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Sertralina

Zoloft, Tatig e altri

Tossicità - Qual è la tossicità di Sertralina?

Sovradosaggio: in caso di sovradosaggio di sertralina i sintomi includono sonnolenza, disturbi gastrointestinali, tachicardia, tremore, agitazione e capogiri, più raramente coma. In letteratura è riportato un episodio di morte per asma associato ad overdose di sertralina (900 mg). Dai dati di laboratorio, la concentrazione sierica di sertralina risultava pari a 620 ng/ml (range terapeutico: 30-200 ng/ml) e la concentrazione del metabolita desmetilsertralina pari a 326 ng/ml (Carson et al., 2000). La sertralina è stata associata a prolungamento dell'intervallo QT in caso di assunzione volontaria di dosi eccessive dello stesso SSRI (2250 mg) più diazepam (200 mg) più temazepam (400 mg) (Boer et al., 2005). In caso di sovradosaggio, effettuare lavanda gastrica oppure somministrare carbone attivo (50 g in 12 ore). Mantenere la pervietà delle vie aeree e assicurare un'adeguata ossigenazione e ventilazione, l'attività cardiaca e i segni vitali. L'induzione dell'emesi non è raccomandata. Poiché la sertralina possiede un ampio volume di distribuzione, la diuresi forzata, la dialisi o l'emoperfusione non si ritiene possano essere di beneficio.

Sindrome serotoninergica: la sertralina può indurre sindrome serotoninergica, caratterizzata da modificazioni cognitivo-comportamentali, disfunzioni anatomiche e neuromuscolari, causate da un'eccessiva attività serotoninergica centrale. Le condizioni che comportano un incremento dei livelli di serotonina comprendono:
1) somministrazione di un eccesso di precursori della serotonina (triptofano);
2) impiego di sostanze che favoriscono il rilascio di serotonina (ecstasy, cocaina, amfetamine);
3) impiego di farmaci che inibiscono il metabolismo della serotonina come gli inibitori delle monoamino ossidasi (MAO-inibitori);
4) sovradosaggio di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI);
5) associazioni farmacologiche (sertralina con risperidone, desipramina, venlafaxina, moclobemide, destrometorfano, linezolid);
6) vie di attivazioni alternative (bromocriptina, tramite attivazione del sistema dopaminergico).
Il trattamento della sindrome serotoninergica prevede la sospensione del/dei farmaci che possono aver scatenato la sindrome stessa, la sedazione, il raffreddamento esterno, la somministrazione di farmaci antiepilettici e antipertensivi, la somministrazione di beta-bloccanti (propranololo) nei casi di sindrome serotoninergica severa. Il tasso di decessi segnalato in letteratura varia dal 2-3% al 12% (Mason et al., 2000; Mills, 1997). Esiti positivi nel trattamento della sindrome serotoninergica sono stati riportati con ciproeptadina (antistaminico con attività antagonista sui recettori della serotonina 5-HT1A e 5-HT2), metisergide (antagonista specifico del recettore della serotonina 5-HT), clorpromazina (attività antagonista sui recettori della serotonina 5-HT1A e 5-HT2 e della dopamina D2); esiti alternanti (successo e fallimento terapeutico) sono stati riportati per le benzodiazepine, il dantrolene e gli antagonisti della dopamina (bromocriptina e aloperidolo non sono raccomandati perché associati ad un peggioramento della sindrome serotoninergica). Gli SSRI sono responsabili della sindrome serotoninergica con una frequenza superiore (33,5%) a quella di tutte le altre classi di antidepressivi. Tra gli SSRI i farmaci più frequentemente correlati alla sindrome sono fluoxetina, sertralina e paroxetina. L'associazione farmacologica che determina le forme più gravi di sindrome serotoninergica è quella fra MAO-inibitori e SSRI: in questo caso infatti le concentrazioni di serotonina a livello cerebrale aumentano notevolmente perché viene bloccata sia la ricaptazione del neurotrasmettitore sia la sua degradazione.

Tossicità riproduttiva: alcuni degli studi clinici relativi all'esposizione agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) nel primo trimestre di gravidanza hanno evidenziato un lieve aumento dell'incidenza di anencefalia (mancanza parziale o completa dell’encefalo), craniosinostosi (saldatura prematura di una o più suture delle ossa del cranio) e onfalocele (mancata chiusura dell’addome con fuoriuscita dei visceri) (Alwan et al., 2007). In un altro studio non è stata identificata una correlazione significativa tra esposizione agli SSRI e difetti congeniti, ma l'analisi delle singole molecole della classe terapeutica ha evidenziato un'associazione fra sertralina e paroxetina e onfalocele e difetti cardiaci (Louik et al., 2007).

Tossicità neonatale: l'esposizione a SSRI durante la gravidanza è stata associata alla comparsa nei neonati dei seguenti sintomi: (frequenti) agitazione, irritabilità, ipo/ipertonia, iperreflessia, sonnolenza, problemi di suzione, pianto persistente; (meno frequenti): ipoglicemia, difficoltà respiratoria, anomalie della termoregolazione, convulsioni. I sintomi nei neonati compaiono nella prima settimana di vita e tendono ad attenuarsi fino a scomparire in circa 6 settimane. Tali sintomi vengono riferiti ad una sorta di difficoltà di adattamento del neonato alla vita extrauterina, ma probabilmente sono causati da una sindrome da astinenza neonatale. Si verificano infatti soprattutto in caso di esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza. Le complicanze neonatali hanno spesso richiesto un prolungamento dell'ospedalizzazione, supporto respiratorio e intubazione alimentare.
L'esposizione agli SSRI durante la gravidanza determinerebbe nel neonato anche ritardata espulsione delle prime feci (meconio) e conseguente occlusione intestinale (ileo da meconio).
L'esposizione tardiva (esclusivamente dopo la 20esima settimana di gestazione) agli SSRI è stata associata a comparsa di ipertensione polmonare persistente neonatale (PPHN). Il farmaco maggiormente coinvolto sembra la fluoxetina. L’ipertensione polmonare persistente neonatale ha un'incidenza di 1-2 neonati su 1000 e presenta elevata morbilità e mortalità (20-30%). Uno dei meccanismi ipotizzati prevede un accumulo di serotonina a livello polmonare fetale come possibile causa di proliferazione delle cellule muscolari lisce, tipica della PPHN (la serotonina oltre ad effetti di vasocostrizione, possiede anche effetti proliferativi sulle cellule muscolari lisce polmonari). Un’altra ipotesi ha considerato l'effetto inibitorio degli SSRI sulla sintesi di ossido nitrico, potente vasodilatatore fisiologico, che sembra svolgere un'azione di regolazione del tono e della reattività vascolare sia nel feto sia nel neonato (Chambers et al., 2006; Abman, 1999).
La serotonina è presente già nelle primissime fasi dello sviluppo fetale ed oltre al ruolo di neurotrasmettitore nervoso sembra svolgere anche un ruolo da fattore di crescita e di regolazione verso neuroni serotoninergici e non. E' stato ipotizzato quindi che l'esposizione agli SSRI durante il periodo di gestazione possa avere effetti negativi sullo sviluppo del cervello fetale con conseguenze neurologiche e comportamentali nel neonato. I pochi dati clinici disponibili, non univoci, indicherebbero un indice più basso di sviluppo psico-motorio nei bambini tra i 6 e i 40 mesi di età esposti agli SSRI in gravidanza rispetto ai bambini non esposti (Oberlander et al., 2002; Morag et al., 2004; Laine et al., 2003; Zeskind, Stephens, 2004; Zeskind et al., 2005; Nulman et al., 2002; Casper et al., 2003).

DL50: dopo somministrazione orale pari a 548 mg/kg (topo maschio) e a 419 mg/kg (topo femmina); pari a 1591 mg/kg (ratto maschio) e a 1327 mg/kg (ratto femmina).