Home News About us Comitato scientifico Iscriviti Utenti Etica Contenuti Guida Faq Stage Contatti
Logo Pharmamedix
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Ebola

Prevenzione

Come prevenire la Ebola?

La prevenzione dell’infezione da virus Ebola si focalizza sull’isolamento del malato per limitare il più possibile il rischio di contagio nel contesto familiare e sociale e sull’adozione di misure di sicurezza che impediscano la diffusione della malattia.

Non essendo ancora disponibili vaccini, se non in via sperimentale, in grado di proteggere contro l’infezione, la prevenzione nei territori colpiti dall’epidemia viene attuata tramite il rispetto di specifici protocolli che riguardano da un lato la gestione del paziente in ambiente sanitario (trasporto del malato e ricovero ospedaliero) e dell’altro gli interventi sul territorio nelle zone colpite dall’epidemia. Per questi due aspetti le indicazioni fanno riferimento a quanto stabilito durante la grave epidemia del 2013-2016 in Africa occidentale.

Profilassi comportamentale in ambiente sanitario
Il paziente con infezione da virus Ebola sospetta o confermata deve essere ricoverato in stanze singole o se questo non è possibile in aree dedicate dove accogliere pazienti solo di questo tipo. Il personale ospedaliero dedicato all’area o al reparto per i malati di Ebola vi è assegnato esclusivamente. L’accesso dei visitatori deve essere controllato rigidamente e limitato alle figure essenziali per il benessere del paziente stesso (ad esempio nel caso il paziente sia un bambino è possibile per la mamma accedere all’area riservata) (World Health Organization – WHO, 2014).

All’interno dell’ospedale, il personale sanitario a rischio di infezione deve indossare un equipaggiamento di protezione e seguire rigidi protocolli per indossare e dismettere tale equipaggiamento (World Health Organization – WHO, 2014a). L’abbigliamento di protezione prevede l’uso di camice, pantaloni, copriscarpe, doppio paio di guanti, maschera e visiera per proteggere occhi e viso da eventuali goccioline e fluidi contaminati. La vestizione richiede 10-15 minuti mentre la svestizione può richiedere fino a 30 minuti e deve avvenire in presenza di un secondo sanitario che verifica la correttezza del processo. La svestizione costituisce una fase cruciale per il rischio di infezione. L’equipaggiamento di protezione, usato, viene poi raccolto in contenitori preposti.

L’abbigliamento di protezione viene indossato dagli operatori sanitari anche all’esterno delle strutture sanitarie, quando il rischio di contagio è elevato, come ad esempio nel trasporto dei malati o in caso di sepoltura (i riti di sepoltura hanno rappresentato per l’epidemia di Ebola iniziata a marzo 2014 una delle modalità di maggior contagio e diffusione della malattia).

Profilassi comportamentale sul territorio
Le misure comportamentali da adottare sul territorio fanno riferimento a quanto stabilito durante la grave epidemia del 2013-2016 in Africa occidentale e non hanno subito, successivamente, sostanziali modifiche.
 
Sul territorio le misure di protezione contro l’infezione da virus Ebola spaziano da una corretta informazione sulle malattia (contagio, trasmissione e sintomi) alla diffusione di semplici ma importanti regole di igiene personale, prima fra tutte il lavaggio frequente delle mani con sapone e/o disinfettante.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o secondo l’acronimo inglese, WHO, World Health Organization) ha pubblicato una guida tascabile per gli operatori sanitari che combattono l‘Ebola in prima linea (World Health Organization - WHO, 2014b).

Per quanto riguarda le misure di profilassi per chi si sposta verso i paesi colpiti dall’infezione da virus Ebola, le raccomandazioni del Ministero della Salute, condivise con l’organizzazione Mondiale della Sanità, prevedono (Ministero della Salute, 2014):

Per i viaggiatori che tornano da paesi colpiti dall’epidemia di Ebola, le autorità raccomandano di segnalare tempestivamente e telefonicamente qualsiasi sintomo sospetto (febbre, debolezza, dolore muscolare, mal di gola, vomito, diarrea, occhi arrossati, eruzione cutanea) al proprio medico curante o ai centri sanitari di competenza.

La chiusura delle frontiere come misura di sicurezza per limitare la diffusione del virus Ebola non è stata giudicata opportuna così come l’imposizione della quarantena ai viaggiatori provenienti dai paesi colpiti dall’Ebola. L’organizzazione Mondiale della Sanità ritiene infatti che questo tipo di interventi avrebbe avuto un impatto negativo di tipo sanitario, commerciale ed economico per le zone colpite dalla malattia. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha ritenuto più efficace, per limitare la diffusione dell’Ebola, la definizione e implementazione di protocolli relativi all’identificazione (es. misurazione della temperatura corporea) e alla presa in carico del potenziale ammalato (aree dedicate e personale specializzato)  presso areoporti e porti (World Health Organization - WHO, 2014c).

In particolare, nel caso un passeggero su volo aereo presenti sintomi compatibili con l’infezione da virus Ebola, le raccomandazioni internazionali (International Air Transport Association - IATA) prevedono (World Health Organization - WHO, 2014d):

1) allontanamento, per quanto possibile, degli altri passeggeri da quello sintomatico, collocando quest’ultimo vicino ad una toilette dedicata al suo uso esclusivo;

2) coprire naso e bocca del paziente con una mascherina medicale se sono presenti sintomi respiratori (es starnuti, tosse). Se il paziente non tollera la mascherina, deve utilizzare dei fazzoletti con cui coprirsi naso e bocca quando tossisce o starnutisce e successivamente deve lavarsi le mani ogni volta. Il tessuto deve essere poi raccolto in un contenitore di plastica;

3) deve essere fornito al paziente un contenitore idoneo nel caso manifestasse nausea e/o vomito;

4) tutti gli oggetti utilizzati dal paziente (mascherina facciale, fazzoletti, biancheria, cuscino, coperta, rivestimento del sedile, etc) devono essere raccolti nell’apposito contenitore per il rischio biologico o in altro contenitore su cui deve essere apposta la dicitura “rischio biologico”;

5) dedicare al paziente uno solo membro del personale di cabina (eventualmente due se l’assistenza al paziente lo richiede), preferibilmente quello che aveva avuto eventuali contatti precedenti la manifestazione dei sintomi compatibili con l’Ebola. La persona che assiste il paziente deve indossare sempre i guanti e adottare le misure precauzionali relative alla lavaggio delle mani e alla rimozione dei guanti;

6) il protocollo per l’igiene delle mani prevede lo strofinamento con una soluzione disinfettante a base di alcool per 20-30 secondi oppure il lavaggio con acqua e sapone per 40-60 secondi se le mani sono visibilmente sporche, dopo ogni contatto con il paziente, con i suoi effetti personali o qualsiasi oggetto/superficie potenzialmente contaminata con sangue o fluidi corporei del paziente stesso e dopo aver rimosso i guanti. Se i guanti sono visibilmente sporchi (es vomito), devono essere rimosso subito e le mani devono essere immediatamente disinfettate o lavate;

7) la presenza del passeggero con sintomi compatibili con l’Ebola deve essere immediatamente notificata alle autorità dell’areoporto di destinazione;

8) all’arrivo il paziente deve essere immediatamente posto in isolamento.

Il rischio per gli altri passeggeri e per il personale di bordo di contrarre l’Ebola dipende dall’eventuale contatto avuto con il passeggero ammalato, con eventuali suoi oggetti contaminati o con i suoi fluidi corporei. I passeggeri più a rischio sono quelli che sono stati seduti in prossimità del passeggero ammalato. Questi passeggeri e il personale di bordo dovranno essere inclusi nella lista dei contatti (contact tracing), potenzialmente a rischio di malattia.

Profilassi vaccinale
L’epidemia di Ebola del 2013-2016 in Africa occidentale, con più di 11mila morti, ha accelerato la ricerca di possibili vaccini. A novembre 2019 il vaccino rVSV-ZEBOV-GP ha ricevuto l’autorizzazione condizionata dall’agenzia europea per i medicinali (EMA, European Medicines Agency) ed è candidato per la designazione di “Breakthrough Therapy” presso l’Agenzia americana per i medicinali, Food and Drug Administration (FDA). Altri due vaccini sono stati approvati per il solo uso d’emergenza nei paesi di origine: il vaccino GamEvac-Comb, approvato in Russia, e il vaccino Ad5-EBOV, approvato in Cina nel 2017. Altre molecole sono in sperimentazione clinica, tra queste la glicoproteina vettoriale adenovirus 26/MVA-BN (Ad26.ZEBOV/MVA-BN) e ChAd3 (ChAd3-EBO-Z).
 
rVSV-ZEBOV-GP
Il vaccino rVSV-ZEBOV-GP (Recombinant vesicular stomatitis virus-Zaire Ebola virus), brevettato per la prima volta nel 2003 (nome commerciale: Ervebo), è approvato per i pazienti adulti a rischio di infezione esclusivamente per la specie Zaire del virus Ebola. La protezione è attiva dopo 10 giorni dalla somministrazione.

Il vaccino rVSV-ZEBOV-GP, sviluppato dall’Agenzia nazionale canadese di Microbiologia (Canada’s National Microbiology Laboratory) e successivamente da Merck (o Merck Sharp and Dohme), si basa sul virus della stomatite vescicolare (VSV). Questo virus, a singolo filamento di RNA, è responsabile della stomatite vescicolare, malattia infettiva che colpisce equidi, bovini e suini. Il viurs della stomatite vescicolare viene trasmesso attraverso la saliva. Sporadicamente può contagiare l’uomo (attraverso la saliva di animali infetti) provocando sintomi simili a quelli influenzali; in alcuni casi possono comparire lesioni sulla mucosa della bocca simili a quelle del virus erpetico.

Il vaccino rSVS-ZEBOV-GP è stato ottenuto combinando frammenti del virus Ebola con il virus della stomatite vescicolare in modo tale che quest’ultimo fosse in grado di esprimere la glicoproteina di membrana dello Zaire ebolavirus. Il vaccino ricombinante è risultato efficace nello stimolare la risposta immunitaria dell’organismo ed indurre la produzione di anticorpi efficaci contro il virus Ebola. Negli animali (macachi) la somministrazione del vaccino 21 giorni prima dell’esposizione al virus ha dato un tasso di protezione del 100%, mentre la somministrazione 30 minuti prima dell’inoculazione del virus ha consentito la sopravvivenza di 4 animali su otto (Mire et al., 2013).

In ambito clinico, la somministrazione del vaccino prevede una sola dose (ancora da valutare l’eventuale necessità di una dose di richiamo). Testato su più di 16mila volotari sani in studi clinici condotti in Africa, USA e Europa, è stato sperimentato sul campo in Guinea nel 2015 e durante l’ultima epidemia di Ebola iniziata nel 2018 nella Repubblica Democratica del Congo. In quest’occasione, il vaccino è stato somministrato per uso compassionevole a operatori sanitari e a persone venute a contatto con individui infetti per un totale di 225mila dosi distribuite. Le persone contagiate sono state più di 3000 e la mortalità è stata del 67%. Nel 2015, in Guinea, il vaccino è stato utilizzato secondo la strategia vaccinale ad anello che prevede l’immunizzazione attiva delle persone venute a contatto diretto con individui infetti, per passare poi a vaccinare quelli che hanno avuto contatto con tali contatti. Il vaccino è risultato efficace nell’offrire un’elevata protezione. Rimane ancora da stabilire la durata della protezione offerta (se il vaccino può essere utilizzabile in via preventiva per gli operatori sanitari) e la necessità di un’eventuale dose di richiamo (Callaway, 2019).

Ad26.ZEBOV/MVA-BN
Il vaccino Ad26.ZEBOV/MVA-BN è frutto della ricerca della società Johnson & Johnson. Questo tipo di vaccino utilizza due diversi vettori per sintetizzare le molecole virali (glicoproteine) in grado di indurre la risposta immunitaria nell’uomo: l’adenovirus umano tipo 26 (Ad26) come vettore per sintetizzare la glicoproteina virale del virus Ebola (Zaire ebolavirus) e il virus “Vaccinia Ankara” attenuato come vettore per per sintetizzare le glicoproteine da nucleoproteine di virus Ebola, Sudan, Marburg e Tai Forest (MVA-BN-Filo). Il vaccino MVA-BN-Filo è il virus vaccinico “Vaccine Ankara” modificato (MVA, Modified Vaccine Ankara) attenuato di poxivirus, appartenente alla stessa famiglia del virus del vaiolo (famiglia Poxiviradae).

Lo schema posologico prevede la somministrazione prima di una dose di Ad26.ZEBOV e, a distanza di 56 giorni, di una seconda dose di MVA-BN-Filo che serve come “booster”, cioè per potenziare la risposta immunitaria al vaccino contro il virus Ebola. La somministrazione delle due dosi secondo lo schema indicato ha dimostrato di indurre una risposta immunitaria persistente per 8 mesi con la comparsa di anticorpi verso il virus Ebola nel 100% dei pazienti (volontari sani, trial clinico condotto in Europa) (Milligan et al., 2016). In un altro studio europeo, sempre in volontari sani, per la valutazione della tollerabilità del vaccino (esito clinico principale) e della risposta di immunità umorale (anticorpi) e cellulare (linfociti T CD4+ e CD8+) (esito clinico secondario), il vaccino è risultato efficace nell’indurre la comparsa di anticorpi (immunoglobuline G specifiche per il virus Ebola) e nel mantenere il titolo anticorpale per 12 mesi. Inoltre il 60-83% dei volontari trattati prima con Ad26.ZEBOv e poi con MVA-BN-Filo ha evidenziato risposte dei linfociti T indotti dal vaccino contro il 69-100% dei volontari trattati con il regime inverso (prima MVA-BN-Filo poi Ad26.ZEBOV) (Winslow et al., 2017). In corso, uno studio per verificare sul campo il vaccino (progetto EBOVAC3, lo studio è iniziato nel 2018 e dovrebbe terminare nel 2023).

A maggio 2019, le autorità di competenza hanno inserito il vaccino Ad26.Zebov/MVA-BN-Filo tra le possibili opzioni utilizzabili per l’epidemia di Ebola in Congo iniziata nel 2018. Secondo le raccomandazioni del SEGE (Strategic Advisory Group of Experts) il vaccino dovrebbe essere destinato per l’immunizzazione attiva di persone a rischio di contrarre l’Ebola, residenti in aree vicine alla zona di epidemia, con l’obiettivo di prevenire l’ulteriore diffusione geografica del virus (Strategic Advisory Group of Experts (SAGE) on Immunization, 2019).

GamEvac-Combi
Il vaccino GamEvac-Combi utilizza il virus vivo attenuato ricombinante della stomatite vescicolare (rVSV) combinato con l’adenovirus umano tipo 5 (Ad5) che esprimono la glicoproteina di membrana del virus Ebola. Approvato in Russia, il vaccino è risultato indurre sieroconversione nel 100% dei volontari sani (pazienti adulti) (glicoproteine IgG specifiche, anticorpi neutralizzanti, e proliferazione indotta di linfociti T CD4+ e CD8+) (Dolzhikova et al., 2017).

Ad5-EBOV
Ad5-EBOV è un vaccino contro l’ebola sviluppato in Cina da Beijing Institute of Biotecnology e CanSio Biologics, approvato dall’agenzia cinese per i medicinali nel 2017. Questo vaccino sfrutta come vettore l’adenovirus umano tipo 5 ricombinante, reso non patogeno, per stimolare la risposta immunitaria verso il virus Ebola. E’ prodotto sotto forma di polvere liofilizzata e non richiede basse temperature per essere conservato, rendendolo un prodotto maneggevole nelle aree tropicali.

ChAd3 (ChAd3-EBO-Z)
Il vaccino ChAd3, le cui ricerche sono portate avanti dall’azienda farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK), si basa sull’adenovirus tipo 3 dello scimpanzé. L’adenovirus, responsabile nell’uomo di raffreddore e congiuntivite, svolgerebbe il ruolo di carrier per frammenti virali di due specie di virus Ebola, l’Ebola virus (Zaire ebolavirus) e il Sudan virus (Sudan ebolavirus). Si tratterebbe quindi di un vaccino bivalente. Anche per questo vaccino, l’obiettivo è quella di stimolare il sistema immunitario inducendo la formazione di anticorpi e l’attivazione dei linfociti T Killer, capaci di distruggere le cellule che esprimono gli antigeni virali. Nei test preclinici, sui primati, il vaccino è risultato efficace nel proteggere gli animali dall’infezione per circa 10 mesi.
Il vaccino ChAd3 ha già passato allo sviluppo clinico . Sono infatti terminati i test di fase I su volontari sani arruolati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Africa (Mali e Gambia). Trial clinici di fase II sono stati condotti direttamente in Africa nelle zone colpite dall’infezione. Il vaccino è risultato efficace nello stimolare il sistema immunitario e l’immunogenicità si è mantenuta nella maggior parte dei pazienti per 12 mesi (Kennedy et al., 2017).

Secondo i primi dati disponibili di uno studio condotto in aperto su 20 pazienti adulti (18-50 anni), il vaccino ChAd3 ha indotto la comparsa di anticorpi anti-Ebola entro 4 settimane dalla somministrazione. I pazienti sono stati trattati per una metà con una dose di 2x1010 unità di particelle per via intramuscolare e per l’altra metà con una dose più alta di vaccino, pari a 2x1011 unità di particelle. Solo due pazienti trattati con la dose più alta di vaccino anti-Ebola hanno manifestato febbre il giorno successivo la vaccinazione. I pazienti trattati con il vaccino alla dose più alta hanno evidenziato una maggiore risposta cellula-mediata, con linfociti T CD4 (10/10 pazienti vs 3/10 pazienti rispettivamente con la dose più alta e più bassa del vaccino, p=0,004) e linfociti T CD8 (7/10 vs 2/10 pazienti, p=0,07). Nessun paziente ha manifestato gravi effetti collaterali. Lo studio clinico ha evidenziato una risposta immunitaria al vaccino dose-dipendente e di entità simile, nei pazienti trattati con la dose di 2x1011 unità di particelle, a quella che ha conferito immunità nei primati negli studi preclinici (Ledgerwood et al., 2014).