per migliorare tollerabilità gastrointestinale (Auerbach et al., 2025).

Evidenze fisiologiche e cliniche indicano che dosi a giorni alterni possono aumentare l’assorbimento frazionale (riducendo l’aumento di epcidina, ormone che limita l’assorbimento del ferro) e migliorare la tollerabilità: uno studio crossover su donne con carenza di ferro ha mostrato assorbimento maggiore del 34% con somministrazione a giorni alterni rispetto ai giorni consecutivi (Stoffel et al., 2017).
Tuttavia, sul piano clinico i risultati sono eterogenei: revisioni e studi recenti indicano efficacia comparabile tra schema quotidiano e a giorni alterni, con possibile migliore tollerabilità del secondo; la scelta va personalizzata (Dhanvijay et al., 2025; von Siebenthal et al., 2023)

Il trattamento prevede 60–120 mg/die di ferro elementare (o dose equivalente “a giorni alterni”) per 8–12 settimane, poi proseguire per 1–3 mesi per ricostituire le riserve (target ferritina >50–100 µg/L a seconda del contesto).

La vitamina C può aumentare l’assorbimento del ferro, ma l’effetto clinico è modesto; l’integrazione può essere presa in considerazione soprattutto se la dieta è povera di acido ascorbico.

Ferro endovenoso (EV)

Il ferro endovenoso è indicato nei seguenti casi: intolleranza/inefficacia del ferro orale, malassorbimento (celiachia, post-bariatrica), infiammazione cronica (CKD, scompenso cardiaco, IBD, cancro), necessità di rapido recupero (per esempio pre-operatorio) (DeLoughery et al., 2024).

Oggi sono disponibili diverse molecole con buone evidenze di efficacia e sicurezza: carbossimaltosio ferrico, derisomaltosio ferrico (isomaltoside di ferro), ferumoxytol, destrano di ferro a basso peso molecolare (Van Doren, Auerbach, 2023).

L’Ipofosfatemia da ferro EV è una complicanza riconosciuta, soprattutto con carbossimaltosio ferrico (FCM), mediata da aumento di FGF-23 (fattore di crescita dei fibroblasti 23) con fosfaturia: review e trial/consensus recenti ne delineano incidenza e gestione; rispetto ad altre formulazioni (p.es. ferumoxytol o derisomaltosio), FCM ha un rischio maggiore di ipofosfatemia, in genere transitoria ma talora clinicamente rilevante (Anker et al., 2025; Martens, Wolf, 2023; Zoller et al., 2023).

Quale ferro endovenoso scegliere? Le meta-analisi e confronti più recenti mostrano efficacia simile tra carbossimaltosio ferrico e saccarosio di ferro, con alcune differenze di rapidità e nel profilo degli eventi avversi; la scelta dipende da comorbidità, necessità di dose totale, rischio di ipofosfatemia e disponibilità (Tanriverdi, Sanci, 2025: Jin et al., 2024; Basha et al., 2021).

Anemia da malattia cronica/infiammazione e da malattia renale cronica (CKD)

L’anemia da infiammazione (in inglese Anemia of Inflammation o Anemia of Chronic Disease, ACD) è una forma di anemia normocitica o leggermente microcitica che si manifesta in corso di malattie croniche infiammatorie, neoplastiche o infettive — ad esempio artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali (IBD), lupus, neoplasie, infezioni croniche come la tubercolosi. L’infiammazione cronica provoca l’aumento dei livelli di citochine proinfiammatorie come l’interleuchina 1 e 6, il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa) e l’interferone-gamma. Queste citochine agiscono su due ormoni: aumentano la produzione di epcidina, ormone chiave nella regolazione del metabolismo del ferro, e riducono quella di eritropoietina, ormone renale che stimola la produzione di globuli rossi (eritrociti). L’aumento della produzione epatica di epcidina ha due effetti, da un lato blocca l’assorbimento del ferro intestinale e dall’altro il rilascio di ferro dai macrofagi, che lo riciclano dai globuli rossi vecchi. Di fatto il ferro rimane sequestrato nei macrofagi e nel fegato e non è più disponibile per il midollo osseo, sede di produzione di nuovi eritroci. Qui le citochine pro-infiammatorie mostrano un uteriore effetto negativo: riducono la risposta del midollo osseo all’eritropoietina, rendendo meno efficiente la sinteti di globuli rossi. Il risultato è poco ferro in circolo (sideremia bassa) a fronte di una quantità di ferro totale normale o aumentata nelle riserve. Questa situazione si traduce in ferritina  normale o alta (perché è una proteina di fase acuta), transferrina, sideremia e saturazione della transferrina basse.

Nell’anemia da malattia renale cronica (CKD) il meccanismo principale coinvolge le cellule peritubulari renali che producono eritropoietina. In caso di CKD tali cellule vanno incontro a fibrosi e a riduzione funzionale con conseguente minor sintesi di eritropoietina. La malattia cronica renale è anche una condizione infiammatoria cronica, quindi si associa ad aumento di epcidina e sequestro del ferro, aggravando ulteriormente la ridotta eritropoiesi. Inoltre, perdite di sangue croniche (dialisi, esami frequenti) e deficit nutrizionali (ferro, folati, vitamina B12) possono peggiorare l’anemia (Babitt, Lin, 2012).

Il trattamento dell’anemia da infiammazione prevede la correzione della malattia di base, la somministrazione di ferro endovenoso, soprattutto se la ferritina è <100 microg/L o la saturazione della transferrina (TSAT) <20% ed eventualmente somministrazione di eritropoietina (la risposta a questa molecola esogena è limitata). La terapia dell’anemia da malattia renale cronica invece si base, oltre alla somministrazione di ferro EV, sull’impiego di farmaci che stimolano la produzione di eritropoietina endogena o la sostituiscono (Ganz et al., 2019).

Agenti stimolanti l’eritropoiesi (ESA)

Inibitori di HIF-prolil-idrossilasi (HIF-PHI)

Nuova classe di farmaci orali (per esempio daprodustat, vadadustat) che mima l’ipossia stabilizzando il fattore di ipossia inducibile (HIF, Hypoxia-Inducible Factor) e aumenta l’eritropoietina endogena e il riciclo del ferro.

Quando preferirli? In pazienti selezionati che preferiscono/beneficiano della via orale, con attenta valutazione del profilo rischio-beneficio (Food and Drug Administration – FDA, 2023).

Anemie megaloblastiche: vitamina B12 e folati

Vitamina B12 (cobalamina)

L’anemia megaloblastica è caratterizzata da precursori dei globuli rossi più grandi del normale (megaloblasti) per un difetto di sintesi del DNA, tipicamente per deficit di vitamina B12 e/o folati. Le cause comprendono malassorbimento (anemia perniciosa, gastrite atrofica, post-chirurgia bariatrica), dieta vegana stretta, farmaci  ad esempio Metformina e inibitori di pompa protonica (IPP).
La terapia a base di vitamina B12 è parenterale (idrossicobalamina/cianocobalamina) per deficit gravi o malassorbimento; la terapia orale ad alto dosaggio può essere non inferiore in pazienti selezionati in medicina generale (studio clinico OB12) (Sanz-Cuesta et al., 2020; Sobczynska-Malefora et al., 2021; Wolffenbuttel et al., 2023).

Folati (acido folico)

Prima di iniziare la somministrazione di acido folico è neccessario escludere tra le cause di anemia un deficit di B12 per evitare di mascherare una neurotossicità da carenza di B12. Il trattamento prevede Acido folico orale (p.es. 1–5 mg/die) e la correzione della causa sottostante l’anemia.

Anemie emolitiche autoimmuni (AIHA) e disturbi da complemento

AIHA “calda” (warm AIHA)

E’ la forma di anemia emolitica autoimmune più frequente, in cui gli anticorpi (principalmente di classe IgG) attaccano i globuli rossi a temperature vicine a quella corporea (37°C). La terapia di prima linea è rappresentata dai corticosteroidi; se la risposta risulta inadeguata o se si verificano ricadute, il farmaco raccomandato è il Rituximab (seconda linea e sempre più utilizzato precocemente) (Barcellini, Fattizzo, 2021).
Nuove terapie sperimentali si basano su farmaci che bloccano le tirosin-chinasi SYK (Spleen Tyrosine Kinase) e BTK (Bruton’s Tyrosine Kinase) (inibitori SYK/BTK) (Berentsen, 2025).

Malattia da agglutinine fredde (CAD)

Si tratta di una forma rara di anemia emolitica autoimmune in cui gli autoanticorpi attaccano i globuli rossi a basse temperature. La terapia prevede integrazione di acido folico, farmaci che colpiscono gli autoanticorpi come il rituximab e farmaci diretti contro il complemento classico come sutimlimab (anti-C1s), che ha dimostrato rapide correzioni dell’emolisi e miglioramento di emoglobina e fatica (Roth et al., 2021).

Emoglobinuria parossistica notturna (EPN o PNH, Paroxysmal Nocturnal Hemoglobinuria)

L’emoglobina parossistica notturna è una malattia molto rara del sangue causata da una mutazione acquisita del gene PIGA nelle cellule staminali del midollo osseo. Questa mutazione fa sì che le cellule del sangue (soprattutto i globuli rossi) non possiedano alcune proteine protettive sulla loro superficie — le cosiddette proteine GPI-ancorate (come CD55 e CD59) — che normalmente le difendono dal sistema del complemento, un meccanismo di difesa del sistema immunitario. Senza queste proteine, i globuli rossi del paziente diventano vulnerabili all’attacco del complemento, che li distrugge prematuramente. Questo porta ad una emolisi intravascolare cronica, cioè alla rottura dei globuli rossi direttamente nel circolo sanguigno, con:

Il sistema del complemento è una cascata di proteine plasmatiche che distruggono microrganismi e cellule “anomale”. La frazione C5 è una proteina centrale di questa cascata: la sua attivazione genera C5a (un mediatore infiammatorio) e C5b, che dà origine al complesso di attacco alla membrana (MAC, C5b-9) responsabile della lisi dei globuli rossi nell’emoglobinuria parossistica notturna.

Gli inibitori di C5 (eculizumab, ravulizumab) bloccano questa fase terminale del complemento, impedendo la formazione del MAC e in questo modo controllano l’emolisi intravascolare e riducono la trombosi (Notaro, Luzzatto, 2022; Brodsky, 2021; Hillmen et al., 2006).

In alcuni pazienti perà persiste un’emolisi extravascolare da C3 (Blood Advances 2025). Infatti, nonostante gli inibitori di C5 blocchino l’emolisi “terminale”, resta un altro problema: le fasi precoci del complemento (C3) restano attive. Questo fa sì che frammenti di C3 si depositino sulla superficie dei globuli rossi, marcandoli per la rimozione da parte dei macrofagi nella milza e nel fegato. Questo tipo di distruzione si chiama emolisi extravascolare da C3 (avviene fuori dai vasi, nel sistema reticolo-endoteliale). Non causa crisi acute né urine scure, ma può determinare anemia residua nonostante la terapia con C5-inibitori. Studi recenti hanno mostrato che nuovi farmaci “più a monte” della cascata del complemento — ad esempio inibitori di C3 (pegcetacoplan) o inibitori di C1s — possono prevenire anche questa emolisi extravascolare, offrendo un controllo più completo sul processo emolitico (Kelly et al., 2025; Hillmen et al., 2021).

Emoglobinopatie e difetti dell’eritropoiesi

Talassiemie

Le talassemie sono malattie genetiche ereditarie del sangue dovute a mutazioni nei geni che codificano le catene dell’emoglobina (la proteina che trasporta l’ossigeno nei globuli rossi). L’emoglobina è composta da due catene alfa (α) e due beta (β): nella β-talassemia, è ridotta o assente la produzione delle catene beta; nella α-talassemia, è compromessa la sintesi delle catene alfa.

Il difetto genetico determina uno squilibrio tra le catene globiniche, con accumulo di quelle in eccesso che danneggiano i precursori eritroidi nel midollo osseo con conseguente eritropoiesi inefficace, anemia cronica e distruzione precoce dei globuli rossi.

Le forme cliniche comprendono:

Il trattamento si basa su:

Sindrome mielodisplastica (MDS) a basso rischio

Le sindromi mielodisplastiche (MDS) sono malattie clonali acquisite del midollo osseo, tipiche dell’età adulta-avanzata, in cui le cellule staminali ematopoietiche producono cellule del sangue morfologicamente anomale (displastiche) e inefficienti. L’eritropoiesi è inefficace, con conseguente anemia cronica e, talvolta, neutropenia o piastrinopenia.

Nel gruppo a basso rischio, il rischio di trasformazione in leucemia acuta è basso e la sopravvivenza è relativamente lunga. L’anemia è la manifestazione principale e spesso rappresenta la maggiore causa di sintomi.

Il trattamento prevede:

Trasfusione di emazie: quando e come

Le trasfusioni rimangono terapia di supporto per anemia sintomatica o severa. Le linee guida internazionali (AABB2023, NICE, WHO) suggeriscono diversi valori di soglia di emoglobina (Hb) per attivare una trasfusione (Carson et al., 2021 e 2023):

Quando la trasfusione viene eseguita presto – in genere per valori di emoglobina di 9-10 g/dL – anche in assenza di sintomi severi si parla di strategia “liberale”. L’obiettivo è quello di prevenire sintomi o ischemia e il vantaggio principale la maggiore sicurezza nei pazienti più fragili o ischemici. Quando, viceversa, si interviene per valori di emoglobina più bassi – in genere 7-8 g/dL – o in presenza di sintomi clinici significativi di anemia si parla di strategia “restrittiva”. La filosofia alla base di questo approccio è quella di intervenire “solo se necessario” e il vantaggio principale è il minor numero di trasfusioni, di complicanze e minore sovraccarico di ferro.

In molte condizioni mediche stabili, le strategie restrittive (soglie Hb ~7–8 g/dL) sono non inferiori alle strategie liberali. Evidenze scientifiche supportano l’approccio restrittivo nella popolazione generale e una maggiore cautela nei cardiopatici. Nell’infarto miocardico acuto, lo studio clinico MINT non ha mostrato superiorità della strategia liberale rispetto alla restrittiva a 30 giorni. Le raccomandazioni ematologiche 2024 suggeriscono prudenza nelle sindromi coronariche e nei pazienti con malattia cardiovascolare dove alcuni segnali di sicurezza sembrano favorire strategie meno restrittive (Hébert et al., 1999; Ducrocq et al., 2021; Carson et al., 2021; Carson et al., 2023a; Natanson et al., 2024).

Percorso pratico orientato all’eziologia (pazienti adulti)

Supporto trasfusionale: strategie restrittive in molte condizioni; individualizzare in pazienti con malattia cardiovascolare (CVD)/sindrome coronarica acuta (ACS) (Carson et al., 2022).