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Ginseng

Farmacologia

Note generali
Il ginseng è una droga vegetale ottenuta da piante del genere Panax, appartenenti alla famiglia delle Araliaceae. Si tratta di piante originarie di un’area geografica che abbraccia la Mongolia, la Siberia orientale, la Cina occidentiale e la Corea, Nord America e Canada.

La parola “panax” deriva dal greco: “pan” traduzione di “tutto” e “akeia” che significa “cura, rimedio” da cui la denominazione di panacea ovvero “cura per tutti i mali”. Il nome ginseng è l’unione di due termini, Ren Shen, che tradotti significano “uomo pianta” o “uomo radice” per la forma antropomorfa della radice di ginseng. Esistono diversi tipi di ginseng. I due principali sono il ginseng coreano o asiatico, corrispondente alla specie botanica Panax ginseng, e il ginseng americano, corrispondente alla specie Panax quinquefolius. Le due specie sono strettamente imparentate e costituiscono le due specie più antiche di ginseng. Esistono poi specie meno diffuse, e di conseguenza meno studiate, che comprendono il ginseng cinese (Panax notoginseng), il ginseng himalaiano (Panax pseudoginseng), il ginseng giapponese (Panax japonicus) e il ginseng vietnamita (Panax vietnamensis). Il ginseng siberiano appartiene ad un altro genere della famiglia delle Araliaceae, l’Eleutherococcus. Il ginseng nano (Panax trifolius) costituisce con il P. quinquefolius le due specie di ginseng provenienti dal continente americano.

La parte di pianta utilizzata in fitoterapia è costituita dalla radice, che come già detto, possiede una forma che ricorda quella di un uomo con tanto di testa (rizoma), braccia e gambe da cui partono filamenti lunghi e sottili (radici secondarie o barbe). La radice è raccolta in autunno, da piante di almeno 4-5 anni per poter avere una concentrazione di principi attivi significativa: tale concentrazione infatti aumenta con l’eta della pianta (Bruni, 1999). La radice è disponibile in commercio come ginseng bianco o rosso, a seconda del processo di lavorazione. Il ginseng bianco è formato dalla radice lavata, privata della radici secondarie, eventualmente sbucciata, quindi essicata al sole o in forno in modo da ridurre il contenuto di acqua a non più del 12%. Il ginseng rosso subisce un riscaldamento preliminare a vapore e poi successivamente il trattamento di essicazione.

Il ginseng bianco ottenuto da Panax ginseng è l’unico ginseng riconosciuto come rimedio officinale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalle farmacopee nazionali dei paesi occidentali. Nella farmacopea italiana (X edixione) il ginseng è presente come estratto secco di radice titolata in ginsenosidi totali =/> 1,5%.

Attulamente la pianta di ginseng è inserita tra le specie in via di estinzione. La droga reperibile in commercio deriva da specie di coltivazione.

Di seguito trattaremo gli aspetti farmacologici del ginseng facendo riferimento soprattutto alla specie Panax ginseng, la più conosciuta e utilizzata.

Principi attivi del ginseng
I componenti principali, responsabili dell'attività del ginseng, sono i ginsenosidi, saponine triterpeniche, presenti nella radice principale in concentrazione del 2-3% e nelle radici secondarie in concentrazioni comprese tra il 5 e 6%, a seconda dell’età della pianta. Altri principi attivi comprendono polifenoli, steroli, acidi grassi (acido oleico, palmitico e stearico), fitosteroli, vitamine del gruppo B (B1, B2 e B12), vitamina C, acido folico, acido nicotinico, biotina, acido pantotenico, olio essenziale e minerali. I ginsenosidi identificati sono circa 200 e sono classificati, in base alla struttura chimica, in derivati del protopanaxatriolo (gruppo PPT: ad esempio ginsenosidi Rg1, Rg2, Re, Rh1 e Rf) e in derivati del protopanaxadiolo (gruppo PPD: ad esempio ginsenosidi Ra3, Rb1, Rb2, Rb3, Rd, Rc, Rg3, Rs1 e Rh2). Il protopanaxadiolo e il protopanaxatriolo condividono una struttura a quattro anelli, simile a quella degli steroidi, che si differenzia per la parte di carboidrati che lega l’atomo di carbonio C3, C6 e C20. La loro concentrazione varia a seconda della specie di ginseng e della preparazione. Nel ginseng rosso, che deriva da una particolare lavorazione della droga, il contenuto in saponine è diverso probabilmente a causa di processi di deglicosilazione (Ra1, Ra2, Ra3, Rf2, Rg4, Rg5, Rg6, Rk1, Rs1, and Rs2). Questo potrebbe spiegare il perché, tradizionalmente, il ginseng rosso è considerato avere un’attività farmacologica maggiore del ginseng bianco (Jong-Hoon, 2018).

In base ai test farmacologici, il ginseng è risultato possedere due azioni contrastanti, una stimolante (eccitante del sistema nervoso centrale e dell’attività motoria) e una sedativa (deprimente il sistema nervoso centrale, analgesica, anticonvulsivante e antistress) (Bruni, 1999).

Il ginseng è considerato un fitoterapico con attività adattogena, cioè in grado di aumentare la resistenza fisica e l'efficienza dell'organismo agli stress ambientali, che si tradurrebbe in una sorta di protezione verso l'insorgere di malattie. Questa attività sarebbe dovuta alla capacità del ginseng di rilasciare corticotropina dall’ipotalamo, la corticotropina indurrebbe il rilascio di ormone adrenocorticotropo (ACTH) dall’adenoipofisi, il quale a sua volta stimolerebbe le ghiandole surrenali a rilasciare cortisolo (Colombo et al., 2015).

Al ginseng sono state attribuite diverse proprietà nell’ambito della medicina tradizionale, soprattutto cinese: antifatica, cardioprotettiva/cardiotonica, immunomodulante, antibatterica, antivirale, ipoglicemizzante, gonadotropa, neuropsichica, antitumorale.

Attività antifatica
Il ginseng è risultato ridurre la sensazione di fatica, aumentare il carico di lavoro tollerato (volontari sani) in alcuni studi clinici, ma non in altri (Oliynyk et al., 2012; Bucci, 2000; Kulaputana et al., 2007; Engels et al., 1997; Caso Marasco et al., 1996; Pieralisi et al., 1991). Il ginseng sembra rdurre la formazione di acido lattico e promuovere il recupero della creatina chinasi a livello muscolare; ha manifestato anche un'azione antiossidante a livello enzimatico. Inoltre, è risultato promuovere l'ossidazione degli acidi grassi liberi a glucosio per la produzione di ATP cellulare a livello del tessuto muscolare scheletrico.

Attività cardioprotettiva e cardiotonica
Molti studi hanno evidenziato un'attività positiva del ginseng a livello cardiaco su più livelli. Infatti, il ginseng è capace di aumentare l'attività cardiaca potenziando l’assorbimento di glucosio nelle cellule miocardiche, con conseguente aumento del metabolismo. I ginsenosidi riducono il potenziale d'azione e l'attività dei canali del calcio, soprattutto a livello dell'atrio. In particolare, è stato osservato che Rg3 riduce l’attività di cinque tipologie di canali del calcio, L, N, P, R e T, mentre Rh2 riduce l'attività dei canali L e R; il composto K, ossia uno dei metaboliti del ginseng prodotto dalla flora batterica intestinale, blocca il canale T del calcio. Per quanto riguarda i canali del potassio, uno studio in vitro ha osservato che il ginsenoside Re riduce l'attività del canale K a livello cardiaco (Jong-Hoon, 2018).
Alcuni studi hanno dimostrato proprietà antiossidanti per i ginsenosidi, che si traducono in un effetto di protezione dai danni ossidativi sul cuore: infatti il ginseng stimola la produzione di ossido nitrico, che previene la formazione di radicali liberi, ed aumenta i livelli di enzimi antiossidanti quali la glutatione perossidasi e la superossido dismutasi. In particolare, tali attività sono ricondotte al ginsenoside Re, che sembrerebbe capace di aumentare la sopravvivenza del cardiomiocita e la contrazione cardiaca durante un'ischemia (Jong-Hoon, 2018).
I ginsenosidi, in particolare Rb1, regolano il tono dei vasi sanguigni mediante la produzione e rilascio di ossido nitrico a livello endoteliale, che porta anche ad un riduzione della pressione sanguigna e ad un miglioramento della circolazione; quest'ultimo, in particolare, porta ad un effetto protettivo nei confronti di patologie cardiovascolari (Jong-Hoon, 2018).
Diversi studi inoltre supportano un effetto antiaggregante piastrinico del ginseng (in particolare del ginseng rosso coreano). Il ginseng è risultato inibire l'aggregazione piastrinica mediante la via dell'AMP ciclico e della chinasi-2. In vitro il ginseng rosso coreano è risultato aumentare il flusso coronarico di sangue in caso di ischemia e danno da riperfusione stimolando la formazione di ossido nitrico  (Jong-Hoon K, 2018).

Attività immunomodulante
Il ginseng è risultato in grado, in studi in vitro e in vivo, di potenziare le difese immunitarie, mediante l'aumento dell'indice fagocitario dei macrofagi e della produzione di mediatori infiammatori come l'ossido nitrico, strumento per uccidere i microbi fagocitati, e di TNF-α, IL-1β, IL-6 e IFN-γ da parte dei macrofagi (Nguyen, Nguyen, 2019). Inoltre, il ginseng aumenta l'attività delle cellule dendritiche e delle cellule Natural Killer. Per quanto riguarda invece l'immunità umorale, il ginseng induce la secrezione degli anticorpi antigene-specifici IgM, IgG ed IgA, ed aumentala chemiotassi dei leucociti polimorfonucleati, oltre che il numero totale dei linfociti T3 e T4 (He et al., 2017; Liou et al., 2005).

Attività antibatterica e antivirale
Il ginseng esplica anche un'azione antibatterica, di cui è responsabile soprattutto il ginsenoside Rg3. Il ginseng inibisce l'adesione dei batteri alla cellula ospite e uccide direttamente i batteri gram positivi e gram negativi. Uno studio ha dimostrato la proprietà antibatterica nei confronti di Bacillus cereus e Staphylococcus aureus del ginseng, soprattutto dell'estratto alcolico (metanolo > etanolo) scaldato fino a 100°C. Il riscaldamento dell’estratto alcolico di ginseng ha prodotto la formazione di un ginsenoside con elevata attività antibatterica, Rg3, assente nel ginseng non riscaldato (Soyoung et al., 2018)
È stata anche osservata un'attività contro il virus influenzale, in particolare mediante la riduzione della proliferazione del virus dell'influenza A (Soowon, Hyeyoung, 2012).

Attività ipoglicemizzante
Il ginseng ha dimostrato attività ipoglicemizzante nel diabete di tipo 1 e 2 nel migliorare la glicemia a digiuno e l’insulina postprandiale, nell’aumentare la tolleranza al glucosio e nel ridurre la sintesi epatica di glucosio (gluconeogenesi) (Karmazyn, Gan, 2019; Chakrabarti et al., 2017; Gui et al., 2016; Yuan et al., 2012). Alcuni studi, non confermati da altri, hanno osservato la riduzione dell'emoglobina glicata, (Gui et al., 2016; Sotaniemi et al., 1995). I ginsenosidi che hanno evidenziato gli effetti antidiabetici più promettenti sono Rg1, Rg3, Rb1 e il composto K: tali effetti hanno compreso oltre alla riduzione della gluconeogenesi, la riduzione dell’assorbimento intestinale di glucosio, l’aumento della produzione pancreatica di insulina e dell’assorbimento di glucosio nei tessuti periferici (Bai et al., 2018; Yuan et al., 2012). Tuttavia, non è stato ancora possibile stabilire i dosaggi esatti di ginsenosidi per ottenere un effetto antidiabetico mirato nell’uomo.

Attività gonadotropa
Il ginseng è risultato capace di migliorare la funzione erettile (e pertanto gli sono state attribuite proprietà afrodisiache). Nella medicina tradizionale, oltre alla radice, la parte di piante utilizzata a questo scopo è costituita dalle bacche, il cui contenuto in ginsenosidi è specifico rispetto a quello della radice. I benefici del ginseng nel trattamento della disfunzione erettile sono stati valutati in diversi studi clinici che hanno confrontato, verso placebo o trazodone (1 studio), il ginseng rosso coreano (2-3 g/die) o l’estratto di bacche di ginseng coreano (1,4 g/die) (Choi et al., 2013; Kim et al., 2009; de Andrade et al., 2007; Hong et al., 2002). Il ginseng è risultato agire potenziando l'afflusso di sangue grazie all'aumento di ossido nitrico a livello del corpo cavernoso. I componenti principali del ginseng con attività gonadotropa sono risultati i ginsenosidi Rk1, Rk3, Rg5, Rh4 (Ying et al., 2018).

Attività neuropsichica
Il ginseng è capace di aumentare il metabolismo e di ridurre la sintesi di alcuni neurotrasmettitori - dopamina, noradrenalina e serotonina - con un effetto finale complessivo di stimolazione fisica. Inoltre, promuove la sintesi e il rilascio di acetilcolina, con conseguente miglioramento delle capacità mnemoniche.

Il ginseng ha dimostrato di possedere un'attività anche neuroprotettiva riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie, come IL-1β, IL-6, IFN-γ, IL-12, e IL-18. L'azione antinfiammatoria viene esplicata anche a livello cerebrale, ad esempio durante l'ischemia: il ginsenoside Rb1 riduce l'attivazione della microglia e la produzione di TNF-α e di IL-6 (Soowon et al., 2012). Un analogo effetto sulla microglia è stato osservato anche per il ginsenoside Rd (Zhang et al., 2016).

Diversi studi supportano un ruolo positivo del ginseng in patologie neurodegenerative come l’Alzheimer e il parkinson. Nel primo caso, i ginsenosidi sarebbero in grado di migliorare la memoria mediante la “down-regolazione” della via RAGE/NF-kB, e potenziando, invece, “l’up-regolazione” di proteine collegate alla plasticità neuronale e di fattori neurotrofici (BDNF, Brain-derived neurotrophic factor) (Zaafan et al., 2019; Gonzales-Burgos et al., 2015). Per quanto riguarda il morbo di parkinson, il ginseng è risultato protettivo nei confronti delle cellule mediante la riduzione delle proteine apoptotiche, come Bax e Bcl-2 (Ki Hyun et al., 2018).