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Diabete Mellito

Diagnosi

Come si diagnostica il Diabete Mellito?

Gli esami disponibili per diagnosticare il diabete mellito e accertarne la causa sono:

Criteri diagnostici per diabete mellito
La diagnosi di diabete mellito è positiva se (Standard Italiani per la cura del Diabete Mellito, AMD e SIDA, 2018; American Diabetes Association – ADA, 2022, World Health Organization – WHO, 2020):

oppure

oppure

oppure

Criteri diagnostici di disglicemia
A seconda dei valori della glicemia a digiuno (FPG, Fasting Plasma Glucose) o post prandiale è possibile definire diverse condizioni in cui il metabolismo del glucosio risulta alterato (condizioni di “disglicemia”) e a rischio di evolvere in diabete di tipo 2 (Standard Italiani per la cura del Diabete Mellito, AMD e SIDA, 2018; American Diabetes Association – ADA, 2022):

Nell’ultimo aggiornamento del 2018 delle linee guida italiane dedicate agli standad di cura del diabete mellito, il termine “prediabete” non è più utilizzato per indicare le condizioni di IFG e IGT nella popolazione adulta, perché queste condizioni non necessariamente evolvono a diabete. In Italia solo un quinto/quarto (20-25%) delle persone con IFG e/o IGT manifesta diabete nell’arco di 10 anni. Il termine “prediabete” per indicare una condizione di IFG e/o IGT è stato mantenuto nelle linee guida dell’American Diabetes Association del 2022. IFG e IGT non sono malattie ma fattori di rischio per diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari. Le condizioni di IFG e IGT raramente coesistono. Nei pazienti con IFG, soprattutto se presenti altri fattori di rischio di diabete, può essere indicata l’esecuzione del test OGTT perché una porzione non trascurabile di persone presenta un esito compatibile con la diagnosi di diabete (Standard Italiani per la cura del Diabete Mellito, AMD e SIDA, 2018).

Anamnesi
L’anamnesi permette di rilevare nella storia del paziente la presenza di malattie che possono favorire la comparsa di diabete mellito o di familiarità verso il diabete. E’ stato infatti osservato che il 40% dei pazienti con diabete di tipo 2 ha un familiare di primo grado con la stessa malattia. Inoltre, per il diabete di tipo 2, l’obesità, la vita sedentaria e l’età avanzata costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo della malattia. Sussiste inoltre un’associazione fra diabete mellito e malattia cardiovascolare come evidenziato dal fatto che circa i due terzi dei pazienti con diabete di tipo 2 vanno incontro nell’arco della loro vita ad almeno un evento cardiovascolare e che circa i due terzi di pazienti con malattia cardiovascolare presentano diabete mellito o una condizione di disglicemia.

Glicemia
La glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue) rappresenta l’esame di base per diagnosticare il diabete mellito. La glicemia può essere misurata a partire dal plasma, dal sangue intero venoso, dal sangue capillare o dal siero (plasma defibrinato). In ambito ospedaliero si misura la glicemia su plasma o siero con il prelievo di sangue venoso; a livello domiciliare, con i dispositivi (POCT, Point Of Care Tecnology) normalmente impiegati per l’autocontrollo da parte del paziente diabetico, la glicemia è misurata su sangue intero (tramite puntura su polpastrello). La glicemia da sangue intero è leggermente inferiore a quella misurata da plasma o siero. Se la concentrazione di glucosio è più alta del limite superiore del range di normalità è probabile che che ci sia un deficit nella produzione di insulina o nell’utilizzo dell’ormone (resistenza all’insulina) da parte dei tessuti target (muscolo, tessuto adiposo).

Emoglobina glicata (HbA1c)
Nel 2009 esperti nominati dall’American diabetes association (ADA), dalla European Association for the study of diabetes (EASD) e dall’International Diabetes Federation (IFD) hanno proposto l’emoglobina glicata come parametro di diagnosi di diabete perché la concentrazione di HbA1c è più stabile dopo il prelievo di sangue. La concentrazione di glucosio infatti presenta instabilità preanalitica dovuta al fatto che la glicolisi (provesso metabolico che utilizza il glucosio per produrre energia) continua nelle cellule ematiche anche dopo il prelievo e questo può ridurre i valori dello zucchero nel sangue. Per stabilire il valore di HbA1c a partire dal quale la diagnosi di diabete è confermata, i ricercatori hanno utilizzato come marcatore della malattia la retinopatia diabetica individuando, in una popolazione di riferimento, a quale valore di HbA1c il diabete era assente. Gli esperti ADA/EASD/IFD hanno quindi proposto il valore soglia di 48 mmoli/mol (6,5%). Tale valore è stato poi recepito a livello internazionale. Da segnalare, comunque, che non c’è una concordanza completa tra glicemia a digiuno ed emoglobina glicata, così come non c’è con il test OGTT (glicemia 2 ore dopo carico di glucosio) e che quindi gli esami non sono intercambiabili. Utilizzando l’emoglobina glicata come criterio diagnostico è possibile “perdere” una parte di pazienti diabetici in base al valore della glucemia a digiuno (nello studio NHANES, questa frazione è risultata pari ad un terzo). Ne consegue che se è necessario un test diagnostico di conferma, le linee guida raccomandano di ripetere lo stesso tipo di test; la diagnosi può essere confermata con due test diversi solo se questi due test sono concordanti (Standard Italiani di cura del Diabete Mellito, AMD e SID, 2018).

L’HbA1c deve essere misurata con metodi calibrati secondo il sistema di riferimento IFCC (International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine). Secondo il sistema di riferimento IFCC, la quantità di HbA1c è espressa in mmoli di emoglobina glicata per mole di emoglobina totale (mmoli/mol) (sono disponibili tabelle per la convesione delle mmoli/mol in unità percentuale). Poiché l’emoglobina glicata consente di valutare l’andamento medio della glicemia nei 2-3 mesi precedenti, e quindi capire se la terapia è adeguata o meno, le linee guida raccomandano la misurazione del parametro ogni sei mesi nel paziente diabetico con controllo stabile della glicemia, ogni tre mes in caso di controlo metabolico non ottimale.

OGTT, test di carico di glucosio
La glicemia post-prandiale è responsabile fino al 70% dell’iperglicemia globale nel paziente con diabete mellito. A differenza della glicemia a digiuno, che non aumenta con l’età, la glicemia post-prandiale aumenta con l’età, in particolare dopo i 50 anni.

La glicemia post-prandiale è misurata con il test del carico di glucosio (OGTT, Oral Glucose Tolerance Test) ed è utile per diagnosticare il diabete mellito quando la glicemia a digiuno ha dato valori incerti. La glicemia post prandiale è misurata due ore dopo il pasto, ma alcuni studi suggeriscono che la misurazione dopo una sola ora abbia una potenza maggiore nell’identificare i pazienti a rischio di sviluppare diabete (Ceriello, 2017).

Il test di carico del glucosio consiste nel somministrare per bocca 75 g di glucosio in soluzione acquosa (250-300 ml di acqua) in 5 minuti (lasso di tempo massimo) a cui fa seguito una serie di prelievi di sangue che servono a costruire la curva glicemica, relativa all’andamento della glicemia nelle due ore successive al test. Nei pazienti con peso inferiore a 43 kg la quantità di glucosio da somministrare è calcolata in base al peso corporeo (1,75 g/kg). Il primo prelievo deve essere fatto a digiuno, prima della somministrazione di glucosio, in modo da avere il valore della glicemia a digiuno. Se la glicemia a digiuno evidenzia una condizione di iperglicemia, l’esame OGTT non può essere effettuato. Nei 3 giorni che precedono il test OGTT si raccomanda di consumare almeno 150 g/die di carboidrati e di evitare l’assunzione di sostanze o farmaci in grado di alterare il metabolismo del glucosio.

Il test di carico del glucosio può dare degli esiti falsati in presenza di gravidanza (lo stesso test viene utilizzato per la diagnosi del diabete gestazionale) e di alcune patologie (ipertiroidismo, aumentata attività della corticale del surrene, acromegalia, malassorbimento o patologie gastrointestinali).

Nel paziente con normotolleranza glucidica, la glicemia dopo 2 ore dal test di carico (glicemia post-carico) risulta inferiore a 140 mg/dl (7,8 mmoli/L).

Una risposta fisiologica normale al test di carico del glucosio richiede una funzionalità insulinica adeguata sia in termini di quantità di ormone secreta (attività regolare delle cellule beta del pancreas) sia in termini di velocità della risposta, associata ad un adeguato metabolismo del glucosio nel fegato (soppressione del rilascio di glucosio) e nel tessuto muscolare (captazione del glucosio da parte della cellula muscolare striata).

La definizione di diabete mellito in base a valori di glicemia a digiuno ≥126 mg/dL e glicemia post-carico ≥200 mg/dL potrebbe essere non adeguata per poter diagnosticare tutti i pazienti con diabete. Nello studio DECODE infatti, la selezione di pazienti diabetici ha evidenziato come solo il 28% presentava sia la glicemia a digiuno sia quella post-carico alterata, mentre il 40% presentava alterata solo la glicemia a digiuno e il 31% solo la glicemia post-carico (DECODE Study Group, 2003).

Il test OGTT risulta più idoneo rispetto alla glicemia a digiuno nel diagnosticare uno stadio precoce di iperglicemia o un diabete mellito di tipo 2 asintomatico. Inoltre valori elevati al test di carico, in pazienti con glicemia a digiuno nella norma, sono predittivi di un rischio cardiovascolare aumentato. Mentre la glicemia post-prandiale elevata è un fattore predittivo per il rischio di mortalità per tutte le cause, mortalità cardiovascolare e per coronaropatia, la stessa cosa non è valida per la glicemia a digiuno. Nei pazienti con intolleranza al glucosio la relazione fra glicemia post-prandiale e mortalità cardiovascolare è risultata lineare. Le linee guida raccomandano comunque di procedere al test del carico del glucosio per la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 in pazienti con malattia cardiovascolare solo se la glicemia a digiuno e l’emoglobina glicata sono dubbie (Cosentino et al., 2020).

Marcatori di autoimmunità
Per poter impostare una corretta terapia per il diabete è fondamentale classificare le varie forme di malattia una volta effettuata la diagnosi. Nella maggior parte dei pazienti è sufficiente il quadro clinico, ma in alcuni casi diventa necessario valutare la secrezione delle cellule beta pancreatiche e ricercare marcatori di autoimmunità. I marcatori evidenziano un processo autoimmune in corso, ma non sono ritenuti causa di malattia.

I marcatori di autoimmunità noti comprendono:

Circa il 65% dei pazienti con diabete di tipo 1 mostra positività agli anticorpi ZnT8A. Circa il 5% dei pazienti adulti con diagnosi di diabete di tipo 2 in realtà sono affetti da una forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione (LADA, Latent Autoimmune Diabetes in Adults). Questi pazienti presentano positività ai marcatori GADA e IA-2A. L’assenza di marcatori di autoimmunità in ragazzi giovani che sviluppano diabete non insulino-dipendente può indirizzare la diagnosi verso una forma di diabete relativamente rara che rappresenta circa l’1-2% dei casi di diabete: diabete giovanile con esordio nella maturità (MODY, Maturity-Onset Diabetes of the Young). Questi tipo di diabete è causato da difetti genetici (sono circa una decina quelli noti) che provocano un anomalo funzionamento delle cellule beta del pancreas.

Diabete mellito gestazionale
In gravidanza la diagnosi di diabete mellito gestazionale viene posta utilizzando il test OGTT con carico di glucosio di 75 g. Il test è raccomandato in presenza di almeno un fattore di rischio specifico per diabete e deve essere eseguito alla 24-28ma settimana di gestazione. Le donne con rischio elevato (obesità, precedente diabete gestazionale, glicemia a digiuno pari a 100-125 mg/dL all’inizio della gravidanza o in passato) devono effettuare il test OGTT alla 16-18ma settimana; in caso di esito negativo il test deve essere ripetuto alla 24-28 settimana (Standard Italiani per la cura del Diabete Mellito, AMD e SID, 2018).

Le linee guida 2018 definite dall’Associazione Medici Diabetologi e dalla Società Italiana di Diabetologia hanno stabilito che:

Fattori di rischio per diabete gestazionale (Standard Italiani per la cura del Diabete Mellito, AMDe SID, 2018):

Protocollo di esecuzione del test OGTT: