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Criptosporidiosi

Diagnosi

Come si diagnostica la Criptosporidiosi?

Gli esami disponibili per diagnosticare la criptosporidiosi comprendono:

La diagnosi di criptosporidiosi si basa sulla ricerca dell’agente patogeno nelle feci della persona potenzialmente infetta. Tale analisi può essere effettuata mediante l’uso della microscopia o tramite l’individuazione del genoma o degli antigeni del criptosporidium, il protozoo che causa l’infezione. Poiché l’eliminazione fecale delle oocisti del criptosporidium può essere intermittente, si raccomanda l’analisi di almeno due campioni di feci per paziente.

La proliferazione del protozoo in cultura non è possibile (Arrowood, 2002).

L’esame microscopico del campione biologico (feci) è un esame diagnostico economico, ma che richiede buona capacità di colorazione del campione e abilità visiva. La colorazione del campione serve per evidenziare le oocisti che altrimenti potrebbero essere confuse con altre componenti fecali. La sensibilità del test è del 70-80% con colorazione acido-resistente (colorazione di Ziehl Neelsen modificata: colorazione rosa intenso delle oocisti, colorazione verde delle altre componenti fecali, come detriti, lieviti e batteri). Altre tecniche di diagnosi comprendono la microscopia a contrasto di fase, la tecnica di Kinyoun e la microscopia a immunofluorescenza con anticorpi monoclonali marcati con fluoresceina.

I test basati sull’identificazione degli antigeni delle oocisti presentano una sensibilità e specificità più alta dell’esame microscopico. Il test di ricerca degli antigeni utilizza tecniche immunologiche quali l’immunofluorescenza, l’immunocromatografia o metodi immunoenzimatici (sensibilità del test: 70-100%).

Il test di ricerca del DNA, tramite PCR (Polymerase Chain Reaction), consente di identificare l’agente patogeno anche quando nelle feci sono presenti un numero molto piccolo di oocisti, e di distinguere le diverse specie di Cryptosporidium. La PCR consente la diagnosi di quasi il doppio dei casi identificati con metodi microscopici (Guidelines for Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in HIV-Infected Adults and Adolescents, 2019).

I test sierologici per la ricerca di anticorpi specifici verso il criptosporidium sono utilizzati non a fini diagnostici, ma epidemiologici (prevalenza dell’infezione nella popolazione). I test sierologici infatti possono essere negativi nella fase iniziale dei sintomi clinici (falso negatico) e possono risultare positivi (persistenza degli anticorpi) quando l’episodio acuto si è risolto (falso positivo) (Feldman et al., 2016).