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Cisplatino

Cisplatino

Tossicità - Qual è la tossicità di Cisplatino?

Sovradosaggio: in caso di sovradosaggio (in genere la dose massima di cisplatino per ciclo di chemioterapia è di 100 mg/m2) ci si attende un aumento degli effetti collaterali associati al farmaco quali insufficienza renale o epatica, sordità, problemi alla vista (tra cui il distacco di retina), mielosoppressione severa, nausea e vomito non trattabile, neurite. Inoltre, poiché il cisplatino può superare la barriera ematoencefalica (trova indicazione per i tumori cerebrali soprattutto in ambito pediatrico), dosi eccessive potrebbero avere effetti negativi sul centro del respiro (scompenso respiratorio) o compromettere l’equilibrio acido base con conseguenze anche fatali. Non esiste un antidoto al cisplatino, per cui il sovradosaggio deve essere trattato in modo sintomatico. L’emodialisi, anche se iniziata precocemente, non consente di eliminare dal sangue il farmaco in maniera efficace perché il cisplatino si lega rapidamente alle proteine plasmatiche. Il ricorso all’idratazione e alla diuresi osmotica subito dopo il sovradosaggio possono contribuire parzialmente a ridurre la tossicità del cisplatino.

Mutagenicità: il cisplatino è risultato mutageno in numerosi test in vitro e in vivo. Alcuni dati suggeriscono che il cisplatino abbia maggiore capacità di indurre mutazioni puntiformi rispetto al carboplatino, che invece è in grado di formare un maggior numero di ricombinazioni cromosomiche. Ciò potrebbe essere dovuto alla diversa capacità dei due farmaci di formare addotti con il DNA (Perera et al., 1992). Gli effetti mutageni in vivo sono molto variabili e ciò potrebbe essere dovuto ai diversi livelli di proteine leganti il DNA nei diversi tessuti, o ai diversi livelli di attivazione dei pathway di riparazione del DNA (Sanderson et al., 1996).

Cancerogenicità: il cisplatino è risultato cancerogeno nei test in vivo (topo, ratto). La somministrazione per via intraperitoneale di cisplatino (1 mg/kg/settimana) per tre settimane in modelli animali (ratti) ha causato leucemia (12 animali su 50) e fibrosarcoma renale (1 animale su 50) dopo 45 giorni dalla prima somministrazione di antitumorale (Kempf, Ivankovic, 1986). Non è possibile, sulla base dei dati attualmente disponibili, dare una valutazione chiara dell’effetto cancerogeno del cisplatino nell’uomo. Alcuni studi hanno riportato un’associazione tra l’uso del cisplatino, in combinazione con altri farmaci antitumorali, e lo sviluppo di leucemia acuta secondaria (Greene, 1992). Il cisplatino è classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” secondo l’Agenzia internzionale di ricerca sul cancro (IARC) che fa capo all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) (IARC Monographs on the Identification of Carcinogenic Hazards to Humans, 2019).

Tossicità riproduttiva: il cisplatino può causare sterilità irreversibile, pertanto può essere indicato procedere con la crioconservazione dei gamati prima di iniziare la chemioterapia. Studi in modelli animali (topo) hanno evidenziato come il cisplatino possa indurre soppressione gonadica con conseguente amenorrea e azospermia, che possono essere irreversibili e determinare, quindi, sterilità. In particolare sono state osservate alterazioni morfologiche dell’ovaio dopo terapia con cisplatino.
Nei topi e nei ratti il cisplatino è risultato embriofetotossico e teratogeno; inoltre la somministrazione del farmaco nei ratti gravidi è stata associata a sviluppo di tumori nella prole adulta. Alcuni studi condotti nei topi riportano che la somministrazione di una dose di cisplatino di 8 mg/kg sia letale nel 98% dei feti femmina, mentre una dose di 3 mg/kg lo sia nel 31%; i cuccoli sopravvissuti hanno mostrato ritardi nella crescita e alterazioni scheletriche.
Nell’uomo, la somministrazione di cisplatino può causare tossicità fetale. L’Agenzia americana che si occupa di farmaci, Food and Drug Administration (FDA), ha inserito il cisplatino nella classe D per l’uso dei farmaci in gravidanza, A questa classe appartengono i farmaci per i quali esistono prove di rischio per il feto e che, di conseguenza, devono essere usati solo per malattie mortali e per le quali non siano disponibili altri farmaci. Le prove di rischio sono basate su dati di eventi avversi registrati in fase di studio clinico e in farmacovigilanza. Per questo motivo la terapia con cisplatino in gravidanza dovrebbe essere evitata, ad eccezione dei casi in cui i potenziali benefici del trattamento per la madre siano superiori per i possibili rischi per il feto.
Poiché il cisplatino può essere secreto nel latte materno, l’allattamento al seno deve essere evitato durante la terapia con cisplatino per i rischi potenziali per il lattante.

DL50: pari a 11-13 mg/kg (topo), a 8 mg/kg (ratto) dopo somministrazione endovenosa; pari a 7-10 mg/kg (topo), a 7-12 mg/kg (ratto), a 8 mg/kg (scimmia) dopo somministrazione intraperitoneale; pari a 33 mg/kg (topo), a 20-26 mg/kg (ratto) dopo somministrazione orale; pari a 17 mg/kg (topo), a 8 mg/kg (ratto) dopo somministrazione sottocutanea; pari a 18 mg/kg (topo), a 9 mg/kg (ratto) dopo somministrazione intramuscolare.