Quali farmaci per l’ Angina Pectoris?
La gestione dell’angina pectoris ha l’obiettivo di alleviare i sintomi ischemici, prevenire eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico, morte improvvisa) e migliorare la qualità e l’aspettativa di vita. Il trattamento si articola in due componenti principali:
Terapia antianginosa sintomatica
Nitrati
I nitrati rappresentano la classe storica dei farmaci antianginosi. Agiscono come donatori di ossido nitrico (NO), inducendo vasodilatazione venosa prevalente, che riduce il precarico ventricolare e, in misura minore, la tensione parietale e la richiesta miocardica di ossigeno.
Gli effetti collaterali includono cefalea, ipotensione e, raramente, sincope. Sono controindicati con inibitori della fosfodiesterasi-5 (es. sildenafil) per rischio di severa ipotensione (Gibbons et al., 2003).
Beta-bloccanti
I beta-bloccanti sono farmaci di prima scelta nei pazienti con angina cronica stabile, soprattutto se associata a ipertensione, tachiaritmie o pregresso infarto. Riducono la frequenza cardiaca, la contrattilità e la pressione arteriosa, abbassando la domanda di ossigeno.
I beta-bloccanti sono inefficaci e talvolta controindicati nell’angina variante (vasospastica), perché possono accentuare il tono coronarico (Knuuti et al., 2020).
Calcio-antagonisti
I calcio-antagonisti agiscono inibendo i canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo L, determinando una vasodilatazione coronarica e periferica, e riducendo il postcarico.
Sono i farmaci di elezione nell’angina di Prinzmetal, spesso associati a nitrati a lunga durata (Gibbons et al., 2003).
Ivabradina
L’ivabradina è un farmaco di nuova generazione che riduce la frequenza cardiaca attraverso inibizione selettiva del canale If nel nodo senoatriale, senza influire sulla contrattilità o sulla pressione arteriosa.
È indicata in pazienti con frequenza cardiaca elevata (>70 bpm) che non tollerano o non rispondono ai beta-bloccanti. Studi come BEAUTIFUL e SIGNIFY hanno mostrato effetti benefici sintomatici, ma non sulla mortalità cardiovascolare.
Ranolazina
Ranolazina agisce riducendo il flusso di sodio tardivo intracellulare, migliorando la funzione diastolica miocardica e la perfusione coronarica subendocardica. Non ha effetti emodinamici significativi.
è utile nei pazienti refrattari ad altre terapie o con angina microvascolare, e può essere usata in combinazione con beta-bloccanti o calcio-antagonisti.
Terapia per la prevenzione cardiovascolare
Antiaggreganti piastrinici
L’aspirina (75–100 mg/die) è raccomandata a tutti i pazienti con angina cronica, a meno di controindicazioni, per prevenire la trombosi intraplacca.
Nei pazienti intolleranti all’aspirina, può essere utilizzato clopidogrel (75 mg/die).
La doppia antiaggregazione (DAPT) con aspirina + P2Y12-inibitore (clopidogrel, ticagrelor) è riservata a pazienti sottoposti a stenting coronarico, secondo durata e tipo di stent (Amsterdam et al., 2014).
Statine
Le statine, inibitori della HMG-CoA reduttasi, sono fondamentali per ridurre la progressione dell’aterosclerosi e stabilizzare la placca.
La terapia statinica ha dimostrato di ridurre eventi ischemici e mortalità cardiovascolare, indipendentemente dal livello basale di colesterolo (Knuuti et al., 2020).
ACE-inibitori / ARB
Indicati nei pazienti con angina associata a ipertensione, diabete, disfunzione ventricolare sinistra o insufficienza renale. Agiscono migliorando la funzione endoteliale, riducendo il rimodellamento miocardico e la pressione arteriosa.
Esempi: ramipril, perindopril, valsartan, losartan. Gli studi HOPE e EUROPA hanno confermato il beneficio clinico nei pazienti con rischio cardiovascolare elevato.
Anticoagulanti orali (in selezione)
Non sono di routine nella gestione dell’angina stabile, ma diventano necessari in presenza di:
Si utilizzano anticoagulanti diretti (DOAC: apixaban, rivaroxaban) o warfarin, in base al profilo del paziente.
Strategie terapeutiche integrate
Il trattamento dell’angina cronica va sempre personalizzato, in funzione di:
La strategia farmacologica può essere sufficiente, ma in presenza di sintomi refrattari o ischemia significativa documentata, si prende in considerazione la rivascolarizzazione, tramite angioplastica coronarica (PCI) o bypass aorto-coronarico (CABG), come verrà discusso nei prossimi capitoli.