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Mononucleosi

Diagnosi

Come si diagnostica la Mononucleosi?

Gli esami disponibili per diagnosticare la mononucleosi sono:

Se un paziente, soprattutto se giovane o in età adolescenziale, presenta sintomi quali mal di gola intenso, linfoadenopatia, febbre e stanchezza, il medico dovrebbe sospettare che si tratti di mononucleosi e prescrivere degli esami del sangue.

Il sangue è analizzato per valutare la presenza di anticorpi ad azione diretta contro il virus Epstein-Barr (EBV), che è l’agente eziologico della mononucleosi, oppure per effettuare la conta dei globuli bianchi, che aumentano significativamente in risposta al virus, o per quantificare la carica virale.

I test disponibili per la valutazione degli anticorpi sono gli anti-VCA, gli anti-EA, gli anti-EBNA e il monotest.
Il monotest è il test più utilizzato per diagnosticare rapidamente la mononucleosi: riconosce degli anticorpi eterofili IgM, aspecifici, che si ritrovano nel 95% dei casi di infezioni da EBV. Questo test è rapido e poco costoso, tuttavia può portare a falsi negativi, soprattutto nei bambini, nei quali spesso gli anticorpi eterofili non sono presenti.
Per una maggiore accuratezza, quindi, si può ricorrere agli altri test disponibili: gli anti-VCA (VCA: viral capsid antigen) riconoscono gli anticorpi IgM e IgG diretti contro le proteine del capside virale, di solito durante il primo mese di infezione; gli anti-EA (EA: early antigen) riconoscono gli anticorpi IgG diretti contro antigeni della fase acuta della malattia, che in genere dopo 3-6 mesi dalla malattia non sono più rilevabili; gli anti-EBNA (EBNA: EBV Nuclear Antigen) riconoscono gli anticorpi diretti contro gli antigeni nucleari di EBV, espressi nella fase di infezione latente, quando EBV permane come episoma nel nucleo della cellula ospite (CDC – Centers for Disease Control and Prevention, 2014a).

La conta dei globuli bianchi può essere di supporto alla diagnosi. In caso di mononucleosi, infatti, il numero di globuli bianchi risulta aumentato (10000-30000/mm3 o in alcuni casi fino a 50000/mm3); in particolare sono linfociti e monociti ad incrementare (Gulley, Tang, 2008).

La carica virale viene quantificata determinando il genoma del virus presente nel plasma, attraverso la real-time PCR (reazione a catena della polimerasi in real-time), un saggio che riconosce e amplifica, emettendo un segnale fluorescente, il DNA del virus. La carica virale viene determinata soprattutto in caso di pazienti immunocompromessi, come i pazienti infetti dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV) o i pazienti post-trapianto, nei quali l’infezione può essere particolarmente pericolosa e deve essere mantenuta sotto controllo (Holman et al., 2012).