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Clomifene

Clomid

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Clomifene?

Iperstimolazione ovarica: il clomifene può indurre iperstimolazione ovarica (3-10% delle pazienti) con un rischio maggiore nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico (Artini et al., 2010). L’ingrossamento delle ovaie dovuto all’iperstimolazione ovarica può essere significativo in alcune pazienti e associarsi a gonfiore e dolore addominale, nausea, vomito e diarrea (sindrome da iperstimolazione ovarica anche nota come OHSS, acronimo inglese per Ovarian Hyperstimulation syndrome). Il rischio maggiore di OHSS si verifica nelle pazienti trattate con ormoni per via parenterale in caso di fecondazione assistita (FIVET-ICSI), più raramente la sindrome si manifesta in corso di trattamento orale con clomifene (Delvigne, Rozenberg, 2002). Poichè il fattore scatenante della sindrome è la somministrazione di uno stimolo che mima l’ormone luteinizzante (LH), la gonadotropina umana corionica hCG, secondo alcuni ricercatori si può parlare di sindrome da iperstimolazione ovarica solo in caso di somministrazione di hCG.
La sindrome da iperstimolazione ovarica è causata da un aumento della permeabilità dei vasi sanguigni ovarici che provoca l’ingrossamento delle ovaie e l’accumulo di liquidi a livello addominale. Nella maggior parte delle pazienti la sindrome da iperstimolazione ovarica è una condizione benigna che si risolve spontaneamente. In alcune pazienti può essere grave e richiedere opportuni trattamenti terapeutici. Nei casi gravi di OHSS compaiono gonfiore alle mani e alle gambe, mancanza di respiro, aumento di peso rapido (diversi kg in pochi giorni), addome disteso, diminuzione della frequenza urinaria, urine scure, vertigini, versamento ascitico e/o pleurico, ipotensione ortostatica, alterazioni ematochimiche. Le complicanze comprendono tromboembolia polmonare, insufficienza renale acuta, aritmie cardiache, sindrome da distress respiratorio adulto, emorragia da rottura dell’ovaio.
Sia in caso di ingrossamento fisiologico che anomalo delle ovaie, questo si manifesta diversi giorni dopo la terapia con clomifene. La comparsa di dolore pelvico dopo terapia con clomifene deve essere segnalata e la paziente deve essere sottoposta ad esame clinico. In caso di ingrossamento delle ovaie il clomifene deve essere sospeso fino a quando le ovaie non abbiano assunto le dimensioni che avevano prima dell’inizio del trattamento. In caso di un secondo ciclo di clomifene, la dose del farmaco e la durata del trattamento devono essere ridotti.

Cisti ovariche: prima di somministrare il clomifene è necessario un esame pelvico, da ripetersi ad ogni ciclo di terapia, per escludere la presenza di endometriosi interessante le ovaie o di cisti ovariche con causa diversa dalla sindrome dell’ovaio policistico. Il clomifene infatti potrebbe indurre un aumento eccessivo delle ovaie. In uno studio clinico la somministrazione di clomifene per indurre l’ovulazione è stato associato ad un minor tasso di ovulazione nelle donne con cisti ovariche (cisti con dimensioni =/> 10 mm) rispetto a donne senza cisti (ovulazione: 80,9% vs 97,6%, p<0,05), che non si è tradotto comunque in una riduzione del tasso di gravidanze (4,8% vs 11,9%, p=0,43) (Csokmay, Frattarelli, 2006).
In caso di sindrome dell’ovaio policistico, la risposta al clomifene potrebbe essere superiore al normale: in questa classe di pazienti potrebbe essere indicato utilizzare dosi di clomifene inferiori a quelle normalmente impiegate e/o cicli di durata minore.

Tumore ovarico: alcuni studi clinici hanno suggerito la possibilità che i farmaci utilizzati per la stimolazione ovarica contro la sterilità possano aumentare il rischio di tumore ovarico (Rossing et al., 1994; Sanner et al., 2009). Le ultime evidenze cliniche non sembrano confermare questa relazione. L’analisi dei dati relativi a 12193 donne, trattate con farmaci per l’infertilità e seguite per circa 30 anni non ha evidenziato un aumento del rischio di tumore ovarico (circa il 40% del campione aveva assunto clomifene) ad eccezione di quelle che, trattate con clomifene, non avevano avuto figli (Trabert et al., 2013; Brinton et al., 2014). Secondo gli autori dello studio l’aumento del rischio di tumore nelle donne che non avevano avuto figli era probabilmente correlato allo stato di infertilità più che all’uso del clomifene (l’infertilità è un fattore di rischio per tumore ovarico).
Anche l’analisi di 11 studi caso-controllo e di 14 studi di coorte per un totale di 182972 donne trattate per infertilità non ha evidenziato un aumento del rischio di tumore ovarico associato all’uso di clomifene (Rizzuto et al., 2013). Analoghi esiti erano emersi anche da un altro studio clinico relativo a più di 7000 pazienti trattate per infertilità e seguite per circa 20 anni (Silva Idos et al., 2009). La somministrazione di clomifene non è risultata associata ad un aumento del rischio di tumore ovarico anche nelle donne con tumore ovarico a basso grado di malignità (Biornholt et al., 2015).

Tumore al seno: il clomifene non risulta associato ad un aumento del tumore al seno tranne che nelle pazienti che hanno assunto il farmaco per 12 o più cicli. Questi i risultati di uno studio clinico di ampie dimensioni che ha arruolato 12193 donne sottoposte a terapie per l’infertilità negli USA fra il 1965 e il 1988 e seguiti per 30 anni (Brinton et al., 2014).

Disturbi alla vista: il clomifene può indurre effetti collaterali a carico della vista. La comparsa di tali effetti (annebbiamento, opacizzazione, macchie) potrebbe rendere pericolosa la guida di autoveicoli o l’utilizzo di macchinari.
Il clomifene è stato associato inoltre a neuropatia ottica, diminuzione della visione periferica, persistenza di immagini nel campo visivo (palinopsia), ipersensibilità alla luce (fotofobia), vasospasmo della retina, distacco del vitreo posteriore, scotoma centrale (Lawton, 1994; Purvin et al., 1995; Bishai et al., 1999).
In caso di disturbi visivi, il clomifene deve essere sospeso definitivamente.

Nascite multiple: il clomifene può aumentare la probabilità di nascite multiple, che rappresentano un rischio aggiuntivo per la madre e il feto (McDowell et al., 2013). Delle donne che vanno incontro a gravidanza dopo terapia con clomifene circa il 7-8% ha una gravidanze multipla (Agenzia del Farmaco - AIFA, 2007). Il rischio aumenta nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico trattate con clomifene.

Dislipidemia: il clomifene può indurre raramente ipertrigliceridemia e pancreatite. Nelle donne con fattori di rischio per ipertrigliceridemia, la somministrazione di clomifene richiede cautela e il monitoraggio dei lipidi plasmatici (Yasar, Ertugrul., 2009; Gillet et al., 2006).

Doping: l’uso del clomifene in ambito sportivo, senza necessità terapeutica, rappresenta una pratica di doping e determina positività ai test antidoping. Il clomifene rientra fra le sostanze proibite sia in competizione che fuori competizione (CONI, 2015).

Lattosio: la specialità medicinale Clomid, a base di clomifene citrato, contiene lattosio come eccipiente. Il farmaco è controindicato in pazienti affetti da intolleranza al galattosio, deficit enzimatico di lattasi o malassorbimento glucosio-galattosio.


Nota:
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