Home News About us Comitato scientifico Iscriviti Utenti Etica Contenuti Guida Faq Stage Contatti
Logo Pharmamedix
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Ipertensione

Prevenzione

Come prevenire l'Ipertensione?

La prevenzione dell’ipertensione arteriosa riguarda l’ipertensione primitiva o essenziale, che non riconosce una causa scatenante, ma fattori genetici e ambientali che possono favorire il suo sviluppo. Nel caso dell’ipertensione secondaria, infatti, valori elevati di pressione sono conseguenti a cause patologiche ben precise, ala cui cura comporta la risoluzione anche dei problemi pressori.

La prevenzione dell’ipertensione è focalizzata sull’adozione di un adeguato stile di vita in grado di influenzare i valori pressori e che riguarda (linee guida europee ESC/ESH 2018; canadesi CHEP 2018; americane JNC VIII 2014, e inglesi NICE 2016) (William et al., 2018; Nerenberg et al., 2018; James et al., 2014; NICE, 2016; Eur. Heart J., 2007) :
1) consumo di sale (NaCl) con la dieta
2) alcool
3) dieta mediterranea
4) peso corporeo
5) sedentarietà
6) fumo

Il sale usato nella preparazione dei cibi, il cloruro di sodio (NaCl), gioca un ruolo non secondario nell’indurre un aumento dei valori di pressione arteriosa e della prevalenza dell’ipertensione (Law, 1997). E’ stato evidenziato in studi clinici che nei soggetti che assumevano una quota di sale pari a 10,5 g, la riduzione della stessa a 4,7-5,8 g comportava una diminuzione della pressione arteriosa di 4-5 mmHg (Cutler et al., 1997; Robertson, 2003). L’effetto antipertensivo del ridotto introito di sale da cucina è risultato maggiore nei pazienti ipertesi rispetto ai pazienti normotesi, per una minore risposta, nei primi, del sistema renina-angiotensina-aldosterone (sistema di autoregolazione ormonale per il controllo della pressione arteriosa) (He et al., 2001). Le linee guida europee dedicata all’ipertensione raccomandano di mantenere il consumo di sale (NaCl) inferiore a 5 g/die (linee guida ESH/ESC 2018) (William et al., 2018).

In alcuni studi è stata evidenziata una relazione lineare fra consumo di sostanze alcoliche, pressione arteriosa e prevalenza di ipertensione (Puddey et al., 1997). La riduzione del consumo di alcol inoltre sembra avere effetti antipertensivi (Dickinson et al., 2006). L’alcool rientra fra i fattori che influenzano il rischio cardiovascolare: un consumo non superiore a 30 g/die riduce del 24,7% il rischio di malattia coronarica (Rimm et al., 1999), mentre un consumo anche occasionale aumenta il rischio di ictus (Wannamethee, Shaper, 1996). Le linee guida europee per l’ipertensione raccomandano di limitare il consumo di alcool settimanale a 14 unità per l’uomo e a 8 unità per la donna (1 unità = 125 ml di vino oppure 250 ml di birra), di prevedere alcuni giorni della settimana senza alcool e di evitare il “binge drinking” (letteralmete “abbiffata alcolica”) (linee guida ESH/ESC 2018).

Anche una dieta ricca in frutta e verdura e povera in grassi saturi e colesterolo (caratteristiche della dieta mediterranea) così come cibi ad elevato contenuto in potassio sono risultati influenzare i valori pressori (Sacks et al., 2001). Studi di piccole dimensioni hanno evidenziato come anche un consumo giornaliero di grassi insaturi (almeno 3 g/die di acidi grassi polinsaturi omega-3) possa essere di beneficio nel ridurre la pressione arteriosa (-4 mmHg per la pressione sistolica e -3,5 mmHg per la pressione diastolica) (Dickinson et al., 2006; Geleijnse et al., 2002). Meno significative sono risultate invece le prove riguardanti il consumo di fibre e di supplementi di calcio e magnesio nel ridurre la pressione arteriosa (He, Whelton, 1999; He et al., 2004; Griffith et al., 1999; Jee et al., 2002). Comunque, diversi studi clinici e metanalisi hanno evidenziato il ruolo positivo della dieta mediterranea nel ridurre gli eventi cardiovascolare e la mortalità per tutte le cause e nel diminuire i valori di pressione, la glicemia e i lipisi plasmatici (Estruch et al., 2018; Domenech et al., 2014; Sofi et al., 2010; Mente et al., 2009).

L’aumento del peso corporeo comporta un aumento dei valori di pressione arteriosa e l’obesità favorisce l’ipertensione; di contro nei pazienti obesi, la riduzione del peso corporeo determina la diminuzione dei valori di pressione arteriosa, oltre che influenzare positivamente insulino-resistenza, profilo lipidico plasmatico, ipertrofia ventricolare sinistra e sindrome delle apnee notturne (Daniels et al., 1996; Stamler, 1991). E’ stato evidenziato come la perdita di 5 kg di peso comporti una riduzione della pressione sistolica di 4,4 mmHg e della pressione diastolica di 3,6 mmHg (Neter et al., 2003). L’effetto del peso sulla pressione arteriosa è indipendente dai valori pressori basali (l’effetto è evidente sia nei pazienti ipertesi sia in quelli normotesi). Una riduzione di peso limitata associata ad una riduzione del sale introdotto con la dieta è risultata efficace nel prevenire lo sviluppo di ipertensione nei pazienti in sovrappeso con pressione arteriosa normale-alta (The Trial of Hypertension Prevention Collaborative Group, 1997). Le linee guida ESH/ESC 2018 raccomandano un peso corporeo sano (indice di massa corporea non superiore a 25 (20-25 kg/m2) per le persone con meno di 60 anni; poco più alto nelle persone più anziane) e un giro vita inferiore a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna per prevenire la pressione arteriosa nelle persone non ipertese o per abbassare i valori pressori negli ipertesi (William et al., 2018).

La mancanza di attività fisica (sedentarietà) è un fattore predittivo indipendente importante di mortalità cardiovascolare. L’attività fisica aerobica (camminata, jogging, nuoto) è risultata efficace nel ridurre i valori di pressione arteriosa sistolica/diastolica sia a riposo (-3,0/2,4 mmHg) sia di giorno (-3,3/3,5 mmHg); la riduzione dei valori pressori a riposo è risultata maggiore negli ipertesi (-6,9/4,9 mmHg) che nei normotesi (-1,9/1,6 mmHg) (Cornelissen, Fagard, 2005). Anche l’allenamento fisico (attività di resistenza) riduce i valori pressori a riposo (3,5/3,2 mmHg) (Cornelissen, Fagard, 2005a). Le linee guida europee 2018 raccomandano almeno 30 minuti di esercizio aerobico moderatamente dinamico per 5-7 giorni alla settimana.

Il fumo è considerato un fattore di rischio cardiovascolare importante soprattutto per quanto riguarda l’ictus e l’infarto miocardico (Doll et al., 1994; Rosenberg et al., 1985, Manson et al., 1992). L’impatto del fumo sulla pressione arteriosa è meno evidente. Sebbene infatti il fumo determini aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca (per stimolazione del sistema nervoso simpatico da parte della nicotina), studi epidemiologici hanno evidenziato valori di pressione arteriosa sovrapponibili tra fumatori e non fumatori (Seltzer, 1974). Alcuni studi, che hanno utilizzato il monitoraggio dinamico della pressione arteriosa, hanno evidenziato valori di pressioni arteriosa diurna più elevati nei fumatori normotesi e ipertesi non trattati rispetto ai non fumatori e una tendenza nel tempo ad avere, nei fumatori, valori di pressione sistolica maggiori (Mann et al., 1991; Bang et al., 2000). Di fatto però l’astensione dal fumo non è risultata influenzare i valori di pressione arteriosa (Omvik, 1996). Considerando però il ruolo che il fumo ha nel definire il carico globale di malattia e il suo impatto nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, la raccomandazione generale è quella di smettere di fumare. A tal fine il sostegno psicologico-comportamentale unito all’uso di una terapia farmacologica di supporto (vareniclina e/o terapia sostitutiva nicotinica) aumenta la possibilità di successo del 70-100% (linee guida ESH/ESC 2018).