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Diabete Mellito

Cause

Quali sono le cause del Diabete Mellito?

Le cause del diabete mellito sono:

A seconda della causa, il diabete mellito è classificato in diabete di tipo 1, diabete di tipo 2, diabete gestazionale, tipologie specifiche di diabete (World Health Prganization -WHO, 1999).

Diabete di tipo 1
Il diabete mellito di tipo 1 è causato dalla mancata produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas. In questa forma di diabete che si sviluppa generalmente nel bambino o nel giovane adulto, il deficit di insulina è dovuto alla progressiva distruzione delle cellule che producono l’ormone. La causa può essere autoimmunitaria (si sviluppano anticorpi diretti verso le cellule beta) o idiopatica (non associata ad altre malattie e di cui non si conosce la causa). Lo sviluppo di anticorpi potrebbe riconoscere cause ambientali (incluso fattori dietetici) o genetiche. A questo proposito è stato infatti osservato che il rischio di sviluppare diabete mellito nei gemelli omozigoti è pari al 30-40%, per scendere al 5-10% nei gemelli eterozigoti e al 2-5% nei fratelli. Esisterebbe quindi una predisposizione genetica a sviluppare il diabete legata alla risposta immunitaria. Sono stati identificati alcuni patogeni che potrebbero innescare una reazione immunitaria che porterebbe nel tempo a manifestare il diabete mellito di tipo 1: virus della parotite, citomegalovirus, virus Coxackie B, virus responsabili dell’encefalomiocardite. Poichè la velocità di distruzione del tessuto pancreatico varia da individuo ad individuo, il diabete mellito di tipo 1 si può manifestare ad età diverse.

Nel diabete mellito di tipo 1, la terapia si basa sulla somministrazione esogena di insulina, che deve essere fornita per tutta la durata della vita.

Diabete di tipo 2
Nel diabete mellito di tipo 2 la causa è data dalla incapacità delle cellule target (cellula muscolare striata e cellula adiposa) di rispondere adeguatamente all’insulina (resistenza all’insulina) associata o meno ad un deficit nella produzione dell’ormone. Il diabete di tipo 2 si sviluppa generalmente in persone con più di 50 anni, ma sono possibili forme precoci di malattia.

Da studi in vivo sembra che l’insulino-resistenza posse essere causata da una particolare proteina, identificata con il nome RANKL capace di  provocare un'infiammazione al fegato. Tale proteina è già stata individuata in altri processi infiammatori in cui sembra svolgere un ruolo fondamentale: l'artrite reumatoide e l'artrite psoriasica (Tanaka, 2013; Xue et al., 2012). Elevati livelli di questa proteina sono stati individuali anche in altre condizioni patologiche, come le malattie cardiovascolari, le frattura osse e l'osteoporosi, il mieloma multiplo, la psoriasi, e le malattie infiammatorie intestinali.

La proteina RANKL è una citochina appartenente alla stessa famiglia del Tumor necrosis factor (TNF). Le cellule epatiche e le cellule beta del pancreas (le cellule secernenti insulina) possiedono recettori per la proteina RANKL. Quando la proteina interagisce con il suo recettore innesca una cascata di eventi che determina l'attivazione dei geni deputati alla sintesi dei mediatori dell'infiammazione. A livello epatico questo si traduce in un aumento dell'insulino-resistenza e a livello pancreatico nell'induzione dell'apoptosi (morte cellulare programmata) delle cellule beta. Sembra che la concentrazione plasmatica di proteina RANKL correli con il grado di insulino-resistenza e con il rischio di sviluppare diabete (Kiechl et al., 2013).

Tra i farmaci con attività anti-RANKL ricordiamo il pioglitazone e la metformina, entrambi indicati nel trattamento del diabete mellito di tipo 2; gli ACE inibitori usati nella cura dell'ipertensione, dell'infarto miocardico e nell'insufficienza cardiaca; il denosumab, anticorpo monoclonale per la cura dell'osteoporosi in menopausa e delle metastasi osse; l'amlexanox usato per l'asma e la cura delle afte in bocca.

L’obesità è un fattore di rischio di diabete di tipo 2. I pazienti obesi spesso presentano intolleranza verso l’insulina che può evolvere nel tempo ad una condizione di disglicemia fino a diabete conclamato. Nei pazienti in sovrappeso e intolleranza ai carboidrati, la combinazione di un’alimentazione ipocalorica associata ad esercizio fisico quotidiano ha ridotto del 58% il rischio di diabete di tipo 2 (Lindstrom et al., 2003).

Nel diabete mellito di tipo 2 l’approccio terapeutico iniziale è volto alla riduzione del peso (spesso i pazienti sono in sovrappeso o obesi) privilegiando alimenti a basso contenuto di grassi saturi e colesterolo e uno stile di vita meno sedentario, a cui si aggiunge, quando necessario, l’uso di diverse classi di farmaci ipoglicemizzanti, inclusa l’insulina, che possono agire stimolando la secrezione di insulina e/o riducendo la resistenza all’ormone.

Diabete gestazionale
Nel diabete mellito gestazionale è lo stato gravidico che induce temporaneamente un’alterazione del metabolismo degli zuccheri con la manifestazione della malattia. Questa forma di diabete si manifesta in genere dal secondo trimestre di gravidanza (il periodo ottimale per lo screening è tra la 24-28ma settimana di gestazione) e va distinto rispetto al “diabete manifesto in gravidanza” che fa riferimento ad una condizione di diabete precedente alla gravidanza ma diagnosticato durante la gravidanza. La sindrome dell’ovaio policistico è un fattore di rischio per il diabete gestazionale.
Il diabete gestazionale, anche lieve, se non trattato comporta per la madre un maggior rischio di ipertensione e parto cesareo e per il bambino un’incidenza più alta di macrosomia, iperbilirubinemia, ipocalcemia, policitemia, ipoglicemia (Lapolla et al., 2010).
I processi che portano alla manifestazione del diabete gestazionale sono sovrapponibili a quelli relativi al diabete mellito di tipo 2. E’ probabile che si instauri inizialmente una sorta di insulino-resistenza che comporta, in un secondo momento, una perdita di attività secretoria da parte delle cellule beta pancreatiche. Durante il primo trimestre di gravidanza si assiste ad un miglioramento dell’utilizzazione periferica del glucosio, per cui anche le donne con diabete precedente alla gravidanza evidenziano un miglioramento della tolleranza glucidica. Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza invece si osserva un progressivo deterioramento dell’insulino-resistenza. L’andamento della glicemia nell’arco della giornata presenta una glicemia a digiuno bassa e una glicemia post-prandiale più marcata. Nelle pazienti con diabete mellito gestazionale, la malattia scompare con il parto, ma una percentuale elvata di donne svilupperà diabete negli anni successivi; a seconda degli studi clinici l’incidenza cumulativa varia da circa il 24% a 4 anni fino a circa il 60% a 8 anni (Kwak et al., 2013; Bellamy et al., 2009; Retnakaran et al., 2008; Kim et al., 2002).

Diabete mellito secondario
Il diabete mellito può essere anche una manifestazione “secondaria“ di altre condizioni patologiche, come nel caso di sindromi sistemiche, di endocrinopatie, di malattie a carico del pancreas esogeno o riconoscere un’origine genetica sia a carico delle cellule beta che producono l’ormone sia a carico dei meccanismi d’azione dell’insulina.

Fra le sindromi sistemiche che comportano comparsa di diabete mellito ricordiamo:

Fra le endocrinopatie che comportano comparsa di diabete mellito ricordiamo:

Diabete mellito indotto da farmaci
I farmaci che possono provocare diabete mellito comprendono: