La tirzepatide è approvata per il trattamento del diabete di tipo 2 nei pazienti adulti in aggiunta ad un corretto stile di vita (dieta, attività fisica) in monoterapia in alternativa alla metformina in caso di intolleranza o controindicazioni all’uso di quest’ultima, e in politerapia per migliorare il controllo della glicemia. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia della tirzepatide nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)
La tirzepatide è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)
Un calo ponderale rapido da tirzepatide potrebbe avere conseguenze cliniche: monitorare lo stato nutrizionale e l’idratazione. Il ritardo dello svuotamento gastrico può influenzare l’assorbimento dei farmaci orali; considerare questo aspetto nella gestione perioperatoria e nella valutazione dell’esposizione ad eventuale altri farmaci assunti dal paziente. (leggi)
In generale i farmaci formati da catene di aminoacidi sono metabolizzati per via proteolitica ed eliminati come tali o come peptidi/aminoacidi; hanno pertanto un tasso di assorbimento da parte del fegato minimo. Il ritardo dello svuotamento gastrico indotto dalla tirzepatide può modificare la cinetica di assorbimento dei medicinali per via orale. (leggi)
Gli effetti collaterali più frequenti associati alla tirzepatide sono di natura gastrointestinale (nausea, diarrea, vomito, stipsi, dispepsia) e diminuiscono con il passare del tempo e all’innalzamento della dose, in analogia con quanto osservato anche per gli altri agonisti GLP-1. (leggi)
In caso di sovradosaggio monitorare segni e sintomi clinici di nausea, vomito e ipoglicemia e fornire una terapia sintomatica e di supporto. Non esiste un antidoto specifico per tirzepatide. (leggi)
La tirzepatide è un peptide formato da 39 aminoacidi coniugato a un acido grasso C20 e agisce come agonista dei recettori del GIP e del GLP-1. Potenzia la secrezione insulinica glucosio-dipendente, riduce la secrezione di glucagone in condizioni di iperglicemia, rallenta lo svuotamento gastrico e modula i centri dell’appetito a livello centrale. Le modifiche strutturali e il legame all’albumina servono per prolungarne l’emivita, rallentando la sua escrezione. (leggi)
La farmacocinetica della tirzepatide corrisponde ad un modello a due compartimenti con assorbimento sottocutaneo lento (Tmax entro 8-72 ore), ampio legame all’albumina, distribuzione limitata e clearance bassa; l’emivita terminale è di circa 5 giorni, con velocità di assorbimento ed eliminazione del primo ordine. (leggi)
La formula bruta di tirzepatide è C222H348N48O68. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata alla tirzepatide sono state predisposte dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Tirzepatide è prescrivibile nelle specialità commerciali Mounjaro. (leggi)
La tirzepatide è un peptide sintetico di 39 amminoacidi coniugato a una catena di acido grasso con 20 atomi di carbonio (C20) che ne consente il legame reversibile all’albumina e, di conseguenza, un’emivita prolungata che permette la somministrazione settimanale. La sua caratteristica distintiva è la duplice azione sui recettori del GIP (polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente) e del GLP-1 (glucagon-like peptide-1). L’attivazione di entrambi i recettori produce un potenziamento sinergico della secrezione insulinica glucosio-dipendente e una riduzione della secrezione di glucagone in condizioni di iperglicemia, accompagnate dal rallentamento dello svuotamento gastrico e da un effetto centrale sull’appetito. Queste azioni coordinate determinano un miglioramento del controllo glicemico e una riduzione significativa del peso corporeo. Gli studi condotti su isole pancreatiche umane hanno dimostrato che l’effetto insulinotropo della tirzepatide richiede l’integrità del recettore GIP, suggerendo che il meccanismo d’azione si differenzi parzialmente da quello dei soli agonisti del GLP-1.
La tirzepatide rappresenta oggi una delle scelte più efficaci per i pazienti adulti con diabete mellito di tipo 2 e sovrappeso, soprattutto quando la priorità clinica è migliorare contemporaneamente il controllo glicemico e la composizione corporea. Può essere impiegata in associazione con SGLT2 inibitori, con potenziale sinergia sugli esiti cardiovascolari e renali, mentre nei pazienti in terapia insulinica o con sulfoniluree deve essere prevista una riduzione graduale del dosaggio per evitare episodi ipoglicemici. La titolazione lenta, unita all’educazione del paziente sui sintomi gastrointestinali e sull’importanza dell’idratazione, contribuisce a migliorare la tollerabilità.
In Europa la tirzepatide è commercializzata con il nome Mounjaro®, autorizzata dall’European Medicines Agency (EMA) nel settembre 2022. In Italia è indicata per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto quando il controllo glicemico non sia adeguato nonostante la dieta, l’esercizio fisico e la terapia di prima linea, sia in monoterapia nei casi di intolleranza o controindicazione alla metformina, sia in associazione ad altri ipoglicemizzanti, inclusa l’insulina. Inoltre, è approvata per la gestione del peso corporeo negli adulti con indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 30 kg/m², o pari a 27 kg/m² in presenza di almeno una comorbidità legata al peso, come ipertensione, dislipidemia, malattia cardiovascolare, apnea ostruttiva del sonno o diabete. Tuttavia, mentre l’indicazione per il diabete di tipo 2 è rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale a partire da febbraio 2025 (Nota AIFA 100), quella per la gestione del peso, pur essendo autorizzata a livello europeo, non è ancora oggetto di rimborsabilità in Italia. Negli USA il farmaco è approvato anche per trattare l’apnea ostruttiva del sonno nei pazienti adulti con obesità.
La posologia prevede una somministrazione per via sottocutanea, una volta alla settimana, indipendentemente dai pasti. Il sito d’iniezione può variare tra addome, coscia o parte superiore del braccio. La titolazione della dose deve essere graduale per migliorare la tollerabilità gastrointestinale: la dose iniziale è di 2,5 mg una volta a settimana per quattro settimane, poi si aumenta a 5 mg. Se necessario, ulteriori incrementi di 2,5 mg possono essere effettuati a intervalli di almeno quattro settimane, fino a un massimo di 15 mg a settimana, che rappresenta la dose di mantenimento più elevata. In caso di dimenticanza, la dose può essere somministrata entro quattro giorni; trascorso tale intervallo, si attende la somministrazione successiva nel giorno abituale. Nessun aggiustamento è richiesto nei pazienti con compromissione renale o epatica, sebbene in condizioni severe sia consigliata cautela per la limitata esperienza clinica disponibile.
Dal punto di vista delle avvertenze, la tirzepatide, come gli altri agonisti incretinici, può essere associata al rischio di pancreatite acuta. I pazienti devono essere istruiti a riconoscere i sintomi — dolore addominale persistente irradiato posteriormente, nausea o vomito — e a sospendere immediatamente il trattamento in caso di sospetto. Il rischio di ipoglicemia è generalmente basso, ma aumenta quando la tirzepatide è somministrata in associazione con insulina o sulfoniluree, rendendo necessario un aggiustamento della dose di questi farmaci e un attento monitoraggio glicemico. Gli effetti avversi gastrointestinali — nausea, vomito, diarrea — sono tra i più frequenti, soprattutto nelle prime settimane di terapia, e possono indurre disidratazione o squilibri elettrolitici nei pazienti fragili o con nefropatia. È importante mantenere una corretta idratazione e considerare una titolazione più lenta nei soggetti sensibili.
Un altro aspetto di rilievo riguarda la retinopatia diabetica, che può peggiorare transitoriamente in seguito al rapido miglioramento della glicemia. Nei pazienti con retinopatia proliferante o edema maculare, è raccomandato un monitoraggio oftalmologico più stretto. Inoltre, nei pazienti sottoposti ad anestesia o sedazione profonda, sono stati segnalati casi di aspirazione dovuti al ritardato svuotamento gastrico indotto dagli agonisti del GLP-1: la valutazione preoperatoria deve tenerne conto. La tirzepatide è controindicata in gravidanza e durante l’allattamento; negli studi preclinici sono emerse evidenze di tossicità riproduttiva, con ritardo della crescita fetale e malformazioni nei modelli animali. In caso di gravidanza programmata, la terapia deve essere interrotta almeno un mese prima del concepimento, in considerazione della lunga emivita del farmaco.
Le reazioni avverse più comuni osservate nei grandi trial di fase 3, che hanno arruolato complessivamente oltre 8.000 pazienti, sono state di tipo gastrointestinale: nausea nel 17–22% dei casi, diarrea nel 13–16% e vomito nel 6–10%, per lo più di grado lieve o moderato e in attenuazione con la prosecuzione della terapia. Nei pazienti trattati in associazione con insulina o sulfoniluree si sono verificati rari episodi di ipoglicemia grave. Negli studi SURPASS e SURMOUNT, la tirzepatide ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto agli agonisti selettivi del GLP-1. Nello studio SURPASS-2, condotto in pazienti con diabete di tipo 2, la riduzione media di emoglobina glicata è risultata fino a −2,3%, con una perdita di peso superiore di circa 5 kg rispetto a semaglutide 1 mg. Nello studio SURMOUNT-1, condotto in pazienti obesi senza diabete, la riduzione del peso corporeo ha raggiunto in media il 22,5% a 72 settimane.
Il profilo di sicurezza cardiovascolare della tirzepatide è stato valutato nello studio SURPASS-CVOT, che ha confrontato la molecola con dulaglutide; i risultati finali indicano la non inferiorità per gli eventi cardiovascolari maggiori (MACE-3), ma non hanno soddisfatto i criteri di superiorità della tirzepatide verso la dulaglutide. Dal punto di vista preclinico, in modelli di ratto è stato osservato un aumento dell’incidenza di tumori a cellule C della tiroide, ma la rilevanza di tale osservazione per l’uomo rimane incerta, poiché nei roditori l’espressione dei recettori incretinici nelle cellule C è più elevata che nell’uomo.
Gli studi clinici più recenti hanno ulteriormente confermato l’efficacia e la sicurezza della tirzepatide. In popolazioni asiatiche con obesità, il farmaco ha prodotto riduzioni ponderali e miglioramenti metabolici simili a quelli osservati nelle coorti occidentali. Il farmaco ha mostrato benefici in pazienti con apnea ostruttiva del sonno correlata all’obesità, nei quali la perdita di peso indotta dal trattamento ha comportato un miglioramento significativo della severità della sindrome.
Per quanto riguarda la tossicità, la tirzepatide non mostra effetti diversi da quelli già attesi per la classe incretinica. Gli studi di tossicità acuta e subcronica non hanno evidenziato organotossicità significative, e la cancerogenicità osservata nel ratto (adenomi e carcinomi C-cell) non si è riprodotta nel modello murino transgenico. La tossicità riproduttiva, già menzionata, impone invece un approccio prudenziale in età fertile.
Le interazioni farmacologiche derivano principalmente dal ritardato svuotamento gastrico, che può modificare l’assorbimento dei farmaci orali. Dopo una singola dose di 5 mg, la concentrazione plasmatica massima di paracetamolo si riduce di circa il 50% con un ritardo del tempo necessario a raggiungere tale concentrazione (tempo di picco) di un’ora, ma l’esposizione complessiva (AUC, area sottesa dalla curva concentrazione-tempo) resta invariata. Simili effetti sono stati osservati per i contraccettivi orali combinati a base di etinilestradiolo e norgestimato, con riduzione della concentrazione plasmatica massima e dell’AUC rispettivamente di circa il 55–66% e 20–23%, senza variazioni clinicamente significative. Tuttavia, alcune linee guida raccomandano l’uso di un metodo contraccettivo non orale o di barriera nelle quattro settimane successive all’inizio o a ogni incremento di dose, per maggiore cautela. Per i farmaci a indice terapeutico stretto, come warfarin e digossina, è consigliato monitorare la risposta clinica e laboratoristica durante la fase di titolazione.
Dal punto di vista farmacocinetico, la tirzepatide presenta un’assorbimento sottocutaneo con biodisponibilità dell’80% e un tempo al picco (Tmax) compreso tra 8 e 72 ore. Lo stato stazionario viene raggiunto dopo circa quattro settimane di somministrazioni settimanali. Il volume di distribuzione apparente è di circa 10 litri e il legame con le proteine plasmatiche, prevalentemente albumina, è pari al 99%. Il metabolismo avviene per proteolisi e β-ossidazione della catena lipidica, seguite da idrolisi della catena peptidica; i metaboliti sono escreti nelle urine e nelle feci, mentre il farmaco intatto non è rilevabile nei fluidi biologici. La clearance totale è di circa 0,06 L/ora, con emivita media di 5 giorni, coerente con la frequenza di somministrazione settimanale. Non sono state osservate variazioni clinicamente rilevanti della farmacocinetica in funzione di età, sesso, razza, peso corporeo o compromissione renale o epatica.