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Mirtazapina

Remeron e altri

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Mirtazapina?

Durata del trattamento: la somministrazione di farmaci per il trattamento dei sintomi depressivi deve continuare per almeno 6 mesi per evidenziare un effetto terapeutico.

Interruzione del trattamento: la mirtazapina deve essere sospesa gradualmente per ridurre il rischio di sintomi da sospensione (vertigini, agitazione, ansia, cefalea, nausea, parestesia, attacchi di panico) (Fauchere, 2004; Berigan, 2001; Benazzi, 1998).

Pazienti pediatrici: la mirtazapina non è raccomandata in pazienti con età inferiore ai 18 anni perché non ci sono dati di letteratura sufficienti in merito a efficacia terapeutica e sicurezza del farmaco. Negli studi clinici che hanno valutato l’impiego di antidepressivi nei bambini e nei ragazzi è stato osservato un aumento del rischio di comportamenti volti al suicido (tentavi di suicidio e ideazione suicidaria) e di comportamenti aggressivi rispetto ai gruppi di controllo trattati con placebo.

Ideazione/tentativo di suicidio: la depressione è associata ad autolesionismo e ideazione suicidaria. Questi comportamenti/pensieri possono essere presenti fino alla remissione completa dei sintomi depressivi, per cui il paziente deve essere monitorato con attenzione fino a quando il farmaco non manifesti un effetto terapeutico completo. I pazienti che presentano un’incidenza più elevata di comportamenti tendenti all’autolesionismo/suicidio o di ideazione suicidaria prima di iniziare la terapia farmacologica, presentano un rischio maggiore e pertanto devono essere seguiti con particolare attenzione durante la terapia farmacologica.

Depressione midollare: la mirtazapina è stata associata a depressione del midollo osseo con conseguente ridotta sintesi soprattutto dei globuli bianchi, in particolare dei granulociti (granulocitopenia o agranulocitosi). I granulociti sono cellule coinvolte nella risposta immunitaria innata. I casi di agranulocitosi associati a mirtazapina sono, nella maggior parte dei casi, reversibili, ma sono stati segnalati anche casi fatali in pazienti anziani. La carenza o assenza di granulociti espone al rischio di infezione, pertanto i sintomi riconducibili ad una potenziale infezione, come ad esempio febbre, mal di gola, stomatite, devono indurre a sospettare una granulocitopenia e comportano l’esecuzione di un esame emocromocitometrico completo e, se indicato, la sospensione del farmaco.

Insufficienza epatica: la clearance della mirtazapina subisce una riduzione nei pazienti con ridotta funzionalità epatica e questo può comportare un aumento dei livelli plasmatici di farmaco che può tradursi in un aumento della sua tossicità. Nei pazienti con insufficienza epatica lieve-moderata, la mirtazapina deve essere somministrata con cautela.

Ittero: se compare ittero in corso di terapia con mirtazapina, il farmaco deve essere sospeso.

Epilessia: la mirtazapina deve essere somministrata con cautela nei pazienti che hanno una storia di attacchi epilettici. Il farmaco deve essere sospeso se il paziente manifesta epilessia durante la terapia con mirtazapina.

Patologie cardiovascolari (difetti della conduzione del ritmo cardiaco, angina pectoris, infarto miocardico recente): la somministrazione di mirtazapina richiede cautela.

Ipotensione e rischio di caduta: la mirtazapina può causare sedazione e ipotensione come la maggior parte dei farmaci antidepressivi. Pertanto nei pazienti a rischio il farmaco deve essere somministrato con cautela, eventualmente aggiustando la dose di farmaco e monitorandone gli effetti sul paziente. Nei pazienti anziani la sedazione e l’ipotensione possono essere causa di caduta e frattura ossea. In uno studio clinico che ha valutato l’impatto della mirtazapina in monoterapia o in combinazione con altri antidepressivi, condotto in pazienti con età media di 88 anni, il rischio di frattura dell’anca è risultato elevato e, in caso di combinazione con un altro farmaco, pari alla somma del rischio calcolato per ciascuno dei due farmaci associati (la mirtazapina è stata valutata da sola e in associazione con antidepressivi triciclici e SSRI). Non solo, nella fase iniziale dell’associazione terapeutica il rischio ha evidenziato un’impennata, ridottasi in maniera significativa con l’uso continuato della terapia combinata, suggerendo come sia delicata per il paziente la fase iniziale dell’aggiunta di un antidepressivo ad un altro già in uso (il rapporto di probabilità, odds ratio, per l’uso continuato di mirtazapina è risultato pari a 1,27; pari a 14 con l’aggiunta di antidepressivi triciclici e pari a 11 con quella di SSRI; con l’uso continuato di mirtazapina e SSRI, il rischio è sceso a 2,4) (Leach et al., 2017).

Diabete mellito: gli antidepressivi possono alterare il controllo della glicemia nei pazienti con diabete, per cui può essere necessario modificare il dosaggio dei farmaci ipoglicemizzanti, insulina inclusa.

Schizofrenia, disturbi psicotici: la somministrazione di antidepressivi può comportare un peggioramento dei sintomi psicotici.

Disturbo bipolare: gli antidepressivi possono favorire il passaggio alla fase maniacale. La mirtazapina deve essere sospesa nella fase maniacale.

Ipertrofia prostatica, disturbi della minzione, glaucoma ad angolo chiuso, ipertensione oculare: si potrebbe avere un peggioramento di queste condizioni cliniche con mirtazapina, ma il rischio dovrebbe essere limitato perché l’antidepressivo possiede un debole effetto anticolinergico.

Irrequietezza psicomotoria/acatisia: gli antidepressivi sono stati associati a irrequietezza psicomotia/acatisia, ovvero difficoltà a rimanere fermi o seduti, necessità di muoversi in continuazione. Il rischio è maggiore nella fase iniziale della terapia anrdepressiva. Un aumento della dose di antidepressivo potrebbe portare ad un peggioramento della sintomatologia.

Iponatriemia: la mirtazapina è stata associata, raramente, ad una riduzione dei livelli di sodio come conseguenza ad una inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH). La somministrazione del farmaco richiede cautela nei pazienti che assumono contemporaneamente farmaci che inducono iponatriemia.

Sindrome serotoninergica: questa grave condizione clinica potrebbe manifestarsi quando mirtazapina, farmaco serotoninergico, fosse somministrata in associazione ai farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Il rischio di sindrome serotoninergica in monoterapia con mirtazpaina è un evento considerato raro (sulla base dei dati di sorveglianza raccolti dopo la commercializzazione del farmaco). La sindrome serotoninergica si manifesta con aumento della temperatura corporea, instabilità dei valori di pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria, rigidità, mioclono, confusione mentale, delirio e coma.

Aspartame: la presenza tra gli eccipienti di aspartame rappresenta una controindicazione per la somministrazione del farmaco a pazienti affetti da fenilchetonuria.

Gravidanza: la somministrazione di mirtazapina nel primo trimestre di gravidanza non è stata associata ad un maggior rischio di malformazioni congenite fetali (dati di letteratura limitati). Per quanto riguarda la somministrazione nel secondo e terzo trimestre i dati sono scarsi. E’ possibile comunque che in analogia con quanto osservato con altri antidepressivi possano manifestarsi sintomi di astinenza o problemi di adattamento (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2019).

Allattamento: la mirtazapina può essere considerata compatibile con l’allattamento al seno (Toxnet, 2019). In caso di assunzione, è indicato comunque monitorare eventuali effetti collaterali (come ad esempio, sedazione, alterata suzione del bambino).

Attività che richiedono attenzione costante: la mirtazapina può influenzare l’abilità nella guida, soprattutto dopo una terapia acuta e quando somministrata durante la giornata; analoghi effetti non sembrano presenti in caso di terapia cronica e quando il farmaco è assunto prima di coricarsi (Wingen et al., 2005; Ridout et al., 2003; Ramaekers et al., 1998). In volontari sani, trattati con 15 mg/die di mirtazapina, una perdita nelle prestazioni di guida è stata osservata il secondo giorno di terapia, ma non ci sono stati ulteriori peggioramenti quando la dose di farmaco è stata aumentata a 30 mg/die (Ramaekers et al., 1998). In uno studio di confronto (non randomizzato e non in cieco) con antidepressivi triciclici, inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) e venlafaxina, la mirtazapina è risultata il farmaco con il minor impatto sull’abilità di guida.


Nota:
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