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Ipertensione

Avvertenze

Cosa chiedere al medico e al farmacista sull'Ipertensione?

Se ritieni di avere i sintomi dell’ipertensione arteriosa, o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata l’ipertensione arteriosa, parlane con il tuo medico di fiducia.

Ecco alcune domande che potresti porre.

L’ipertensione arteriosa primaria, non causata da altre malattie (renali, endocrine, neurologiche) rappresenta uno dei principali fattori di rischio di malattia cardiovascolare che a sua volta costituisce la causa principale di morbidità e mortalità nel paziente adulto.

E’ importante quindi mantenere monitorata la pressione arteriosa con controlli la cui frequenza dipende dalle condizioni individuali per evidenziare precocemente un eventuale aumento dei valori pressori. Anche perché nella maggior parte dei pazienti l’ipertensione si presenta asintomatica (quando si attuano programmi di screening per l’ipertensione, più della metà delle persone con ipertensione non ne è consapevole (Lindholt, Sogaard, 2017; Chow et al., 2013).

La misurazione della pressione arteriosa effettuata dal medico (misurazione clinica) dovrebbe essere fatta, almeno la prima volta, sulle due braccia, perché una differenza > 15 mmHg può essere indicative di malattia ateromatosa ed è associata ad un aumento del rischio cardiovascolare. Inoltre se c’è differenza pressoria tra le due braccia, la pressione deve essere presa sul braccio che segna il valore più alto di pressione (linee guida ESH/ESC 2018) (William et al., 2018).

Nel paziente con pressione arteriosa ottimale (< 120/80 mmHg), le linee guida europee (ESH/ESC 2018) raccomandano il controllo dei valori pressori almeno ogni 5 anni e nei pazienti con pressione normale (120-129/80-84 mmHg), almeno ogni 3 anni. Nei pazienti con pressione arteriosa normale-alta (130-139/85-89 mmHg), il controllo deve essere annuale per il rischio di progressione verso l’ipertensione. Nei pazienti con più di 50 anni, lo screening pressorio deve essere attuato considerando intervalli di tempo più brevi sulla base del fatto che il rischio di ipertensione aumenta con l’età.

Nel paziente con ipertensione arteriosa (=/> 140/90 mmHg), le linee guida internazionali raccomandano:
1) controllo entro 2 mesi dall’inizio della terapia farmacologica per valutare il quadro d’insieme. La frequenza dei controlli successivi dipende dalla gravità dell’ipertensione, dal raggiungimento del target pressorio, dalla tolleranza alla terapia e dalla presenza di altre patologie (comorbidità). Una volta raggiunto il target pressorio, i controlli possono avvenire ogni 3-6 mesi. La valutazione dei fattori di rischio e dl danno d’organo asintomatico andrebbe aggiornata ogni due anni (linee guida ESH/ESC 2018);
2) monitoraggio della pressione arteriosa una volta all’anno e valutazione della terapia, farmacologica e non (linee guida NICE 2016) (NICE, 2016);
3) monitoraggio della pressione arteriosa ogni 3-6 mesi nei pazienti non in trattamento farmacologico; monitoraggio ogni 1-2 mesi nei pazienti in terapia farmacologica fino al raggiungimento del target pressorio; monitoraggio ogni 3-6 mesi nei pazienti in terapia farmacologica una volta raggiunto il target pressorio (linee guida CHEP 2018) (Nerenberg et al., 2018);
4) monitoraggio della pressione arteriosa entro un mese dall’inizio del trattamento; controllo annuale una volta raggiunto il target pressorio (linee guida VA/DoD 2014) (VA/DoD clinical Prectice Guideline, 2014)
4) nessuna indicazione (linee guida JNC VIII 2014) (James et al., 2014).

Inoltre nei pazienti con ipertensione le linee guida europee 2018 raccomandano la valutazione della frequenza cardiaca (misurazione dei battiti al polso) a riposo per evidenziare eventuali aritmie come la fibrillazione atriale.

Nei pazienti con pressione normale-elevata e nei pazienti con ipertensione l’adozione di un adeguato stile di vita permette di mantenere sotto controllo la pressione arteriosa e di ridurre il consumo di farmaci antipertensivi nei pazienti ipertesi già in terapia farmacologica.

I fattori legati allo stile di vita su cui è possibile intervenire per ridurre il rischio di ipertensione comprendono:
1) alimentazione (ridotto apporto di sale e aumento del consumo di frutta e verdura)
2) consumo di bevande alcoliche
3) peso del corpo
4) attività fisica
5) fumo

Da un punto di vista alimentare alcuni accorgimenti possono influenzare in senso positivo i valori pressori. Poiché diversi studi clinici hanno evidenziato come un basso consumo di sale da cucina sia in grado di ridurre la pressione arteriosa e la prevalenza dell’ipertensione, le linee guida internazionali raccomandano di adottare una dieta a basso contenuto di sale da cucina, evitando di aggiungere sale ai cibi, di consumare cibi salati o cibi ricchi di sodio e poveri di potassio (Appel et al., 2006). La quota di sale da cucina giornaliera non dovrebbe superare i 3,8 g/die (target ottimale) e comunque non superiore a 5 g giornalieri (linee guida europee ESH/ESC 2018) (William et al., 2018; Otten et al., 2006).  Le linee guida americane VA/DoD 2014 e quelle inglesi (NICE 2016) riportano come limite massimo giornaliero di introito di sodio 2300 mg (corrispondenti a circa 5,8 g di sale da cucina).

Anche un elevato consumo di frutta e verdura, di cibi ad elevato contenuto in potassio e un basso introito di grassi sono stati associati ad un abbassamento dei valori di pressione arteriosa. I pazienti ipertesi dovrebbe consumare 4-5 porzioni di frutta e verdura, più pesce, meno grassi saturi e cibi ad elevato contenuto in colesterolo (Margetts et al., 1986; Bao et al., 1998; Eur. Heart J., 2007).

Le linee guida europee (ESH/ESC 2018) per il trattamento dell’ipertensione arteriosa raccomandano nei pazienti con ipertensione di consumare meno di 14 unità di alcool per l’uomo e di 8 unità per la donna (1 unità: 125 ml di vino e 250 ml di birra) (Willian et al., 2018).

La pressione arteriosa è influenzata dal peso corporeo. E’ stato infatti osservato come l’aumento del peso comporti un incremento dei valori pressori e viceversa, la riduzione del peso ha impattato positivamente anche sulla pressione arteriosa plasmatica, indipendentemente dai valori basali (effetto sovrapponibile fra pazienti ipertesi e normotesi) (Neter et al., 2003). E’ pertanto importante mantenere sotto controllo il peso corporeo, quanto più possibile vicino al valore ottimale per evitare l’insorgere di ipertensione nelle persone con pressione normale e per ridurre i valori pressori nelle persone con ipertensione. Le linee guida ESH/RSC pubblicate nel 2018 indicano valori non superiori a 25 per l’indice di massa corporea e valori di girovita inferiori a 94 cm per l’uomo e 80 cm per la donna (William et al., 2018).

La sedentarietà è un fattore predittivo indipendente e importante di mortalità cardiovascolare. L’attività fisica aerobica (camminata, jogging, nuoto) e gli esercizi di resistenza hanno effetti benefici sul profilo pressorio in quanto riduce i valori di pressione arteriosa (sistolica/diastolica) in media di 3-3,5 mmHg (Cornelissan, Fagard, 2005 e 2005a). Le linee guida internazionali raccomandano attività fisica almeno per 30-45 minuti tutti i giorni, iniziando con esercizi fisici di tipo aerobico e associando, in un secondo momento, esercizi fisici di resistenza (Jennings, 1997; Mancia et al., 2013). L’esercizio fisico statico (esercizio fisico isometrico), che richiede molta forza muscolare e movimenti muscolari limitati, come ad esempio il sollevamento pesi, può portare ad aumenti molto elevati dei valori pressori (aumento significativo delle resistenze periferiche) e pertanto non è raccomandato nei pazienti con ipertensione. L’esercizio fisico non dovrebbe comunque essere intrappreso se l’ipertensione non è controllata (l’esercizio fisico comporta aumenti transitori anche importanti della pressione sistolica arteriosa) (Fagard et al., 2005).

Il fumo ha un effetto sulla pressione arteriosa transitorio, in quanto aumento i valori pressori e la frequenza cardiaca nel periodo immediatamente successivo al consumo di una sigaretta, ma non sembra comportare un aumento significativo dei valori basali nel tempo. Studi epidemiologici hanno infatti evidenziato valori di pressione arteriosa sovrapponili fra fumatori e non fumatori (Seltzer, 1974), anche se studi che hanno preso in considerazione il monitoraggio dinamico della pressione arteriosa, hanno evidenziato valori di pressioni arteriosa diurna più elevati nei fumatori e una tendenza nel tempo ad avere una pressione sistolica più alta rispetto ai non fumatori (Mann et al., 1991; Bang et al., 2000).

La terapia farmacologica dell’ipertensione arteriosa deve essere individualizzata per il singolo paziente a seconda della presenza di fattori di rischio, malattie concomitanti e presenza di eventuale danno d’organo.

La terapia farmacologica del paziente con ipertensione arteriosa può disporre di un’ampia scelta di farmaci, appartenenti a diverse classi, che possono essere somministrati in monoterapia oppure in associazione. Le linee guida europee 2018 raccomandano nella maggior parte dei pazienti di iniziare fin da subito la terapia farmacologica con la combinazione di due farmaci in un’unica compressa per raggiungere in maniera più efficace il target pressorio e favorire, nello stesso tempo, l’aderenza del paziente alla terapia.

La monoterapia (trattamento antipertensivo con un solo farmaco) è indicata nei pazienti con valori pressori di poco superiori al valore target per cui è sufficiente una piccola riduzione della pressione per centrare l’obiettivo di trattamento (pazienti con ipertensione di grado 1, in particolare se con valori di sistolica < 150 mmHg, a basso rischio cardiovascolare, pazienti anziani fragili).

La terapia antipertensiva dovrebbe iniziare combinando un farmaco attivo sul sistema renina-angiotensina, cioè un ACE inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II, con un calcio antagonista o un diuretico. In specifiche condizioni, possono essere utilizzati farmaci antipertensivi appartenenti ad altre classi terapautiche (ad esempio, beta-bloccanti). Se non si riesce a controllare la pressione arteriosa con la terapia combinata a due, le linee guida raccomandano di aggiungere un terzo farmaco, in genere un diuretico tiazidico o similare. Se anche in questo caso la terapia non sortisce effetti, il passo successivo prevede l’aggiunta di spironolattone (o, se non tollerato/controindicato, altri diuretici, ad esempio amiloride, o un beta-bloccante o un alfa-bloccante; la combinazione di due farmaci attivi sul sistema della renina è controindicata).


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