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Infezione da virus Zika

Diagnosi

Come si diagnostica l'Infezione da virus Zika?

Gli esami disponibili per diagnosticare l’infezione da virus Zika comprendono:

L’infezione da virus Zika è una malattia virale acuta. Il quadro clinico è in genere poco specifico: febbre, mal di testa, spossatezza, dolore articolare, congiuntivite, eruzioni cutanee. Nelle zone dove ci sono diverse infezioni trasmesse dalle zanzare, la sola visita medica potrebbe non essere sufficiente per distinguere l’infezione da virus Zika con altre infezioni simili, ad esempio dengue e chikungunya.

A seconda delle condizioni – esposizione occasionale o continuativa al virus Zika, vaccinazioni contro altri flavovirus, infezioni pregressa da flavovirus – la diagnosi da infezione da virus Zika può richiedere test virologici (sangue e/urine) e/o test sierologici (IgM virali) e/o il test di neutralizzazione per placche per il virus Zika e/o per il virus Dengue (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017).

Gli stessi test, virologici e sierologici, sono utilizzati anche per la diagnosi di malattia nei neonati. In questo caso i test dovrebbero essere eseguiti entro due giorni dalla nascita per poter distinguere un’infezione congenita (trasmissione del virus durante la gravidanza) da una perinatale (trasmissione del virus in prossimità del parto). Il test sul sangue del cordone ombelicale non è raccomandato (Minstero della Salute, 2017).

La diagnosi di infezione da virus Zika può essere posta in maniera certa ricercando il materiale genetico virale (diagnosi virologica o NAT test, dove NAT sta per Nucleic Acid Testing).
Zika è un virus a RNA. Sulla base delle conoscenze precedenti l’epidemia del 2015, si sapeva che l’RNA virale risultava rintracciabile, dopo la comparsa dei sintomi, fino a 7 giorni nel siero e fino a 15 giorni nelle urine. Successivamente è stato appurato che l’RNA virale è rintraciabile nel siero per un tempo maggiore dei 7 giorni: fino a 8-15 giorni nel 36% dei pazienti, 16-30 giorni dopo nel 21% e oltre i 60 giorni nel 4% (Paz-Bailey et al., 2017).

La ricerca dell’RNA virale viene effettuata tramite la reazione a catena della polimerasi trascrittasi inversa (RT-PCR, Reverse-Trascription Polimerase Chain Reaction). Sulle base delle evidenze disponibili, comunque, si raccomanda la ricerca dell’RNA virale in un campione di sangue entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi (Ministero della Salute, 2016a). Le linee guida redatte dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Centers for Disease Control and Prevention - CDC), prevedono di eseguire l’analisi RT-PCR sulle urine prelevate entro 14 giorni dall’insorgenza della malattia o sul siero prelevato entro la prima settimana. Se il test risulta positivo si considera il paziente infetto da virus zika, altrimenti, in caso di esito negativo, non è possibile escludere l’infezione, ma si consiglia di procedere con la diagnosi sierologica delle immunoglobuline (Interim Guidance for Zika Virus Testing of Urine, 2016). La negatività al NAT test non esclude l’infezione perché l’RNA virale viene eliminato sia dai fluidi corporei, incluso il sangue, sia dai tessuti (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017).

La diagnosi sierologica consiste nella ricerca degli anticorpi al virus Zika. Questi anticorpi (immunoglubuline M, IgM, dirette contro il virus Zika) sono presenti nel sangue a partire dal quinto giorno dalla comparsa dei sintomi ma possono essere rintracciabili nel sangue per un tempo piuttosto lungo, superiore alle 12 settimane dopo l’infezione, rendendo difficile determinare il periodo d’infezione. La positività agli anticorpi IgM, pertanto, non sempre è indicativa di un’infezione recente. Questo aspetto ha particolare rilevanza per le donne in gravidanza, considerando il rischio di tossicità fetale associato all’infezione (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017a).

Gli anticorpi sono rilevati mediante il test immunoenzimatico ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay). La diagnosi sierologica prevede un primo test su campione di siero dopo il quinto giorno dalla comparsa dei sintomi, da ripetersi dopo 1-2 settimane per verificare la sieroconversione o un aumento di quattro volte del titolo anticorpale. La diagnosi sierologica può risultare complicata dal fatto che il virus Zika può dare reazione crociata con altri flavovirus quali il virus della dengue, della febbre gialla e della febbre del Nilo (World Health Organization – WHO, 2016). Si può avere reattività crociata anche in caso di persone precedentemente vaccinate per la febbre gialla e l’encefalite giapponese. Inoltre, se la ricerca delle IgM anti-Zika da esito negativo non si può escludere con certezza l’infezione virale perché il test potrebbe essere stato condotto prima della comparsa degli anticorpi oppure nella fase di declino (non rilevabilità) degli stessi (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017). Se il test da esito positivo non si ha certezza di diagnosi perché si possono delineare tre diverse situazioni: il test è positivo in caso di precedente vaccinazione contro un flavovirus oppure in caso di precedente infezione ad un flavovirus oppure in presenza di un’infezione in atto da flavovirus, inclusa quella da virus Zika (Centers dor Desease Control and Prevention – CDC, 2016b).

Gli anticorpi neutralizzanti compaiono poco dopo gli anticorpi IgM e possono persistere per diversi anni (Poland et al., 1981). Gli anticorpi neutralizzanti, in genere immunoglubuline delle classi A e G, sono così chiamati perché legano e inattivano l’antigene virale. In base all’esperienza con altri flavivirus, l’immunità acquisita con l’infezione dovrebbe durare tutta la vita (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, 2017).