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Levodopa (L-Dopa)

Sinemet, Madopar, Sirio e altri


Indicazioni - Quali sono le indicazioni terapeutiche di Levodopa (L-Dopa)?

La levodopa (L-Dopa) è indicata nel trattamento della malattia di Parkinson e nel parkinsonismo (con l’esclusione di forme di parkinsonismo causato da farmaci). (leggi)

Posologia - Qual è la posologia di Levodopa (L-Dopa)?

Riportiamo di seguito la posologia della levodopa (L-Dopa) nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)

Controindicazioni - Quando non si deve usare Levodopa (L-Dopa)?

La levodopa (L-Dopa) è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Levodopa (L-Dopa)?

Il miglioramento dei sintomi del Parkinson si osserva nella seconda-terza settimana di terapia con la somministrazione di 2-3 g/die di levodopa (L-Dopa). (leggi)

Interazioni - Quali sono le interazioni farmacologiche di Levodopa (L-Dopa)?

Adrenalina e isoprenalina aumentano l’incidenza di effetti collaterali cardiaci quando associati a levodopa (L-Dopa). (leggi)

Effetti collaterali - Quali sono gli effetti collaterali di Levodopa (L-Dopa)?

La levodopa (L-Dopa) può provocare ipotensione ortostatica asintomatica, a volte associata a debolezza e capogiri. (leggi)

Tossicità - Qual è la tossicità di Levodopa (L-Dopa)?

In caso di somministrazione di dosi elevate di levodopa (L-Dopa) si manifestano tremore muscolare e blefarospasmo (segno precoce di sovradosaggio). (leggi)

Farmacologia - Come agisce Levodopa (L-Dopa)?

La levodopa (INN: levodopa) (L-Dopa) rappresenta il farmaco cardine nel trattamento della malattia di Parkinson. (leggi)

Farmacocinetica - Qual è il profilo farmacocinetico di Levodopa (L-Dopa)?

Il profilo farmacocinetico della levodopa (L-Dopa) rimane sostanzialmente invariato dopo somministrazione ripetuta e indipendente dallo stadio della malattia di Parkinson. (leggi)

Classificazione - Qual è la formula di struttura di Levodopa (L-Dopa)?

La formula bruta della levodopa (L-Dopa) è C9H11NO4. (leggi)

Bibliografia - Quali fonti bibliografiche per Levodopa (L-Dopa)?

Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a levodopa (L-Dopa) sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)

Specialità - Quali sono le specialità medicinali che contengono Levodopa (L-Dopa)?

Levodopa (L-Dopa) è prescrivibile nelle specialità commerciali Corbilta, Duodopa, Levodopa Carbidopa, Levodopa Carbidopa Entecapone, Madopar, Sinemet, Sirio, Stalevo. (leggi)

 

La levodopa (L-Dopa) è il farmaco cardine nel trattamento della malattia di Parkinson e nelle sindromi parkinsoniane o parkinsonismi, ad eccezione delle forme indotte da farmaci (Parkinson iatrogeno).

La malattia di Parkinson è causata dalla progressiva perdita della dopamina nelle aree cerebrali deputate al controllo e alla regolazione del movimento (sostanza nigra e nucleo striato). La dopamina è un neurotrasmettitore, funziona cioè come trasportatore di informazioni da un neurone all’altro. I principali sintomi della malattia di Parkinson comprendono tremore, rigidità e bradicinesia (difficoltà ad iniziare e proseguire il movimento); ulteriori sintomi sono eccessiva sudorazione e/o salivazione, ipotensione posturale, demenza sfumata e depressione. I problemi di movimento comportano nel tempo alterazione della postura del malato, disturbi dell’equilibrio e deambulazione difficoltosa.

La levodopa (L-Dopa) è utilizzata nella malattia di Parkinson in quanto precursore della dopamina. La dopamina non può essere utilizzata tal quale perchè non attraversa la barriera ematoencefalica. La dose iniziale di levodopa è pari a 0,5/1 g/die da aumentare progressivamente fino a 8 g/die. La dose di levodopa deve essere individualizzata a seconda della risposta del paziente. E’ importante monitorare segni e sintomi indicativi di un dosaggio subottimale così come di un dosaggio eccesso (il blefarospasmo è un sintomo precoce di sovradosaggio da levodopa).

Nell’organismo la levodopa (L-Dopa) è convertita a dopamina per azione dell’enzima DOPA-decarbossilasi. Poichè la DOPA-decarbossilasi si trova sia nei tessuti periferici sia nel cervello, la maggior parte della levodopa somministrata viene convertita a dopamina prima di poter attraversare la barriera ematoencefalica. Per aumentarne la disponibilità centrale, la levodopa è associata a inibitori della DOPA-decarbossilasi, carbidopa e benserazide. Queste molecole, inibendo la DOPA-decarbossilasi periferica, aumentano la quantità di levodopa che raggiunge le aree cerebrali bersaglio. In associazione a carbidopa e benserazide la dose di levodopa viene ridotta di circa l’80%. La saturazione della DOPA-decarbossilasi periferica si ottiene con dosi di 70-100 mg di inibitore. La maggior parte dei pazienti dà buone risposte terapeutiche con dosi di mantenimento pari a 600-800 mg/die di levodopa più 150-200 mg/die di benserazide oppure con 750-1500 mg di levodopa più 75-150 mg di carbidopa.

La levodopa (L-Dopa) in associazione a carbidopa può essere ulteriormente associata a entacapone e tolcapone, inibitori della catecol-O-metil-trasferasi (COMT). La COMT è l’enzima che catalizza la conversione della dopamina nel metabolita 3-O-metildopa. L’aggiunta di entacapone o tolcapone alla levodopa ne riduce la clearance con conseguente aumento della biodisponibilità sistemica e ulteriore riduzione della dose di levodopa somministrata. Sono disponibili formulazioni a dose fissa di entacapone (200 mg) e dosi variabili di levodopa/carbidopa, sempre però in rapporto 4:1. La dose massima giornaliera raccomandata per entacapone è di 1600 mg, per carbidopa di 200 mg/die.

Gli inibitori della COMT tendono a stabilizzare la concentrazione plasmatica di levodopa con risvolti positivi sulle discinesie che dipendono proprio dalle fluttuazioni di concentrazione plasmatica della levodopa. Le discinesie rientrano fra le complicanze motorie che si manifestano dopo trattamento prolungato con levodopa e consistono in movimenti involontari che alterano e ostacolano la normale esecuzione dei movimenti volontari normali (la discinesia si distingue in atetosi, movimento di torsione, e corea, movimento rapido). In uno degli ultimi studi finalizzato alla valutazione dell’impatto di entacapone sull’incidenza delle discinesie nel pazienti parkinsoniani in terapia dopaminergica con levodopa, gli esiti clinici hanno disatteso le aspettative (Studio STRIDE-PD). Il gruppo di pazienti trattato con levodopa/carbidopa/entacapone ha evidenziato infatti un tempo di latenza allo sviluppo di discinesie minore e una maggior incidenza di discinesie rispetto al gruppo di pazienti che non avevano ricevuto entacapone.

Non tutti i pazienti con malattia di Parkinson possono assumere levodopa (L-Dopa). Il farmaco è controindicato in caso di ipersensibilità, in caso di glaucoma ad angolo chiuso, infarto miocardico acuto, gravi disfunzioni cardiovascolari, epatiche, renali ed endocrine, in caso di psicosi, feocromocitoma, ipertiroidismo, sindrome di Cushing; in gravidanza e durante l’allattamento.

Nei pazienti trattati con levodopa (2-3 g/die), il miglioramento dei sintomi della malattia di Parkinson inizia a manifestarsi dopo 2-3 settimane di terapia, ma in alcuni casi è necessario un tempo più lungo e risposte terapeutiche soddisfacenti possono richiedere anche 6 mesi. La dose del farmaco inoltre deve essere individualizzata a seconda delle condizioni cliniche del paziente e come questi risponde al trattamento. L’interruzione improvvisa della terapia con levodopa è stata associata, raramente, a sindrome maligna (SM). Tale sindrome, simile alla sindrome maligna neurolettica, è caratterizzata da ipertermia, rigidità e aumentata concentrazione di creatin-fosfochinasi sierica; altri sintomi comprendono ipo/ipertensione, tachicardia, sudorazione, aumento degli enzimi epatici, leucocitosi. Complicanze gravi della sindrome maligna sono rabdomiolisi, insufficienza renale acuta e coagulazione intravascolare disseminata.

Il trattamento dopaminergico con levodopa (L-Dopa) costituisce il “gold standard“ della malattia di Parkinson, ma l’uso del farmaco non è scevro di effetti collaterali e soprattutto è gravato da complicanze motorie importanti che compaiono dopo alcuni anni dall’inizio del trattamento.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali, l’assunzione di levodopa (L-Dopa) è accompagnata da disturbi gastrointestinali, di cui i più frequenti sono nausea e vomito. L’associazione di entacapone a levodopa/carbidopa aumenta l’incidenza di nausea, diarrea e dolore addominale. Per attenuare il problema della nausea e del vomito il farmaco può essere somministrato a stomaco pieno con abbondante liquido (dispersione della forma farmaceutica in acqua in modo da ottenere una sospensione). E’ opportuno, inoltre, far attenzione al tipo di alimento. Poichè infatti la levodopa utilizza lo stesso sistema di trasporto degli aminoacidi aromatici per attraversare la mucosa intestinale, cibi ricchi in proteine possono ridurre l’assorbimento intestinale della levodopa.

La levodopa (L-Dopa) può indurre ipotensione ortostatica, eventualmente associata a debolezza e capogiri; più raramente si associa ad aritmie cardiache e palpitazioni. Poichè la malattia di parkinson è tipica dell’età senile e questi pazienti presentano spesso problemi di natura cardiovascolare, è importante monitorare segni e sintomi riconducibili a disfunzioni cardiache e/o vascolari durante la terapia con levodopa per prevenire eventi acuti importanti.

Nei pazienti in terapia con levodopa (L-Dopa) possono manifestarsi alterazioni psichiche (allucinazioni, paranoia, mania) e cambiamenti di comportamento (euforia, aggressività, depressione anche grave, tendenze suicide, comportamenti compulsivi) dipendenti in parte dal meccanismo d’azione del farmaco (stimolazione dei circuiti dopaminergici del sistema nervoso centrale). La tendenza alle allucinazioni risponde abbastanza bene a riduzioni di posologia di levodopa oppure, se questi non sono possibili, alla somministrazione di neurolettici atipici come la clozapina (minor affinità verso i recettori dopaminergici D2 rispetto agli antipsicotici tradizionali e minor rischio di sintomi extrapiramidali). La depressione è un effetto collaterale piuttosto frequente nei malati di Parkinson ed è causata da meccanismi complessi che coinvolgono i neurotrasmettitori dopamina e noradrenalina. La terapia antidepressiva raccomandata si focalizza sull’uso degli antidepressivi triciclici perchè oltre all’azione propriamente antidepressiva possiedono proprietà anticolinergici e sedative che ben si adattano a contrastare alcuni dei sintomi più comuni del malato di Parkinson, come il tremore, l’abbondante salivazione (scialorrea) e l’insonnia.

Negli ultimi anni è emerso un altro aspetto non trascurabile a livello degli affetti avversi della terapia dopaminergica ed è quello del gioco d’azzardo. E’ stato infatti osservato che l’incidenza del gioco d’azzardo è maggiore nel malato di Parkinson rispetto alla popolazione generale (3,4% vs 1%), ma l’incidenza sale in modo significativo nei pazienti in terapia con dopaminergici, inclusa la levodopa (circa 7%). L’aumento di comportamenti compulsivi nel malato di Parkinson non interessa esclusivamente il gioco d’azzardo, ma comprende anche l’ipersessualità, lo shopping compulsivo, i disturbi alimentari come la bulimia. La causa è da ricercare con ogni probabilità nella stimolazione aberrante dei circuiti dopaminergici deputati al comportamento appetitivo e consumatorio (autogratificante).

Come precedentemente accennato, il trattamento prolungato con levodopa comporta nel tempo l’insorgere di complicanze che riducono in parte l’efficacia del trattamento farmacologico. Queste complicanze comprendono le fluttuazioni motorie e le discinesie. Con il termine “fluttuazioni motorie“ si intende una serie di fenomeni come il “wearing off“, il fenomeno “on-off”, l’acinesia al risveglio. Il “wearing off“ (effetto di fine dose) indica la minor durata dell’effetto terapeutico della levodopa con il passar del tempo. Il fenomeno “on-off“ è caratterizzato dall’alternanza di periodi in cui il paziente recupera la sua consueta mobilità (periodo “on“) e periodi in cui si verifica perdita del controllo motorio (periodi “off“). L’acinesia al risveglio è l’incapacità del paziente, dopo il riposo notturno, ad iniziare e portare a termine i movimenti. ll fenomeno “on-off“, che può essere dose-dipendente o casuale, dipende dalle fluttuazioni della concentrazione plasmatica di dopamina dovute in parte all’aumento del tempo di latenza fra somministrazione della dose e insorgenza degli effetti farmacologici e al mancato o ridotto effetto di una dose (le dosi pomeridiane e serali risultano meno efficaci delle dosi mattutine).

Le discinesie (discinesie da inizio dose, da picco dose e difasiche) sono movimenti involontari che interessano volto e arti, che ostacolano la normale esecuzione dei movimenti volontari e che possono provocare grave disabilità del paziente con Parkinson. Dagli studi effettuati tramite PET (tomografia ad emissione di protoni), le discinesie sarebbero in parte causate da alterazioni presinaptiche neuronali.

Per cercare di attenuare le complicanze tardive della terapia con levodopa (L-Dopa), si può intervenire sugli schemi posologici, aumentare cioè il numero delle dosi giornaliere riducendo il dosaggio di ciascuna dose, oppure ricorrere a formulazioni di levodopa a rilascio controllato, o, in alternativa, ad associazioni farmacologiche con altri farmaci dopaminergici.

Se da un alto la levodopa (L-Dopa) può essere associata a diversi farmaci con attività dopaminergica, dall’altro esistono numerosi farmaci o classi di farmaci la cui associazione con levodopa non è raccomandata. Fra questi ricordiamo gli inibitori delle monoaminossidasi (MAO), impiegati in terapia come antidepressivi. Le monoaminossidasi sono enzimi che convertono le catecolamine (dopamina, noradrenalina e adrenalina) e la serotonina in metaboliti inattivi. La levodopa non deve essere somministrata in associazione a MAO-inibitori con l’eccezione della selegilina (nota anche come deprenil) per il rischio di grave crisi ipertensiva. Altre categorie di farmaci che non dovrebbero essere somministrate insieme a levodopa sono i neurolettici (possiedono azione antidopaminergica), fenitoina e papaverina (riduzione dell’efficacia terapeutica della levodopa), reserpina (provoca deplezione di dopamina dalle terminazioni nervose), vitamina B6 (stimola l’attività della DOPA-decarbossilasi), ferro (riduce l’assorbimento intestinale della levodopa). Con alcuni farmaci l’associazione con levodopa richiede cautela: adrenalina, amfetamina, anestetici (alotano, ciclopropano), baclofene, bupropione, clonidina, clordiazepossido, diazepam, domperidone, fenilbutazone, memantina, metildopa, metoclopramide.

Più volte è stato ricordato come sia importante adeguare la dose di levodopa (L-Dopa) al singolo paziente e come le raccomandazioni in questo ambito costituiscano delle linee guida all’interno delle quali individualizzare quanto più possibile lo schema posologico. Nell’individuare la dose ottimale per ciascun malato è indispensabile monitorare i segni e i sintomi indicativi di un eventuale sovradosaggio. In caso di sovradosaggio acuto il primo intervento è rappresentato dall’aspirazione o lavanda gastrica per ridurre la quota di farmaco assorbibile a livello intestinale, quindi somministrare liquidi per endovena (per antagonizzare la caduta pressoria), monitorare la funzionalità cardiaca tramite elettrocardiogramma (ECG) e se necessario somministrare antiaritmici; mantenere la pervietà delle vie aeree. La somministrazione di vitamina B6, in quanto cofattore della DOPA-decarbossilasi favorisce la conversione periferica della levodopa in dopamina riducendo la biodisponibilità di levodopa a livello cerebrale. L’effetto della vitamina B6 sulla levodopa è antagonizzato se il farmaco è associato ad inibitori della DOPA-decarbossilasi.

La levodopa ha evidenziato in vivo tossicità embriofetale (malformazioni a carico di scheletro e organi interni). Il farmaco non è raccomandato in gravidanza e durante l’allattamento al seno.

Ma come funzione la levodopa? La levodopa (L-Dopa) è un derivato aminoacidico precursore della dopamina (può quindi essere considerato un profarmaco) e intermedio della sintesi di noradrenalina e adrenalina. Per azione della DOPA-decarbossilasi la levodopa è convertita a dopamina, quest’ultima a noradrenalina (reazione catalizzata dalla dopamina-idrossilasi) che per metilazione viene trasformata in adrenalina (reazione catalizzata dalla S-adenosilmetionina).

La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla progressiva perdita di neuroni dopaminergici della sostanza nigra, una zona profonda situata nel cervello. I neuroni della sostanza nigra rilasciano dopamina che va a stimolare un’altra struttura del cervello, il nucleo striato, deputato al controllo e all’automazione dei movimenti volontari. Quando la quantità di dopamina rilasciata dalla sostanza nigra diminuisce oltre il 50-70% compaiono i sintomi del Parkinson.

La levodopa, una volta convertita a dopamina, ripristina la disponibilità del neurotrasmettitore a livello di sostanza nigra-nucleo striato attenuando la sintomatologia del Parkinson. Poichè si tratta di una malattia degenerativa progressiva, la terapia dopaminergica con levodopa è una terapia cronica che dura tutta la vita.

Negli anni 90, l’uso della levodopa (L-Dopa) non era raccomandato negli stadi iniziali della malattia di Parkinson perchè si riteneva che la fluttuazione della risposta al farmaco potesse dipendere dalla somministrazione cronica della levodopa. Gli studi clinici più recenti hanno in parte sfatato questa ipotesi confermando l’efficacia della levodopa sul lungo periodo (studi clinici PDRG Uk, CALM-PD) ed escludendo un effetto negativo del farmaco sulla progressione della malattia.

Una volta somministrata, la levodopa viene assorbita nell’intestino tenue. L’assorbimento presenta elevata variabilità intra e interindividuale dovuta a fattori dietetici (ruolo delle proteine), velocità di svuotamento gastrico, pH gastrico, somministrazione contemporanea di farmaci antiacidi o anticolinergici.

Le levodopa (L-Dopa) può essere somministrata in formulazione a rilascio modificato oppure per infusione continua intraduodenale per ridurre le oscillazioni della concentrazione plasmatica e attenuare il problema delle discinesie che da queste dipendono. La biodisponibilità di levodopa in formulazione a rilascio modificato è pari a circa il 60% di quella osservata con la formulazione a rilascio immediato. La biodisponibilità di levodopa in infusione continua intraduodenale è simile a quella orale, compresa fra l’81% e il 98% e non è influenzata dall velocità di svuotamento gastrico.

Il tempo di picco plasmatico passa da 0,5-2 ore a 3-5 ore considerando la formulazione a rilascio immediato e la formulazione a rilascio prolungato.

Il picco plasmatico nella formulazione a rilascio prolungato è inferiore di circa il 30% rispetto a quello osservato con la formulazione a rilascio immediato.

Per migliorare il profilo farmacocinetico in termini di velocità di assorbimento, comparsa dell’effetto terapeutico e riduzione della variabilità interindividuale, è disponibile l’estere metilico della levodopa, la melevodopa. Per aumentare la concentrazione cerebrale di levodopa, il farmaco è associato agli inibitori della DOPA-decarbossilasi carbidopa e benserazide, e può essere ulteriormente associato agli inibitori della COMT, entacapone o tolcapone.

La levodopa presenta un basso legame sieroproteico (10-30%) e un volume di distribuzione compreso fra 0,6 e 1,6 L/kg.

Subisce estesa metabolizzazione: sono stati infatti individuati circa 30 metaboliti. La reazione metabolica principale è la decarbossilazione; altre vie di metabolizzazione comprendono O-metilazione, transaminazione e ossidazione. La terapia cronica comporta un aumento della velocità di metabolizzazione della levodopa per un effetto di autoinduzione.

Circa il 70-80% della dose assorbita di levodopa (L-Dopa) è escreta nelle urine sotto forma di dopamina e metaboliti, in particolare acido diidrossifenilacetico (DOPAC) e acido omovanillico (HVA) che costituiscono circa il 50% dei metaboliti. Meno del 5% dei metaboliti sono rappresentati da noradrenalina e acido vanilmandelico (VMA).

L’emivita della levodopa è poco meno di un’ora; l’aggiunta di un inibitore della DOPA-decarbossilasi prolunga l’emivita a circa 1,5 ore. In studi clinici che hanno valutato l’influenza di un pre-trattamento con carbidopa sul profilo farmacocinetico della levodopa (dose-singola), l’emivita delle specie radioattive derivate da levodopa marcata è risultata compresa fra 3 e 15 ore.

L’età e il sesso del paziente risultano influenzare il profilo farmacocinetico della levodopa (L-Dopa). L’età (> 75 anni) aumenta l’esposizione sistemica alla levodopa per riduzione della sua eliminazione. Nelle donne il picco di concentrazione e l’AUC della levodopa risultano, rispettivamente, più elevate del 30% e del 40% del corrispettivo valore misurato negli uomini. La differenza è dovuta essenzialmente alla variazione del peso corporeo. Sulla base di queste osservazioni le donne riceverebbero una dose cumulativa di levodopa maggiore degli uomini.