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Vaccino Epatite A

Twinrix, Havrix, Avaxim e altri

Farmacologia - Come agisce Vaccino Epatite A?

Il vaccino per l’epatite A viene preparato utilizzando ceppi di virus coltivati su cellule diploidi (appartenenti alla linea dei fibroblasti) ed inattivati con formaldeide.

L’epatite A è una malattia infiammatoria del fegato di natura virale causata dal virus HAV (Hepatovirus, genere Enterovirus, famiglia Picornaviridae) per trasmissione oro-fecale; è un processo infiammatorio acuto che non induce uno stato patologico cronico.

Gli Enterovirus si replicano ad una temperatura ottimale di 37°C, presentano acido-resistenza e di conseguenza passano indenni attraverso lo stomaco.

Il virus dell’epatite A è un virus a RNA a catena lineare privo di involucro pericapsidico, il cui capside è formato da 4 polisaccaridi.

Il periodo di incubazione del virus è di circa 3-4 settimane durante le quali il virus si moltiplica nel tessuto epatico per poi fare la sua comparsa nelle feci. L'eliminazione fecale del virus, che avviene nei 7-10 giorni che precedono la manifestazione clinica della malattia, si riduce rapidamente alla comparsa dei primi sintomi per cessare entro circa 7 giorni.

La diffusione dell’infezione virale avviene per contatto oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati, in genere molluschi crusi o poco cotti; raramente da persona a persona, molto raramente la trasmissione del virus dell’epatite A avviene per via cutanea o sessuale, da madre a figlio durante il parto. Le acque, i cibi e le superfici contaminate dal virus dell’epatite A mantengono la capacità di infettare per oltre 2 mesi e a temperature di -20°C per diversi anni.

Nel sangue il virus dell’epatite A è presente solo per pochi giorni.

Gli adulti in genere non sono più contagiosi dopo le prime due settimane dall’inizio della malattia, mentre i bambini e gli adulti con un sistema immunitario compromesso possono rimanere contagiosi fino a 6 mesi dopo la comparsa dell’infezione.

L’epatite virale A molto raramente evolve in forme recidivanti, colestatiche o forme fulminanti. La mortalità per epatite A è pari allo 0,1-0,3%, aumenta nei pazienti con più di 50 anni (mortalità pari all’1,8%) (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, 2010).

Non esistono forme croniche di epatite A e quindi non esiste lo stato di portatore cronico del virus A nè nel sangue nè nelle feci.

Fino agli anni Cinquanta, circa il 90% della popolazione contraeva l’epatite A nell’età infantile, spesso in forma asintomatica o presentando una sintomatologia facilmente trattabile terapeuticamente. In questo modo la maggior parte della popolazione acquisiva l’immunità. Negli ultimi anni le condizioni di vita nei paesi industrializzati hanno ridotto in modo significativo la diffusione di tale patologia in queste aree e quindi la possibilità di acquisire l’immunità in età pediatrica per via naturale. Ne è derivato che solamente il 4-5% dei bambini ed il 20% dei giovani (fino ai 30 anni) risulta essere immune, contro il 90% degli adulti (oltre 50 anni).

Data ancora la presenza di luoghi ad alta endemia (Nordafrica, Indonesia, Sudamerica) e la più facile comunicazione fra questi ed i paesi più industrializzati, l’epatite A ha subito, negli ultimi anni, una nuova fase di diffusione con un aumento del 20% dell’incidenza, soprattutto nei giovani adulti.

In età adulta l’epatite A diventa quasi sempre sintomatica (alterazione degli indici di funzionalità del fegato, con aumento delle transaminasi e iperbilirubinemia), di maggiore durata (10-12% dei pazienti); letale in caso di attacchi fulminanti (1-5% in pazienti con età superiore ai 64 anni) (Tilzey et al., 1992). Inoltre l’epatite A può determinare il manifestarsi di una epatite cronica attiva autoimmune in pazienti predisposti.

L’immunizzazione per via naturale, in seguito alla malattia, conferisce protezione per tutta la vita (immunità permanente).

La diagnosi dell’epatite A si basa sulla ricerca degli anticorpi di classe IgM anti virus A (anti-HAV). Gli anticorpi anti-HAV sono presenti in circa il 90% dei pazienti nella fase iniziale dell’infezione virale e nel 100% dei pazienti dopo la prima settimana. Il picco di concentrazione delle IgM viene raggiunto in poche settimane e la permanenza nel sangue può perdurare fino ad un anno dopo la guarigione. L’epatite A provoca l’aumento anche degli anticorpi anti-HAV di classe IgG; questi ultimi permangono per tutta la vita e sono indicativi dell’avvenuta infezione e dell’immunità permanente acquisita (Crepaldi, Baritusso, 2002).

Il vaccino per l’epatite A conferisce una immunizzazione maggiore (la concentrazione di anticorpi è 50-100 volte più alta) (Lancet, 1992) e stabile (circa 10 anni vs quache mese) rispetto alle immunoglobuline. I dati di lettertura più recenti hanno suggerito una durata dell’immunizzazione verso l’epatite A, dopo vaccinazione, di circa 25 anni negli adulti e 14-15 anni nei bambini (CDC, 2010)

La vaccinazione antiepatite A prevede la somministrazione di 2 dosi: la seconda 6-18 mesi dalla prima. Con la prima somministrazione risultano immunizzati il 95% dei vaccinati (anticorpi anti-HAV > 20 UI/ml) che presentano IgM specifiche; con la seconda dose l’immunizzazione diventa del 100%.

La protezione dall’infezione compare 14-21 giorni dopo la prima dose di vaccino. Con la prima dose di vaccino si assicura la protezione verso l'epatite A per almeno 1 anno; con la seconda dose (dose di richiamo oppure dose booster), somministrata a distanza di 6-18 mesi, l'immunizzazione risulta essere di circa 10 anni. Sembra comunque, dai dati sul profilo del titolo anticorpale, che l'immunità permanga per 5-7 anni anche senza la dose di richiamo (Wiederman, 1992).

L’immunizzazione indotta dal vaccino provoca la formazione di anticorpi qualitativamente differenti rispetto a quelli riscontrabili nella saliva e nel secreto della paratiroide di pazienti con immunità naturale (IgA, IgG). Questo però non sembra influire sull’efficacia del vaccino stesso (Tilzey et al. 1992).

Non sussiste controindicazione ad usare vaccini mono-antigene prodotti da due differenti laboratori per la prima e la seconda dose (schema vaccinale che prevede due dosi). In bambini di età compresa fra 1 e 15 anni, sono state somministrate due dosi di vaccino antiepatite A, utilizzando per la prima dose tre differenti specialità medicinali (Avaxim 80, Havrix 720 e Vaqta 25) e per la seconda dose solo Avaxim 80. Due mesi dopo la prima dose, la sieroconversione era presente nel 98,2% dei pazienti con un titolo anticorpale > 20mIU/ml. La media geometrica del titolo di anticorpi anti-HAV, 2 settimane dopo la prima dose e prima della seconda dose, è risultata simile per i vaccini Avaxim e Vaqta (p=0,2) e superiore, per ciascuno di questi vaccini, rispetto a quella osservata per Havrix (p<0,01). La media geometrica è risultata comunque simile (differenze non statisticamente significative) considerando lo schema vaccinale che prevedeva la somministrazione di due dosi dello stesso vaccino oppure di due dosi di vaccini differenti (Soysal et al., 2007).

Nello studio di efficacia di Monroe, località americana in cui si sono verificate ripetute epidemie di epatite A, la somministrazione di un vaccino antiepatite A alla popolazione pediatrica (età: 2-16 anni) ha conferito una protezione completa (100%) verso l’infezione virale. I casi di infezione sono stati 25 (518 bambini trattati con placebo) vs nessun caso nel gruppo vaccinato (518 bambini). Gli effetti collaterali del vaccino per l’epatite A sono risultati lievi e relativi a reazioni locali al sito di iniezione (Werzberger et al., 1992).

In un altro trial che ha arruolato più di 40.000 bambini di età compresa fra 1 e 16 anni, la somministrazione di due dosi di vaccino antiepatite A è stata associata ad una efficacia protettiva del 94%, salita al 99% dopo la dose di richiamo ad un anno di distanza. Dei 40 casi di epatite, 38 si sono avuti nel gruppo di controllo e 6, tutti nel gruppo di controllo, dopo l’ultima dose di richiamo (Innis et al., 1994).

Il titolo di anticorpi antiepatite A è risultato correlare direttamente con la quantità di antigene inoculata. Dopo somministrazione di 3 dosi di vaccino – 360 (gruppo 1), 720 (gruppo 2) e 1440 Unità Elisa (UE) (gruppo 3) – secondo 4 schemi differenti – 0,1,2 mesi oppure 0,1,6 mesi oppure 0,1,12 mesi oppure 0,2,4 mesi – è emerso che: 1) nel gruppo 1 e 2, dopo la somministrazione delle prime due dosi, il 90% dei pazienti ha ottenuto sieroconversione, dopo la terza dose il 100% dei pazienti; nel gruppo 3, la sieroconversione è stata ottenuta nel 100% dei pazienti dopo somministrazione della prima dose (1440 UE); 2) dopo 6 mesi dalla terza dose, i livelli di anticorpi sono diminuiti del 23-52% in tutti i 3 gruppi, rimanendo comunque al di sopra del livello definito come “protettivo“, corrispondente a 20 mIU/ml; 3) tutti gli schemi sono risultati idonei per ottenere livelli di anticorpi adeguati; 4) lo schema più “veloce“ – 0,1,2 mesi, è stato associato al titolo anticorpale più basso, mentre lo schema dilazionato sui 12 mesi, il più lungo – cioè 0,1,12 mesi – è stato associato al titolo anticorpale più alto: 5) gli schemi intermedi hanno dato titoli anticorpali comunque efficaci (> 20 mIU/ml), con la peculiarità che lo schema 0,2,4 mesi ha determinato un titolo anticorpale più alto, raggiunto più rapidamente rispetto allo schema 0,1,6 mesi (Westblom et al., 1994).

La protezione conferita dal vaccino risulta avere un tempo di latenza superiore a quella osservata con le immunoglobuline, ma molto più duratura. In pazienti adulti (18-50 anni) trattati con immunoglobuline, il titolo di anticorpi utile a conferire protezione verso l’infezione del virus dell’epatite A è stato raggiunto dopo 1 settimana nel 100% dei pazienti (dose intramuscolare di immunoglobuline di 0,06 ml/kg), è diminuito del 10% dopo 12 settimane fino a scomparire dopo 24 settimane. Nel gruppo trattato invece con il vaccino inattivato antiepatite A, la sieroconversione ha interessato l’80% dei pazienti dopo 2 settimane, per arrivare al 100% dopo 5 settimane e mantenersi costante fino alla 24esima settimana. Inoltre, la media geometrica del titolo anticorpale è risultata 2 volte più elevata nel gruppo vaccinato alla 24esima settimana rispetto a quella osservata dopo una settimana nel gruppo trattato con le immunoglobuline e 400 volte più elevata dopo 4 settimane dalla dose di richiamo (Shouval et al., 1993).

La somministrazione contemporanea del vaccino antiepatite A e delle immunoglobuline ha determinato, negli studi clinici, un raggiungimento di un titolo anticorpale più rapido rispetto alla sola vaccinazione, in analogia con il comportamento delle immunoglobuline (dopo 5 giorni il 92% circa dei pazienti evidenziava sieroconversione) ma significativamente più basso dopo 6 mesi. Anche se il titolo di anticorpi è risultato comunque efficace dopo 6 mesi, sia nel gruppo trattato con il solo vaccino sia in quello trattato con il vaccino più le immunoglobuline, lo studio evidenzierebbe in caso di associazione una risposta anticorpale, sebbene più rapida, di durata inferiore (Wagner et al., 1993).

Il vaccino per l’epatite A è stato confrontato con le immunoglobuline in caso di post-esposizione. Lo studio è stato condotto in un’area geografica con endemicità intermedia (Kazakhstan), in pazienti adulti e pediatrici (età media 12 anni). L’immunizzazione attiva (vaccino o immunoglobuline) è stata effettuata nella seconda settimana dopo l’esposizione: i casi di malattia sono stati pari al 4,4% nei pazienti trattati con il vaccino e al 3,3% nei pazienti con immunoglobuline (RR: 1,35, IC95% 0,70-2,67) (Victor et al., 2007). Lo studio ha confermato la “non inferiorità“ del vaccino verso le immunoglobuline per la profilassi post-esposizione.

La somministrazione sottocutanea o intradermica del vaccino per l’epatite A è generalmente non raccomandata perchè meno efficace rispetto a quella intramuscolare. Uno studio clinico ha valutato il titolo di anticorpi dopo somministrazione del vaccino antiepatite A adiuvato con virosoma, non contenente alluminio, per via intramuscolare, sottocutanea e intradermica. Per le prime due vie di somministrazione sono state usate dosi standard di vaccino, pari a 0,5 ml (24 UI), mentre per la via intradermica una dose inferiore pari a 0,1 ml (4,8 UI); dopo 12 mesi dalla prima dose, è stata somministrata una seconda dose (dose di richiamo) uguale alla prima (0,1 ml per la via intradermica e 0,5 ml per la via sottocutanea e intramuscolare). Dopo un mese dalla prima dose, livelli protettivi di anticorpi (> 20 mUI/ml) sono stati rilevati nel 93,2-100% dei pazienti in tutti i gruppi di trattamento, indipendentemente dalla via di somministrazione impiegata, e tali livelli si sono mantenuti per 12 mesi. Dopo la seconda dose, livelli protettivi di anticorpi sono stati evidenziati nel 100% dei pazienti in tutti i gruppi analizzati (Frosner et al., 2009).

Il vaccino per l’epatite A è disponibile in combinazione con il vaccino per l’epatite B. In questo caso lo schema vaccinale prevede tre somministrazioni, con un intervallo di tempo di un mese tra la prima e la seconda e di 5 mesi tra la seconda e la terza (0,1,6 mesi). Nel caso sia necessario ottenere una copertura vaccinale in tempi più rapidi, è possibile somministrare il vaccino combinato a 0,7,21 giorni con una dose aggiuntiva dopo un anno. Con lo schema usuale – 0,1,6 mesi – livelli protettivi di anticorpi anti-HAV sono stati osservati nel 94% dei pazienti dopo un mese dalla prima dose e nel 100% dei pazienti dopo un mese dalla terza dose; livelli pritettivi di anticorpi anti-HBV sono stati osservati nel 70% dei pazienti dopo la prima dose e nel 99% dopo la terza dose. Con lo schema più veloce – 0,7,21 giorni – sono stati osservati livelli protettivi di anticorpi anti-HAV praticamente nel 100% dei pazienti dopo 1,2,3 mesi dalla prima dose e livelli protettivi anti-HBV nell’82% dei pazienti dopo 2 mesi dalla prima dose.

Analizzando la percentuale di sieroconversione/sieroprotezione e la media geometrica dei titoli anticorpali verso i virus HAV e HBV somministrando il vaccino combinato oppure i due vaccini monovalenti separatamente in pazienti adulti (18-70 anni), il vaccino combinato antiepatite A e antiepatite B è risultato “non inferiore“ ai due vaccini monovalenti. La percentuale di sieroconversione (titolo anticorpi anti-HAV >/= 33mUI/ml) per l’epatite A è stata pari al 91,6% vs 98,1% rispettivamente dopo la prima dose di vaccino combinato e monovalente, pari al 99,6% vs 99,3% dopo 7 mesi con il vaccino combinato (tre dosi: 0,1,6 mesi) e il vaccino monovalente (due dosi: 0,6 mesi). La sieroprotezione verso l’epatite B (titolo anticorpi anti-HBV >/= 10 mUI/ml) è risultata pari al 17,9% vs 7,5% dopo 1 mese, pari al 61,2% vs 50,4% dopo 2 mesi, pari al 95,1% vs 92,2% dopo 7 mesi rispettivamente con il vaccino combinato e quello monovalente. La media geometrica dei titoli anticorpali è risultata significativamente più alta, per l’epatite A, con il vaccino combinato rispetto al monovalente, probabilmente per la diversa schedula vaccinale, tre dosi (0,1,6 mesi) vs due dosi (0,6 mesi), rispettivamente per il vaccino combinato e il monovalente (Joines et al., 2001).

Un analogo studio è stato condotto in pazienti pediatrici (1-15 anni). Dopo 7 mesi, la sieroconversione (>/=33 mUI/ml) per gli anticorpi anti-HAV e la sieroprotezione (>/= 10 mUI/ml) per il vaccino anti-HBV sono risultate pari al 100% sia nel gruppo trattato con il vaccino combinato, secondo lo schema vaccinale 0,1,6 mesi, sia nel gruppo trattato con i due vaccini antiepatite A e antiepatite B monovalenti (due dosi a 0 e 6 mesi) (Guptan et al., 2002).

L’età del paziente è risultata influenzare l’andamento della media geometrica dei titoli anticorpali per il vaccino antiepatite B, ma non per quello antiepatite A. La risposta anticorpale al vaccino per l’epatite B tende a diminuire con l’aumentare dell’età e ad essere maggiore nelle donne rispetto agli uomini (Chlibek R. et al., 2007; Morris et al., 1989; Kramer A. et al., 1986). La somministrazione del vaccino per l’epatite B a volontari sani (schedula vaccinale di 3 dosi) ha determinato una sieroprotezione pari all’87% vs 71% rispettivamente nelle donne e negli uomini; pari al 94% vs 76% rispettivamente nelle donne con meno o più di 40 anni; pari al 90% vs 72% vs 65% rispettivamente negli uomini con meno di 29 anni, con età compresa fra 30 e 39 anni e con più di 40 anni. Nonostante comunque la flessione della sieroconversione con l’aumentare dell’età, nella maggior parte dei pazienti il livello di anticorpi è risultato al di sopra del limite definito per ottenere “la copertura“ verso l’infezione (Morris et al., 1989).

Anche quando somministrato con uno schema vaccinale rapido (0,7,21 giorni più una quarta dose dopo 1 anno), il vaccino combinato antiepatite A e antiepatite B è risultato “non inferiore“ alla somministrazione dei due vaccini monovalenti specifici per i due differenti virus epatici (schema vaccinale per il vaccino monovalente enti-HAV: 0,12 mesi; per il vaccino monovalente anti-HBV: 0,7,21 giorni e 12 mesi). Dopo un mese la sieroconversione per l’epatite A è risultata pari al 100% vs 99% dei pazienti rispettivamente con il vaccino combinato e quello monovalente, mentre la sieroprotezione per l’epatite B è risultata pari all’82% vs 83,9%. Subito prima della dose di richiamo, dopo 12 mesi dalla prima dose, la sieroconversione per l’epatite A era pari al 92,6% vs 95% rispettivamente con il vaccino combinato e monovalente e la sieroprotezione per l’epatite B era pari al 94% vs 91,6%. Dopo la dose di richiamo tutti i pazienti presentavano livelli protettivi di anticorpi sia verso il virus dell’epatite A sia verso il virus dell’epatite B (Northdurft et al., 2002).