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Amitriptilina

Laroxyl, Sedans, Triptizol e altri

Interazioni - Quali sono le interazioni farmacologiche di Amitriptilina?

Acido acetilsalicilico, fenilbutazone, fenitoina, fenotiazine, scopolamina: possono aumentare la concentrazione di amitriptilina libera per competizione con il legame alle proteine plasmatiche.

Alcool: in associazione ad amitriptilina causa un effetto depressivo additivo sul sistema nervoso centrale, aumentando i rischi di depressione respiratoria e ipotensione.

Anticonvulsivanti: l’amitriptilina ne diminuisce gli effetti terapeutici perchè abbassa la soglia convulsiva e può scatenare essa stessa convulsioni e mioclono.

Benzodiazepine, ipnotici, sedativi: potenziano gli effetti depressivi dell’amitriptilina sul sistema nervoso centrale.

Betanidina, debrisochina, guanadrel, guanetidina, metildopa: l’amitriptilina blocca l’uptake nei neuroni noradrenergici di questi farmaci diminuendone l’efficacia antipertensiva.

Celecoxib: potrebbe aumentare la concentrazione plasmatica dell’amitriptilina per inibizione del CYP2D6 (Molden, Braathen, 2005; Garnett, 2001; Brooks, Day, 2000).

Cimetidina: incrementa i livelli plasmatici dei farmaci antidepressivi triciclici. La cimetidina è risultata aumentare la concentrazione plasmatica dell’amitriptilina e ridurre quella della nortriptilina, probabilmente per inibizione del metabolismo presistemico. La percezione soggettiva della variazione degli effetti farmacologici è risultata correlare con la variazione della concentrazione plasmatica della nortriptilina (Curry et al., 1985). L’aumento dei livelli plasmatici dell’amitriptilina indotti dalla cimetidina non è stato osservato nei pazienti trattati con ranitidina (Kurowski, Reim, 1986).

Clonidina, guanabenz, guanfacina: la somministrazione di antidepressivi triciclici, soprattutto desipramina e imipramina, a pazienti con ipertensione stabilizzati con clonidina è stata associata a ipertensione. Questo tipo di interazione potrebbe interessare anche l’amitriptilina. La co-somministrazione di clonidina con amitriptilina e clordiazepossido potrebbe indurre un potenziamento degli effetti depressivi sul sistema nervoso centrale. Poichè guanabez e guanfacina possiedono un meccanismo d’azione simile alla clonidina è possibile che l’interazione farmacologica osservata fra clonidina e antidepressivi triciclici possa estendersi anche a guanabenz e guanfacina.

Cocaina: in associazione agli antidepressivi triciclici aumenta il rischio di aritmia cardiaca.

Contraccettivi orali: aumentano la concentrazione plasmatica dell’amitriptilina per inibizione del suo metabolismo (Edelbroek et al., 1987). L’associazione farmacologica potrebbe richiedere un aggiustamento della dose di amitriptilina.

Decongestionanti nasali simpaticomimetici (nafazolina, ossimetazolina, fenilefrina, xilometazoline): potenziano l’efficacia degli antidepressivi triciclici, in particolare gli effetti sul cuore, pertanto l’associazione farmacologica non è raccomandata.

Disulfiram: in associazione ad amitriptilina può provocare delirio transitorio (Maany et al., 1982). Il disulfiram è un noto inibitore dell’isoenzima citocromiale CYP2C9, coinvolto nel metabolismo dell’amitriptilina. L’uso concomitante disulfiram-amitriptilina non è raccomandato.

Farmaci anticolinergici, antistaminici, ciclobenzaprina, antipsicotici (aloperidolo, molindone, fenotiazine), amoxapina, metoclopramide: incrementano gli effetti anticolinergici e sedativi dell’amitriptilina. In associazione alle fenotiazine potrebbe verificarsi un aumento della concentrazione serica dell’amitriptilina.

Farmaci antitiroidei: in associazione ad antidepressivi triciclici incrementano il rischio di agranulocitosi.

Farmaci induttori del CYP3A4 (carbamazepina, fenitoina, fenobarbital, rifampicina): potrebbero aumentare il metabolismo dell’amitriptilina per induzione dell’enzima citocromiale CYP3A4 con conseguente riduzione della concentrazione ematica dell’antidepressivo triciclico e dei suoi effetti.

Farmaci inibitori della glicoproteina-P: poichè l’amitriptilina è un substrato della glicoproteina-P, i farmaci che inibiscono la glicoproteina-P potrebbero, in via teorica, ridurne la biodisponibilità orale e/o modificarne il trasporto a livello della barriera ematoencefalica (Abaut et al., 2007; Thuerauf, Fromm, 2006).

Fenfluramina: potrebbe potenziare gli effetti sedativi dell’associazione farmacologica amitriptilina più clordiazepossido.

Fenprocumone: la co-somministrazione di amitriptilina e fenprocumone, anticoagulante simile a warfarin, comporta una fluttuazione significativa dei valori di INR (International Normalised Ratio) risolvibile solo con l’interruzione dell’antidepressivo triciclico (Hampel et al., 1996). L’indice INR valuta l’attività protrombinica e consente di standardizzare il tempo di protrombina PT (INR è dato dal rapporto fra il PT del paziente e un valore PT standard, corrispondente alla media dei plasmi normali).

Fluconazolo: la co-somministrazione di fluconazolo e amitriptilina è stata associata ad un aumento della concentrazione sierica dell’antidepressivo con comparsa di effetti tossici: sincope in un paziente pediatrico di 12 anni di età (Robinson et al., 2000), delirio (Duggal, 2003), prolungamento dell’intervallo QT e comparsa di torsione di punta (Dorsey, Biblo, 2000). Il fluconazolo è un potente inibitore del CYP3A4, enzima citocromiale coinvolto nel metabolismo dell’amitriptilina, e della glicoproteina-P. Inoltre sia il fluconazolo sia l’amitriptilina inducono prolungamento dell’intervallo QT (l’onda QT dell’ECG corrisponde alla fase di sistole elettrica, cioè depolarizzazione e ripolarizzazione dei ventricoli).

Inibitori delle monoaminossidasi (MAO-Inibitori) (isocarbossiazide, fenelzina, tranilcipromina, moclobemide, selegilina): gli antidepressivi triciclici non devono essere somministrati in associazione a MAO-inibitori per il rischio di gravi effetti collaterali quali convulsioni, ipertermia, coma, morte. Lasciar intercorrere fra l’ultima dose di MAO-inibitore e la prima di antidepressivo triciclico almeno 14 giorni (lasso di tempo necessario alla sintesi enzimatica di nuove monoaminossidasi).

Iperico: può ridurre la concentrazione plasmatica dell’amitriptilina per inibizione della via citocromiale e/o per induzione della glicoproteina-P di cui l’amitriptilina è substrato (Izzo, Ernst, 2009).

Isoproterenolo, fenilefrina, noradrenalina, adrenalina, amfetamine: potenziano gli effetti depressivi dell’amitriptilina aumentando però il rischio di aritmie, ipertensione grave o iperpiressia.

Levodopa: l’amitriptilina ne diminuisce la biodisponibilità per probabile azione sulla motilità gastrica. L’amitriptilina infatti aumenta il tempo di svuotamento gastrico prolungando la permanenza della levodopa nello stomaco e favorendone l’inattivazione gastrica. La combinazione terapeutica aumenta il rischio di ipotensione e aritmie cardiache.

Metrizamide: somministrata per via intratecale in associazione ad antidepressivi triciclici incrementa il rischio di convulsioni.

Neurolettici: in associazione agli antidepressivi triciclici si verifica un aumento delle concentrazioni al sito d’azione di entrambi i due tipi di farmaci con conseguente incremento, da un lato, della cardiotossicità degli antidepressivi triciclici e, dall’altro, degli effetti extrapiramidali dei neurolettici. L’interazione è dovuta in parte all’inibizione reciproca del metabolismo epatico e in parte all’inibizione, sempre reciproca, della ricaptazione tissutale mediata dal lisosoma (Wladyslawa, Wojcikowski, 1999).

Pimozide: in associazione con amitriptilina aumenta i rischi di aritmie cardiache.

Ormoni tiroidei (triiodotironina, tiroxina): l’amitriptilina non modifica la concentrazione sierica degli ormoni tiroidei (Liewendahl et al., 1980; Linnoila et al., 1981).

Reserpina: l’amitriptilina ne può diminuire l’efficacia terapeutica.

SSRI (fluoxetina, sertralina, paroxetina, fluvoxamina, venlafaxina): aumentano gli effetto tossici dell’amitriptilina, se vengono utilizzati contemporaneamente all’antidepressivo triciclico. La fluoxetina è risultata inibire il metabolismo epatico dell’amitriptilina per azione sul CYP2D6 (Schmider et al., 1999). L’effetto inibitorio sul CYP2D6 è esercitato sia dalla fluoxetina sia dal suo metabolita, la norfluoxetina, e si mantiene per tutta la durata dell’emivita dei due farmaci, che è pari, rispettivamente a una e a tre settimane circa. Ne consegue che la fluoxetina può influenzare il metabolismo dell’amitriptilina per diverse settimane dopo la sospensione dell’SSRI. In un paziente trattato con venlafaxina, la somministrazione di amitriptilina ha scatenato una sindrome serotoninergica nonostante un intervallo di due settimane fra la fine della terapia con venlafaxina e l’inizio di quella con amitriptilina (Perry, 2000). Sintomi riconducibili a sindrome serotoninergica sono stati osservati anche in un paziente trattato con amitriptilina, paroxetina e linezolid (Morale-Molina et al., 2005). La sindrome serotoninergica è causata da una eccessiva attività serotoninergica centrale, è caratterizzata da alterazioni cognitivo-comportamentali e disfunzioni neuromuscolari quali confusione mentale, agitazione, ipertermia, mioclono, iperriflessia e tremori. In associazione a fluvoxamina, si è verificato un aumento degli effetti collaterali di amitriptilina quali tremori, secchezza delle fauci, costipazione e confusione. L’interazione farmacocinetica è dovuta all’inibizione del CYP1A2 da parte della fluvoxamina con conseguente blocco della reazione di demetilazione dell’amitriptilina a nortriptilina.

Tiramina: gli antidepressivi triciclici potrebbero inibire la captazione della tiramina di origine alimentare a livello del tratto gastrointestinale.

Tioridazina, nefazodone: la somministrazione di questi farmaci in pazienti in terapia con amitriptilina può provocare sindrome serotoninergica (Chan et al., 1998).

Topiramato: somministrato al dosaggio di 200 mg/die non è risultato modificare il profilo farmacocinetico dell’amitriptilina (Bialer et al., 2004).

Tramadolo: la somministrazione di tramadolo a pazienti in terapia prolungata con amitriptilina e fluoxetina a dosaggio elevato (60 mg/die) ha scatenato l’insorgere di sindrome serotoninergica.

TRH test: l’amitriptilina può influenzare la risposta al TRH (Thyrotropin Releasint Hormone) a seconda dello stato depressivo del paziente. Nei pazienti con depressione endogena in remissione, la somministrazione di amitriptilina per tre settimane non ha modificato la concentrazione di tireotropina (TSH) in risposta al TRH; nei pazienti con depressione recidivante, la concentrazione di TSH, in risposta al TRH, è aumentata in modo significativo (Krog-Meyer et al., 1985).

Warfarin: l’amitriptilina è stata associata ad aumento dei valori dell’indice INR in pazienti in terapia con warfarin. L’antidepressivo è risultato aumentare i livelli plasmatici di dicumarolo.