Farmaci e terapie
Quali farmaci per l’ Artrosi?
Nella gestione dell’artrosi gli interventi farmacologici e non farmacologici mirano a:
- ridurre il dolore e migliorare la funzionalità articolare;
- preservare la qualità della vita e ridurre la disabilità;
- ritardare, per quanto possibile, la progressione strutturale, pur consapevoli del fatto che oggi non esistono terapie in grado di guarire o invertire in modo affidabile il danno articolare avanzato (Lane, 2025; Richard et al., 2023).
Le linee guida internazionali concordano sul fatto che l’approccio terapeutico non farmacologico (educazione del paziente, esercizio fisico, controllo del peso corporeo) costituisca la base del trattamento: i farmaci sono un complemento al contesto globale (Gibbs et al., 2023; Katz et al., 2021).
Trattamento farmacologico: principi generali
Il trattamento farmacologico deve essere personalizzato, tenendo conto della gravità dei sintomi, delle articolazioni coinvolte, delle comorbidità del paziente (ad es. patologie cardiovascolari, renali, epatiche, gastrointestinali), e del profilo di rischio/beneficio di ciascun farmaco.
Le azioni farmacologiche si articolano principalmente in:
- analgesici (per il controllo del dolore);
- farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o inibitori selettivi della COX-2;
- iniezioni intra-articolari (corticosteroidi, acido ialuronico);
- cosiddetti “farmaci sintomatici a lenta azione” (Symptomatic Slow Acting Drugs in Osteoarthritis – SYSADOA) come glucosamina e condroitina;
- terapie emergenti con potenziale “disease-modifying” (modificatrici della malattia) che ad oggi sono in fase di sperimentazione e non ancora stabilmente raccomandate nelle linee guida (Gezer, Ostar, 2023; Primorac et al., 2021).
È importante sottolineare che, come evidenziato da una metanalisi sistematica di lungo termine pubblicata su JAMA, anche nella migliore delle ipotesi l’efficacia dei farmaci per l’artrosi risulta modesta e vi è grande incertezza sui risultati a medio-lungo termine (Gregori et al., 2018).
Analgesici e FANS
- Paracetamolo (acetaminofene): storicamente spesso utilizzato come prima linea per il dolore lieve da artrosi. Tuttavia le evidenze mostrano un’efficacia limitata e le linee guida più recenti ne raccomandano l’uso in modo condizionato, in particolare nei pazienti in cui i FANS sono controindicati (Richard et al., 2123; Primorac et al., 2021).
- FANS: rappresentano il fulcro del trattamento farmacologico del dolore articolare. I FANS non selettivi (es. ibuprofene, naprossene) e i COX-2 selettivi (es. celecoxib) sono indicati in assenza di controindicazioni (ulcera peptica, insufficienza renale, insufficienza cardiaca, rischio cardiovascolare elevato). Una metanalisi, relativa a 33 studi clinici con focus su artrosi del ginocchio, ha trovato che solo il celecoxib ha mostrato un’associazione con una riduzione del dolore a lungo termine (differenza media standardizzata o SMD –0,18) rispetto a placebo, ma l’effetto era piccolo e l’incertezza elevata (Gregori et al., 2018).
Nella pratica clinica occorre valutare attentamente il profilo rischio-beneficio, utilizzare la dose efficace di farmaco più bassa per il tempo più breve possibile, e considerare strategie di protezione gastrica o selezione più sicura (in pazienti a rischio). Le linee guida indicano i FANS come terapia di prima scelta per il dolore da artrosi delle anche e del ginocchio, nei pazienti candidati, e in assenza di rischio elevato (Gibbs et al., 2023; American College of Rheumatology - ACR, 2019).
Iniezioni intra-articolari
Le iniezioni intra-articolari rappresentano un’opzione per la gestione del dolore e della infiammazione articolare localizzata.
- Corticosteroidi intra-articolari: offrono sollievo nel breve termine, in particolare in fasi acute o esacerbazioni del dolore articolare. Le linee guida le considerano utili come intervento a breve termine, ma l’efficacia a lungo termine è limitata e non vi è evidenza di modifica strutturale della malattia (Katz et al., 2021; Gregori et al., 2018).
- Acido ialuronico: l’uso è controverso. Alcuni studi segnalano benefici a medio termine, ma la prova di efficacia a lungo termine è debole e le raccomandazioni variano tra le società scientifiche (Primorac et al., 2021).
Nel complesso, queste opzioni vengono riservate ai pazienti con artrosi da moderata a grave, quando la terapia sistemica non è sufficiente, e sempre all’interno di un contesto condiviso con il paziente circa benefici attesi, durata dell’effetto e costi.
SYSADOA: glucosamina, condroitina e analoghi
I farmaci cosiddetti SYSADOA includono la glucosamina solfato e la condroitina solfato, concepiti per avere effetto sintomatico e potenzialmente modificatore della cartilagine. Nella metanalisi a lungo termine, pubblicata su JAMA e precedentemente citata, la glucosamina solfato ha mostrato un’associazione con miglioramento del dolore (SMD –0,29) e della funzione, e persino una variazione favorevole sulla riduzione dello spazio articolare (narrowing) (SMD –0,42) rispetto a placebo. Tuttavia, gli autori sottolineano l’elevata incertezza dei dati (Gregori et al., 2018).
Nonostante ciò, le raccomandazioni delle linee guida sono variegate: alcune società la suggeriscono come opzione aggiuntiva nei pazienti con artrosi del ginocchio o dell’anca, se ben tollerata, con l’avvertenza di sospenderla se non si osserva beneficio entro 6 mesi (Richard et al., 2023; American College of Rheumatology - ACR, 2019).
È importante ricordare che non tutti i prodotti in commercio sono equivalenti: la formulazione “prescrizione-grado” di glucosamina solfato è quella studiata e raccomandata, mentre preparazioni generiche o integratori alimentari non sempre hanno gli stessi dati di efficacia.
Altre opzioni farmacologiche e adjuvanti
- Duloxetina: antidepressivo con azione analgesica centrale, ha mostrato efficacia in alcuni studi per il dolore da artrosi dell’anca o del ginocchio e viene citata nelle linee guida come opzione «complementare» (Primorac et al., 2021; Gregori et al., 2018).
- Oppioidi e analgesici forti: le linee guida maggioritarie sconsigliano o raccomandano con forte cautela l’uso cronico di oppioidi nell’artrosi, per il profilo rischio/beneficio sfavorevole (dipendenza, effetti collaterali sistemici) (Richard et al., 2023; Katz et al., 2021).
- Altri farmaci (bisfosfonati, stronzio ranelato, agenti modificatori ossei): la metanalisi pubblicata su JAMA ha rilevato qualche associazione con rallentamento della riduzione dello spazio articolare (condroitina, stronzio ranelato), ma al momento tali farmaci non sono raccomandati routinariamente nell’artrosi per la mancanza di prove solide e per problemi di sicurezza (es. stronzio ranelato nella osteoporosi) (Gregori et al., 2018).
Terapie emergenti e modificatrici di malattia (DMOAD)
Un’area di grande interesse è rappresentata dallo sviluppo di farmaci modificatori di malattia (Disease-Modifying Osteoarthritis Drugs – DMOAD) che possano rallentare o arrestare la progressione strutturale dell’artrosi. Negli ultimi anni sono stati esplorati diversi target biologici (fattore di crescita FGF-18, modulazione della via Wnt, anticorpi contro il fattore di crescita nervosa NGF, inibitori di metalloproteinasi, terapie geniche) ma finora nessuna molecola è entrata stabilmente nella pratica clinica con raccomandazione di prima linea (Siddiq et al., 2024; Gezer, Ostor, 2023).
Strategie d’uso clinico e integrazione nel percorso di cura
L’applicazione clinica delle terapie farmacologiche nell’artrosi richiede attenzione su più fronti:
- Integrazione con interventi non farmacologici: poiché il trattamento dell’artrosi è multifattoriale, i farmaci vanno sempre inseriti in un piano più ampio che comprende educazione, esercizio fisico (rafforzamento muscolare, mobilità articolare), controllo del peso corporeo, correzione di fattori biomeccanici come il disallineamento e l’alterato carico articolare). Le linee guida sottolineano che senza questo contesto i farmaci da soli raramente garantiscono un buon risultato (Gibbs et al., 2023).
- Scelta del farmaco adeguata al paziente: ad esempio, nei pazienti anziani o con comorbilità cardiovascolari, la scelta di un FANS va fatta con estrema cautela; nei pazienti con dolore lieve, valutare di iniziare con analgesici più sicuri; in pazienti selezionati le iniezioni intra-articolari possono essere utili.
- Monitoraggio della risposta e degli effetti collaterali: ad esempio, se si impiega glucosamina solfato, valutare l’efficacia dopo 3-6 mesi: se assente, sospendere; monitorare funzionalità epatica/renale nei FANS, protezione gastrica quando indicata; documentare la durata dell’effetto delle iniezioni e pianificare il follow-up.
- Gestione delle aspettative del paziente: è importante comunicare che l’artrosi è cronica e che l’obiettivo è il controllo dei sintomi e il mantenimento della funzione, non la guarigione completa. È necessario spiegare che l’effetto farmacologico può essere modesto, che i benefici variano da paziente a paziente, e che la progressione strutturale non è al momento completamente modificabile.
- Approccio graduale e personalizzato: non esiste “un farmaco universale”; la terapia va adattata alla gravità della malattia, alle articolazioni coinvolte, alle esigenze del paziente (ad esempio attività sportive, lavoro, qualità della vita), e al profilo rischio/beneficio individuale.
Evidenze cliniche recenti: limiti e prospettive
La metanalisi di lungo termine pubblicata su JAMA e più volte citata, che ha incluso 33 studi clinici randomizati con oltre 22 000 pazienti con artrosi del ginocchio, ha messo in luce che l’efficacia dei farmaci convenzionali è limitata e l’incertezza elevata (Gregori et al., 2018). Allo stesso modo, revisioni più recenti segnalano che le prove per molte terapie “nuove” sono ancora frammentarie e che servono studi ben disegnati su ampi campioni e con durata adeguata per chiarire l’efficacia e la sicurezza (Richard et al., 2023; Gezer, Oster, 2023)).
Dal punto di vista clinico ciò significa che, sebbene la farmacoterapia abbia un ruolo chiaro, non va sopravvalutata e deve essere orientata verso un utilizzo ragionato, sicuro e integrato nel percorso complessivo del paziente. Le linee guida più recenti (es. del American College of Rheumatology e della Osteoarthritis Research Society International) raccomandano in modo condizionato l’uso di molti interventi farmacologici, a fronte di evidenze di qualità variabile (Gibbs et al., 2023; American College of Rheumatology - ACR, 2019).
Considerazioni specifiche per articolazioni diverse e gravità della malattia
La maggior parte delle evidenze è concentrata sull’artrosi del ginocchio e dell’anca, le sedi più studiate. Nella pratica clinica:
- In artrosi iniziale o da lieve a moderata: privilegiare interventi non farmacologici, analgesici e FANS solo se necessario, e valutare SYSADOA.
- In artrosi da moderata a grave con sintomi persistenti: considerare iniezioni intra-articolari, ottimizzare terapia farmacologica, valutare candidabilità ad interventi chirurgici (protesi) se indicato.
- In presenza di comorbidità importanti (es. insufficienza renale, patologia cardiovascolare): utilizzare farmaci con cautela, dosi più basse, e monitoraggio più attento.
Situazioni di cautela e controindicazioni
Alcuni aspetti fondamentali da considerare:
- FANS: rischio di sanguinamento gastrointestinale, insufficienza renale acuta, aumento del rischio cardiovascolare, peggioramento dell’ipertensione.
- Paracetamolo: rischio epatico, efficacia modesta.
- iniezioni intra-articolari: rischio di infezione (anche se basso), aumento temporaneo del dolore post-iniezione, effetto temporaneo e variabile.
- SYSADOA: in generale buon profilo di tollerabilità, ma necessaria verifica dell’efficacia individuale; non sostituiscono i FANS nei pazienti con dolore intenso.
- Terapie emergenti: uso ancora sperimentale, sicurezza a lungo termine da definire.
Prospettive future
Il campo della ricerca sull’artrosi è in evoluzione: nuovi target biologici, terapie geniche, modulatori della via Wnt, anticorpi ant-NGF stanno emergendo. Tuttavia, come osservato, «non ci sono al momento terapie stabilmente raccomandate che modificano la malattia». Le sfide includono l’eterogeneità dei pazienti, la variabilità nella progressione della malattia, la difficoltà di identificare biomarcatori affidabili e la necessità di studi clinici lunghi con outcome adeguati. Nel frattempo, la medicina personalizzata, l’identificazione dei sottotipi di artrosi (meccanico, metabolico, post-traumatico) e un’attenta selezione del paziente potrebbero migliorare l’efficacia terapeutica.