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Pantoprazolo

Pantorc, Peptazol, Maalox Reflusso e altri

Farmacologia - Come agisce Pantoprazolo?

Il pantoprazolo è un farmaco antiulcera; chimicamente è un derivato benzimidazolico sostituito con struttura molecolare simile a omeprazolo. Viene utilizzato nel trattamento dell'ulcera gastrica e duodenale, nell'esofagite da riflusso e nella sindrome di Zollinger-Ellison.

Il pantoprazolo agisce mediante il blocco dell'enzima H+/K+-ATPasi legato alla pompa protonica che rappresenta lo stadio finale della secrezione gastrica (Sachs et al., 1995). Il farmaco è ionizzato a pH acido e rapidamente accumulato nei canalicoli distali delle cellule parietali (Shin et al., 1993). Successivamente viene protonato e convertito nella forma attiva, una solfonamide ciclica cationica, che si lega covalentemente ai residui di cisteina sulla superficie luminale dell' H+/K+-ATPasi inibendo in maniera irreversibile la secrezione gastrica (Simon et al., 1990).

Il pantoprazolo, a pH acido, risulta essere un inibitore dell'H+/K+-ATPasi più potente di omeprazolo e lansoprazolo; a pH neutro, invece, il potere inibitorio del farmaco risulta essere 3 volte inferiore a quello di omeprazolo (Simon et al., 1990). L'inibizione dell'acidità gastrica ottenuta con pantoprazolo (40 mg/die), e di fatto con tutta la classe degli inibitori di pompa protonica, è maggiore di quella possibile con farmaci antagonisti dei recettori H2 come la cimetidina (300 mg/die); non solo, l'inibizione da IPP è indipendente dallo stimolo che induce la secrezione e comporta valori di pH più elevati (pH: 4,4 vs 2 rispettivamente con lansoprazolo e cimetidina) (Koop et al., 1994).

Il pantoprazolo possiede attività antibatterica verso Helicobacter pylori dipendente dai valori di pH (CMI90: 0,06-0,25 mg/L a pH=4; CMI90: 128 mg/L a pH=7) (McColl et al., 1992).

Studi recenti hanno evidenziato un aumento del rischio di fratture ossee all'anca nei pazienti trattati a lungo termine con inibitori di pompa protonica. In pazienti con più di 50 anni, l'odds ratio aggiustata (AOR) di frattura all'anca dopo 1 anno di terapia con IPP è risultata di 1,44. Il rischio di frattura aumentava nei pazienti trattati con dosaggi elevati e correlava con la durata della terapia (AOR a 1 anno: 1,22; a 2 anni: 1,41; a 3 anni: 1,54; a 4 anni: 1,59) (Yang et al., 2006). In un altro studio che ha preso in considerazione tutti i pazienti con frattura ossea in un dato periodo, è emerso un odds ratio aggiustato di 1,18 che diventava 1,45 per la frattura all'anca nei pazienti trattati con IPP. In un terzo studio, l'associazione fra uso di IPP e fratture ossee (vertebra, anca e polso) diventava significativa dopo un periodo >/= 7 anni (Laine, 2009). E' stato ipotizzata un'interazione da parte degli IPP sull'assorbimento del calcio gastrointestinale mediata dall'aumento del pH gastrico (Insogna, 2009).

L'uso degli IPP, ma non di H2-inibitori, è risultato associato ad un aumento del rischio di contrarre polmonite acquisita in comunità. In uno studio caso-controllo di popolazione, l'odds ratio, aggiustato per escludere fattori di confondimento, per il rischio di polmonite nei pazienti che assumevano IPP è stato di 1,55 (odds ratio aggiustato per gli antagonisti del recettore istaminergico: 1,14) (Myles et al., 2009).

Effetti sulla secrezione gastrica
Dopo somministrazione di pantoprazolo si verificano:
1) riduzione della secrezione gastrica del 97% per circa 24 ore (dosi di 40-60 mg/die) (Hannan et al., 1992);
2) aumento dei valori del pH intragastrico (dosi di 40-20 mg/die determinano un aumento di pH di 3,8 vs 2,9) (Reill et al., 1994);
3) inibizione della secrezione gastrica stimolata da pentagastrina (inibizione del 26-52% alle dosi di 20-40 mg/die) (Simon et al., 1990);
4) ipergastrinemia (24 ng/L basale vs 68,99 vs 95 ng/L dopo somministrazione di 40-80 mg/die).
Il pantoprazolo (40 mg/die) determina un maggior aumento dei livelli sierici di gastrina rispetto a ranitidina (300 mg/die) (60 vs 30%) (Hotz et al., 1995); aumento simile a omeprazolo (40%).
Il farmaco (40 mg/die) determina una minor stimolazione della produzione di gastrina (1683 vs 3537 ng/L in 24 ore) rispetto ad omeprazolo (40 mg/die) (Dammann et al., 1994); maggiore (1781 vs 748 ng/L in 24 ore) rispetto a ranitidina (300 mg/die) (Koop et al., 1994).
La somministrazione di pantoprazolo (40 mg/die) determina un maggior incremento dei livelli sierici pre e post-prandiali di gastrina nei pazienti affetti da H. pylori (41-81%) (McColl et al., 1992).
5) aumento dei livelli sierici di pepsinogeno I (dosi di 40 mg/die); l'aumento è maggiore nei pazienti affetti da H. pylori (114%).


Effetti sulla ulcerazione della mucosa
L'effetto del pantoprazolo sulla cicatrizzazione dell'ulcera (ED50 11 µmol/kg) è risultato simile a quello ottenuto dopo somministrazione di omeprazolo (ED50 di 25 µmol/kg), telenzepina (ED50 di 30 µmol/kg); superiore a cimetidina (ED50 di 490 µmol/kg) (Kromer et al., 1990). Il farmaco è risultato equipotente (ED50 di 5 µmol/kg) a telenzepina (ED50 di 6 µmol/kg), a omeprazolo (ED50 di 31 µmol/kg) e più potente di cimetidina (ED50 di 724 µmol/kg) nel ridurre l'incidenza di ulcere duodenali (Kromer et al., 1990).

Ulcera gastrica e duodenale
In caso di ulcera gastrica, il pantoprazolo (40 mg/die) si è dimostrato più efficace di omeprazolo (20 mg/die) nell'inibire la secrezione acida gastrica; più efficace di omeprazolo (40 mg/die) nell'inibire la secrezione notturna come risulta dai valori del pH (3,4 vs 1,7) (Reill et al., 1993).

In caso di ulcera duodenale, il pantoprazolo (40 mg/die) è più efficace di ranitidina (300 mg/die) e famotidina (40 mg/die) ed è efficace quanto omeprazolo (20 mg/die) nel determinare cicatrizzazione dell'ulcera (96% vs 85% vs 68% vs 91%) (Schepp, Classen, 1995).

Il pantoprazolo (40 -80 mg/die) determina un miglioramento nel 96,7% dei pazienti affetti da ulcera e resistenti ad un trattamento con ranitidina; una terapia di mantenimento con il farmaco previene la riacutizzazione delle lesioni ulcerose (98% dei pazienti trattati) (Brunner, Harke, 1994).

In caso di sanguinamento gastrointestinale, la somministrazione endovena di pantoprazolo è stato associato ad una percentuale di risanguinamento inferiore rispetto a ranitidina ev (10% vs 17%), ma la differenza non è risultata statisticamente significativa. In questo studio i due farmaci sono stati somministrati in infusione continua per 48 ore (Fried et al., 1999).

Il pantoprazolo per endovena è stato impiegato anche per la profilassi delle ulcere da stress nelle Unità di Terapia Intensiva; per quest'indicazione sembra possedere un'efficacia maggiore rispetto alla cimetidina ev (Somberg et al., 2001).

Malattia da reflusso gastroesofageo
Il pantoprazolo (40 mg/die) possiede efficacia terapeutica superiore a ranitidina (300 mg/die) e a famotidina (40 mg/die) nel migliorare i tre sintomi più caratteristici di questa patologia (bruciore di stomaco, rigurgito acido e odinofagia); efficacia terapeutica simile a omeprazolo (20 mg/die) (Mössner et al., 1995).

La somministrazione di pantoprazolo per os o per endovena ha determinato una riduzione dell'acidità gastrica sovrapponibile. In pazienti trattati con lansoprazolo ev oppure orale per 5 giorni, poi con terapia orale in entrambi i gruppi, dopo 4 settimane la sintomatologia era scomparsa in più del 90% e dopo 8 settimane la percentuale di guarigione superava l'85% sia nei pazienti trattati prima per endovena e poi per os sia in quelli trattati solo con la terapia orale (Metz et al., 2000; Fumagalli et al., 1998).

Eradicazione dell' Helicobacter pylori
Il pantoprazolo (80 mg/die) in associazione con claritromicina (1500 mg/die) più metronidazolo (1500 mg/die) determina un'eradicazione batterica superiore all'associazione pantoprazolo (80 mg/die) più claritromicina (1500 mg/die) (97% vs 63%). L'eradicazione risulta maggiore in pazienti con patologie ulcerose piuttosto che in quelli con dispepsia funzionale (Labenz et al., 1995).

Sindrome di Zolliger-Ellison
In pazienti con sindrome di Zollinger-Ellison la somministrazione di pantoprazolo ev (80 mg bid) ha indotto un controllo dell'acidità gastrica rapido, entro 1 un'ora, e l'81% dei pazienti ha mantenuto la soppressione acida per 24 ore fino a 7 giorni. In quattro pazienti è stato necessario somministrare dosi di 240 mg/die (Lew et al., 2000).