Il domperidone è un derivato benzoimidazolico che possiede proprietà sia antiemetiche sia procinetiche.
Il farmaco possiede proprietà farmacologiche simili a metoclopramide anche se, a differenza di questa, i suoi effetti non vengono antagonizzati dalla somministrazione di atropina. Rispetto alla metoclopramide provoca effetti extrapiramidali con incidenza inferiore perchè attraversa con maggiore difficoltà la barriera ematoencefalica. Per il profilo di tollerabilità poco favorevole della metoclopramide, in particolare nei pazienti pediatrici, l’Istituto Superiore di Sanità ne ha controindicato l’impiego in pazienti con età inferiore a 16 anni.
Il domperidone è un antagonista dopaminergico utilizzato nel trattamento a breve termine di nausea e vomito di diversa eziologia: indicato come antiemetico in chemioterapia o durante trattamenti farmacologici con levodopa o bromocriptina in pazienti affetti da morbo di parkinson; antagonizza l’emesi indotta da apomorfina (ED50: 0,030 mg/kg) (Niemegeers et al., 1980).
La dopamina è uno dei mediatori maggiormente coinvolti nella regolazione della risposta emetica; l’apomorfina rappresenta infatti il più potente emetogeno ad azione centrale. L’attività antiemetica del domperidone è determinata dal blocco selettivo dei recettori dopaminergici D2, localizzati a livello della Chemoreceptive Trigger Zone (CTZ) e del tratto gastrointestinale (neuroni motori mioenterici). La CTZ è posta nel tronco dell’encefalo, nell’Area Postrema, e rimane esterna alla barriera ematoencefalica.
Il domperidone possiede proprietà procinetiche utilizzate in caso di disordini della motilità gastrointestinale come ad esempio la gastroparesi diabetica. Determina aumento del tono dello sfintere esofageo inferiore, rilasciamento dello sfintere pilorico e accelerazione dello svuotamento gastrico.
Il farmaco sembra stimolare la peristalsi antrale, incrementare la coordinazione del motore antroduodenale (Eyre-Brook et al., 1984; Schuurkes, Van Neuten, 1984) e diminuire il rilassamento della parete gastrica (Beteman et al., 1982).
Emicrania
Il domperidone per la sua attività antiemetica è stato utilizzato nel trattamento acuto degli attacchi di emicrania. L’emicrania è un tipo di cefalea per la quale è stata riconosciuta una base genetica. Il dolore emicranico è causato dalla dilatazione dei vasi sanguigni delle meningi, dall’attivazione di terminazione nervose (trigemino) e dall’instaurarsi di uno stato di infiammazione tissutale. In caso di attacco acuto il trattamento è sintomatico, volto all’eliminazione del dolore e dei sintomi correlati quali nausea, vomito e fotofobia. La somministrazione di domperidone è stata associata a scomparsa o attenuazione dei sintomi nel 61% dei pazienti trattati; l’aggiunta al domperidone di ergotamina tartrato nei pazienti che non avevano risposto al solo domperidone ha portato la percentuale dei pazienti responsivi al trattamento al 91% (Wilkinson, 1983).
In associazione a paracetamolo, il domperidone è risultato efficace nel ridurre la durata dell’attacco emicranico rispetto al trattamento con il solo paracetamolo (17,5 ore vs 12 ore vs 12 ore rispettivamente con paracetamolo 1 g, paracetamolo 1 g più domperidone 20 mg e con paracetamolo 1 g più domperidone 30 g). La riduzione dell’intensità del dolore e della nausea non ha presentato differenze significative fra i 3 gruppi di trattamento (MacGregor et al., 1993).
In caso di emicrania di grado moderato-severo, la somministrazione di paracetamolo (500 mg) più domperidone (12,72 mg, domperidone maleato) è risultata efficace quanto sumatriptan (50 mg) nel ridurre l’intensità dell’emicrania, la nausea e il vomito causati all’attacco cefalgico (Dowson et al., 2000).
Stimolazione della produzione di latte materno
Il domperidone stimola la produzione di latte materno come effetto secondario in quanto aumenta i livelli serici di prolattina. Questo impiego del farmaco è un uso off label, non raccomandato dalle Agenzie Regolatore. Alle dosi terapeutiche, la quantità di farmaco escreta nel latte materno è limitata, inferiore a 7 mcg/die al dosaggio maggiore raccomandato (80 mg/die).
Per la sua capacità di stimolare la lattazione, il domperione è stato utilizzato in passato come test di stimolazione della funzione ipofisaria per la capacità secretoria di prolattina (Camanni et al., 1980).
La somministrazione di domperidone (30 e 60 mg/die) a donne che hanno partorito pretermine, con insufficiente produzione di latte, ha determinato un aumento significativo della quantità di latte (da 8,7+/- 3,1 g/h a 23,6+/-3,9 g/h per la dose di 30 mg e a 29,4+/-6,6 g/h per la dose di 60 mg) e della concentrazione di prolattina serica (non dose-dipendente) in circa 2/3 delle puerpere (4 donne su 6). Allo steady state, la concentrazione media del domperidone nel latte è risultata pari a 0,28 mcg/L (0,24-0,43 mcg/L) e pari a 0,49 mcg/L (0,33-0,72 mcg/L), rispettivamente con la dose di 30 e 60 mg. Sulla base di questi dati, la dose giornaliera assunta dal lattante può essere considerata trascurabile, risultando pari allo 0,012% della dose materna di 30 mg e allo 0,009% della dose di 60 mg (Wan et al., 2008).
Il domperidone somministrato durante l’allattamento non modifica la composizione del latte materno. In donne che avevano partorito pretermine (< 31 settimane di gestazione), il farmaco ha determinato, dopo 14 giorni, un aumento della produzione di latte materno pari al 267% vs 18,5% nel gruppo placebo a fronte di concentrazioni sieriche di prolattine aumentate, rispettivamente, del 97% vs 17%. Analizzando la composizione del latte, era stato osservato che il contenuto di proteine era diminuito del 9,6% con domperidone ed era aumentato del 3,6% con il placebo, i carboidrati erano aumentati del 2,7% e diminuiti del 2,7% rispettivamente con il farmaco e il placebo, mentre la concentrazione di grassi non aveva presentato sostanziali differenze fra i due gruppi. Per il contenuto di elettroliti calcio, sodio e fosfato, la concentrazione di calcio era aumentata del 68% con domperidone e diminuita del 4,4% con placebo, mentre sodio e fosfato non avevano subito variazioni significative (Campbell-Yeo et al., 2010).