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Ciclofosfamide

Endoxan

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Ciclofosfamide?

Stravaso: in caso di stravaso, durante la somministrazione per via endovenosa della ciclofosfamide, il danno ai tessuti circostanti dovrebbe essere quasi nullo perché il farmaco, per poter agire come citostatico, deve essere attivato per via enzimatica nel fegato. Per precauzione comunque, le raccomandazioni prevedono l’interruzione della somministrazione, l’aspirazione del liquido iniettato, il lavaggio con soluzione salina e l‘immobilizzazione dell’arto.

Funzionalità renale: la ciclofosfamide è un farmaco con effetti collaterali importanti a carico dei reni, delle vie renali e della vescica (nefrotossicità e urotossicità). In caso di grave compromissione della funzionalità renale deve essere valutato attentamente il rapporto rischio (nefro-urotossicità)/beneficio (uso del farmaco come salvavita). La ciclofosfamide è stata associata a cistite emorragica, infezione del bacinetto renale (pielite) e dell’uretra (uretrite), a sangue nelle urine (ematuria), ulcerazione e necrosi della vescica, fibrosi e contrattura della vescica, sviluppo di tumori secondari. In particolare, l’uso della ciclofosfamide è stato associato a sviluppo di carcinoma vescicale infiltrattante con un periodo di latenza di 6-13 anni (Associazione Italiana di Oncologia Medica – AIOM, 2019c). La tossicità della ciclofosfamide sulla vescica, che non dipende dalla durata della terapia, può richiedere la sospensione della ciclofosfamide e in alcuni casi rendere necessaria la rimozione stessa della vescica (cistectomia). L’associazione della ciclofosfamide alla radioterapia o al busulfan oppure il ricorso a questi trattamenti dopo l’uso di ciclofosfamide aumenta il rischio di cistite emorragica farmaco-indotta. Prima di usare la ciclofosfamide è pertanto necessario accertarsi che non ci siano infezioni all’apparato urinario o ostruzione urinaria. L’idratazione, lo svuotamento regolare della vescica e/o l’uso di mesna (sodio mercaptoetansolfonato) riducono la tossicità della ciclofosfamide sulle vie urinarie (il mesna antagonizza la tossicità sul tratto urinario della ciclofosfamide). I pazienti con ridotta funzionalità renale hanno più difficoltà ad eliminare la ciclofosfamide e questo può comportare un aumento dei livelli del farmaco nel sangue e una sua maggiore tossicità: può essere pertanto necessario adeguare il dosaggio della ciclofosfamide.

Insufficienza epatica: poiché la ciclofosfamide per agire come alchilante deve essere attivata da enzimi epatici, una ridotta funzionalità del fegato potrebbe influenzare negativamente la conversione del farmaco nei metaboliti farmacologicamente attivi riducendone l’efficacia terapeutica. In questi pazienti potrebbe essere indicato aggiustare la dose di ciclofosfamide.

Mielosoppressione: la ciclofosfamide provoca una riduzione delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine), con conseguente leucopenia, neutropenia, trombocitopenia e anemia. La mielodepressione riduce la capacità dell’organismo di rispondere alle infezioni patogene (batteri, virus, funghi, parassiti) esponendo il paziente a riattivazione di infezioni latenti, sepsi e shock settico. Quindi, se la conta di leucociti, eritrociti e piastrine scende sotto determinati valori soglia, la ciclofosfamide deve essere sospesa fino a normalizzazione dei parametri ematologici. I pazienti più a rischio di mielosoppressione sono quelli esposti a precedente radioterapia e/o chemioterapia, con malattie renali o epatiche croniche, con diabete mellito. Nella maggior parte dei pazienti, gli effetti della ciclofosfamide su leucociti e piastrine sono massimi dopo una o due settimane dall’inizio della terapia. Dopo la somministrazione del farmaco, i valori ematici si normalizzano in circa 20 giorni. Le linee guida raccomandano di effettuare un controllo dei parametri ematici (leucociti, piastrine ed emoglobina) prima di somministrare la ciclofosfamide e ad intervalli regolari (misurare la conta leucocitaria ogni 5-7 giorni oppure ogni 2 giorni se inferiore a 3000 cell/microlitro).

Tossicità cardiaca: la ciclofosfamide può provocare aritmie sopraventricolari (tra cui fibrillazione atriale e flutter atriale) e ventricolari (incluso grave prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma associato a tachiaritmia ventricolare), infezioni al cuore (miocardite) e alla membrana che avvolge il cuore (miopericardite) che possono provocare insufficienza cardiaca grave, anche fatale. La ciclofosfamide può provocare tossicità cardiaca acuta anche dopo una dose singola, inferiore a 20 mg/kg. La cardiotossicità della ciclofosfamide aumenta con l’uso di dosi elevate di farmaco, in pazienti sottoposti a precedente radioterapia nella parte centrale del torace (area cardiaca) e quando associata a farmaci cardiotossici (ad esempio antracicline o pentostatina).

Tossicità polmonare: la ciclofosfamide è stata associata a polmonite, fibrosi polmonare e occlusione delle vene polmonari. In alcuni pazienti gli effetti tossici sul polmone hanno portato a insufficienza respiratoria. La tossicità polmonare può manifestarsi anche dopo una sola dose di ciclofosfamide. La polmonite si può sviluppare anche dopo mesi o anni dal trattamento. Sebbene l’incidenza della tossicità polmonare da ciclofosfamide sia bassa, la mortalità associata è elevata.

Tumori secondari: il rischio di tumore secondario è una complicanza grave dell’uso di farmaci citostatici, inclusa la ciclofosfamide. I tumori secondari osservati con maggior frequenza con la ciclofosfamide sono a carico del tratto urinario, in particolare della vescica (il rischio può essere ridotto prevenendo lo sviluppo di cistite emorragica), e del sangue (leucemie). La ciclofosfamide è stata associata anche a linfoma, cancro alla tiroide e sarcoma. Il tumore può manifestarsi anche dopo diversi anni dalla terapia oncologica.

Malattia veno-occlusiva del fegato (VOD epatica): la ciclofosfamide è stata associata a comparsa di VOD epatica, soprattutto quando utilizzata a dosaggio elevato per il trapianto di midollo osseo. Il rischio di VOD epatica è risultato dipendere dall’esposizione sistemica al metabolita attivo della ciclofosfamide, la 4-idrossiciclofosfamide, nel primo ciclo di terapia, non dalla quantità cumulativa a cui si è esposti in due o più cicli (tanto più elevata è la concentrazione plasmatica di 4-idrossi-ciclofosfamide nel primo ciclo di trattamento, tanto maggiore è risultato il rischio di sviluppare VOD epatica) (de Jonge et al., 2006). Il danno epatico è probabilmente causato dall’acroleina, uno dei metaboliti attivi della ciclofosfamide. L’acroleina può causare danno epatico per interazione con gli enzimi citocromiali, le macromolecole e gli acidi nucleici delle cellule epatiche, per inibizione dell’enzima glutatione S-transferasi e per deplezione diretta del glutatione, che costituisce una delle più importanti molecole antiossidanti del metabolismo cellulare. Gli effetti tossici sul glutatione sono condivisi anche da un altro farmaco, il busulfan, spesso associato alla ciclofosfamide in caso di trapianto di midollo osseo (de Jonge et al., 2006). La malattia veno-occlusiva del fegato si manifesta circa una o due settimane dopo il trapianto di midollo, con iperbilirubinemia (bilirubina sierica totale > 34,2 micromoli/L), ingrossamento del fegato (epatomegalia) e presenza di liquido nell’addome (ascite). Le complicanze della VOD epatica comprendono sindrome epatorenale e insufficienza multiorgano. La VOD epatica è stata osservata anche dopo terapia prolungata con ciclofosfamide a basso dosaggio.

Nausea e vomito: la ciclofosfamide è un farmaco con potenziale ematogeno moderato sia per via orale che endovena (dose =/< 1500 mg/m2) secondo le indicazioni della Consensus Conference sugli antiemetici del Multinational Association of Supportive Care in Cancer (MASCC) e dell’European Society of Medical Oncology (ESMO) (Ann. Oncol., 2016). Questo significa che la ciclofosfamide provoca il vomito in una percentuale di pazienti compresa tra il 30% e il 90%. Il potenziale ematogeno di un farmaco antitumorale, però, dipende, oltre che dalla via di somministrazione, anche da altri parametri, quali dose, combinazione con altri farmaci antitumorali, durata dell’infusione per i farmaci somministrati per endovena e caratteristiche del paziente quali età, sesso, suscettibilità al vomito (gravidanza, mal d’auto, etc.). I farmaci indicati per trattare la nausea e il vomito da chemioterapia comprendono: metoclopramide, 5-HT3 antagonisti, desametasone, aprepitant e suoi analoghi (questi ultimi soprattutto quando il regime chemioterapico è fortemente ematogeno, ovvero il vomito interessa più del 90% dei pazienti; nel caso della ciclofosfamide quando è associata ad antracicline) (Associazione Italiana di Oncologia Medica – AIOM, 2018c).

Stomatite (mucosite orale): la ciclofosfamide può causare stomatite. Una buona igiene del cavo orale riduce il rischio. E’ importante pertanto che il paziente sottoposto a terapia con ciclofosfamide sia adeguatamente istruito e sottoposto a controlli regolari del cavo orale.

Cicatrizzazione delle ferite: la ciclofosfamide può alterare il normale processo di cicatrizzazione delle ferite.

Alopecia: le cellule del capello sono particolarmente sensibili alla chemioterpia. La ciclofosfamide causa la caduta dei capelli anche completa. L’alopecia compare nella maggior parte dei pazienti dopo 2-4 cicli di trattamento (Petrelli, Palmi, 2016) Nella maggior parte dei pazienti i capelli ricrescono dopo la sospensione della chemioterapia, anche se possono presentare colore e consistenza diversa.

Attività che richiedono attenzione e coordinazione prolungate: la ciclofosfamide può causare nausea/vomito, alterazioni della vista, vertigini, che possono compromettere la capacità del paziente di guidare o usare macchinari.

Lattosio: la presenza di lattosio come eccipente nelle specialità medicinali a base di ciclofosfamide rappresenta una controindicazione in caso di deficit dell’enzima (lattasi) che scinde il lattosio nei due zuccheri che lo formano, glucosio e galattosio, e di malassorbimento di glucosio/galattosio.

Saccarosio: la presenza di saccarosio come eccipiente nelle specialità medicinali a base di ciclofosfamide rappresenta una controindicazione in caso di intolleranza su base ereditaria al fruttosio (il saccarosio è formato da glucosio e fruttosio), di malassorbimento di glucosio/galattosio, di deficit dell’enzima saccarasi-isomaltasi (enzima necessario per l’assorbimento del saccarosio).


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