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Infliximab

Remicade, Inflectra e Remsina

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Infliximab?

Anamnesi pre-terapeutica: prima di somministrare infliximab effettuare una anamnesi accurata per infezioni croniche o recidivanti, tubercolosi (incluso fattori di rischio per TBC), vaccinazione recente con vaccini vivi attenuati, tumori maligni, gravidanza. Per accertare o escludere la presenza di infezione tubercolare, prima di iniziare la terapia con infliximab è indicato eseguire l’intradermoreazione secondo Mantoux (inoculazione sottocute di tubercolina PPD, derivato proteico purificato) e una radiografia del torace, in particolare nelle categorie più a rischio di contrarre l’infezione (bambini, anziani, diabetici, pazienti immunodepressi, operatori sanitari).

Ipersensibilità: poiché l’infliximab può scatenare reazioni di ipersensibilità anche gravi, la somministrazione del farmaco deve essere monitorata per almeno le prime due ore dopo l’infusione. Reazioni acute all’infusione (10-20% dei pazienti) si possono manifestare subito con l’infusione di infliximab oppure dopo diverse ore; reazioni gravi richiedono la sospensione dell’infliximab. Le reazioni all’infusione comprendono anafilassi, reazioni anafilattoidi e malattia da siero. I fattori che favoriscono la comparsa di tali reazioni comprendono: uso di infliximab in monoterapia, fase iniziale della terapia (primi 4 mesi) e ripresa della cura dopo sospensione. Nei pazienti che hanno già manifestato reazioni all’infusione, la somministrazione di paracetamolo, antistaminici e corticosteroidi (profilassi secondaria) può essere utile nel contenere la gravità di questo di tipo di reazioni, ma non è risultata efficace nel prevenirle.

Infezioni sistemiche: i pazienti in cura con infliximab devono essere monitorati attentamente per il rischio di sviluppare infezioni, inclusa tubercolosi, fino a 6 mesi dopo la fine del trattamento (tempo necessario per l’eliminazione completa del farmaco dall’organismo). E’ necessaria cautela soprattutto in caso di pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o con infezioni croniche e in caso di pazienti che vivono in zone in cui infezioni quali istoplasmosi e coccidiomicosi sono comuni. In alcuni casi le infezioni sviluppatesi durante la terapia con infliximab hanno avuto esito fatale. In caso di infezioni gravi o sepsi il trattamento con infliximab deve essere interrotto.
Il Tumor Necrosis Factor alfa (TNF-alfa) gioca un ruolo fondamentale nella risoluzione delle infezioni intracellulari; l’inibizione del TNF-alfa potrebbe compromettere le difese immunitarie dell’ospite. La sua soppressione può mascherare i sintomi dell’infezione e renderne più difficoltosa la diagnosi e il successivo trattamento.
In pazienti trattati con infliximab sono state segnalate tubercolosi (tubercolosi miliari, tubercolosi con localizzazione extrapolmonare), sepsi, polmonite, faringite invasiva, pneumocistosi, istoplasmosi, infezioni da citomegalovirus, infezioni da micobatteri atipici, listeriosi, aspergillosi (Lee et al., 2002; Slifman et al., 2003; Colombel et al., 2004).

Infezione tubercolare latente: la riattivazione dell’infezione latente da Mycobacterium tuberculosis è una delle principali complicanze dei trattamenti con gli inibitori del TNF-alfa, più frequente con infliximab e adalimumab rispetto ad etanercept (studi clinici caso-controllo) (Tubach et al., 2009). Prima di iniziare il trattamento con infliximab escludere la presenza di tubercolosi in fase attiva, condizione che controindica la somministrazione del farmaco. Pertanto prima di iniziare la cura con infliximab effettuare: anamnesi accurata del paziente, test cutaneo con tubercolina e radiografia del torace. Segni e/o sintomi riconducibili a tubercolosi comprendono tosse persistente, deperimento, perdita di peso, febbricola. In caso di diagnosi positiva per tubercolosi prima di somministrare infliximab, istituire un trattamento terapeutico opportuno con isoniazide per 9 mesi, da iniziare almeno 4 settimane prima della terapia con infliximab se 1) il test con tubercolina è risultato positivo oppure 2) è risultato negativo ma il paziente è stato esposto al micobatterio della tubercolosi.

Infezione da virus Herpes zoster: La somministrazione di infliximab è stata associata a riattivazione dell’infezione da Herpes zoster in pazienti trattati con il farmaco per artrite reumatoide (l’aumento statisticamente significativo non sembra tradursi in un aumento clinicamente significativo) (Strangfeld et al., 2009). In caso di infezione o riattivazione dell’infezione, l’infliximab deve essere sospeso e il paziente deve essere sottoposto a terapia antivirale.

Epatite b: la somministrazione di infliximab in pazienti con epatite cronica B ha determinato la riattivazione dell’infezione. Nel periodo di tempo compreso fra il 1998 (approvazione FDA) e il 2004, i casi segnalati di riattivazione dell’epatite B in pazienti in terapia con infliximab sono stati 35 (Prescrire Int., 2005). La somministrazione di infliximab in pazienti con epatite cronica B richiede cautela e monitoraggio attento. Prima di somministrare infliximab effettuare uno screening sierologico. I pazienti HBsAg positivi (replicazione virale in atto) devono iniziare una terapia antivirale con gli analoghi necleosidici/nucleotidici (lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil, entecavir, telbivudina) per almeno le 4 settimane che precedono la cura con infliximab. Per i pazienti HBsAg negativi ma anti-HBc positivi (anticorpi che compaiono in corso di infezione) è necessario verificare la positività per HBV-DNA: se positivo iniziare la terapia antivirale se negativo la terapia antivirale non è necessaria, ma andrà immediatamente iniziata in caso di successiva positività per HBsAg o HBV-DNA.

Epatite c: sulla base dei dati di letteratura attualmente disponibili (limitati), la somministrazione di infliximab non sembra comportare un peggioramento dell’epatite C cronica (Brunasso et al., 2011). In caso di infezione in atto, la terapia antivirale non richiede la sospensione di infliximab.

Terapia immunosoppressiva: somministrare con cautela infliximab in pazienti che ricevono terapie che inducono immunosoppressione per il rischio di infezione. Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione soprattutto quando i pazienti in trattamento sono anziani.

Anticorpi anti-infliximab: la terapia con infliximab è associata alla comparsa di anticorpi antichimerici (HACA). Gli anticorpi antichimerici influenzano la risposta all’infliximab e sono responsabili delle reazioni collaterali correlati all’infusione. La concomitante somministrazione di 6-mercaptopurina, azatioprina o corticosteroidi riduce l’incidenza di questo tipo di reazioni. La somministrazione di una terapia immunomodulante è associata ad una minor formazione di anticorpi; l’effetto è risultato più evidente nei pazienti trattati al bisogno rispetto a quelli in terapia di mantenimento.

Reazioni autoimmuni: autoanticorpi (anticorpi anti-nucleo e anti-DNA a doppio filamento) compaiono frequentemente nei pazienti in terapia con infliximab (> 50% dei pazienti). Il perchè compaiano non è ancora stato del tutto compreso. Si pensa che gli autoanticorpi possano essere correlati a reazioni di tipo autoimmunitario in quanto sono presenti in caso di malattie autoimmuni tipo il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), la sclerodermia, la sindrome di Sjogren, l’epatite autoimmune. Se la comparsa degli autoanticorpi si associata a sintomi riconducibili a malattia autoimmune, il trattamento con infliximab deve essere sospeso.

Risomministrazione di infliximab: la risomministrazione del farmaco dopo 2-4 anni è stata associata a ipersensibilità ritardata in una percentuale significativa di pazienti. Non è noto invece il rischio di ipersensibilità ritardata in caso di risomministrazione nel periodo compreso fra le 15 settimane e i 2 anni dall’ultima somministrazione. Evitare quindi la risomministrazione di infliximab dopo un periodo di 15 settimane dall’ultima infusione.

Malattia di crohn fistolizzante: i pazienti con malattia di crohn fistolizzante in fase acuta suppurativa non devono iniziare la terapia con infliximab fino ad esclusione completa di qualsiasi causa di infezioni.

Malattia di crohn e stenosi: il fallimento terapeutico con infliximab in pazienti affetti da malattia di crohn potrebbe indicare la presenza di stenosi fibrotiche rigide da trattare chirurgicamente. In base ai dati di letteratura disponibili, infliximab non sembra peggiorare o causare stenosi.

Neoplasie maligne e malattie linfoproliferative: nei trial clinici in pazienti trattati con inibitori del TNF-alfa, l’incidenza di neoplasie maligne, soprattutto linfoma, è risultata maggiore rispetto al gruppo di controllo. Nei pazienti trattati con infliximab per artrite reumatoide o morbo di Crohn nei trial clinici l’incidenza di linfoma è risultato 6 volte (12 casi/10.000 pazienti-anno dopo follow up di 1,1 anni) quella osservata nella popolazione generale (dati aggiornati 2004) (Prescrire Int., 2005).
In uno studio che ha valutato l’impiego di infliximab in pazienti con patologia polmonare cronica ostruttiva, il numero di casi di linfoma è stato più elevato rispetto al gruppo di controllo; tutti i pazienti, trattati e di controllo, erano forti fumatori.
L’infliximab è stato associato a comparsa di linfoma epatosplenico a cellule T (sorveglianza post-marketing) in adolescenti e adulti giovani (6 casi di cui 5 ad evoluzione fatale su 27.000 pazienti con morbo di Crohn di età compresa fra 18 e 30 anni e su 10.000 pazienti di età inferiore a 18 anni nell’arco di tempo 1998-2006). Questo linfoma, raro, ha un decorso rapido e aggressivo, con esito fatale. Tutte le segnalazioni sono state riscontrate in pazienti in terapia con infliximab e azatioprina o 6-mercaptopurina.
Sulla base dei dati di letteratura e delle segnalazioni postmarketing raccolte, nell’aprile 2011 la FDA ha iniziato un’analisi del profilo di sicurezza, relativamente al rischio di tumore, dei farmaci anti-TNF nei pazienti con età uguale o inferiore a 30 anni (FDA Drug Safety Comunication, 2011).

Trattamento con PUVA e immunosoppressori in pazienti con psoriasi: cautela in caso di pazienti affetti da psoriasi e trattati in precedenza per periodi prolungati con immunosoppressori e PUVA: monitorare segni e/o sintomi riconducibili ad eventuali tumori cutanei non-melanoma.

Tossicità epatica: infliximab è stato correlato a comparsa di ittero ed epatite non infettiva, insufficienza epatica con esito fatale o che ha richiesto trapianto dell’organo (casi isolati). In caso di disfunzione epatica e/o incremento dell’ALT >/= 5 ULN, interrompere il trattamento con infliximab.

Tossicità centrale: gli inibitori del TNF-alfa sono stati associati, in rari casi, a neurite ottica, convulsioni, comparsa e/o esacerbazioni di patologie demielinizzanti inclusa la sclerosi multipla. Somministrare infliximab con cautela in caso di pazienti con patologie demielinizzanti preesistenti o di recente manifestazione.

Insufficienza cardiaca: la somministrazione di infliximab in caso di pazienti con insufficienza cardiaca di grado lieve-moderato (classe NYHA I e II) richiede cautela. La somministrazione del farmaco in caso di insufficienza cardiaca grave (classe NYHA III e IV) è controindicata. In studi clinici in cui infliximab è stato somministrato a pazienti con insufficienza cardiaca, è stato osservato un peggioramento della malattia cardiaca (incremento di mortalità e ospedalizzazione) soprattutto nei pazienti trattati con dosi elevate di farmaco (10 mg/kg) (Chung et al., 2003).

Anakinra, abatacept: poiché l’associazione di anakinra con etanercept (farmaci inibitori del TNF-alfa come infliximab) è stata associata a comparsa di gravi effetti collaterali, la co-somministrazione di anakinra con infliximab non è raccomandata. Rischio di infezioni severe è stato osservato anche con abatacept: la co-somministrazione di abatacept e infliximab non è raccomandata.

Vaccinazioni: poichè infliximab è un farmaco con attività immunomodulante, la sua somministrazione nelle quattro settimane che seguono la vaccinazione con vaccini vivi attenuati è controindicata. Il problema relativo alle vaccinazioni riguarda sopratutto i pazienti pediatrici. I vaccini vivi attenuati comprendono: il vaccino morbillo-parotite-rosolia, il vaccino intranasale per l’influenza Fluenz, il vaccino orale per tifo, BCG, febbre gialla e antrace. Questi vaccini andrebbero somministrati prima del trattamento con infliximab. Poiché sono stati segnalati casi di varicella durante terapie con farmaci biologici anti-TNF-alfa, anche questo vaccino andrebbe somministrato prima del trattamento con infliximab e comunque non durante terapia immunosoppressiva. Poichè sono riportati in letteratura casi di riattivazione dell’epatite B in pazienti adulti HbsAg positivi in terapia con infliximab, in caso di vaccinazione antiepatite B dubbia è preferibile eseguire la vaccinazione, anche durante terapia con infliximab (Moses et al., 2012).

Pazienti con artroprotesi: l’impiego di infliximab in pazienti con artroprotesi è limitata.

Pazienti sottoposti ad intervento chirurgico: l’impiego di infliximab in questa classe di pazienti è limitata. Considerare la lunga emivita del farmaco e il rischio connaturato di infezione. In pazienti trattati chirurgicamente per malattia di crohn, la terapia con infliximab è stata associata a ritardo nella cicatrizzazione della sutura chirurgica (Griffin, Selby, 2000).

Gravidanza: l’esperienza dell’uso di infliximab in gravidanza è limitata, soprattutto sono scarsi i dati relativi allo sviluppo del sistema immunitario del bambino esposto in utero al farmaco, pertanto la somministrazione di infliximab in donne in età fertile richiede l’uso di valide misure contraccettive per tutta la durata della terapia fino a 6 mesi dal termine della stessa. Se però la somministrazione di infliximab in gravidanza si rendesse necessaria, i benefici del farmaco possono essere considerati superiori all’eventuale rischio fetale, in particolare nei primi 6 mesi della gravidanza (Zelinkva et al., 2011; Mottet et al., 2007). La FDA ha inserito l’infliximab in classe B per l’uso in gravidanza. In questa classe sono inseriti i farmaci per i quali sono disponibili solo studi preclinici in vivo che non hanno evidenziato tossicità fetale e i farmaci i cui studi preclinici in vivo hanno evidenziato effetti tossici sul feto non confermati da studi clinici in donne esposte nel primo trimestre di gravidanza e per i quali non c’è evidenza di danno nelle fasi tardive della gravidanza.

Allattamento: la somministrazione di infliximab non esclude l’allattamento materno. Sulla base dei dati di letteratura disponibili l’infliximab è considerato un farmaco compatibile con l’allattamento al seno (Ben-Horin et al., 2011; Gisbert, 2010; Stengel, Arnold, 2008; Mottet et al., 2007).


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