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Criptosporidiosi

Farmaci e terapie

Quali farmaci per la Criptosporidiosi?

Diversi sono i farmaci studiati per il trattamento della criptosporidiosi, ma nessuno ha dimostrato piena efficacia, soprattutto nei bambini e nei pazienti con deficit del sistema immunitario, che rappresentano le categorie più a rischio di sviluppare infezioni gravi e persistenti. Nei pazienti con sistema immunitario efficiente (pazienti immunocompetenti), infatti, l’infezione protozoaria presenta un andamento benigno e autolimitante. Per questi pazienti è in genere sufficiente intervenire con una terapia sintomatica e/o di supporto.

Il farmaco di prima linea raccomandato per la terapia della criptosporidiosi è la nitazoxanide, antiparassitario e antielmintico ad ampio spettro (il farmaco, non disponibile in Italia, è commercializzato negli USA con il marchio Alinia e in Australia con il marchio Cryptaz). Altri farmaci sperimentati, con risultati limitati, hanno compreso la paromomicina, la spiromicina, l’azitromicina, la rifaximina, la rifabutina (Checkley et al., 2015). E’ in fase clinica di studio la clofazimina (Chavez, White, 2018).

La nitazoxanide ha evidenziato efficacia terapeutica nei pazienti adulti immunocompetenti, ma è risultata scarsamente efficace nei bambini e nei pazienti immunodepressi.

La nitazoxanide è indicata in caso di diarrea persistente nei pazienti immunocompetenti con la seguente posologia: 500 mg due volte al giorno per via orale nei pazienti adulti e nei ragazzi fino a 12 anni; 200 mg due volte al giorno nei bambini di età compresa tra 4 e 11 anni; 100 mg due volte al giorno nei bambini con età compresa tra 1 e 3 anni. La durata della terapia è di tre giorni indipendentemente dall’età del paziente (Esposito et al., 2014).

Nei pazienti con deficit del sistema immunitario, il controllo dell’infezione si ottiene con il miglioramento della risposta immunitaria. Nei pazienti con AIDS, è fondamentale la terapia antiretrovirale, associata a reidratazione e reintegrazione elettrolitica ed eventualmente a farmaci sintomatici per il controllo della diarrea (la tintura di oppio può essere più efficace della loperamide; l’octreotide non è in genere raccomandata). Eventualmente, possono essere associati nitazoxanide in dosi elevate (500-1000 mg per via orale, 2 volte al giorno per 14 giorni), oppure paromomicina (500 mg per via orale, una volta al giorno, per 14-21 giorni) (Guidelines for Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in HIV-Infected Adults and Adolescents, 2019). I pazienti con HIV e conta dei linfociti CD4+ > 200 cell/microlitro sembrano in grado di eliminare spontaneamente il criptosporidium nell’arco di un mese. I pazienti invece con conta dei CD4+ < 50 cell/microlitro possono sviluppare una colite fulminante simile a quella osservata con il colera (Rugarli, 2015). L’introduzione della terapia antiretrovirale altamente efficace (HAART, highly active antiretroviral therapy) ha ridotto enormemente l’impatto della criptosporidiosi nei pazienti HIV-positivi. Gli inibitori delle proteasi sono risultati inibire il criptosporidium in vivo e in modelli animali (Mele et al., 2003; Hommer et al., 2003). Nei paesi in via di sviluppo, dove l’accesso alla terapia HAART è più difficile, le oocisti di criptosporidium sono rilevabili nelle feci fino al 74% dei pazienti con AIDS e diarrea cronica; nei paesi in cui è disponibile la terapia HAART, l’incidenza della criptosporidiosi nei pazienti con AIDS è inferiore a 1 caso per 1000 persone anno (Buchacz et al., 2010).

Nei bambini ospedalizzati, affetti da malnutrizione con criptosporidosi, la somministrazione di nitazoxanide è risultata efficace nel ridurre la mortalità infantile (Amadi et al., 2002). In pazienti con AIDS e criptosporidiosi, quando ancora non erano disponibili terapie antiretrovirali ad elevata efficacia, la nitazoxanide (2g/die per 14 giorni) è risultata efficace nell’eliminare le oocisti di criptosprodium dalle feci deil 90% dei pazienti con CD4+ > 50 cellule/ microL (contro il 71% dei pazienti trattati con 1 g/die di farmaco), ma non nei pazienti con CD4+ < 50 cellule/microL (Rossignol et al., 1998). In uno studio che ha analizzato l’uso compassionevole di nitazoxanide in pazienti con AIDS, i dati hanno confermato quanto già emerso negli studi clinici randomizzati. I pazienti che hanno risposto al farmaco (66%) erano soprattutto quelli con il titolo più alto di CD4+ (risposta immunitaria più efficiente) e di questi, la maggior parte ha evidenziato risposta clinica entro le prime due settimane di trattamento. La dose massima di nitazoxanide somministrata è stata di 3 g/die, risultata ben tollerata: gli effetti collaterali riportati dai pazienti erano prevalentemente di tipo gastrointestinale, non distinguibili da quelli dovuti alla criptosporidiosi. La durata media del trattamento è stato di 62 giorni (durata massima: 4 anni) (Rossignol, 2006).

Per quanto riguarda gli altri farmaci studiati – paromomicina, azitromicina, rifaximina e rifabutina, nessuno approvato per la criptosporidiosi - sono riportati in letteratura casi sporadici di efficacia in pazienti con AIDS (Cobada, White, 2010; Hewitt et al., 2000; White et al., 1994). Una meta analisi di 11 studi pubblicati relativo all’uso della paromomicina per il trattamento della criptosporidiosi nell’uomo ha riportato un tasso di risposta del 67% che, al netto dei casi di recidiva, sul lungo periodo, scende al 33% (Guidelines for Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in HIV-Infected Adults and Adolescents, 2019).

Nitazoxanide e paromomicina possono essere utilizzate in gravidanza, a partire dal secondo trimestre, nelle pazienti con sintomi gravi. La prima non è risultata teratogena negli animali, ma non dispone di dati sull’uso in donne in gravidanza. La seconda è caratterizzata da un assorbimento sistemico limitato che minimizza il rischio potenziale in gravidanza. Per entrambi i farmaci, comunque, l’uso nel primo trimestre di gravidanza non è raccomandato (Guidelines for Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in HIV-Infected Adults and Adolescents, 2019).