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Ipertrofia prostatica (IPB)

Cause

Quali sono le cause dell'Ipertrofia prostatica (IPB)?

La causa scatenante dell’ipertrofia prostatica non è nota. Un ruolo sicuramente non secondario è attribuito ai cambiamenti ormonali (testosterone ed estrogeni) che si verificano con l’età e che contribuiscono all’ingrossamento della ghiandola prostatica. E’ stato ipotizzato che la continua minzione, le infezioni ricorrenti e l’eiaculazione stessa possano indurre dei microtraumi a cui segue il rilascio nei tessuti della prostata di una sostanza in grado di stimolare la crescita del tessuto epiteliale.

Inizialmente l’ingrossamento della prostata viene compensato dall’azione del muscolo detrusore della vescica che forza la fuoriuscita di urina dall’uretra; in questa fase i sintomi minzionali, cioè difficoltà a urinare, aumento della frequenza delle minzioni, parziale svuotamento della vescica sono poco accentuati. Successivamente, quando l’azione compensatoria del muscolo detrusore viene progressivamente meno con l’aumentare del volume della prostata, la sintomatologia associata all’ipertrofia prostatica si rende via via più manifesta. Se non adeguatamente trattata, l’ipertrofia prostatica può rendere necessario l’inserimento di un catetere per permettere lo svuotamento della vescica (Harrison, 1995).

Il lavoro continuo a cui è sottoposto il muscolo detrusore per contrastare l’ingrossamento della prostata e permettere lo svuotamento della vescica determina modificazioni del tessuto della vescica (alterazioni istologiche) che in una prima fase sono ancora reversibili, ma che successivamente diventano definitive. Il trattamento del paziente con ipertrofia prostatica quindi è finalizzato, da un lato, a migliorare la sintomatologia disurica e dall’altro ad evitare un danno vescicale irreversibile (Sciarra et al., 2006).

Fattori di rischio per la progressione dell’ipertrofia prostatica comprendono:
• età
• sintomatologia disurica
• volume della ghiandola prostatica
• PSA

Il principale fattore di rischio di progressione dell’IPB è rappresentato dall’età: un uomo con età compresa fra 70 e 79 anni, se non trattato, presenta un rischio di ritenzione urinaria acuta a 5 anni superiore di 5,5 volte rispetto ad un uomo con IPB non trattata ma con età compresa fra 40 e 49 anni (Jacobsen et al., 1999).

La sintomatologia disurica di grado moderato-grave aumenta il rischio di ritenzione acuta d’urina e di progressione della IPB rispetto ad un quadro sintomatologico lieve in uomini con IPB non trattata (Jacobsen et al., 1999; Wright et al., 2002).

In caso di volume ghiandolare prostatico > 30 ml, il rischio di ritenzione acuta d’urina aumenta di un fattore 3 rispetto ad una condizione di volume ghiandolare < 30 ml (Jacobsen et al., 1999).

L’antigene prostatico specifico, PSA, è una glicoproteina secreta dalla prostata, la cui concentrazione nel sangue aumenta in caso di malattia prostatica: prostatite, IPB e carcinoma prostatico. La concentrazione plasmatica di PSA è strettamente correlata al volume della ghiandola prostatica (Wright et al., 2002; Roehrborn et al., 2000). L’impiego clinico principale del PSA è quello di marker per il tumore maligno della prostata, ma può essere impiegato anche per l’IPB.

Nello studio clinico PLESS (Proscar Long-term Efficacy and Safety Study), pazienti con IPB sono stati trattati per 4 anni con finasteride, farmaco specifico per l’IPB. In base alla concentrazione iniziale di PSA, è stato possibile definire delle sottoclassi di pazienti con diversa progressione a 4 anni: una concentrazione di PSA < 1,4 ng/ml si associava ad una progressione del volume prostatico praticamente nulla, una concentrazione di PSA compresa fra 1,4 e 3,2 ng/ml si associava ad un un aumento della progressione significativo che aumentava ulteriormente per valori di PSA >/= 3,3 ng/ml (McConnell et al., 1998; Djavan et al., 2004). Considerando oltre al volume ghiandolare e al PSA, l’età dei pazienti dello studio, il quadro clinico dei sintomi all’inizio dello studio e gli esami di uroflussimetria, i due indici maggiormente predittivi per ritenzione acuta d’urina e necessità di intervento chirurgico per IPB sono stati il volume prostatico e il valore di PSA basale (Djavan et al., 2004; Anderson et al., 2001).

Il valore soglia per il PSA, oltre al quale sussiste il rischio di ritenzione acuta d’urina e/o necessità di intervanto chirurgico, è stato fissato a 1,4 ng/ml.

Nei pazienti con un’aspettativa di vita di almeno 10 anni il volume prostatico e il valore di PSA costituiscono i due fattori di rischio più importanti per la progressione della patologia; rappresentano i due migliori indici predittivi di ritenzione acuta d’urina e di necessità di terapia chirurgica (Associazione Urologi Italiani, 2006).

L’ipertrofia prostatica riconosce anche la familiarità come fattore di rischio di progressione: il rischio di intervento chirurgico per IPB aumenta di 4 volte nei parenti di primo grado, il rischio di avere sintomi disurici gravi aumenta di 1,3 volte mentre quello di andare incontro ad una forma precoce di IPB aumenta di 2,5 volte (Pearson et al., 2003).