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Fluvoxamina

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Farmacocinetica - Qual รจ il profilo farmacocinetico di Fluvoxamina?

Dopo somministrazione orale, la fluvoxamina è assorbita a livello gastrointestinale: l’assorbimeno non è influenzato dal cibo. La concentrazione plasmatica massima (picco plasmatico) è raggiunta in 2-8 ore (tempo di picco plasmatico). In caso di rivestimento enterico delle compresse, il tempo di picco plasmatico aumenta a 4-12 ore (Perucca et al., 1994). La concentrazione plasmatica della fluvoxamina presenta ampia variabilità (23-227 mcg/L) (Hartter et al., 1998a). Lo stato stazionario (steady state, concentrazione costante nel tempo) è raggiunto in 5-10 giorni; la concentrazione risulta più alta del 30-50% rispetto a quella attesa considerando il profilo farmacocinetico dopo somministrazione singola (Perucca et al., 1994).

La fluvoxamina presenta un profilo farmacocinetico non lineare, che a dosaggi elevati potrebbe essere dovuto anche ad un possibile effetto di inibizione del proprio metabolismo (Edinoff et al., 2021; DeVane, 1992). Nel caso degli SSRI che hanno evidenziato questo meccanismo, fluoxetina e paroxetina, non è stato osservato un aumento degli eventi avversi, ma un incremento del tempo di eliminazione del farmaco nei pazienti con malattia epatica renale o età avanzata (Dalhoff et al., 1991).

La concentrazione plasmatica della fluvoxamina non correla con la risposta antidepressiva al farmaco né con la gravità degli effetti avversi (van Harten, 1995).

Biodisponibilità orale: >53% (fluvoxamina maleato) (Spina et al., 2008 e 2012). La ridotta biodisponibilità orale dipende dal metabolismo di primo passaggio che precede la distribuzione sistemica del farmaco.

Legame sieroproteico: 77-80% (Spina et al., 2008 e 2012).

Volume di distribuzione: 25 L/kg.

La fluvoxamina subisce esteso metabolismo epatico ad opera degli enzimi citocromiali CYP1A2 e 2D6. Questi enzimi convertono la fluvoxamina in metaboliti più solubili, privi o con attività farmacologica trascurabile (van Harten, 1995). La via metabolica principale, catalizzata dall’enzima CYP2D6, porta alla formazione dell’acido carbossilico 5-demetossilato (Spigset et al., 2001). La fluvoxamina, a sua volta, modifica l’attività di alcuni enzimi citocromiali: è un potente inibitore di CYP1A2 e 2C19; un inibitore moderato di CYP2C9 e 3A4; un debole inibitore di CYP2D6 (Spina et al., 2008 e 2012).

L’enzima CYP1A2 è coinvolto nel metabolismo di circa il 15% dei farmaci. L’enzima è espresso esclusivamente nel fegato e rappresenta il 13% degli enzimi del citocromo P450 epatico.

L’attività dell’enzima CYP2D6 presenta ampia variabilità interindividuale perché esiste in più di 80 varianti genetiche (polimorfismo genetico). Le varianti genetiche principali sono identificate con le sigle CYP2D6*3, *4, *5 e *6: queste varianti sono responsabili di una bassa attività enzimatica e sono presenti nel 93-97% delle persone identificate come “metabolizzatori lenti”. Le persone in cui la coppia di geni che codifica per l’enzima CYP2D6 presenta un solo tipo di variante (omozigoti) e questa è uguale a CYP2D6*3 oppure CYP2D6*4 oppure CYP2D6*5, hanno l’enzima CYP2D6 non attivo. La clearance apparente della fluvoxamina nei metabolizzatori lenti (nessuna attività di CYP2D6) diminuisce di crica il 25% rispetto ai metabolizzatori estesi (poiché CYP2D6 è espresso anche a livello intestinale, i metabolizzatori lenti potrebbero evidenziare una biodisponibilità della fluvoxamina leggermente più alta dei metaboliizatori estesi riducendo ulteriormente l’impatto del minor metabolismo di CYP2D6 sulla clearance della fluvoxamina) (Britz et al., 2019). L’effetto del genotipo del CYP2D6 sulla concentrazione della fluvoxamina allo steady state risulta più marcato quando il farmaco è somministrato a basso dosaggio (50 mg/die), tende a ridursi a dosaggi di farmaco maggiori (100, 150 e 200 mg/die) (Watanabe et al., 2008; Suzuki et al., 2011). La cinetica della fluvoxamina non ha mostrato differenze significative quando somministrata in dose singola, a basso dosaggio, nei metabolizzatori estesi (25 mg) e nei metabolizzatori lenti (50 mg) (Christensen et al., 2002).

Emivita: 15-22 ore (Spina et al., 2008 e 2012). L’eliminazione della fluvoxamina segue un modello bifasico. Dopo somministrazione di una sola dose, l’emivita è pari a 12-15 ore (van Harten, 1995).

La fluvoxamina è escreta per via renale sottoforma di metaboliti (85% della dose somministrata) e solo in minima parte come farmaco immodificato (2% della dose). Nelle urine i metaboliti individuati risultano nove, tra questi il derivato acido rappresenta il metabolita principale che, insieme all’analogo N-acetilato, costituisce circa il 60% di tutti i metaboliti. Il 94% di una dose di fluvoxamina maleato (5 mg) è escreta nelle urine in circa 3 giorni (71 ore).

Età
L’età influenza il profilo farmacocinetico della fluvoxamina. Con la sola eccezione del volume di ditribuzione, tutti gli altri parametri farmacocinetici risultano modificati nei pazienti anziani: il picco di concentrazione risulta doppio e l’area sottesa dalla curva concentrazione-tempo (AUC) triplicata; l’emivita aumentata del 63%; la clearance orale ridotta del 50% (Orlando et al., 2010). Analogamente all’altra estremità della curva dell’età: i bambini (6-11 anni), in particolare le femmine, mostrano un’esposizione sistemica alla fluvoxamina maggiore rispetto agli adolescenti (12-17 anni), che invece presentano un’esposizione simile a quella degli adulti (Labellarte et al., 2004).

Sesso
Negli uomini l’aumento della concentrazione plasmatica che si osserva raddoppiando la dose di fluvoxamina da 100 mg/die a 200 mg/die è risultato più alto che nelle donne (4,6 volte vs 2,4 volte rispettivamente negli uomini e nelle donne; aumento medio della concentrazione plasmatica di 3,4 volte) (Hartter et al., 1998).

Fumo
Il fumo aumenta l’attività enzimatica di CYP1A2. Nei fumatori il picco plasmatico e l’AUC della fluvoxamina risultano significativamente ridotti rispetto ai non fumatori (l’AUC diminuisce di circa il 31%), mentre l’emivita plasmatica e la clearance orale non presentano variazioni significative (Spigset et al., 1995).

Emodialisi
L’emodialisi riduce la concentrazione di fluvoxamina (50 mg/die) di circa il 22%. Uno studio di piccole dimensioni (7 pazienti con depressione lieve in emodialisi) ha evidenziato una diminuzione della quota di fluvoxamina escreta con l’emodialisi all’aumentare della concentrazione di albumina plasmatica. Nei pazienti dializzati, il tempo necessario a raggiungere lo stato stazionario (condizione di stabilità della concentrazione plasmatica di un farmaco somministrato in dosi ripetute) tende ad aumentare e l’emivita plasmatica a diminuire con basse concentrazioni di albumina nel sangue (Kamo et al., 2004).