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Parotite

Diagnosi

Come si diagnostica la Parotite?

Gli esami disponibili per diagnosticare la parotite comprendono:

L’esame clinico eseguito durante la visita medica si basa sull’osservazione dei sintomi e sulla loro compatibilità con l’eventuale infezione virale. Sulla base del quadro clinico presentato dal paziente il medico pone diagnosi clinica di parotite.

La diagnosi clinica dovrebbe sempre essere confermata con i test di laboratorio: ricerca degli anticorpi specifici diretti contro il virus, ricerca del genoma virale, esame colturale.

Il test di laboratorio più utilizzato è la ricerca degli anticorpi IgM e IgG. I test sierologici consentono di diagnosticare la parotite in pazienti con sintomatologia sfumata e in quelli con sintomi prevalentemente extrasalivari. Gli anticorpi IgM sono riscontrabili nel sangue con la comparsa dei sintomi e raggiungono il picco una settimana dopo. Gli anticorpi IgG aumentano progressivamente tra la fase acuta e la fase di convalescenza della malattia. Un aumento di almeno 4 volte del titolo di IgG nell’intervallo di tempo dall’inizio della malattia a 2-3 settimane dopo può avere valore diagnostico (Giacomet, Zuccotti, 2014). La presenza di anticorpi IgM nel siero è indicativa di infezione recente, ma non necessariamente di malattia, perché potrebbe anche indicare la presenza del virus nella popolazione senza che questo comporti lo sviluppo della malattia stessa (Poggio et al., 2000). In sintesi, comunque, la positività per IgM e la negatività per IgG indica un’infezione in fase iniziale; la positività per IgM e IgG indica un’infezione acuta; la negatività per IgM e la positività per IgG indica un’infezione avvenuta nel passato (infezione pregressa) (Centro Diagnostico Italiano, 2018).

Per quanto riguarda l’isolamento del virus della parotite per la ricerca del genoma o la crescita in coltura, il campione biologico può essere ottenuto massaggiando con un tampone la superficie della faringe o l’area circostante il dotto escretore delle parotidi per circa 30 secondi, oppure prelevando un campione di urine o di liquido cefalorachidiano (o liquido cerebrospinale). Il virus può essere isolato dalla faringe da una settimana prima e fino a 9 giorni dopo l’inizio dei sintomi. Nelle urine il virus è rintraciabile per le prime due settimane di malattia, mentre nel liquido cefalorachidiano all’esordio dei sintomi (Giacomet, Zuccotti, 2014; Long et al., 2012).

La diagnosi differenziale deve essere fatta rispetto a: parotite batterica (suppurativa), ostruzione del dotto di Stenone per presenza di calcoli (il dotto di Stenone è il canale di escrezione delle parotidi), infiammazione ghiandolare da farmaci, parotite ricorrente pediatrica (le cui cause non sono note), tumore delle parotidi, sindrome di Sjogren. Inoltre è necessario escludere la presenza di altri virus che possono causare infiammazione delle ghiandole salivari: Epstein-Barr virus, virus dell’influenza, coxsackievirus A, echovirus, virus parainfluenzale 1 e 3. La parotite sostenuta da questi virus non dà immunità permanente e pertanto può essere “ricorrente”. Ingrossamento delle parotidi è stato osservato anche in bambini con HIV (Long et al., 2012).