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Metoclopramide

Plasil, Geffer e altri

Farmacologia - Come agisce Metoclopramide?

La metoclopramide (INN: Metoclopramide) è un farmaco antiemetico e procinetico derivato della procainamide. E’ autorizzata nell’Unione Europea fin dagli anni ’60, disponibile in diverse forme farmaceutiche (compresse, compresse a rilascio prolungato, soluzioni per uso orale, supposte e soluzioni per uso parenterale), da sola o in associazione con atri principi attivi.

La metoclopramide è indicata nel trattamento di diversi tipi di vomito quale ad esempio quello associati alla gravidanza oppure causato da farmaci impiegati in chemioterapia o provocato dalla radioterapia, quello post-chirurgico.

La metoclopramide non è risultata efficace nel trattamento del vomito da cinetosi (mal d’auto, mal di mare) o causato da sindromi menieriformi (es. labirintite).

Agisce sulla muscolatura del tratto prossimale del tubo gastroenterico, senza influenzare la secrezione gastrica, biliare e pancreatica.

L’azione della metoclopramide deve essere ricondotta all’interazione con recettori colinergici, dopaminergici e serotoninergici: il farmaco aumenta il rilascio di acetilcolina (Albibi, McCallum, 1983); è antagonista dei recettori dopaminergici di tipo 2 a livello centrale (zona chemorecettoriale trigger) e periferico (Kaya et al., 2003); è antagonista dei recettori serotoninergici 5-HT3 e agonista dei recettori 5-HT4 (van Wyk et al., 1993).

A livello esofageo la metoclopramide aumenta la pressione dello sfintere esofageo inferiore e l’ampiezza delle onde peristaltiche; questi effetti sono dovuti ad un’attività di tipo colinergico.

A livello gastrico stimola la peristalsi antroduodenale e diminuisce il tono dello sfintere pilorico; ne deriva un aumento dello svuotamento gastrico. Anche questo effetto è mediato da un’azione colinergica.

Gli effetti procinetici della metoclopramide contribuiscono all’azione antiemetica del farmaco.

La metoclopramide svolge attività antiemetica per antagonismo con i recettori dopaminergici centrali; antagonizza l’emesi indotta da apomorfina.

Come antiemetico in chemioterapia la metoclopramide è meno efficace di ondansetron (capostipite della famiglia dei farmaci antagonisti del recettore serotoninergico 5-HT3) nel controllo dell’emesi acuta (43% vs 75% dei pazienti) e continuata (17% vs 80% e 68 vs 94% dei pazienti, rispettivamente il terzo e quarto giorno di un ciclo chemioterapico di 6 giorni) (Edmond et al., 1994); mostra efficacia simile ad alizapride (59% per entrambi i farmaci) (Br. J. Clin. Pharmacol., 1994).

Nel trattamento dell’emesi ritardata in pazienti trattati con farmaci chemioterapici moderatamente emetogeni, la metoclopramide ha evidenziato un’efficacia sovrapponibile a quella di ondansetron e degli altri antagonisti del recettore serotoninergico 5-HT3 a dosi orali comprese fra 30 mg/die e 80 mg/die (European Commission - Public Health, 2014).

Nel trattamento del vomito e della nausea da radioterapia gli studi condotti con dosi di metoclopramide pari a 10 mg tre volte al giorno (30 mg/die) hanno evidenziato efficacia terapeutica ((European Commission - Public Health, 2014).

Nel trattamento della nausea e del vomito postoperatori, la maggior parte degli studi disponibili ha valutato l’efficacia della metoclopramide per via endovenosa utilizzando dosi di 10 mg. L’efficacia del farmaco è risultata simile a quella osservata con altri farmaci autorizzati per questa indicazione (European Commission - Public Health, 2014).

La metoclopramide è risultata efficace anche nel trattamento di nausea e vomito indotto da emicrania. I dati clinici hanno inoltre evidenziato come l’uso di dosi singole superiori a 10 mg non comporti un aumento dell’efficacia terapeutica del farmaco.

Sono stati inoltre condotti diversi studi per valutare l’efficacia analgesica della metoclopramide (da sola o in associazione) nel trattamento dell’emicrania, con pareri finali non sempre concordanti. Di seguito vengono riportati i risultati di alcuni di questi studi.

In un primo studio, l’associazione acido acetilsalicilico più metoclopramide per via orale (900 mg/10 mg) si è rivelata meno efficace del sumatriptan anch’esso orale (100 mg) nel trattamento di episodi acuti di emicrania, avendo diminuito il dolore a 2 ore dalla somministrazione in una minor percentuale di pazienti: 45% vs 56% al primo attacco (p=0,078); 36% vs 58% al secondo attacco (p=0,001); 34 vs 65% al terzo attacco (p<0,001) (Eur Neurol., 1992).

In un secondo trial, invece, dal confronto dei due trattamenti non sono emerse differenze significative nella capacità di alleviare il dolore al primo attacco di emicrania (Tfelt-Hansen et al., 1995).

Nel trattamento di pronto soccorso dell’emicrania, la metoclopramide (20 mg per via endovenosa assunta fino a 4 volte in 2 ore) si è rivelata efficace quanto il sumatriptan (6 mg per via sottocutanea) nell’alleviare l’intensità del dolore a 2 ore dalla somministrazione (end-point primario) e superiore ad esso per quanto riguarda la percentuale di pazienti liberati dal dolore a 2 ore (59 vs 35%) (end-point secondario) (Friedman et al., 2005).

Tuttavia, in un altro studio, la sua efficacia (10 mg ev.) in pazienti con cefalea è risultata inferiore a quella della proclorperazina (10 mg ev.) e non superiore a quella del placebo (Coppola et al., 1995).

Una meta-analisi di13 studi clinici sull’impiego della metoclopramide per via parenterale in caso di attacchi di emicrania ha concluso che essa è più efficace del placebo nella riduzione del dolore e potrebbe essere considerata come uno dei farmaci di prima scelta per il trattamento di pronto soccorso dell’emicrania acuta (Colman et al., 2004).

Per quanto riguarda l’uso della metoclopramide nel trattamento di nausea e vomito associato a disturbi della motilità gastrica, malattia da reflusso gastroesofageo e procedure diagnostiche (chirurgiche e radiologiche), i dati disponibili risultano scarsi e poco coerenti, non sufficienti per sostenere l’impiego del farmaco in queste indicazioni (European Commission - Public Health, 2014).