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Fluoxetina

Prozac, Fluoxeren e altri

Farmacologia - Come agisce Fluoxetina?

La fluoxetina è un farmaco antidepressivo appartenente alla classe degli inibitori selettivi della serotonina (SSRI). E’ stata la prima molecola di questa classe ad essere commercializzata. Presenta affinità trascurabile per i recettori alfa e beta adrenergici, serotoninergici, dopaminergici, istaminici H1 e H2, muscarinici e GABAergici.

La fluoxetina è risultata efficace nel trattamento della depressione maggiore, soprattuto quando è presente marcata astenia, ritiro sociale, ipersonnia e scarso coinvolgimento amozionale; nel trattamento del disurbo ossessivo compulsivo, nella bulimia nervosa per il suo effetto di riduzione della fame e indirettamente del peso corporeo, e nel disturbo disforico pre-mestruale.

La fluoxetina non è consigliata nei pazienti anziani per la sua lunga emivita, quando la depressione si accompagna ad una componente ansiosa elevata o ad aggressività (il farmaco tende ad accentuare questi aspetti).

La depressione dipende da alterazioni del sistema serotoninergico e/o adrenergico. La serotonina tramite la sostanza reticolare è implicata nella regolazione di fame e sazietà, veglia e sonno, temperatura corporea, comportamento sessuale e aggressività.

La fluoxetina agisce inibendo la ricaptazione neuronale presinaptica della serotonina, incrementando, di conseguenza, i livelli intersinaptici del neurotrasmettitore e prolungandone l’attività a livello dei recettori postsinaptici. La stimolazione recettoriale provoca l’internalizzazione dei recettori beta-adrenergici post-sinaptici con riduzione del numero dei recettori disponibili (fenomeno di down regulation).

Gli effetti antidepressivi della fluoxetina si manifestano con una latenza di 2-3 settimane. Questo comporta la necessità di lasciar trascorrere un intervallo di tempo sufficiente fra un aumento di dosaggio e il successivo.

Accanto all’attività antidepressiva, la fluoxetina sembra possedere attività ansiolitica e analgesica: negli animali potenzia l’analgesia indotta da morfina analogamente ad altri farmaci che favoriscono la trasmissione serotoninergica.
Il farmaco non induce gli effetti sedativi tipici degli antidepressivi triciclici (Saletu, Gruenberger, 1985) e provoca effetti anticolinergici con minor frequenza.

La serotonina possiede attività vasocostrittrice e antiaggregante piastrinica. Le piastrine, che non sono capaci di sintetizzare il neurotrasmettitore, lo assorbono dal sangue attraverso una proteina che funge da “trasportatore” di serotonina. All’interno della piastrina la serotonina è accumulata in granuli per essere poi rilasciata nuovamente nel torrente circolatorio quando la piastrina è attivata nel processo di emostasi. L’inibizione del reupake della serotonina indotto dagli SSRI blocca anche il trasportatore di serotonina piastrinico. E’ stato osservato che il trattamento con SSRI aumenta il rischio di sanguinamento uterino, il rischio di sanguinamento associato ad intervento chirurgico ortopedico nei pazienti anziani e il rischio di sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore (Movig et al., 2003; van Walraven et al., 2001).

In uno studio di coorte relativo a pazienti trattati da 3 mesi con antidepressivi, il ricovero per sanguinamento gastrointestinale superiore era pari ad un aumento di 3,1 episodi per 1000 trattamenti/anno per i pazienti trattati con antidepressivi che inibivano la ricaptazione della serotonina rispetto a quelli che non la inibivano (Dalton et al., 2003). L’aggiunta di FANS o acido acetilsalicilico aumentava ulteriormente il rischio. Il rischio di sanguinamento inoltre non sembrava dipendere dalla durata della terapia (nessuna differenza dopo 1 mese, 2 o 6 mesi) (Layton et al., 2001).

Fluoxetina monosettimanale
La fluoxetina può essere somministrata in formulazioni a rilascio modificato, così da permettere la somministrazione monosettimanale (formulazione approvata dalla FDA). L’uso di questo tipo di formulazione determina oscillazioni delle concentrazioni sieriche maggiori e concentrazioni allo steady state minori di circa il 50%. In pazienti con depressione maggiore che hanno ricevuto fluoxetina quotidianamente o settimanalmente, la frequenza di recidiva è stata del 26% vs 37% vs 50% rispettivamente con fluoxetina una volta/die, fluoxetina una volta/settimana e placebo. Gli effetti collaterali erano sovrapponibili; una più elevata incidenza di diarrea e di problemi cognitivi sono stati riscontrati nei pazienti che avevano ricevuto la formulazione a rilascio modificato (Schmidt et al., 2000).

Fluoxetina più olanzapina
La fluoxetina in associazione a olanzapina è indicata nel trattamento dei disturbi depressivi associati a disturbo bipolare di tipo 1 (episodi maniacali alternati a depressione maggiore). La combinazione dei due farmaci è risultata più efficace della sola olanzapina (indicata per il trattamento degli episodi maniacali acuti e per il trattamento di mantenimento del disturbo bipolare) nel ridurre il punteggio MADRS (Montgomery-Asberg Depression Rating Scale) (riduzione di 18,5 vs 15,0 vs 11,9 rispettivamente con fluoxetina/olnzapina, olanzapina e placebo) dopo 8 settimane di terapia. Il 48,8% vs 32,8% vs 24,5% dei pazienti è andato incontro a remissione. L’incidenza di mania emergente secondaria al trattamento è stata circa il 6% in tutti e 3 i gruppi di pazienti (6,4 con fluoxetina/olanzapina vs 5,7% con olanzapina vs 6,7% con placebo). Glu effetti collaterali osservati nel gruppo trattato con fluoxetina e olanzapina sono stati sovrapponibili a quelli del gruppo in terapia con il solo antipsicotico ad eccezione di nausea e diarrea, risultate più frequenti nei pazienti che avevano ricevuto anche l’SSRI (Tohen et al., 2003).

Depressione e cardiomiopatia
Circa il 65% dei pazienti con infarto acuto miocardico manifesta sintomi depressivi. Sembra inoltre che nei pazienti con malattie cardiache la depressione influisca negativamente sulla prognosi. Non è però noto se il trattamento della depressione possa influenzare il rischio di eventi cardiovascolari. La fluoxetina somministrata a pazienti con depressione (punteggio della scala HAM-D a 17 punti superiore a 17) diagnosticata da 3 a 12 mesi dopo il primo episodio di infarto miocardico non è risultata efficace, rispetto a placebo, nel ridurre il punteggio della scala HAM-D (esito clinico principale). Nei pazienti trattati con l’antidepressivo, l’intervallo QRS è diminuito di più rispetto al gruppo placebo, ma la differenza, inferiore a 10 msec, non è risultata clinicamente significativa (Strik et al., 2000). Per gli scarsi effetti sul cuore, gli SSRI rappresentano una valida opzione terapeutica nel trattamento della depressione nei pazienti cardiopatici (DTB, 2008).

Disturbo da attacchi di panico
La fluoxetina è risultata efficace nel trattamento del disturbo da attacchi di panico. La somministrazione del farmaco alla dose di 10 mg/die oppure 20 mg/die è risultata più efficace del placebo e i vantaggi terapeutici osservati nella fase acuta (10 settimane) si sono mantenuti anche a lungo termine (24 settimane) con una percentuale di pazienti che ha abbandonato il trattamento sovrapponibile al placebo (Michelson et al., 1998).

In un altro studio sono stati confrontati i due dosaggi di fluoxetina, 10 mg e 20 mg, impiegati nel trattamento del disturbo da panico, con il placebo. I risultati maggiori sono stati osservati con la dose più alta di fluoxetina.

L’aumento progressivo della dose di fluoxetina, dose iniziale di 10 mg/die incrementata di 10 mg alla volta, ha determinato una percentuale di risposta del 44% (dosaggio medio: 27 mg); il 90% dei pazienti che non aveva risposto al trattamento non tollerava gli effetti collaterali indotti dal farmaco (Gorman et al., 1987).

In pazienti con disturbo da attacco di panico con o senza agarofobia (criteri DSM-IV), la fluoxetina ha evidenziato una maggiore rapidità nell’induzione dell’effetto terapeutico dell’imipramina ed una migliore tollerabilità con un’efficacia terapeutica sovrapponibile all’antidepressivo triciclico. Non sono state riscontrate differenze fra i due farmaci per quanto riguarda numero degli attacchi di panico, ansia anticipatoria o gravità della fobia (Amore et al., 1999).

Disturbo disforico premestruale
Il disturbo disforico premestruale (PMDD), caratterizzato da umore depresso, labile, ansietà e irritabilità, compare in genere nelle due settimane che precedono il mestruo. Si distingue dalla sindrome premestruale per la gravità della sintomatologia e la compromissione delle attività quotidiane. La somministrazione di fluoxetina (20 mg/die oppure 60 mg/die) per 6 cicli mestruali è risultata più efficace del placebo nel migliorare i sintomi dell’umore (53% vs 28% dei cicli). Il beneficio clinico è comparso già al primo ciclo e si è mantenuto per tutta la durata dello studio (Steiner et al., 1995).

In uno studio di confronto, la fluoxetina (20 mg/die) è risultata più efficace di bupropione nei pazienti trattati con i due farmaci per due cicli mestruali (Pearlstein et al., 1997).

in uno studio in aperto, non randomizzato, la fluoxetina è stata somministrata tutti i giorni del ciclo oppure solo negli ultimi 14 giorni per tre cicli mestruali. Le due modalità non hanno evidenziato differenze significative in termini di efficacia terapeutica: al termine dello studio, la percentuale di pazienti responsivi è stata pari a 66,7% vs 75,0% rispettivamente con la somministrazione continua e intermittente dell’antidepressivo (Steiner et al., 1997).

Emicrania
Impiegato nel trattamento di profilassi dell’emicrania, la fluoxetina ha dato esiti contrastanti (Adly et al., 1992; Saper et al., 1994). In uno studio controllato con placebo, la fluoxetina è stata somministrata a pazienti con emicrania senza aurea alla dose di 20 mg/die. L’età media dei pazienti era 36,8 anni e poco più della metà era di sesso femminile (19/32). Dopo 6 mesi di terapia, la fluoxetina è risultata più efficace del placebo (P < 0,05) nel ridurre il punteggio complessivo del dolore e l’effetto del farmaco era evidente a partire dal terzo mese di terapia (D’Amato et al., 1999).

Attività anoressizante
La fluoxetina è risultata possedere attività anoressizzante e come tale ha indotto un calo ponderale maggiore della benzfetamina (Ferguson, 1986). È stata utilizzata come anoressizzante nel trattamento dell’obesità (Ferguson, 1986; Levine et al., 1987) e in caso di bulimia e anoressia nervosa (Freeman, Hampson, 1987).

Sia gli agonisti diretti della serotonina sia quelli indiretti (la fluoxetina è un agonista indiretto) riducono l’assunzione di cibo in numerose specie animali (uomo compreso) (Garattini et al., 1989). L’effetto anoressizzante acuto sembra coinvolgere principalmente i recettori serotoninergici S1 e sembra essere dovuto a:
• inibizione selettiva del reuptake di serotonina a livello delle terminazioni pre-sinaptiche;
• aumento della velocità di turnover della serotonina;
• stimolazione recettoriale (Carruba et al., 1989).

La fluoxetina sembra diminuire selettivamente l’assunzione di carboidrati mantenendo invariata la quota di proteine ingerita (Levine et al., 1987).

Menopausa
La fluoxetina è stata somministrata in donne in menopausa per verificare eventuali effetti positivi sui sintomi vasomotori legati a questa condizione fisiologica. Il blocco della ricaptazione della serotonina a livello ipotalamico può infatti indurre una riduzione dei sintomi vasomotori tipici della menopausa quali vampate di calore. A livello di classe terapeutica è stato osservato che, negli studi a breve durata d’azione, gli SSRI tendono ad attenuare la sintomatologia, ma il beneficio viene perso negli studi a lunga durata d’azione. La fluoxetina è risultata ridurre di circa 1,5 vampate/die il numero delle vampate, vs placebo, in pazienti con neoplasia mammaria, ma il dato non è stato confermato quando il farmaco è stato somministrato a donne sane in menopausa (Loprinzi et al., 2002; Suvanto-Luukkonen et al., 2005).

Fibromialgia
La fluoxetina è stata valutata nel trattamento della fibromialgia, patologia ad eziologia non nota inserita nelle sindromi definite “disfunzionali” (dysfuncional spectrum syndrome) (Caimi, 2003). I sintomi caratteristici della fibromialgia sono rappresentati dal dolore associato a sonno non ristoratore e stanchezza; in alcuni pazienti possono comparire cefalea, disturbi gastrointestinali, dismenorrea, ansia e/o depressione. L’unico elemento clinico rilevabile è il dolore muscolare, dei siti di inserzione tendinea e dei tessuti molli. La somministrazione di fluoxeina in donne con fibromialgia ha determinato un miglioramento, indipendente dall’effetto antidepressivo, del punteggio del questionario FIQ (Fibromyalgia Impact Questionnaire) e delle sottoscale per stanchezza e dolore. Il farmaco è stato somministrato per 12 settimane a dosi flessibili (fino a 80 mg/die) (Arnold et al., 2002). Esiti positivi sono stati riscontrati anche in un altro studio di piccole dimensioni (19 pazienti) in cui la fluoxetina (20 mg/die) e la amitriptilina (25 mg/die) sono state somministrate per 4 periodi di 6 settimane ciscuno e confrontate con placebo (Goldenberg et al., 1996).