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Verapamil

Isoptin, Cardinorm e altri

Farmacologia - Come agisce Verapamil?

Il verapamil è un farmaco calcio-antagonista ed appartiene alla classe dei farmaci antiaritmici di tipo IV; chimicamente è un derivato fenilalchilaminico. La molecola possiede un atomo di carbonio chirale a cui sono legati quattro sostituenti diversi. In terapia il verapamil viene impiegato come miscela racemica composta da parti uguali dei due enantiomeri R e S.

Il verapamil agisce a livello dei canali del calcio voltaggio dipendenti di tipo L, regolando l’ingresso dello ione calcio all’interno delle cellule del cuore e della muscolatura liscia vasale, sia a livello coronarico che periferico.
L’effetto ipotensivo del verapamil è dovuto alla riduzione delle resistenze vascolari periferiche per azione del farmaco sulla muscolatura liscia vascolare, dove la diminuzione della concentrazione intracellulare di calcio ha un effetto miorilassante. Grazie all’azione vasodilatante, il verapamil migliora la perfusione delle arterie coronariche. A livello cardiaco il verapamil riduce il fabbisogno di ossigeno per effetto inotropo e cronotropo negativo; inoltre diminuisce l’attività elettrica del nodo atrioventricolare (regola l’influsso di ioni calcio e aumenta il periodo refrattario del potenziale d’azione).
Il verapamil viene utilizzato nel trattamento dell’angina (stabile, instabile e di Prinzmetal), nel trattamento dell’ipertensione, nella prevenzione secondaria dell’infarto miocardico.

Studi recenti hanno confermato l’importanza del ruolo delle piastrine nello sviluppo di fenomeni arteriosclerotici e anginosi; il verapamil, somministrato ad alte dosi, inibisce l’aggregazione piastrinica indotta da adrenalina (Mc Tavish, Sorkin, 1989).
Il pretrattamento con verapamil, diltiazem e nicardipina diminuisce l’incremento piastrinico determinato dal trombossano B2, l’aggregazione piastrinica e la diminuzione della conta piastrinica associata ad ischemia miocardica.
In vitro, il farmaco, ad alte dosi, inibisce l’aggregazione piastrinica indotta da collagene e la produzione di trombossano B2; a basse dosi (0,1-1,0 mmol/L) inibisce solo l’aggregazione piastrinica indotta da adenosina difosfato.
In vitro, il verapamil ha dimostrato di possedere proprietà antisclerotiche (Orekhov et al., 1988); inibisce la proliferazione cellulare, diminuisce l’accumulo di colesterolo (Orekhov et al., 1992) e riduce la sintesi della matrice intracellulare (Orekhov et al., 1991).
La somministrazione di verapamil (120-240 mg/die) in pazienti con ipertensione diminuisce i livelli di apolipoproteine B e trigliceridi.
Il farmaco ha dimostrato efficacia terapeutica anche nel trattamento di stenosi ricorrenti in seguito ad angioplastica coronarica; in pazienti con asma (Boner et al., 1987).

Il verapamil ha un effetto inibitorio sulla glicoproteina P presente a livello cerebrale. In pazienti che mostrano resistenza alla terapia con farmaci antiepilettici, la somministrazione di verapamil ne determina un aumento dell’efficacia terapeutica. È probabile che l’inibizione esercitata dal verapamil sulla glicoproteina P consenta un maggior passaggio del farmaco antiepilettico a livello cerebrale (Summers et al., 2004; Iannetti et al., 2005).

Negli animali l’applicazione topica di verapamil ha determinato un effetto ipotensivo a livello oculare. Non è noto se il verapamil induca lo stesso effetto nell’uomo (Araie, Mayama 2011).

Ipertensione
Il principale effetto emodinamico del verapamil consiste in una diminuzione dei valori pressori sia diastolici che sistolici (dal 7 al 15%); la riduzione di tali valori è massima dopo la somministrazione continua di farmaco (0,1 mg/kg ogni 2 minuti) (Klein et al., 1983).
Nei pazienti ipertesi, il verapamil determina un aumento della frequenza cardiaca e una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche.

I farmaci calcio antagonisti impiegati per il trattamento dell’ipertensione sembrano avere effetti protettivi contro l’arterioscerosi. Nello studio VHAS (Verapamil in Hypertension Atherosclerosis Study), 498 pazienti sono stati trattati in modo randomizzato con verapamil (240 mg/die) e clortalidone (25 mg/die) al fine di confrontare gli effetti di un farmaco calcio antagonista e di un farmaco diuretico nel trattamento dell’ipertensione e dell’arteriosclerosi. Dallo studio è emerso che verapamil e clortalidone possiedono efficacia comparabile nella terapia antipertensiva. I pazienti sono inoltre stati sottoposti ad esame ecografico delle carotidi, sia prima che dopo la terapia, per valutare lo spessore delle arterie carotidee e l’eventuale presenza di placche. Dopo due anni è stata riportata una maggiore diminuzione dello spessore delle arterie nei pazienti trattati con verapamil rispetto ai pazienti in trattamento con clortalidone (-0,082 mm/anno con verapamil vs -0,037 mm/anno con clortalidone; p < 0,02). Pazienti con placche a livello delle carotidi hanno riportato una maggiore incidenza di effetti a livello cardiovascolare; in particolare, l’incidenza di tali effetti è risultata maggiore nei pazienti in trattamento con clortalidone (p<0,05) (Zanchetti et al., 1998).

Nei pazienti affetti da coronopatie, la terapia per il trattamento dell’ipertensione in genere prevede l’assunzione di farmaci beta bloccanti, eventualmente associati a diuretici. Lo studio INVEST (The International Verapamil Trandolapril Study) ha confrontato la sicurezza e l’efficacia di un farmaco calcio antagonista (verapamil) in associazione ad un ACE inibitore (trandolapril) vs un beta bloccante (atenololo) in associazione ad un diuretico (idroclorotiazide) nel trattamento dell’ipertensione in pazienti con coronopatia. Nel corso dello studio 22576 pazienti sono stati suddivisi in due gruppi e trattati in modo randomizzato con atenololo o verapamil; come terapia aggiuntiva, i pazienti hanno assunto idroclorotiazide e/o trandolapril, secondo le linee guida della JNC VI (Joint National Committee per il trattamento dell’ipertensione arteriosa) per ottenere una riduzione della pressione inferiore a 140 (sistolica)/90 (diastolica) mmHg. Dopo due anni di terapia, il verapamil e l’atenololo hanno mostrato effetti ipotensivi comparabili; la riduzione dei valori pressori a valori inferiori a 140/90 mmHg è stata del 71,7% e 70,7% nei pazienti trattati rispettivamente con verapamil e atenololo. L’incidenza di effetti avversi a livello cardiovascolare nei due gruppi è comparabile; nel gruppo trattato con atenololo-clorotiazide è stata riportata un’aumentata insorgenza di diabete. L’associazione verapamil-trandolapril per il trattamento di pazienti ipertesi affetti da patologie coronariche è risultata comparabile all’associazione atenololo-idroclorotiazide (Pepine et al., 2003; Cooper-DeHoff et al., 2009).

Nello studio BENEDICT-B (The Bergamo Nephrologic Diabetes Complications Trial-B) 281 pazienti affetti ipertesi affetti da diabete di tipo 2 associato ad albuminuria sono stati trattati in modo randomizzato per almeno due anni con verapamil più trandolapril (180 mg/die più 2 mg/die) e trandolapril (2 mg/die) per valutare gli effetti di tali farmaci a livello renale e cardiovascolare. In seguito ad un follow-up medio di 4,5 anni, il 13% dei pazienti trattati con verapamil-trandolapril e il 10,5% dei pazienti trattati con trandolapril ha sviluppato macroalbuminuria (p=0,198), mentre è stata osservata una riduzione a normoalbuminuria (escrezione di albumina nelle urine < 20 ?g/min) rispettivamente nel 44,9% e 49,7% dei casi (p=0,198). L’incidenza di effetti collaterali a livello cardiovascolare è stata del 14% circa in entrambi i gruppi. E’ stata riportata una diminuzione statisticamente significativa (p=0,003) dell’incidenza di effetti a livello cardiovascolare nei pazienti con regressione a normoalbuminuria (Ruggenenti et al., 2011).

Angina
L’effetto terapeutico del farmaco nel trattamento dell’angina si esplica attraverso due meccanismi:
1) riduzione diretta della richiesta miocardica di ossigeno per restrizione dell’attività metabolica legata a una diminuzione dell’attività del miocardio stesso;
2) miglioramento dell’offerta di ossigeno dovuta a forte vasodilatazione coronarica (Théroux et al., 1983).
Il verapamil diminuisce il fabbisogno di ossigeno per il miocardio (Soward et al., 1986); l’efficacia terapeutica del farmaco è comparabile con quella dei beta bloccanti.
Nel trattamento dell’angina stabile il verapamil (360 mg/die per via orale) è più efficace di nicardipina (90 mg/die per via orale) (Rodrigues et al., 1988), di nifedipina (60 mg/die per via orale) (Foale, Vandenburg, 1992). Il farmaco (240 mg/die per via orale) possiede efficacia simile a bepridil (300 mg/die per via orale) (Nielsen et al., 1989), a isosorbide dinitrato (120 mg/die) (Friedensohn et al., 1991).
Nel trattamento dell’angina instabile il verapamil (360-480 mg/die) è più efficace di propranololo (120-300 mg/die) nel diminuire il numero degli attacchi anginosi, il consumo di nitroglicerina e il numero degli episodi ischemici (Parodi et al., 1986). Il farmaco (480 mg/die) possiede efficacia simile a nifedipina (80-120 mg/die).

Aritmie
I farmaci calcio antagonisti, tra cui il verapamil, si sono dimostrati efficaci nella terapia della tachicardia e delle aritmie sopraventricolari, a causa della loro azione sulla conduzione del nodo atrioventricolare (Takahashi, Saikawa, 2005). Nel trattamento delle aritmie sopraventricolari l’entantiomero S ha mostrato un effetto dromotropo negativo superiore di circa 20 volte rispetto all’enantiomero R (Echizen et al., 1988; Busse et al., 2006). La somministrazione di verapamil per infusione lenta (1 mg/min fino a massimo 20 mg) risulta più efficace rispetto alla somministrazione endovenosa di adenosina (6 mg) nei casi di emergenza per pazienti affetti da tachicardia sopraventricolare (Lim et al., 2009).

Ischemia miocardica
Il verapamil, somministrato a pazienti affetti da ischemia miocardica, inibisce il trasporto intracellulare di calcio all’interno delle cellule cardiache, prevenendone l’accumulo all’interno e proteggendo le cellule miocardiche da fenomeni di necrosi.
Un pretrattamento con il farmaco provoca un aumento del flusso sanguigno miocardico, un miglioramento della contrattilità miocardica e un incremento del diametro arteriolare (Przyklenk, Kloner, 1988; Tillmanns et al., 1990).

Cardiomiopatia ipertrofica
Il verapamil (240 mg/die) ha mostrato efficacia terapeutica simile a diltiazem (180 mg/die) nel ridurre la sintomatologia soggettiva associata a cardiomiopatia (palpitazioni, superficialità del respiro, dolore toracico, vertigine, affaticamento) (83% vs 71% dei pazienti). Il verapamil viene impiegato nel trattamento della cardiomiopatia ipertrofica nel caso in cui i beta bloccanti siano controindicati o siano risultati inefficaci (Toshima et al., 1986; Gibelin, 2009).

Cefalea
A livello cerebrale i canali del calcio sembrano essere coinvolti nell’insorgenza di cefalee primarie, pertanto i farmaci calcio antagonisti possono essere impiegati nella profilassi dell’emicrania e della cefalea a grappolo. Il verapamil regola i livelli di calcio nelle cellule ed ha un effetto vasodilatante sulle arterie cerebrali; inoltre sembra interagire con le vie di trasmissione serotoninergiche coinvolte nell’insorgenza dell’emicrania. Trial clinici hanno dimostrato l’efficacia di verapamil (240-360 mg/die) vs placebo nel ridurre l’insorgenza dell’emicrania. Nella profilassi della cefalea a grappolo può essere necessario somministrare dosaggi più elevati di verapamil (360-720 mg/die) poichè il farmaco è substrato della glicoproteina P presente a livello della barriera ematoencefalica (Solomon, 1989; Markley, 1991; Greenberg, 1997; Tfelt-Hansen, 2009).

Disturbo bipolare
Il verapamil può essere utilizzato in associazione a litio per il trattamento del disturbo bipolare e di episodi maniacali. Il verapamil, come il litio, sembra avere effetto inibitorio sulla proteina chinasi C (PKC). Uno studio clinico ha riportato che in pazienti con disturbo maniacale la combinazione di verapamil e litio è risultata più efficace rispetto ai singoli farmaci (Levy, Janicak, 2000; Mallinger et al., 2008).