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Infezione da virus Zika

Avvertenze

Cosa chiedere al medico e al farmacista sull'Infezione da virus Zika?

Se ritieni di avere i sintomi dell’infezione da virus Zika, o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata quest’infezione, parlane con il tuo medico di fiducia.

Ecco alcune domande che potresti porre.

L’infezione da virus Zika è una malattia virale acuta che nella maggior parte dei casi è asintomatica.

L’infezione quano sintomatica si presenta con un quadro clinico in genere lieve e transitorio. Durante l’ultima epidemia, iniziata a maggio del 2015 in Brasile ed estesa poi ad altri stati del continente americano sono stati osservati un numero di casi di microcefalia e di sindrome di Guillan Barrè più alto dell’atteso. Questo ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a considerare l’infezione da virus Zika un problema di salute pubblica internazionale.

Il virus è stato rilevato nel tessuto cerebrale di neonati morti con microcefalia e nel liquido amniotico ed è stata osservata, attraverso un’analisi dei dati epidemiologici a disposizione, una relazione causale fra microcefalia e virus Zika (Rasmussen et al., 2016).

Per limitare la diffusione del virus e il rischio di potenziali complicanze, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le varie organizzazioni nazionali che si occupano di salute ritengono sia opportuno:

1) contattare il proprio medico nel caso compaiano sintomi riconducibili all’infezione da virus Zika di ritorno da viaggi in paesi in cui è presente l’infezione;

2) informare chi viaggia verso zone in cui sono presenti focolai infettivi di virus Zika di adottare misure di protezione personale per ridurre il rischio di puntara da zanzara;

3) sconsigliare le donne in gravidanza o che stanno cercando una gravidanza di effettuare viaggi nelle zone a rischio di infezione da virus Zika;

4) effettuare test sierologici per la ricerca di anticorpi anti-virus Zika per le donne in gravidanza che tornano da paesi in cui è presente il virus. La ricerca di anticorpi IgM può essere effettuata 2-12 settimane dopo il ritorno del viaggio (Centers for Desease Control and Prevention – CDC, 2016b);

5) valutare l’opportunità di effettuare viaggi nelle zone a rischio di infezione da virus Zika da parte di persone con malattie a carico del sistema immunitario;

6) sconsigliare di donare il sangue per almeno 28 giorni per chi proviene da zone dov’è in corso un epidemia da virus Zika (due casi di infezione trasmessa con la trasfusione di sangue, uno a marzo 2015 e uno nell’aprile dello stesso anno). La possibilità che la febbre da virus Zika possa essere anche trasmessa con il sangue era già stata presa in considerazione in seguito all’osservazione che il 3% dei donatori di sangue nelle isole della Polinesia Francese, dove si era verificata un’epidemia da virus Zika nel 2013-2014, era risultato positivo al virus (Musso et al., 2014).

Poiché le ultime indicazioni riportano una rilevabilità degli anticorpi anti-Zika superiore alle 12 settimane, nelle donne in gravidanza risulta difficile distinguere con il test sierologico se l’infezione sia stata contratta prima o durante la gravidanza stessa. Per questo motivo e per il rischio di un aumento dei casi falsi-positivi dovuto ad una diminuzione della prevalenza dell’infezione nell’area del continente americano, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie statunitensi (Centers for Disease Control eand Prevention – CDC) hanno aggiornato le linee guida per le donne in gravidanza (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017). Secondo queste linee guida si raccomanda:

a) di verificare in caso di ogni visita prenatale, la possibilità che vi sia stata esposizione al virus Ziika prima o durante la gravidanza. Questa informazione costituisce un elemento importante per prescrivere eventuali test diagnostici e soprattutto per l’interpretazione dei risultati);

b) di non viaggiare in aree a rischio e, in caso di partner sessuale che vive o viaggia in aree a rischio, di ricorrere a rapporti sessuali protetti (preservativo) o di astenersi dai rapporti sessuali per tutto il periodo della gravidanza;

c) di procedere a test diagnostici per accertare o escludere l’infezione in caso di possibile esposizione al virus Zika in presenza di sintomi riconducibili all’infezione. Per la diagnosi devono essere utilizzati test virologici (ricerca di materiale genetico virale o NAT, nucleic acid testing, in sangue e urine) e sierologici (ricerca degli anticorpi IgM) il prima possibile, entro le 12 settimane dall’inizio dei sintomi;

d) di offrire alle donne asintomatiche con esposizione continua al virus il test virologico (NAT) da ripetere tra volte nel corso della gravidanza (in occasione delle visite prenatali). La ricerca degli anticorpi IgM come test di routine durante la gravidanza non è più raccomandata perché, data la persistenza per mesi di questi anticorpi, la positività non è più significativa per determinare se l’infezione sia stata contratta prima o durante la gravidanza. Inoltre nelle regioni in cui è presente anche il virus Dengue, il test sierologico potrebbe risultare positivo per reattività crociata. Per le donne con diagnosi positiva all’infezione, accertata prima o durante la gravidanza, un ulteriore test diagnostico non è più raccomandato. Per le donne con risposta negativa ai test diagnostici, le linee guida raccomandano di ripetere il test virologico (NAT test) durante la gravidanza in occasione delle visite prenatali;

e) di non raccomandare routinariamente i test diagnostici alle donne che possono essere state esposte occasionalmente al virus (viaggi o rapporti sessuali), ma che non vivono o risiedono in aree dov’è presente il virus. In questo caso le linee guida suggeriscono di procedere secondo un approccio di condivisione delle scelte terapeutiche fra paziente e medico;

f) di accertare o escludere l’infezione virale utilizzando i test virologici e sierologici in caso di donne il cui feto evidenzia anomalie compatibili con la sindrome da infezione da virus Zika;

g) di non inserire il test sierologico (ricerca degli anticorpi) fra le analisi preconcezionali in caso di donne non in gravidanza con possibile esposizione continua al virus.


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