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Ciclofosfamide

Endoxan

Tossicità - Qual è la tossicità di Ciclofosfamide?

Sovradosaggio: in caso di sovradosaggio, la tossicità da ciclofosfamide comprende mielodepressione dose-dipendente, immunodepressione, effetti tossici a carico della vescica e del tratto urinario, cardiotossicità dose-dipendente, malattia veno-occlusiva del fegato e stomatite. Non esiste un antidoto alla ciclofosfamide, ma l’antitumorale è dializzabile. Inoltre la somministrazione di mesna riduce la tossicità urovescicale della ciclofosfamide.

Cancerogenicità, mutagenicità: la ciclofosfamide è genotossica sulle cellule somatiche e su quelle della linea germinale. Pertanto, l’uso della ciclofosfamide deve essere associata a contraccezione nell’uomo e nella donna. I pazienti di sesso maschile devono evitare di concepire bambini fino a 6 mesi dopo la fine della terapia con ciclofosfamide. Nelle donne il periodo di astensione da un’eventuale gravidanza deve essere almeno di 12 mesi.

Tossicità riproduttiva: la ciclofosfamide è un farmaco teratogeno. L’esposizione in utero comporta malformazioni congenite nel bambino. L’antitumorale è stato associato a deficit nella crescita uterina, a malformazioni cranio-facciali tra cui anomalie agli occhi, palatoschisi, palato arcuato, idrocefalia, anomalie alla mandibola, anomalie nello sviluppo dell’orecchio esterno, difetti dell’udito, craniosinostosi (saldatura prematura di una o più delle suture delle ossa craniche) e asimmetria facciale. In questi casi sono stati osservati anche malformazioni agli arti quali sviluppo ridotto o incompleto di radio, ulna e tibia, piede torto, difetti alle dita di piedi e mano, fusione delle vertebre, fusione congenita delle vertebre cervicali (sindrome di Klippel-Feil) e mancata discesa della scapola nella sede definitiva (scapola alta congenita o deformità di Sprengel). Il periodo più a rischio per gli effetti teratogeni della ciclofosfamide è il primo trimestre di gravidanza, ma sono stati riportate malformazioni anche in caso di esposizione al farmaco più tardive (Rengasamy, 2017).
La ciclofosfamide è escreta nel latte materno in quantità potenzialmente tossiche per il neonato (Toxnet, 2020). In un bambino di 23 giorni sono stati riportati neutropenia, trombocitopenia e valori di emoglobina bassi probabilmente in seguito al trattamento della madre con ciclofosfamide 6 mg/kg/die per endovena (dose totale 300 mg) per tre giorni (Durodola, 1979). In un bambino di 4 mesi, è stata riportata neutropenia dopo 9 giorni dall’ultima dose di chemioterapia materna. La madre aveva già assunto 6 dosi settimanali da 800 mg di ciclofosfamide per endovena, 2 mg di vincristina per endovena e dosi giornaliere di 30 mg di prednisone orale. La neutropenia nel lattante era stata accompagnata da diarrea (Amato, Niblett, 1977). Sulla base dei pochi dati disponibili, la concentrazione massima di ciclofosfamide nel latte materno è raggiunta dopo 4-5 ore dalla somministrazione del farmaco. Il livello di esposizione comunque diminuisce nei giorni di trattamento seguenti probabilmente per un effetto di autoinduzione della ciclofosfamide sul suo stesso metabolismo. In una donna trattata con 2,8 g/die di ciclofosfamide per 4 giorni consecutivi, il picco di concentrazione nel latte materno è stato pari a 40,8 mg/L il giorno 1 e 13,2 mg/L il giorno 4; la concentrazione media è variata da 15,1 mg/L il giono 1 a 3,1 mg/L il giorno 4 e la dose stimata giornaliera assunta dal neonato è variata da 2,3 mg/kg il giorno 1 a 1-0,5 mg/kg il giorno 4. La percentuale, aggiustata per il peso, della dose materna assunta dal bambino è stata pari a 4,8% il giorno 1 e allo 0,9% il giorno 4 (Fierro et al., 2019).

Fertilità: la ciclofosfamide può indurre sterilità nell’uomo e nella donna, anche irreversibile. L’effetto  collaterale dipende dalla dose di ciclofosfamide, dalla durata della terapia e dallo stato della funzione gonadica all’inizio del trattamento. La sterilità indotta da ciclofosfamide può essere irreversibile.
Nelle donne, l’assenza di ciclo mestruale (amenorrea), che costituisce l’evento più frequente, può essere irreversibile: il rischio è risultato maggiore con l’aumentare dell’età. Il responsabile principale della tossicità ovarica della ciclofosfamide è la mostarda fosforamidica; l’acroleina sembra invece priva di questa tossicità (Petrelli, Palmi, 2016). L’impiego del farmaco prima della pubertà non compromette in genere lo sviluppo sessuale, inclusa la comparsa di un ciclo mestruale regolare. Ma nelle donne che hanno mantenuto la funzione ovarica dopo terapia con ciclofosfamide può aumentare il rischio di menopausa precoce (prima dei 40 anni).
Negli uomini, la ciclofosfamide può indurre sterilità transitoria (della durata anche di più anni dopo la fine del trattamento) o irreversibile, pertanto si raccomanda la conservazione dello sperma prima di iniziare la chemioterapia. La riduzione o scomparsa degli spermatozoi (oligospermia e azospermia) sono associate ad un aumento delle gonadotropine, che non interessa il testosterone (livelli nella norma) e che, in genere, influenzano potenza sessuale e libido. L’azospermia indotta dai farmaci antitumorali compare in genere dopo 8-12 settimane dall’inizio della chemioterapia. La distruzione degli spermatogoni, le cellule immature che costituiscono la riserva per la produzione di spermatozoi, provoca azoospermia permanente. Questo evento si manifesta nel 50% dei pazienti trattati con dosi uguali o superiori a 6 g/m2 di ciclofosfamide. Azoospermia o oligozoospermia si manifestano dopo 4-6 mesi con dosi di ciclofosfamide di 1-2 mg/kg/die. Tra i farmaci impiegati come antitumorali, la ciclofosfamide sembra quella con il più alto rischio di azoospermia persistente (Petrelli, Palmi, 2016). L’uso della ciclofosfamide prima della pubertà, come già osservato nelle pazienti femminili, non compromette il normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari, ma può provocare oligospermia o azospermia.

DL50: dopo somministrazione per via endovenosa, pari a circa 160 mg/kg (ratto), 400 mg/kg (topo, cavia), 130 mg/kg (coniglio), 40 mg/kg (cane).