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Bamlanivimab / Etesevimab

Anticorpi monoclonali per COVID-19

Farmacologia - Come agisce Bamlanivimab / Etesevimab?

Bamlanivimab e etesevimab sono anticorpi monoclonali umani IgG1k diretti contro la proteina spike del virus Sars-CoV-2 (anticorpi neutralizzanti). La proteina spike è la chiave di accesso del virus per entrare nelle cellule umane.

Bamlanivimab è formato da due catene leggere identiche di 214 aminoacidi e due catene pesanti identiche di 455 aminoacidi ciascuna; la regione Fc non è modificata (DrugBank, 2021). Etesevimab, invece, presenta due sostituzioni di aminoacidi nella regione Fc. La regione Fc, anche noto come frammento cristallizzabile, corrisponde ad una porzione delle due catene pesanti che formano l’anticorpo: variazioni nel frammento Fc possono modificare le proprietà farmacocinetiche dell’anticorpo stesso, come ad esempio l’emivita (Hurt, Wheatley, 2021).

Bamlanivimab ed etesevimab bloccano il coronavirus prima che entri nella cellula umana, quindi prima che la proteina spike interagisca con il recettore umano ACE2, porta di accesso del virus nella cellula. I due anticorpi si legano a due regioni distinte ma sovrapposte della porzione della proteina spike (dominio legante il recettore, RBD) che si lega al recettore ACE2. L’uso combinato dei due anticorpi dovrebbe ridurre il rischio di resistenza virale.

In vitro, entrambi gli anticorpi sono risultati inibire la replicazione del virus Sars-CoV-2 (Bamlanivimab: IC50 stimata pari a 0,03 microg/ml e IC90 stimata pari a 0,09 microg/ml; etesevimab: IC50 pari a 0,046 microg/ml) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021).

Studi in vitro su potenziali fenomeni di resistenza a bamlanivimab hanno evidenziato che la sostituzione di aminoacidi in diverse posizioni nella porzione di legame della proteina spike (dominio di legame) si associa a comparsa di resistenza quando i due anticorpi sono usati separatamente. Quando invece i due anticorpi sono usati in combinazione non sono state osservate varianti virali. Nei test, ad eccezione di tre sostituzioni di aminoacidi riconducibili a resistenza verso bamlanivimab che hanno mostrato un’alterazione di suscettibilità verso i due anticorpi somministrati insieme, in tutti gli altri casi questa variazione non è stata riscontrata (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021).

In modelli sperimentali con mutazioni della proteina spike presenti nelle varianti inglese, brasiliana e sudamericana del virus Sars-CoV-2, è emerso che l’attività di bamlanivimab rimane sostanzialmente identica nel caso della variante inglese, mentre diminuisce con le altre due varanti virali. Anche etesevimab e bamlanivimab/etesevimab hanno evidenziato una “perdita di attività” verso i modelli sperimentati delle varianti sudamericana e brasiliana del virus SARS-CoV-2 (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021).

Esiste comunque un rischio teorico che l’uso di anticorpi esogeni diminuisca la risposta di anticorpi endogeni e aumenti la suscettibilità del paziente alla reinfezione (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021).

L’approvazione di bamlanivimab/etesevimab, in via temporanea, per il trattamento di pazienti con covid-19 in fase iniziale, quindi non ospedalizzati, ma a rischio di una progressione severa della malattia si è basata sull’analisi dei dati dello studio di fase 2-3 BLAZE-1 (Gottlieb et al., 2021).

Studio BLAZE-1 (NCT04427501)
Lo studio BLAZE-1, sponsorizzato dall’azienda Eli Lilly, è stato disegnato per valutare l’efficacia terapeutica dell’anticorpo bamlanivimab, da solo in monoterapia o in associazione a etesevimab, nel ridurre la carica virale (esito clinico principale) in pazienti con sintomi iniziali di covid-19. Si tratta di uno studio randomizzato, in doppio cieco, contro placebo con cinque gruppi di trattamento di cui uno di controllo (placebo). L’anticorpo è stato somministrato in monoterapia, a tre dosaggi differenti (700 mg, 2800 mg, 7000 mg), oppure in associazione ad etesevimab (bamlanivimab 2800 mg/etesevimab 2800 mg) ai primi sintomi di infezione ed entro tre giorni dal risultato positivo al test per covid-19 (Gottlieb et al., 2021).

L’esito clinico principale dello studio era la variazione, della carica virale 11 giorni dopo l’infusione degli anticorpi monoclonali rispetto al basale. Gli esiti clinici secondari (9) hanno compreso altre misure della carica virale (3), i sintomi (5) e una misura di esito clinico (la percentuale di pazienti ricoverati, di visite al pronto soccorso e di morti) al 29 giorno dall’infusione.

Sebbene la riduzione della carica virale fosse l’esito clinico principale dello studio, i dati che hanno suggerito un uso clinico potenzialmente efficace degli anticorpi monoclonali, bamlanivimab e etesevimab, sono stati quelli relativi alla percentuale di pazienti ospedalizzati o che si sono rivolti al pronto soccorso o morti per covid-19 al 29esimo giorno dopo l’infusione (esiti clinici secondari predefiniti dello studio).

Considerando il gruppo di pazienti che hanno completato il periodo di valutazione di efficacia (29 giorni), dopo 11 giorni dall’infusione, la carica virale è risultata diminuita (scala logaritmica) rispetto al basale di -3,72 con bamlanivimab 700 mg, -4,08 con la dose di 2800 mg, -3,49 con la dose di 7000 mg, -4,37 con l’associazione dei due anticorpi e -3,80 con il placebo. Rispetto al placebo quindi la differenza nella variazione della carica virale è stata 0,09 (p=0,69), -0,27 (p=0,21) e 0,31 (p=0,16) per bamlanivimab alla dose più bassa, intermedia e alta; -0,57 (p=0,01) per l’associazione bamlanivimab/etesevimab.

Dopo 29 giorni, la riduzione della carica virale nel tempo (esito clinico secondario) è risultata statisticamente significativa solo per il gruppo di pazienti trattati con bamlanivimab alla dose intermedia (2800 mg) e per quelli arruolati nel gruppo trattato con l’associazione di anticorpi. L’eliminazione del virus (definita come due risultati negativi consecutivi per Sars-CoV-2) non ha presentato differenze tra nessuno dei gruppi di trattamento in qualsiasi momento.

Rispetto al placebo, la variazione del punteggio generale dei sintomi dopo 11 giorni è risultato statisticamente significativo con bamlanivimab 700 mg e con l’associazione dei due anticorpi, ma non per i gruppi trattati con bamlanivimab in monoterapia alla dose intermedia e più alta. Considerando invece il miglioramento dei sintomi, sempre al giorno 11, una differenza statisticamente significativa è stata riscontrata per bamlanivimab in monoterapia alla dose rispettivamente più bassa e più alta, ma non con la dose intermedia o l’associazione terapeutica dei due anticorpi. Per quanto riguarda la variazione nella risoluzione dei sintomi, una differenza statisticamente significativa è stata riscontrata solo con bamlanivimab 700 mg.

La percentuale di pazienti ricoverata o rivoltasi al pronto soccorso per covid-19 nei 29 giorni successivi al trattamento è stata pari all’1% nel gruppo trattato con bamlanivimab 700 mg (vs placebo, p=0,09), all’1,9% nel gruppo trattato con 2800 mg (p=0,21) e al 2% in quello trattato con 7000 mg (p=0,21), allo 0,9% nel gruppo di combinazione (P=0,049) e al 5,8% nel gruppo placebo.

Nei pazienti anziani (età =/> 65 anni) o nei pazienti obesi (BMI=/> 35) il tasso di ospedalizzazione si è ridotto rispetto al placebo (ricoveri: 13,5%) del 10,8% con bamlanivimab alla dose minore (ricoveri: 2,7%), del 10,1% con la dose intermedia (ricoveri: 3,3%), del 7,6% con la dose più alta (ricoveri: 5,9%) e del 13,5% con la combinazione di antibiotici (ricoveri: 0%). Nello studio è stato riportato solo un caso di ricovero in unità di terapia intensiva nel gruppo placebo.

Per quanto riguarda l’insorgere di ceppi virali resistenti a bamlanivimab, questi sono stati osservati nel 7,1% dei pazienti (7/98) nel gruppo 700 mg, nel 9,8% dei pazienti (10/102) nel gruppo 2800 mg, nell’11,3% dei pazienti (11/97) nel gruppo 7000 mg e nell’1% (1/102) nel gruppo combinato bamlanivimab/etesevimab e nel 4,8% dei pazienti (7/145) nel gruppo placebo.

Gli eventi avversi più frequenti osservati nello studio clinico sono stati: nausea (3%, 3,7% e 5% rispettivamente con bamlanivimab 700 mg, 2800 mg e 7000 mg; 3,6% con bamlanivimab/etesevimab; 3,8% con placebo); diarrea (rispettivamente 1%, 1,9%, 5,9%, 0,9% e 4,5%).

Eventi avversi seri sono stati riscontrati solo nel gruppo placebo (1 evento: dolore addominale superiore) e nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab (1 evento: infezione del tratto urinario): nessuno dei due eventi è stato correlato al trattamento.

Reazioni di ipersensibilità immediata sono state riscontrate in 9 pazienti, 6 in monoterapia con bamlanivimab, 2 con bamlanivimab/etesevimab e 1 con il placebo. Non ci sono stati esiti fatali tra i pazienti arruolati nello studio.