Neoplasia: prima di iniziare la terapia con omeprazolo, escludere la possibilità di una causa di natura maligna dell’ulcera.
Modalità di somministrazione: somministrare l’omeprazolo poco prima di mangiare.
Durata del trattamento: in caso di fumatori o di ulcere particolarmente estese può essere necessario un trattamento con omeprazolo più prolungato di 2-4 settimane (ulcera duodenale) o 4-8 settimane (ulcera gastrica).
Sindrome di Zollinger-Ellison: in caso di trattamento della sindrome di Zollinger-Ellison, si consiglia di individualizzare il dosaggio di omeprazolo e di utilizzare la dose minima necessaria per ridurre la secrezione acida a meno di 10 mEq/L durante l’ultima ora prima della somministrazione successiva.
Rischio cardiovascolare con inibitori di pompa protonica (IPP): alcuni studi condotti con omeprazolo ed esomeprazolo hanno riportato un’incidenza di eventi cardiovascolari (attacchi cardiaci o morte cardiovascolare) maggiore nei pazienti trattati farmacologicamente per la malattia da reflusso gastroesofageo rispetto a quelli trattati chirurgicamente. L’analisi del profilo di sicurezza in questo ambito non ha stabilito a tutt’oggi una correlazione fra uso prolungato con omeprazolo, e esomeprazolo, e aumento del rischio cardiovascolare (Ministero della Salute Canadese, 2007; FDA, 2007).
Rischio di infezioni: gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono stati messi in relazione con un aumento dell’incidenza di infezioni gastrointestinali e respiratorie (polmonite). L’aumento del pH gastrico (indice di una minore acidità) tende a favorire la colonizzazione di microrganismi nella parte superiore del tratto gastrointestinale normalmente sterile. Un aumento del rischio di infezioni gastrointestinali è stato osservato nei bambini (gastroenteriti) e negli adulti trattati con farmaci che sopprimono la secrezione acida. Il rischio è risultato più alto con gli inibitori di pompa protonica come l’esomeprazolo rispetto agli antagonisti del recettore H2 dell’istamina come la ranitidina (informazione sui Farmaci, 2009). Per quanto riguarda le infezioni respiratorie, l’uso degli inibitori di pompa protonica è risultato associato ad un aumento del rischio di polmonite (Laheij et al., 2004; de Jager et al., 2012; Prescrire Int., 2012). In particolare è stata osservata un’associazione positiva fra polmonite acquisita in comunità (CAP), in ambito cioè extraospedaliero, e terapie con IPP a dosaggio elevato o di durata inferiore ai 30 giorni, ma non per terapie con IPP di durata superiore ai 180 giorni (Giuliano et al., 2012).
Diarrea da Clostridium difficile: gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono stati associati ad un aumento dell’incidenza di diarrea da C. difficile quando somministrati per lunghi periodi di tempo soprattutto nei pazienti ospedalizzati. Somministrare gli IPP con cautela nei pazienti ricoverati e valutare l’opportunità di usare questi farmaci nei pazienti con anamnesi positiva per diarrea associata a C. difficile (Abraham, 2012; Dial et al., 2004).
Ipomagnesiemia: la somministrazione prolungata di inibitori di pompa protonica (IPP) può indurre ipomagnesiemia (concentrazione sierica di magnesio < 0,7 mmoli/L) (Drug Ther. Bull., 2013). L’effetto può essere considerato un effetto di classe sulla base dei dati di letteratura disponibili (tempo medio di insorgenza di 5,5 anni con una variabilità compresa fra 14 giorni e 13 anni) (Hess et al., 2012). Nei pazienti in terapia cronica con IPP non è raccomandata l’integrazione di routine con magnesio; nei pazienti con fattori di rischio per prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma potrebbe essere opportuno monitorare i livelli ematici di magnesio e potassio (l’ipomagnesiemia spesso è associata a ipokaliemia) (Drug Ther. Bull., 2013; Adverse Drug reaction Bulletin, 2010).
Vitamina B12: dati di letteratura non univoci suggerirebbero una potenziale relazione fra uso prolungato di inibitori di pompa protonica (IPP) e carenza da vitamina B12 (ito, Jensen, 2010). Poichè nei pazienti trattati con IPP e deficit da vitamina B12, l’ipovitaminosi è risultata poco significativa, non è raccomandato il monitoraggio di routine dei livelli di vitamina B12 in caso di terapie prolungate con IPP (Informatore sui Farmaci, 2009).
Ferro: poichè l’assorbimento gastrointestinale del ferro non eme aumenta in ambiente acido, l’uso di antiacidi come gli inibitori di pompa protonica (IPP) potrebbe influenzare negativamente l’assorbimento del ferro. In pazienti con sindrome di Zollinger-Ellison la somministrazione di omeprazolo per 6 anni non è stata associata a carenza di ferro. In un altro studio clinico (di coorte retrospettivo), l’esposizione per almeno un anno agli IPP è risultata ridurre emoglobina ed ematocrito (Sarzynski et al., 2011). Nei pazienti con carenza di ferro (sideropenia) in terapia prolungata con IPP potrebbe essere indicata una integrazione con sali di ferro.
Fragilità ossea da osteoporosi: la somministrazione prolungata di inibitori di pompa protonica (IPP) è risultata associata ad un aumento modesto del rischio di frattura per fragilità ossea (Fraser et al., 2013).
Clopidogrel: l’interazione farmacologica fra clopidogrel è inibitori di pompa protonica (IPP) è ampiamente dibattuta. Gli studi clinici pubblicati hanno dato esiti contrastanti sulla riduzione dell’efficacia antiaggregante del clopidogrel nei pazienti tratti anche con IPP. Nel 2010, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha pubblicato una dichiarazione volta a scoraggiare la co-somministrazione di clopidogrel con omeprazolo o esomeprazolo; tale raccomandazione non è stata estesa agli altri farmaci appartenenti alla stessa classe degli IPP (EMA, 2010). La revisione della letteratura pubblicata nel biennio 2011-2012 relativa all’uso di IPP in pazienti trattati con clopidogrel sembrerebbe confermare l’assenza di interazione farmacologica fra clopidogrel e IPP (Gerson, 2013).
Clozapina: in associazione con clozapina monitorare attentamente i livelli plasmatici di quest’ultima (rischio di tossicità neurologica).
Fenitoina: in associazione con omeprazolo potrebbe essere necessario un aggiustamento del dosaggio dell’antiepilettico.
Warfarin: in associazione con warfarin monitorare periodicamente il tempo di protrombina. La somministrazione con omeprazolo potrebbe richiedere una riduzione del dosaggio del warfarin.
Iperico, rifampicina: la co-somministrazione con omeprazolo non è raccomandata (rischio di ridotti livelli plasmatici dell’antiacido).
Lattosio: alcune specialità medicinali contenenti omeprazolo possono contenere lattosio in qualità di eccipiente. Tali specialità non sono adatte nei pazienti che hanno deficit di lattasi, galattosemia o sindromi da malassorbimento di glucosio/galattosio.
Gravidanza: l’esposizione ad omeprazolo nel primo trimestre di gravidanza non è stata associata negli studi clinici ad un aumento di malformazioni congenite maggiori (malformazioni che influenzano negativamente la salute o lo sviluppo del bambino). Una meta-analisi che ha preso in considerazione sette studi clinici, per un totale di più di 1500 donne in gravidanza trattate con IPP, l’uso di questi farmaci non è stato associato ad un aumento di malformazioni congenite maggiori, di parto pretermine o di aborto rispetto alle donne che non hanno fatto uso di inibitori di pompa protonica (Gill et al., 2009). La food and Drug Administration, l’ente americano che regola l’uso dei farmaci, ha inserito l’omeprazolo in classe C per l’uso in gravidanza. In questa classe sono inseriti i farmaci i cui studi sugli animali hanno evidenziato tossicità fetale e per i quali non sono disponibili studi sull’uomo e i farmaci per i quali non sono disponibili studi nè sull’uomo nè sull’animale. I farmaci di classe C dovrebbero essere somministrati solo se il potenziale beneficio per la madre giustifica il potenziale rischio per il feto.
Allattamento: la somministrazione di omeprazolo in donne che allattano richiede cautela perchè il farmaco è escreto nel latte materno.
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