L’aloperidolo per somministrazione orale è indicato nei pazienti adulti per il trattamento della schizofrenia, del disturbo schizoaffettivo e del delirio quando terapie non farmacologiche non hanno avuto successo. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia dell’aloperidolo nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)
L’aloperidolo è controindicato in caso di ipersensibilità. (leggi)
Diversi studi clinici supportano l’osservazione di un aumento del rischio di mortalità legato all’uso dei farmaci antipsicotici nei pazienti anziani affetti da demenza. (leggi)
La co-somministrazione di acido valproico e aloperidolo in pazienti con schizofrenia o disturbo schizoaffettivo non è stato associato ad interazione farmacologica. (leggi)
Sulla base di studi clinici controllati con placebo o con altri farmaci neurolettici, gli effetti collaterali più frequenti associati all’aloperidolo comprendono: disturbi extrapiramidali (34%), insonnia (19%), agitazione (15%), ipercinesia (13%), cefalea (12%), disturbi psicotici (9%). (leggi)
In caso di sovradosaggio di aloperidolo gli effetti tossici principali sono rappresentati da disturbi extrapiramidali, ipotensione e sedazione. (leggi)
L’aloperidolo è un farmaco antipsicotico appartenente alla classe dei butirrofenoni, di cui è il capostipite. (leggi)
Dopo somministrazione orale, la biodisponibilità dell’aloperidolo è risultata pari al 60-70%. (leggi)
La formula bruta di aloperidolo è C21H23ClFNO2. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata all’aloperidolo sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Aloperidolo è prescrivibile nelle specialità commerciali Aloperidolo, Aloperidolo Pensa, Haldol, Haldol Decanoas, Serenase. (leggi)
L’aloperidolo è un antipsicotico tipico (antipsicotici di prima generazione), appartenente alla classe dei butirrofenoni, di cui è il capostipite. La sintesi dell’aloperidolo risale alla fine degli anni ’50 (1958) per opera di Paul Janssen e del suo gruppo di ricerca interessato allo studio di molecole antidolorifiche. Negli animali, le molecole studiate da Janssen e collaboratori avevano manifestato un profilo farmacologico particolare, in grado di indurre uno stato catatonico, l’inibizione delle risposte condizionate e una potente azione antiemetica. Queste molecole derivavano da un analgesico oppioide, la petidina. L’idea iniziale era quella di modificare la petidina per renderla più lipofila e potenziarne in questo modo l’azione analgesica. Janssen quindi sintetizzò la norpetidina (per eliminazione di un gruppo metile, -CH3), che trasformò in un butirrofenone per aggiunta di un catena laterale –CH2-. Iniettato negli animali, questo butirrofenone provocava un’azione analgesica rapida a cui seguiva un effetto simile a quello della clorpromazina, i cui effetti antipsicotici erano stati scoperti nel 1953. Su questa scia, il gruppo di Janssen testò quasi 500 molecole per poter arrivare a sintetizzare l’aloperidolo. Dalle prime sperimentazioni cliniche in pazienti affetti da schizofrenia, mania e delirium, emerse un’efficacia dell’aloperidolo nell’agitazione psicomotoria acuta a dosi decisamente inferiori a quelle della clorpromazina. Rispetto alla clorpromazina l’aloperidolo era caratterizzato da un effetto sedativo inferiore, ma da una maggiore attività sulle allucinazioni. L’aloperidolo iniziò ad essere utilizzato diffusamente per diventare, fino alla metà degli anni ’90, l’antipsicotico più prescritto.
La caratteristica farmacologica principale degli antipsicotici tipici, come l’aloperidolo, è l’inibizione dei recettori della dopamina D2. Gli antipsicotici atipici si differenziano da quelli di prima generazione per un legame più debole con questo tipo di recettore. L’inibizione dei recettori D2 è responsabile dell’azione antipsicotica e della maggior parte degli effetti collaterali degli antipsicotici tipici. Il blocco dei recettori della dopamina della via nigrostriatale è responsabile, ad esempio, dei disturbi del movimento o sintomi extrapiramidali che compaiono con l’uso dell’aloperidolo e degli altri antispicotici tipici. L’inibizione continuata di questi recettori (terapia a lungo termine) causa la discinesia tardiva, caratterizzata da movimenti involontari e ripetuti del viso e della lingua e, in alcuni casi, anche di altre parti del corpo. Inoltre, il blocco dei recettori D2 della via tuberoinfundibolare (via nervosa che collega l’ipotalamo all’ipofisi) può causare un aumento della secrezione dell’ormone prolattina (iperprolattinemia) che si associa a galattorrea, amenorrea e disfunzione sessuali.
Gli antipsicotici tipici agiscono anche su altre classi di recettori: alfa adrenergici, istaminergici e muscarino-colinergici. Gli effetti dell’aloperidolo su questi recettori sono limitati con conseguente ridotta incidenza di effetti collaterali quali sedazione, ipotensione inclusa ipotensione ortostatica e aumento ponderale.
L’aloperidolo può essere somministrato per via orale o, quando l’azione del farmaco deve essere rapida, per via intramuscolare (agitazione psicomotoria acuta con delirio e/o allucinazioni). Nei pazienti stabilizzati con la terapia orale, è possibile ricorrere ad una formulazione depot, ovvero a lento rilascio (“long acting”), che utilizza l’aloperidolo decanoato. L’aloperidolo decanoato, somministrato per via intramuscolare, si accumula nel tessuto muscolare da dove viene rilasciato lentamente e costantemente nel sangue. Questo tipo di formulazione consente di avere concentrazioni plasmatiche di farmaco più costanti, anche perché si evita l’effetto di primo passaggio epatico. La somministrazione di aloperidolo decanoato, approvato per la terapia della schizofrenia e del disturbo schizoaffettivo, prevede una iniezione ogni 4 settimane.
In caso di sovradosaggio da aloperidolo, gli effetti attesi sono sedazione, ipotensione e aumento degli effetti extrapiramidali. Il trattamento in caso di intossicazione acuta è sintomatico perché non esiste un “antidoto”.
L’aloperidolo deve essere somministrato con cautela nei pazienti anziani perchè più sensibili agli effetti del farmaco, soprattutto se affetti da demenza (possibile aumento del rischio di mortalità e di eventi avversi cerebrovascolari), pazienti con fattori di rischio per prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma (un prolungamento di questo intervallo può causare aritmie cardiache anche fatali), pazienti con squlibri elettrolitici a carico di potassio e/o magnesio (perché fattori di rischio per prolungamento dell’intervallo QT), pazienti con ipotensione (aumento dell’effetto ipotensivo e rischio di caduta in caso di ipotensione ortostatica), pazienti con anamnesi positiva per convulsioni (l’aloperidolo abbassa la soglia convulsiva), pazienti con anamnesi positiva per tromboembolismo venoso (la terapia antipsicotica è risultata associata ad un lieve aumento del rischio di eventi di tromboembolismo venoso).
L’aloperidolo attraversa la placenta ed è secreto nel latte materno. Nei pochi studi disponibili sull’uomo, non risulta un aumento di malformazioni congenite nelle donne esposte al farmaco nel primo trimestre di gravidanza. L’assunzione in prossimità del parto è stata associata a comparsa di sintomi neonatali di astinenza (discinesia, tremori, ipertermia, ipotonia, sedazione). La quota di aloperidolo che passa nel latte materno è piccola e dalle evidenze scientifiche l’assunzione di aloperidolo durante l’allattamento non è risultata influenzare la salute e lo sviluppo del bambino nei mesi successivi.
L’aloperidolo subisce esteso metabolismo epatico, pertanto nei pazienti con ridotta funzionalità epatica si potrebbe avere una concentrazione plasmatica di farmaco più alta di quella attesa. Potrebbe quindi essere necessario aggiustare la dose di aloperidolo. Il metabolismo epatico dell’aloperidolo avviene principalmente per coniugazione con l’acido glucuronico, e attraverso reazioni di riduzione e ossidazione. Gli enzimi citocromiali maggiormente coinvolti nelle reazioni di ossidazione sono il CYP2D6 e il CYP3A4. Farmaci, o sostanze, che inibiscono o inducono questi enzimi possono, in via teorica, influenzare i livelli plasmatici dell’antipsicotico modificandone efficacia (potenziale perdita di efficacia con induttori del CYP3A4) e/o tollerabilità (potenziale aumento di effetti collaterali con gli inibitori di CYP2D6 e 3A4). Inoltre, è importante tener conto della possibilità di una diversa capacità metabolica interindividuale legata alle varianti genetiche del CYP2D6 (polimorfismo). A seconda delle varianti genetiche del CYP2D6 infatti si distinguono persone con attività metabolica lenta, rapida e ultrarapida. I metabolizzatori lenti tendono ad avere livelli plasmatici più alti di aloperidolo.