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Ipilimumab

Yervoy

Farmacologia - Come agisce Ipilimumab?

L’ipilimumab è un anticorpo monoclonale IgG1 (IgG kappa) interamente umano, prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante (da cellule ovariche di criceto cinese).

L’ipilimumab blocca selettivamente il recettore CTLA-4 (Cytotoxic T-Lymphocyte Antigen-4, noto anche come CD152) espresso sui linfociti T attivati CD4+ (linfociti helper) e CD8+ (linfociti citotossici). I linfociti CD4 regolano l’azione di altre cellule del sistema immunitario quali linfociti B, T e macrofagi e stimolano la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B; i linfociti CD8 invece possiedono un’azione citotossica diretta, sono in grado cioè di uccidere altre cellule. Il recettore CTLA-4 presenta un picco di concentrazione tra le 36 e 48 ore dalla sua produzione.

Quando il recettore CTLA-4 interagisce con i suoi ligandi naturali, B7-1 (o CD80) e B7-2 (o CD86), espressi su particolari cellule del sistema immunitario (cellule APC professionali), trasmette al linfocita di appartenenza un segnale di inibizione, funzionale alla regolazione della risposta immunitaria. Le cellule APC professionali (cellule presentanti l’antigene, in inglese Antigen Presenting Cell) sono cellule del sistema immunitario in grado di esporre sulla propria superficie antigeni (molecole capaci di indurre una risposta immunitaria specifica) legati a particolari strutture di membrana (sistema maggiore di istocompatibilità II). Sono cellule APC professionali i macrofagi, le cellule dendritiche e i linfociti B.

L’interazione fra il recettore CTLA-4 e B7-1 e B7-2 ostacola l’interazione di questi ligandi con un altro recettore linfocitario, il CD28, la cui funzione, invece, è quella di attivare i linfociti T. Il legame fra ipilimumab e CTLA-4 consente l’interazione di B7-1 e B7-2 con CD28 favorendo l’attivazione linfocitaria e la risposta immunitaria mediata dai linfociti T.

Nel 2011 l’ipilimumab è stato approvato come trattamento di seconda linea per il melanoma metastatico perché associato ad un aumento della sopravvivenza globale; in seguito ha ottenuto l’autorizzazione anche come terapia di prima linea. La registrazione del farmaco si basa su uno studio di fase III (Hodi et al., 2010). In questo studio sono stati reclutati 676 pazienti con melanoma non operabile allo stadio III o IV e precedentemente trattati con farmaci antitumorali. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere ipilimumab (3 mg/kg) da solo oppure in associazione al vaccino sperimentale gp100 oppure a ricevere il vaccino gp100 in monoterapia (tre bracci di trattamento). Il vaccino sperimentale gp100 - basato su un antigene del melanoma ed espresso dai pazienti arruolati nel trial clinico - è risultato indurre risposta immunitaria, ma ha evidenziato una limitata efficacia antitumorale (Rosemberg et al., 2004). I pazienti sono stati seguiti per 55 mesi, con un tempo medio di follow up per la sopravvivenza di 21,0 mesi, 27,8 mesi e 17,2 mesi rispettivamente nel gruppo trattatto con ipilimumab più gp100, ipilimumab oppure gp100 in monoterapia. La sopravvivenza globale mediana è risultata di 10,0 mesi per la combinazione ipilimumab più gp100, 10,1 mesi per il solo ipilimumab e di 6,4 mesi con il vaccino in monoterapia. L’analisi dei dati di sopravvivenza ha evidenziato inoltre come i tassi di sopravvivenza globale siano stati per ipilimumab/gp100, ipilimumab e gp100 rispettivamente pari a 43,6%, 45,6% e 25,3% a 12 mesi; 30,0%, 33,2% e 16,3% a 18 mesi; 21,6%, 23,5% e 13,7% a 24 mesi (Hodi et al., 2010; McDermott et al., 2013).

In un altro studio clinico, in pazienti naive (non precedentemente trattati con farmaci antitumorali), è stata confrontata l’associazione ipilimumab (10 mg/kg) più dacarbazina 850 mg/m2 di superficie corporea) verso la sola dacarbazina (850/m2 di superficie corporea) che rappresentava fino a poco tempo fa lo standard terapeutico di riferimento (Robert et al., 2011). L’esito clinico principale dello studio è stata la sopravvivenza globale. Anche in questo studio clinico l’ipilimumab si è confermato il primo trattamento ad aumentare in modo significativo la sopravvivenza globale (11,2 mesi vs 9,1 mesi) nel melanoma metastatico non operabile. Il tasso di soprravivenza nei due bracci di trattamento, ipilimumab/dacarbazina vs dacarbazina/placebo, è risultato pari rispettivamente a 47,3% vs 36,3% ad 1 anno; a 28,5% vs 17,9% a 2 anni; 20,8% vs 12,2% a 3 anni.