L'epatite A è una malattia infiammatoria acuta del fegato, di natura virale. (leggi)
L’epatite A è causata da un virus (virus dell’epatite A – HAV) appartenente al gruppo degli Hepatovirus, genere Enterovirus, famiglia Picornaviridae. (leggi)
Nell’età adulta l’epatite A è quasi sempre sintomatica (l’ittero compare in circa il 70% dei pazienti). (leggi)
La diagnosi dell’epatite A si basa sulla ricerca degli anticorpi di classe IgM anti virus A (anti HAV). (leggi)
La terapia per l’epatite A non prevede normalmente la somministrazione di farmaci specifici. L’epatite A è una malattia a decorso solitamente benigno. (leggi)
La prevenzione dell’epatite si attua con il rispetto di norme igieniche elementari. In particolare facendo attenzione all’assunzione di cibi crudi. (leggi)
Se ritieni di avere i sintomi dell’epatite A, o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata l’epatite A, parlane con il tuo medico di fiducia. (leggi)
Le medicine non convenzionali tendono ad avere un approccio olistico nei confronti della malattia, tendono cioè a considerare “il malato“ nella sua complessità di individuo, al di là del singolo organo malato. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata all’epatite A sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Che cos'è l'Epatite A?
L'epatite A è una malattia infiammatoria acuta del fegato, di natura virale.
Ci sono diverse forme di epatite: epatite A, epatite B, epatite C, epatite D, epatite E.
L'epatite A è causata dal virus HAV (famiglia Picornaviridae) per trasmissione oro-fecale; è un processo infiammatorio generalmente acuto, che non cronicizza. Non esiste pertanto lo stato di “portatore sano“ per l’epatite A.
L'epatite B è causata dal virus HBV (famiglia Hepadnavirida), per contatto con i liquidi corporei (sangue, sperma, secrezioni vaginali, latte materno). L'epatite B si presenta sia in forma acuta sia cronica (4% circa dei pazienti). La forma cronica può evolvere ulteriormente a cirrosi e ad epatocarcinoma (0,2-8% annuo).
L'epatite C, causata dal virus HCV (famiglia Flavivirus) era stata inizialmente identificata come epatite “non A non B“. Si trasmette attraverso il sangue e per via percutanea. Ha un decorso subdolo perchè quasi completamente asintomatica. E' caratterizzata da un elevato grado di cronicizzazione (il 60-80% dei pazienti evolve in epatite cronica) ed è responsabile di circa la metà delle epatopatie croniche in Italia.
L'epatite D è causata dal virus HDV (famiglia Deltaviridae), si trasmette con modalità analoghe a quelle dell'epatite B (liquidi corporei) e l'infezione è circoscritta esclusivamente alle persone infettate con il virus B dell'epatite. La presenza del virus HDV si associa ad un decorso più grave per l'epatite B.
L'epatite E è causata dal virus HEV (famiglia Hepeviridae) per trasmissione oro-fecale: la sorgente di infezione principale è l'acqua contaminata. L'epatite E presenta un'elevata frequenza di forme fulminanti (1-12%); non sono note forme croniche.
L'epatite G è causata dal virus HGV (famiglia Flavivirus). Le modalità di trasmissione sono simili a quelle dell'epatite C (trasfusione di sangue o derivati del sangue) e spesso si trova associata al virus HBV o HCV.
L'epatite A è la forma più diffusa e causa di circa la metà di tutte le epatiti virali acute. E’ presente in modo ubiquitario nel mondo con una maggior prevalenza nelle regioni tropicali e subtropicali.
L’epatite A è una delle infezioni più frequenti, fra quelle che possono essere prevenute con la vaccinazione, che interessano i viaggiatori con un’incidenza in questo gruppo di persone di 3-11 ogni 100.000 persone/mese e una mortalità pari a 2 ogni 100.000 persone non immunizzate.
In Italia il SEIEVA (Sistema epidemiologico integrato dell'epatite virale acuta) rileva circa 10.000 casi di epatite all'anno, con le seguenti percentuali di epatite: 52% epatite A; 31% epatite B; 10% epatite non A, non B, non C (attualmente identificata come epatite E); 7% epatite C.
Secondo i dati SEIEVA e relativi all'Italia, fino al 1985 l'incidenza di epatite A era pari a più di 10 casi per 100.000 abitanti, con una prevalenza dei casi nella fascia di età al di sotto dei 14 anni; dal 1986 al 1990 si è osservata una diminuzione significativa dei casi, 2/100.000 abitanti che è andata aumentando, a partire dal 1991, per attestarsi sui 7 casi ogni 100.000 abitanti con uno spostamento in avanti della fascia di età più colpita, 15-24 anni (rapporto Istisan, 06/12).
Nel mondo i casi di epatite A sono stimati in oltre 1,5 milioni all'anno.
A livello mondiale è possibile distinguere zone ad alta, media e bassa endemia. Nelle zone ad alta endemia (Africa, Asia e Sud America, la totalità dei bambini entra in contatto con il virus dell’epatite A nei primissimi anni di vita e l’infezione è generalmente asintomatica. Nelle zone invece in cui la diffusione del virus dell’epatite A è limitata e, conseguentemente, il contatto in età pediatrica è meno frequente, l’infezione può essere contratta in età adulta e divenire sintomatica.
Il virus dell’epatite A è un virus con elevata resistenza all’inattivazione, pertanto cibi, acque, superfici contaminate mantengono la capacità di infettare per un tempo piuttosto lungo (circa 2 mesi) e che può arrivare a diversi anni se l’elemento contaminato è mantenuto a temperature molto basse (-20°C).
L’incubazione della malattia è di 15-20 giorni. Il virus inoltre inizia ad essere presente nelle feci del paziente contagiato già una decina di giorni prima della comparsa dei sintomi fino ad una settimana dopo l’esordio della malattia. Nel paziente adulto, in genere, il rischio di contagio è presente per le prime due settimane di malattia; nei bambini e negli adulti con sistema immunitario compromesso invece il rischio di contagio si protrae per alcuni mesi
I sintomi più frequenti in caso di infezione da epatite A comprendono: senso di stanchezza e malessere generalizzato, inappetenza fino ad anoressia, comparsa di nausea e vomito, comparsa di manifestazioni cutanee di tipo esantematico, dolore al fianco, in corrispondenza del fegato e ittero (colorazione giallastra della pelle, delle mucose e della sclera degli occhi).
L’ittero è forse il sintomo più eclatante di epatite: nei bambini in età prescolare interessa però non più del 10% degli infetti, la percentuale sale al 40-50% nei bambini più grandi (6-14 anni) per arrivare al 70% dei pazienti in età adulta.
L’ittero è causato da un eccesso di bilirubina nel sangue (concentrazione superiore a 3-5 mg/dL). La bilirubina si forma quando l’emoglobina, la molecola che trasporta l’ossigeno nel sangue, viene degradata. La bilirubina legata all’albumina viene trasportata dal sangue al fegato; qui la bilirubina viene coniugata con acido glicuronico, quindi escreta con la bile nell’intestino tenue dove, ad opera della flora batterica intestinale, viene trasformata prima in urobilinogeno e poi, a livello di intestino crasso, in stercobilinogeno per essere escreta nelle feci. Una piccola parte di bilirubina presente nell’intestino tenue viene riassorbita, ritorna al fegato e rieliminata nell’intestino oppure ossidata a urobilina ed escreta nelle urine (colorazione paglierina delle urine).
Se la via biliare è ostruita oppure se la degradazione epatica è rallentata o la quantità di emoglobina degradata è molto elevata, la bilirubina si accumula nel sangue conferendo il caratteristico colore giallognolo alle mucose e alla pelle.
L’epatite A è una malattia che si risolve spontaneamente in circa 2-6 mesi; raramente evolve in forme recidivanti, colestatiche o fulminanti. La mortalità è pari a circa lo 0,1-0,3%.
Una volta che sussiste il sospetto di epatite A, quali sono gli esami che devono essere effettuati per confermare la diagnosi? Tramite il prelievo del sangue vengono ricercati gli anticorpi specifici, anticorpi di classe IgM anti virus A.
L’infezione determina un aumento anche dei livelli di anticorpi anti HAV di classe IgG che rimangono alti per tutta la durata della vita del paziente e sono marker dell’immunità permanente.
Gli esami di laboratorio indicano valori elevati per le transaminasi epatiche (AST e ALT), per la fosfatasi alcalina (ALP) e la bilirubina coniugata con acido glucuronico (bilirubina diretta).
Non ci sono farmaci specifici per il trattamento dell’epatite A. Per ridurre il rischio di contagio è fondamentale rispettare alcune norme igieniche, come lavarsi frequentemente le mani con saponi o detergenti, non utilizzare bicchieri, piatti, posate già usate da altre persone, non bagnarsi in acque di dubbia provenienza (contaminazione con scarichi fognari).
In caso di infezione la prima raccomandazione è quella di contattare il proprio medico per poter avere tutte le informazioni necessarie per affrontare la malattia e limitare il rischio di contagio. Non ricorrere a misure di autocura anche se queste prevedono l’utilizzo di sostanze “naturali“ per il rischio di epatite (le epatiti da piante medicinali rappresentano il danno d'organo più frequente nella casistica del sistema di vigilanza in Fitoterapia del Istituto Superiore di Sanità).
Nei paesi in cui il virus dell’epatite A è molto diffuso (paesi ad alta endemia), la principale forma di prevenzione è rappresentata dalla vaccinazione. Il vaccino per l’epatite A prevede la somministrazione di due dosi, a distanza di circa 6-18 mesi. Con la prima dose risultano immunizzati il 95% dei vaccinati che presentano IgM specifiche, con la seconda dose l’immunizzazione arriva al 100%. La copertura vaccinale si manifesta dopo circa 2-3 settimane dalla vaccinazione e permane per circa 10 anni.
Come alternativa al vaccino, possono essere utilizzate le gammaglobuline che conferiscono una copertura più rapida, ma meno duratura (3-6 mesi). In genere le gammaglobuline sono utilizzate per la profilassi di famigliari di pazienti con infezione da epatite A oppure quando la copertura vaccinale deve iniziare in tempi più ristretti rispetto a quelli ottenuti con la vaccinazione (es. partenza verso un paese ad alta endemia prima delle tre settimane necessarie al vaccino per indurre la formazione di anticorpi).
Poichè il vaccino per l’epatite A è un vaccino inattivato può essere somministrato a persone con un sistema immunitario compromesso (immunodepresse) e non sussiste una controindicazione assoluta all’uso in gravidanza, salvo il fatto che comunque deve essere valutato il rapporto rischio/beneficio (rischio intrinseco connesso con la vaccinazione e protezione della madre e del bambino verso l'infezione virale).
Se la vaccinazione per l'epatite A deve essere effettuata come profilassi prima di un viaggio in un area geografica ad elevato rischio di infezione, la prima dose del vaccino deve essere somministrata almeno 2-4 settimane precedenti la data della partenza. Se la partenza è ravvicinata (entro le 2 settimane), utilizzare per la profilassi le immunoglobuline.
Nella medicina non convenzionale, la fitoterapia e l’omeopatia propongono diversi rimedi per il trattamento dell’epatite A. L’intervento fitoterapico si focalizza principalmente sull’aspetto di profilassi e di ripristino dell’integrità delle strutture funzionali epatiche; secondariamente sulla possibilità di indurre un’azione antivirale diretta. L’approccio omeopatico considera la malattia come sintomo di uno squilibrio generale dell’individuo (approccio olistico) che nel caso delle malattie epatiche, epatite inclusa, riconosce una matrice fondamentale emotiva. Il rimedio omeopatico viene selezionato sulla base del tipo di sintomo, acuto o cronico, e sulla natura della sintomatologia prevalente (astenia, disturbi digestivi, ittero) (per l’elenco dei rimedi rimandiamo alla sezione di approfondimento specifica “Fitoterapia e Omeopatia“).