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Fluoxetina

Prozac, Fluoxeren e altri

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Fluoxetina?

Interruzione del trattamento/sindrome da astinenza: la sospensione del trattamento con fluoxetina deve avvenire gradualmente per ridurre il rischio di sindrome da astinenza (nausea, capogiri, cefalea, vomito, dolori muscolari, acatisia, disturbi del sonno). Nella maggior parte dei pazienti i sintomi di astinenza si risolvono in 2-3 settimane, ma in un numero limitato di pazienti si sono protratti per un periodo maggiore (2-3 mesi). Negli studi clinici circa il 60% dei pazienti trattati con fluoxetina o placebo hanno evidenziato effetti collaterali, di questi il 17% nel gruppo fluoxetina e circa il 12% nel gruppo placebo erano eventi avversi gravi. I sintomi da astinenza si possono verificare, oltre che al termine del trattamento, alla variazione del dosaggio, al passaggio da un antidepressivo ad un altro oppure quando la dose non viene assunta. Non interrompere mai bruscamente la terapia con fluoxetina quando compaiono i sintomi d’astinenza.

Suicidio/ideazione di suicidio in pazienti pediatrici: gli SSRI non sono registrati per il trattamento della depressione nei pazienti pediatrici ad eccezione della fluoxetina (bambini con età =/> 8 anni). La depressione è una patologia rara nel bambino (prevalenza 0,5%), aumenta nell’adolescenza (prevalenza 3%) ed è associata ad un rischio suicidario importante (Expertise Collective Inserm, 2003). Sulla base dell’analisi di 11 studi clinici in pazienti pediatrici trattati con SSRI per il disturbo depressivo maggiore (MDD), le agenzie regolatorie inglese CSM (Commitee on Safety of Medicines) e americana FDA hanno verificato che ci sono dati clinici di efficacia per fluoxetina e probabilmente per citalopram, ma non per gli SSRI paroxetina, sertralina e venlafaxina. Inoltre l’uso degli SSRI, in questa classe di pazienti, è stata associata ad un aumento di comportamento suicida (ideazione di suicidio, tentativo di suicidio, autolesionismo) rispetto al placebo (in particolare per paroxetina e venlafaxina, ma sono implicati anche citalopram, sertralina e fluoxetina; per la fluvoxamina i dati di letteratura sono scarsi). La fluoxetina deve essere somministrata nei pazienti pediatrici solo in caso di depressione maggiore di grado da moderato a severo e sempre in associazione a psicoterapia.

Crescita e sviluppo puberale: i dati di letteratura relativi a crescita staturale, sviluppo sessuale, cognitivo, comportamentale ed emotivo sono limitati. In uno studio, della durata di 19 settimane, è stata osservata una riduzione della crescita dopo trattamento con fluoxetina in pazienti pediatrici. In questa classe di pazienti la sicurezza della fluoxetina non è stata valutata per trattamenti di durata superiore alle 19 settimane. Monitorare crescita e sviluppo puberale nei bambini trattati con fluoxetina.

Suicidio/ideazione di suicidio in pazienti adulti: poiché l’ideazione di suicidio è una componente insita nel disturbo depressivo maggiore e in altre forme patologiche di disturbi del comportamento, il rischio di suicidio rimane alto fino a quando non sono evidenti segni di miglioramento connessi con la terapia farmacologica. E’ importante quindi monitorare segni e sintomi riconducibili all’ideazione di suicidio, in particolare nelle prime settimane di terapia, quando ancora non è stato raggiunto un controllo ottimale della patologia, e ogni qualvolta viene modificato il dosaggio della fluoxetina. Da una metanalisi condotta dalla GSK in pazienti adulti l’incidenza di comportamenti suicidatari sembrerebbe più frequente, rispetto a placebo, nell’intervallo di età compreso fra 18 e 30 anni. Nessuna differenza è stata riscontrata quando il confronto è stato fatto fra SSRI e antidepressivi tricilici.

Sindrome serotoninergica: tutti gli SSRI, inclusa fluoxetina, possono causare sindrome serotoninergica, evento avverso raro ma potenzialmente pericoloso per la vita. L’associazione con farmaci ad attività serotoninergica aumenta il rischio per questa sindrome i cui sintomi possono comprendere: alterato stato mentale, febbre, agitazione, tremori, mioclono, iperreflessia, atassia, incordinazione, diaforesi, brividi e sintomi gastrointestinali. Raramente, sono stati anche osservati aumento del conteggio dei globuli bianchi, della creatinfosfochinasi, delle transaminasi epatiche o diminuzione del bicarbonato sierico, coagulazione intravascolare disseminata, mioglobinemia e insufficienza renale. Le manifestazioni cliniche non correlano con la concentrazione ematica di serotonina perché quello che conta è la sua concentrazione a livello della terminazione nervosa. Il trattamento della sindrome serotoninergica prevede sedazione, raffreddamento esterno, somministrazione di farmaci antiepilettici e antipertensivi.

Mania/ipomania: la fluoxetina deve essere usata con cautela nei pazienti con anamnesi positiva di mania. Sono stati infatti riferiti psicosi e viraggio del tono dell’umore verso una fase maniacale, che ha richiesto la sospensione del farmaco, in pazienti trattati per la depressione. L’incidenza di mania e ipomania tende ad aumentare nei pazienti pediatrici.

Eruzione cutanea: nei trial clinici sono stati riportati episodi di eruzione cutanea associati ad allergia con coinvolgimento sistemico (polmoni, reni, fegato). In caso di comparsa di reazioni cutanee e/o allergiche, la fluoxetina deve essere sospesa.

Convulsioni: la fluoxetina deve essere impiegata con cautela in pazienti con epilessia controllata; è controindicata in caso di epilessia instabile. Il farmaco deve essere sospeso se compaiono convulsioni o se aumenta la frequenza delle convulsioni.

Insufficienza epatica: la fluoxetina è metabolizzata dal fegato e in caso di ridotta funzionalità dell’organo possono aumentare i livelli plasmatici fino a comparsa di tossicità (un aumento di 1,5 volte i valori basali di SGOT è indice di disfunzione epatica). Pertanto, nei pazienti con insufficienza epatica, può essere richiesto un aggiustamento della dose (riduzioni anche fino al 50%) oppure un aumento dell’intervallo di somministrazione (es. a giorni alterni).

Insufficienza renale: la somministrazione di fluoxetina (20 mg/die per 2 mesi) in pazienti con insufficienza renale grave (GFR < 10 ml/min) in dialisi non ha determinato differenze significative di concentrazione plasmatica rispetto ai pazienti con funzionalità renale nella norma.

Malattia cardiaca: nei trial clinici la fluoxetina non è risultata influenzare la conduzione cardiaca.

Perdita di peso: nei pazienti in terapia con fluoxetina può verificarsi perdita di peso proporzionale al peso iniziale.

Diabete: nei pazienti con diabete la somministrazione di un SSRI può influenzare il controllo glicemico. L’aumento del tono serotoninergico indotto dall’antidepressivo, infatti, sembrerebbe aumentare la secrezione e la sensibilità all’insulina (Gulseren et al., 2005). Con fluoxetina è stata osservata ipoglicemia durante la terapia e iperglicemia alla sospensione dell’antidepressivo. Il dosaggio dei farmaci antidiabetici, ipoglicemizzanti orali e insulina, potrebbe richiedere quindi un aggiustamento (Sansone, Sansone, 2003).

Acatisia, irrequietezza psicomotoria: nelle prime settimane di terapia con fluoxetina può manifestarsi acatisia, incapacità a stare fermi. Aumenti della dose di fluoxetina possono indurre un ulteriore peggioramento della sintomatologia.

Emorragia: gli SSRI sono associati a comparsa di ecchimosi e porpora. Con fluoxetina, l’incidenza di questi effetti collaterali così come eventuali emorragie del tratto gastrointestinale o emorragie ginecologiche sono eventi non frequenti. Cautela in caso di associazione con farmaci che possono influenzare la coagulabilità del sangue (antipsicotici atipici, fenotiazine, antidepressivi triciclici).

Terapia elettroconvulsivante: i pazienti trattati con terapia elettroconvulsivante e fluoxetina possono andare incontro a convulsioni prolungate. Sebbene l’incidenza sia rara, si raccomanda cautela.

Iponatremia: gli SSRI possono indurre iponatremia (valore medio di 120 mmoli/L) con un aumento del rischio di 3,5 volte (Kirby et al., 2002). Nella maggior parte dei pazienti questo effetto avverso si manifesta durante il primo mese di terapia; il rischio è maggiore nelle donne anziane e nei pazienti in terapia con diuretici. L’iponatremia si manifesta con confusione, convulsioni, senso di fatica, delirio, sincope, sonnolenza, agitazione, vertigini, allucinazioni; più raramente con aggressività, disturbi della personalità e depersonalizzazione. La comparsa quindi di sintomi neuropsichiatrici durante il primo mese di trattamento deve suggerire la misurazione degli elettroliti sierici.

Sindrome da inappropriata secrezione di ADH: monitorare natremia ed uremia al basale e dopo 2 settimane dall’inizio del trattamento con SSRI ed eseguire ulteriori controlli qualora i pazienti manifestino sintomi come debolezza, letargia, cefalea, anoressia, confusione, stipsi ed aumento di peso.

FANS: poiché sia gli SSRI sia i FANS, incluso acido acetilsalicilico, sono associati ad un aumento del rischio di sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore, l’eventuale associazione farmacologica richiede cautela. Nel caso non fosse possibile evitare l’associazione farmacologica preferire un antidepressivo a bassa inibizione del reuptake della serotonina, soprattutto nei soggetti a maggior rischio. In questi pazienti (età > 65 anni, anamnesi positiva per ulcera peptica o per sanguinamento gastrointestinale, pazienti defedati, pazienti in terapia con anticoagulanti o corticosteroidi) valutare la possibilità di ricorrere ad un trattamento gastroprotettivo.

Farmaci con attività serotoninergica (destrometorfano, tramadolo, meperidina, venlafaxina, trazodone, nefazodone, paracetamolo, dossilamina, pseudoefedrina, linezolide, triptofano, ossitriptano, risperidone): in associazione a fluoxetina aumenta il rischio di sindrome serotoninergica. Con triptofano e fluoxetina si possono manifestare agitazione e nausea. Destrometorfano, tramadolo e meperidina inibiscono la ricaptazione della serotonina.

Antipsicotici atipici: l’ipertensione indotta dagli antipsicotici atipici è un evento avverso noto. In associazione a SSRI il rischio aumenta probabilmente per inibizione farmacometabolica degli SSRI sugli antipsicotici. Poiché l’esordio dell’ipertensione è precoce, monitorare attentamente i valori pressori soprattutto nelle prime fasi dell’associazione terapeutica.

Barbiturici: la co-somministrazione di SSRI e barbiturici potrebbe comportare un abbassamento della soglia convulsiva. Possibile antagonismo dell’effetto anticonvulsivante.

Litio: in associazione a SSRI si può manifestare tossicità da litio.

Sibutramina: la co-somministrazione con SSRI non è raccomandata.

Pimozide, tioridazina: l’associazione con SSRI è controindicata (rischio di gravi aritmie ventricolari, fra cui “torsione di punta”).

Neurolettici: la co-somministrazione con SSRI richiede cautela perché può favorire la comparsa di sindrome maligna da neurolettici.

Gravidanza: valutare attentamente il rapporto rischio/beneficio prima di somministrare fluoxetina in donne in gravidanza. La FDA ha inserito la fluoxetina nella classe C per l’uso dei farmaci in gravidanza (la classe C comprende farmaci i cui studi sugli animali hanno rilevato effetti dannosi sul feto (teratogenico, letale o altro) e per i quali non sono disponibili studi controllati in donne oppure farmaci per i quali non sono disponibili studi né sull'uomo né sull'animale. I farmaci di classe C dovrebbe essere somministrati solo se il potenziale beneficio giustifica il potenziale rischio per il feto).
La depressione può arrivare a colpire fino al 20% delle donne in stato di gravidanza ed è stata associata a ritardo di crescita uterina e a basso peso alla nascita. La depressione materna non trattata può inoltre alterare il rapporto madre-neonato (scarsa capacità genitoriale). Gli studi clinici relativi all’impiego degli SSRI (intesi come classe terapeutica) hanno evidenziato un basso rischio di anomalie congenite. L’esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza può provocare nel neonato la comparsa della sindrome da astinenza da SSRI e ipertensione polmonare persistente (Malm et al., 2005; Chambers et al., 2006). I sintomi più frequenti relativi alla sindrome da astinenza includono: agitazione, irritabilità, ipo/ipertonia, iperriflessia, sonnolenza, problemi nella suzione, pianto persistente. Più raramente si sono manifestati ipoglicemia, difficoltà respiratoria, anomalie della termoregolazione, convulsioni. L’ipertensione polmonare persistente è una grave patologia che richiede terapia intensiva e che può indurre anomalie dello sviluppo neurologico e morte. L’incidenza è pari a 1/100 neonati esposti a SSRI nella seconda metà della gravidanza rispetto ad una incidenza di 1/1000 nati vivi nella popolazione generale. Probabilmente questa patologia è correlata ad effetti della serotonina sullo sviluppo cardiovascolare (Mills, 2006). Il passaggio transplacentare degli SSRI può provocare emorragie nel neonato (Serebruany, 2006). Non sono noti gli effetti dovuti all’esposizione in gravidanza agli SSRI sullo sviluppo neurocomportamentale dei bambini. Nelle donne in gravidanza in terapia con SSRI si raccomanda un monitoraggio ecografico fetale alla 20esima settimana per evidenziare eventuali malformazioni fetali e il monitoraggio di segni e/o sintomi riconducibili a tossicità neontale (distress respiratorio, ittero, convulsioni, PPHN).

Allattamento: la fluoxetina e il suo metabolita attivo norfluoxetina sono escreti nel latte materno. In letteratura sono stati riportati eventi avversi in bambini allattati al seno, pertanto l’allattamento al seno non è raccomandato in donne che assumono fluoxetina.


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