Home News About us Comitato scientifico Iscriviti Utenti Etica Contenuti Guida Faq Stage Contatti
Logo Pharmamedix
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Artrosi

Cause

Quali sono le cause dell’ Artrosi?

L’Artrosi – nota anche come osteoartrosi – è il risultato di una complessa interazione tra fattori biologici, meccanici, metabolici e genetici che si combinano nel tempo a determinare alterazioni strutturali e funzionali dell’articolazione. Per lungo tempo la malattia è stata interpretata semplicemente come un’usura della cartilagine, ma negli ultimi anni la ricerca ha mostrato che il danno coinvolge l’intera unità articolare e diversi processi biochimici di danno e rigenerazione maladattativa (Coaccioli et al., 2022; Tong et al., 2022).
È dunque utile distinguere tra i fattori che predispongono l’articolazione alla malattia (fattori di rischio) e i meccanismi che effettivamente guidano la progressione (fisiopatologia).

Fattori predisponenti (cause primarie e secondarie)

Tra i fattori predisponenti all’artrosi rivestono un ruolo centrale l’età avanzata, il sesso femminile, il sovrappeso/obesità, i precedenti danni articolari, l’allineamento articolare alterato e i fattori genetici. Per esempio, l’invecchiamento comporta riduzione della capacità di rigenerazione della cartilagine, alterazione dei condrociti (le cellule della cartilagine articolare) e incremento della risposta infiammatoria di basso grado (Tong et al., 2022; He et al., 2020).
L’obesità ha una duplice azione: da un lato aumenta il carico meccanico sulle articolazioni portanti (ginocchio, anca), dall’altro promuove un’attivazione infiammatoria metabolica che favorisce il danno tissutale. Lesioni articolari pregresse – come fratture intra-articolari, distorsioni, meniscectomie – generano una instabilità o un’alterata distribuzione dei carichi che anticipano l’insorgenza di artrosi cosiddetta “secondaria”. Anche varianti genetiche predisponenti, ancora in parte poco definite, sembrano determinare una maggiore suscettibilità a danno tissutale articolare (Yao et al., 2023; Xia et al., 2014).
In sintesi, la presenza di uno o più di questi fattori crea un “terreno” articolare vulnerabile, nel quale gli stress meccanici o biochimici attivano la cascata patogenetica.

Fisiopatologia: da unità cartilaginea a «malattia dell’intera articolazione»

Un concetto ormai consolidato è che l’artrosi non riguarda solo la cartilagine articolare, ma l’intera articolazione – cartilagine, osso subcondrale, sinovia, legamenti, capsula e muscolatura peri-articolare – con alterazioni integrate (Coaccioli et al., 2022).

Cartilagine e condrociti

La cartilagine articolare è tessuto avascolare, ricco di matrice extracellulare costituita da collagene di tipo II e proteoglicani, con elevato contenuto d’acqua, fondamentale per assorbire e distribuire il carico meccanico. I condrociti mantengono l’equilibrio tra sintesi e degradazione della matrice. Con l’avanzare dell’età e in presenza di alterazioni meccaniche o biochimiche, i condrociti subiscono stress cellulare: modificano il fenotipo, producono meno proteoglicani e collagene, e più enzimi degradativi come le metalloproteinasi (MMP) e ADAMTS (A Disintegrin and Metalloproteinase with Thrombospondin repeats, gruppo di enzimi coinvolti nella scissione delle proteine nella matrice extracellulare) (Yao et al., 2023; He et al., 2020).
Il risultato è un’assottigliamento della cartilagine, fissurazioni, perdita della lubrificazione articolare, aumento dell’attrito e delle microlesioni. Tali alterazioni iniziano spesso in modo subclinico, ma nel tempo diventano progressivamente rilevabili radiologicamente.

Osso subcondrale e osteofiti

Parallelamente alla compromissione cartilaginea, l’osso subcondrale – lo strato osseo immediatamente al di sotto della cartilagine – subisce alterazioni: si verifica sclerosi (aumento della densità ossea), formazione di cisti subcondrali, alterazione vascolare e rimodellamento osseo. Queste modificazioni alterano la meccanica articolare, incrementano la rigidità della giunzione cartilagine-osso e favoriscono la progressione del danno. È stato osservato che lesioni nell’osso subcondrale possono precedere la perdita significativa della cartilagine (Coaccioli et al., 2022).
Inoltre, margini articolari sviluppano osteofiti (escrescenze ossee) che rappresentano tentativi di riorganizzazione/rigenerazione, ma alterano ulteriormente la congruenza e la funzionalità articolare.

Sinovia, capsula e infiammazione articolare

La sinovia – la membrana che riveste l’articolazione e produce liquido sinoviale – non è mera spettatrice: l’artrosi presenta oggi un’attiva componente infiammatoria, sebbene a basso grado rispetto alle artriti infiammatorie. La sinovite (infiammazione sinoviale) è associata all’attivazione di macrofagi, produzione di citochine pro-infiammatorie (es. interleuchina-1β, TNF-α) e sostanze degradative che accelerano il danno cartilagineo (Coaccioli et al., 2022).
Anche la capsula articolare e i legamenti peri-articolari rispondono a tali processi con fibrosi, ispessimento e alterazione del microambiente articolare.

Muscolatura e biomeccanica articolare

La funzione muscolare peri-articolare è fondamentale per la stabilità e la distribuzione del carico. Un deficit muscolare – ad esempio debolezza del quadricipite nel ginocchio – altera la biomeccanica, aumentando l’instabilità e la sollecitazione di aree vulnerabili. I difetti di allineamento o l’alterata distribuzione dei carichi (es. ginocchio in valgismo/varismo) rappresentano co-fattori importanti. La biomeccanica è così strettamente intrecciata con i processi biologici: la sovrasollecitazione meccanica genera microtraumi, attiva risposte cataboliche condrocitarie e favorisce l’innesco del danno (Diamond et al., 2024).

Meccanismi molecolari e segnalatori

A livello molecolare, sono stati identificati numerose vie di segnalazione (pathway) che orchestrano la degenerazione articolare. Tra questi, la via NF-κB (fattore nucleare kappa B) e le MAP chinasi (mitogen-activated protein kinases) giocano un ruolo centrale nell’attivazione della risposta infiammatoria e nella produzione di enzimi degradativi (Fazio et al., 2024; Yao et al., 2023).
Altre vie includono Wnt/β-catenina, TGFβ/BMP, AMPK, mTOR e RUNX2, che regolano rispettivamente l’omeostasi della matrice, il rimodellamento osseo, l’energia cellulare e la differenziazione delle cellule mesenchimali (Yao et al., 2023).
L’invecchiamento cellulare o senescenza dei condrociti è un ulteriore meccanismo: cellule condrocitarie “invecchiate” producono più fattori infiammatori, meno rigenerativi e contribuiscono al fenotipo degenerativo. Inoltre, l’epigenetica – ad esempio modificazioni del DNA, microRNA – influenza l’espressione di geni coinvolti nella degradazione della matrice e nell’infiammazione (Tong et al., 2022).
Infine, il concetto di sensibilizzazione centrale e periferica del dolore è rilevante: non sempre la gravità radiologica del danno corrisponde alla sintomatologia dolorosa, poiché le vie nervose periferiche e centrali modulano la percezione del dolore nell’artrosi (Alad et al., 2025).

Progressione della malattia

La progressione dell’artrosi si instaura quando i meccanismi di riparazione tissutale non riescono a controbilanciare le forze di danno. Il carico meccanico ripetuto, l’infiammazione cronica, il rimodellamento osseo e la riduzione della funzione muscolare creano un circolo vizioso: la cartilagine lesionata genera alterazioni meccaniche che agiscono sull’osso subcondrale, che a sua volta peggiora la biomeccanica articolare, favorendo ulteriore danno cartilagineo. Contemporaneamente, la sinovia attivata rilascia mediatori che accelerano la degradazione. Ad un certo punto, gli osteofiti e la fibrosi capsulare riducono la mobilità, alimentando la rigidità e la perdita funzionale.
In questa fase, compaiono sintomi clinici più evidenti: dolore persistente, riduzione della gamma articolare, limitazione funzionale, che spesso condizionano attività quotidiane e qualità della vita.

Implicazioni cliniche e importanti riflessioni

Comprendere i meccanismi dell’artrosi ha implicazioni pratiche. Riconoscere che l’articolazione è un «organo complesso» e non solo la cartilagine cambia l’approccio terapeutico: oltre al controllo del dolore, si punta alla modifica del carico articolare (ad esempio riduzione del peso corporeo, esercizio mirato), alla correzione di malallineamenti o instabilità, al contrasto dell’infiammazione sinoviale, e al miglioramento della funzione muscolare.
In pratica, una persona sovrappeso con instabilità del ginocchio e sintomi iniziali di artrosi dovrebbe essere indirizzata non solo alla terapia farmacologica, ma anche a un programma di riabilitazione, modifica dello stile di vita e, se indicato, valutazione ortopedica per allineamento.
Va inoltre tenuto presente che, nonostante l’evoluzione delle conoscenze, oggi non esiste ancora una terapia che consenta di invertire completamente il danno dell’artrosi o “guarire” la malattia. Le nuove strategie terapeutiche emergenti mirano a modulare i pathway molecolari, la sensibilizzazione del dolore e la rigenerazione tissutale (Salman et al., 2023).