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Tubercolosi

Farmaci e terapie

Quali farmaci per la Tubercolosi?

La tubercolosi è un’infezione batterica il cui trattamento prevede l’uso di farmaci attivi verso il microrganismo patogeno (Mycobacterium tuberculosis).

Il micobatterio della tubercolosi è un bacillo aerobio obbligato (vive solo in presenza di ossigeno), a crescita lenta (circa 20 ore), che dà luogo a mutazioni che conferiscono resistenza ai farmaci. La resistenza può manifestarsi verso un solo farmaco o verso più farmaci; fra i ceppi batterici con resistenza a più farmaci si possono distinguere ceppi “multiresistente” (multidrug resistant o Mdr-Tb)  e ceppi “estensivamente resistente” (extensively drug resistant o Xdr-Tb). I batteri Mdr-Tb sono resistenti ad almeno due dei farmaci più potenti, isoniazide e rifampicina; i batteri Xdr-Tb sono resistenti a farmaci sia di prima che di seconda linea. Nel 2014, il 3,3% delle nuove diagnosi di tubercolosi e il 20% dei casi già trattati sono risultati sostenuti da ceppi Mdr-Tb;  circa il 9,7% delle persone con Mdr-Tb erano Xdr-Tb (World Health Organization – WHO, 2016).

La strategia terapeutica varia a seconda delle caratteristiche del ceppo batterico responsabile dell’infezione e della malattia (ceppi sensibili, ceppi resistenti, ceppi Mdr-Tb e Xdr-Tb) per questo è importante eseguire un antibiogramma, un test cioè che indica a quali farmaci è sensibile il bacillo della tubercolosi. Una volta individuati i farmaci utilizzabili, la terapia deve essere articolata considerando anche la localizzazione intra/extracellulare del micobatterio e la presenza di patogeni nella parte centrale (sostanza caseosa) del granuloma tubercolare, che rappresenta la tipica lesione tissutale associata alla malattia. Il micobatterio è presente infatti all’interno delle cellule macrofagiche e nello spazio extracellulare: nel primo caso il micobatterio può essere considerato relativamente inattivo, nel secondo caso invece è caratterizzato da intensa attività metabolica (Moroni et al., 2014).

I farmaci antitubercolari sono classificati in batterici, capaci cioè di colpire il batterio in fase replicativa attiva, e in batteriostatici, capaci di colpire il batterio a metabolismo rallentato in condizioni di poca ossigenazione. L’associazione di questi due gruppi di farmaci consente in linea generale di eradicare l’infezione batterica.

I farmaci più efficaci (farmaci di prima linea) utilizzabili contro la tubercolosi comprendono:
1) Isoniazide
2) Rifampicina
3) Rifabutina
4) Pirazinamide
5) Etambutolo
6) Streptomicina

L’isoniazide è il principale antibiotico antitubercolare. Può essere somministrato per bocca o per via parenterale ed è raccomandato per pazienti adulti (dose giornaliera: 5 mg/kg/die, dose massima: 300 mg/die; dose trisettimanale 10 mg/kg, dose massima 900 mg) e pediatrici (dose giornaliera: 10-20 mg/kg/die, dose massima: 300 mg/die; dose trisettimanale 20-40 mg/kg, dose massima 900 mg). L’isoniazide possiede azione battericida verso il micobatterio della tubercolosi sia nello stato intracellulare che extracellulare. E’ profarmaco che viene attivato da un enzima batterico (catalasi batterica). Agisce inibendo la sintesi degli acidi micolici, componente essenziale per la sintesi della parete batterica. La resistenza batterica può manifestarsi per mutazione del gene che codifica per la catalasi batterica e per mutazione dei geni coinvolti nella sintesi degli acidi micolici. Nel mondo la resistenza batterica alla isoniazide (escludendo i ceppi Mdr-Tb) si attesta attorno al 7,4% dei nuovi pazienti (World Health Organization - WHO, 2008). L’isoniazide può indurre reazioni di ipersensibilità (orticaria, febbre) epatotossicità (epatite) e neuropatia periferica da carenza di vitamina B6 (Moroni et al., 2014).

La rifampicina (o rifampina) è un antibiotico semisintetico appartenente alla famiglia delle rifamicine. Esplica la sua azione battericida nei confronti del bacillo della tubercolosi per inibizione della sintesi dell’RNA (inibizione della RNA polimerasi DNA-dipendente) ed è attiva verso il micobatterio nello stato intracellulare ed extracellulare, e verso i micobatteri presenti nella parte centrale (sostanza caseosa) del granuloma. La rifampicina è indicata per il trattamento della tubercolosi negli adulti (dose giornaliera o trisettimanale: 10 mg/kg, dose massima: 600 mg) e nei bambini (dose giornaliera o trisettimanale: 10-20 mg/kg, dose massima: 600 mg). Gli effetti collaterali associati alla rifampicina comprendono epatite (in particolare se associata a isoniazide) e sindrome simil-influenzale; raramente piastrinopenia e anemia emolitica (Moroni et al., 2014). La rifampicina è un induttore degli enzimi microsomiali quindi può dare luogo a numerose interazioni farmacologiche (farmaci antinfettivi, contraccettivi orali, metadone, warfarin, ciclosporina, corticosteroidi, anticonvulsivanti inclusa la fenitoina, teofillina, sulfoniluree, ipolipemizzanti inclusa simvastatina e fluvastatina, nortriptilina, aloperidolo, quetiapina, benzodiazepine, zolpidem, buspirone, farmaci attivi sul cuore quali digossina, digitossina, verapamil, nifedipina, diltiazem, propranololo, metoprololo, enalapril, losartan, chinidina, mexiletina, tocainide, propafenone).

La rifabutina è un antibiotico che appartiene allo stesso gruppo della rifampicina, con cui condivide il meccanismo d’azione (inibizione della sintesi di RNA). Possiede attività battericida. E’ utilizzato nel trattamento della tubercolosi polmonare negli adulti e nei bambini (dose giornaliera, adulti e bambini: 5 mg/kg, dose massima 300 mg). Gli effetti collaterali sono simili a quelli della rifampicina.

La pirazinamide, introdotta in terapia nel 1949, possiede attività batteriostatica ed è battericida verso i micobatteri che si replicano attivamente (stato intracellulare del micobatterio). E’ un profarmaco, attivato in vivo a pH acido. Blocca la sintesi dei precursori degli acidi micolici, interferendo quindi nella sintesi della parete batterica. Gli effetti collaterali comprendono epatotossicità ed escrezione di acido urico, disturbi gastrointestinali, artralgie. Nell’adulto la dose giornaliera di pirazinamide è pari a 25 mg/kg (dose massima: 2 g) e quella trisettimanale è di 35 mg/kg (dose massima: 3 g); nel bambino la dose giornaliera è di 15-30 mg/kg (dose massima 2 g) e quella trisettimanale è di 50-70 mg/kg (dose massima 3 g) (Moroni et al., 2014).

L’etambutolo agisce inibendo l’enzima arabinosil transferasi coinvolto nella sintesi della parete batterica. Questo farmaco possiede esclusivamente attività batteriostatica. La dose raccomandata nei pazienti adulti è pari a 15-25 mg/kg in caso di somministrazione giornaliera, pari a 30 mg/kg se l’etambutolo è somministrato tre volte alla settimana (Moroni et al., 2014). Nei bambini la dose di etambutolo è pari a 25-30 mg/kg/die. Poiché l’etambutolo può causare, raramente, neurite ottica è necessario poter controllare la funzionalità dell’occhio nei pazienti in terapia con il farmaco. Il farmaco è controindicato nei bambini in cui non è possibile monitorare l’acuità visiva ad eccezione dei casi di tubercolosi multiresistente sensibile all’etambutolo. Altro effetto collaterale importante è rappresentato dall’iperuricemia.

La streptomicina è un antibiotico appartenente alla classe degli aminoglicosidi, ad azione battericida verso i micobatteri presenti nel comparto extracellulare. Agisce inibendo la sintesi proteica. La dose negli adulti è pari a 15 mg/kg (dose massima 1 g) indipendentemente dallo schema posologico, giornaliero o trisettimanale. Nei bambini la dose raccomandata è di 20-40 mg/kg/die (dose massima: 1 g) oppure di 25-30 mg/kg (dose massima: 1,5 g) quando il farmaco è somministrato tre volte alla settimana (Moroni et al., 2014).

La terapia di scelta della tubercolosi polmonare prevede la somministrazione di isoniazide, rifampicina, pirazinamide associati a etambutolo o streptomicina per due mesi (fase di induzione). Dopo questo periodo sono somministrati rifampicina più isoniazide, ogni giorno, per quattro mesi. Nelle forme di tubercolosi extrapolmonare quali quella disseminata, meningea e osteoarticolare, la somministrazione dei farmaci può essere prolungata fino a 12 mesi (Moroni et al., 2014). La terapia combinata - più farmaci in associazione – è essenziale per aggredire in maniera efficace il micobatterio perché consente di poter colpire il bacillo di Koch nelle diverse fasi del suo ciclo biologico. Circa l’80% dei pazienti con esito positivo alla ricerca del batterio nell’espettorato prima della terapia farmacologica ottiene la negativizzazione dell’espettorato dopo 2 mesi di trattamento. Se la positività dell’espettorato persiste nonostante la terapia, è possibile che vi sia resistenza verso qualcuno dei farmaci utilizzati.

I farmaci più efficaci contro la tubercolosi possono essere somministrati anche in donne in gravidanza, ad eccezione della streptomicina perché può causare gravi problemi di udito al feto. Nelle donne che allattano è importante proseguire la terapia contro la tubercolosi per evitare che l’infezione possa essere trasmessa al bambino. Una volta esclusa la possibilità che il bambino possa avere una tubercolosi attiva, le linee guida raccomandano per il bambino una terapia preventiva con isoniazide per 6 mesi, seguita dalla vaccinazione antitubercolare (World Health Organization – WHO, 2015a).

L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha suddiviso i farmaci utilizzabili per il trattamento della tubercolosi multiresistente (Mdr-Tb) in 5 gruppi. I farmaci appartenenti al primo gruppo e la streptomicina, che è stata inserita nel secondo gruppo perché iniettabile, sono i farmaci di prima linea. I farmaci inseriti nei gruppi 2-5 (eccetto la streptomicina), sono classificati come farmaci di seconda linea o di riserva; il numero del gruppo di appartenenza è inversamente proporzionale alla potenza del farmaco (World Health Organization – WHO, 2010).

Classificazione OMS dei farmaci per la tubercolosi multiresistente (Mdr-Tb) (World Health Organization – WHO, 2010):
Gruppo 1 – Farmaci orali di prima linea
1) Pirazinamide
2) Etambutolo
3) Rifabutina
Gruppo 2 – Farmaci iniettabili
1) Kanamicina
2) Amikacina
3) Capreomicina
4) Streptomicina
Gruppo 3 – Florochinoloni
1) levofloxacina
2) Moxifloxacina
3) Ofloxacina
Gruppo 4 – Batteriostatici orali di seconda linea
1) Acido para-aminosalicilico
2) Cicloserina
3) Terizidone
4) Etionamide
5) Protionamide
Gruppo 5 – Altri
1) Clofazamina
2) Linezolid
3) amoxicillina/Acido clavulanico
4) Tioacetazone
5) Imipenem/Cilastatina
6) Isoniazide ad alto dosaggio (per i micobatteri resistenti a basse dosi di isoniazide)
7) claritromicina

I ceppi batterici Xdr-Tb, cioè “estesamente resistenti”, non rispondono al trattamento di molti farmaci antitubercolari sia di prima che di seconda linea, rendendo estremamente difficile l’eradicazione del micobatterio o la sua “messa in fuori gioco”. Questi ceppi batterici risultano resistenti a isoniazide, rifampicina, pirazinamide, etambutolo, fluorochinoloni e farmaci antitubercolari iniettabili come l’amikacina e la kanamicina. La diffusione dei ceppi batterici Xdr-Tb è diventata via via più frequente, soprattutto nei pazienti HIV-positivi.

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha definito alcuni principi di base per orientare la terapia in caso di pazienti con turbercolosi resistente a più farmaci. Questi principi prevedono l’impiego sempre di una terapia combinata di almeno 4 farmaci efficaci; l’esclusione di farmaci verso i quali possa esserci resistenza crociata (alcuni dei farmaci antitubercolari mostrano resistenza crociata sia all’interno della propria classe che tra classi differenti); l’eliminazione di farmaci non sicuri dal punto di vista della tollerabilità; l’utilizzo dei farmaci delle classi 1-5 secondo un ordine di potenza farmacologica  (prima quelli del gruppo 1 quindi via via gli altri) (World Health Organization – WHO, 2010).

Attualmente sono in studio nuove molecole per il trattamento della tubercolosi multiresistente e due di queste molecole sono state da poco introdotti sul mercato: la bedaquilina e il delamanid.

La bedaquilina, approvata negli Stati Uniti nel 2012 e in Europa nel 2014, è indicata per il trattamento della tubercolosi sostenuta da ceppi batterici multiresistenti. Agisce per inibizione della pompa protonica dell’enzima ATP sintasi (Adenosina trifosfato sintasi), necessario al batterio della tubercolosi per ottenere energia.

Il delamanid, approvato in Europa nel 2014 e in Italia nel 2017, inibisce la sintesi di due componenti essenziali della parete batterica del bacillo di Koch, l’acido metossi-micolico e l’acido keto-micolico, determinando la morte del microrganismo. Il farmaco è indicato per il trattamento della tubercolosi polmonare mutiresistente (Mdr-Tb).

I farmaci impiegati nel trattamento della tubercolosi sono (le specialità medicinali presenti in Italia sono riportate in corsivo):