Gli effetti collaterali più frequenti riportati con irbesartan comprendono mal di testa, vertigini, disturbi gastrointestinali, dolore ai muscoli scheletrici e influenza con un’incidenza che varia dal 2% al 55% (Liu et al., 2024). Nella popolazione pediatrica (6-16 anni), uno studio clinico riporta nei pazienti trattati con irbesartan mal di testa (7,9%), ipotensione (2,2%9, capogiro (1,9%) e tosse (0,9%); nell’estensione in aperto dello studio, aumento della creatinina (6,5%) e della creatin chinasi plasmatica (2%) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023).
L’uso di database di ampie dimensioni che raccolgono le segnalazioni spontanee di eventi avversi associati all’uso dei farmaci costituisce una fonte importante per integrare le osservazioni raccolte nei trial clinci pre e post registrativi, che hanno limiti dimensionali (sono condotti su un numero limitato di pazienti, e tipologie di pazienti (la selezione si basa su criteri di inclusione/esclusione). Attingendo ad uno di questi database, il VigiBase dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è emerso, ad esempio, che la classe dei sartani è associata ad un’incidenza di diarrea maggiore rispetto alla classe degli ACE inibitori (Guion-Firmin et al., 2022).
Per definire in maniera più completa il profilo di sicurezza di irbesartan, uno studio ha effettuato un’analisi di farmacovigilanza basata su dati di real world utilizzando due database, FAERS e JADER. FAERS (FDA Adverse Event Reporting System) è un database accessibile al pubblico che aggrega segnalazioni di eventi avversi a livello mondiale, con una prevalenza (61,7%) di dati provenienti da USA, Francia, UK e Italia. JADER (Japanase Adverse Drug Event Report) raccoglie segnalazioni di aziende farmaceutiche e istituzioni mediche principalmente dal Giappone. La finestra di tempo considerata nell’analisi ha coperto gli anni dal 2004 al 2024 per FAERS e gli anni dal 2008 al 2023 per JADER (irbesartan è stato approvato nel 1997 negli USA e nel 2008 in Giappone). Sono stati utilizzati poi diversi metodi di disproporzionalità per valutare la forza dell’associazione tra farmaco ed evento avverso. Nel database FAERS le segnalazioni associate a irbesartan sono state 5816, con una media di circa 400 all’anno, nel database JADER, le segnalazioni sono state 366 con un massimo di 50 per anno. In FAERS, le segnalazioni più numerose hanno riguardato: danno renale acuto (3,18%), iponatremia (1,86%), ipotensione (1,77%), mancanza di efficacia del farmaco (1,74%) e vertigini (1,48%); in JADER, iperpotassiemia (9,65%), rabdomiolisi (4,08%), insufficienza renale (3,53%), alterazioni della funzionalità epatica (3,34%) e malattia interstiziale polmonare (2,60%). Le segnalazoni sovrapposte nei 2 set di dati sono state: danno renale acuto, iponatremia, ipotensione, iperpotassiemia, diarrea e bradicardia. Utilizzando i metodi di disproporzionalità, gli eventi avversi riconducibili a irbesartan sono stati 219 in FAERS e 20 in JADER. In FAERS, tra gli eventi più riportati che evidenziano una forte associazione con il farmaco copaiono iponatremia, iperpotassiemia e ipotensione ortostatica. Eventi invece con basso numero di segnalazoni ma forte associazione a irbesartan sono stati artropatia amiloide, sindrome da negligenza neurologica, trombosi dell’arteria carotidea e disturbo di personalità. Alcuni degli eventi avversi riportati non sono elencati nel foglietto illustrativo: iponatremia, sincope, acidosi lattica, aritmia, pancreatite acuta, rabdomiolisi e colestasi. Nel database JADER, gli eventi avversi fortemente associati a irbesartan hanno compreso iperpotassiemia, ipotensione procedurale, ipocloremia, mentre tra gli eventi non riportati nel foglietto illustrativo sono stati inclusi insufficienza cardiaca, iponatremia, insufficienza respiratoria, nefrite tubulointestiziale e aumento dell’urea nel sangue. L’analisi ha permesso inoltre di identificare 8 nuovi eventi avversi comuni ad entrambi i database: iponatremia, ipotensione, iperpotassiemia, bradicardia, angioedema, rabdomolisi, nefrite tubulointerstiziale e ipocloremia. Alcuni eventi avversi inoltre sono risultati specifici per sesso o per età. In FAERS sono risultati specifici per il sesso maschile rabdomiolisi e pancreatite acuta e per il sesso femminile afasia e aritmia. Spasticità muscolare, ritenzione urinaria e disfagia sono risultati predominanti nei pazienti con un’età uguale o superiore ai 65 anni. In JADER, ipepotassiemia, rabdomiolisi e aumento della creatinina nel sangue sono risultati presenti in entrambi i sessi; l’insufficienza renale e le alterazioni della funzionalità epatica prevalenti nei pazienti con meno di 65 anni, agranulocitosi e insufficienza respiratoria in quelli con più di 65 anni. Il tempo mediano di insorgenza per tutti gli eventi avversi documentati è stato di circa 107 giorni; il 34,14% degli eventi avversi si è menifestato entro il primo mese di terapia, il 32,32% dopo il primo anno (Liu et al., 2024).
Cardiovascolari: dolore al petto, battito cardiaco accelerato o irregolare, aritmia; ipotensione ortostatica.
I pazienti anziani sono più a rischio di ipotensione ortostatica perché il cuore subisce dei cambiamenti legati all’età (ridotta capacità del ventricolo sinistro di distendersi in risposta all’aumento della pressione diastolica, aumento dello spessore della parete ventricolare, riduzione del riempimento diastolico del ventricolo sinistro e ridotta funzionalità diastolica). Altri meccanismi possono favorire l’ipotensione ortostatica tra cui l’inibizione del catabolismo della bradichinina da parte dei sartani. La somministrazione perioperativa dei sartani è stata associata inoltre ad un aumento di circa i 30% del rischio di ipotensione intraoperativa (Liu et al., 2024).
Centrali: brividi, sudori freddi, confusione, vertigini, sensazione di svenimento o stordimento quando ci si alza in piedi dalla posizione subina o seduta, sincope.
Nell’analisi delle segnalazioni associate a irbesartan riportate nei database FAERS, la sincope è stata il sintomo più segnalato nell’area “disturbi del sistema nervoso”. Studi precedenti hanno evidenziato una correlazione tra eventi vagali, tra cui la sincope, con il blocco dei recettori AT1 nei pazienti ipertesi; questo blocco elimina l’effetto modulatorio dell’angiotensina II sul riflesso di Bezold-Jarisch, riflesso di “protezione” che il nostro organismo attiva per ridurre il lavoro cardiaco e la pressione sanguigna in particolari condizioni. La capacità di risposta dei recettori deputati a leggere le variazioni di pressione (barocettori) tende a diminuire con l’età e con l’ipertensione sistemica esponendo i pazienti anziani ad un rischio maggiore di sincope, in linea con quanto emerso nel database FAERS, in cui la maggior parte delle segnalazioni di sincope associata a irbesartan è stata osservata in persone con età ≥65 anni (Liu et al., 2024).
Dermatologici: rash maculopapulare, reazioni cutanee simil-eczema; vasculite leucocitoclastica (vasculite in cui la distruzione dei globuli bianchi lascia detriti all’interno dei piccoli vasi e nelle zone circostanti); eritema multiforme, rash lichenoide, papulosi eritematosa pruriginosa e eruzione cutanea purpurica (casi singoli riportati in letteratura) (Liu et al., 2024); fotosensibilità (Viola et al., 2015); angioedema (Sridharan, Sivaramakrishnan, 2024).
Sebbene reazioni cutanee ai sartani non siano comuni, l’analisi delle segnalazioni raccolte dai sistemi di farmacovigilanza FAERS e JADER evidenzia una associazione significativa tra diversi eventi avversi cutanei e la somministrazione di irbesartan tra cui rash maculopapulare, eruzione tossica cutanea e pemfigo. Atre segnalazioni annoverano fotosensibilità (VigiBase) e angioedema.
Le reazioni cutanee da irbesartan potrebbero chiamare in causa il sistema chinina-callicreina, un sistema di proteine coinvolte nell’infiammazione, nella regolazione della pressione arteriosa, nella coagulazione del sangue e nel dolore. La proteina più nota di questo sistema è la bradichinina, un potente vasodilatatore i cui livelli possono aumentare nei pazienti ipertesi trattati con sartani (Vena et al., 2013; Campbell et al., 2005). Un altro meccanismo suggerito è quello immunologico che ascriverebbe le reazioni cutanee nella sfera delle allergie (Cardoso et al., 2019). In questo caso l’irbesartan potrebbe stimolare la produzione di anticorpi specifici. La ri-esposizione al farmaco, in seguito al legame farmaco-anticorpo, provocherebbe il rilascio di istamina e di altri mediatori dell’infiammazione. L’istamina, causando vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare, porterebbe allo sviluppo del rash cutaneo. Un’altra possibilità potrebbe essere rappresentata dall’interazione diretta tra irbesartan e mast cellule con rilascio di istamina, indipendentemente dal coinvolgimento del sistema immunitario (meccanismo alla base della suscettibilità individuale) (Nielsen, 2005).
Ematici: (non comuni: 0,1-1%) leucopenia, riduzione dei livelli di emoglobina (Gómez-Sayago et al., 2012; Simonetti et al., 2007).
Tossicità ematica è stata riportata nello 0,3% dei pazienti trattati con irbesartan (Liu et al., 2024). L’anemia osservata in alcuni pazienti trattati con irbesartan potrebbe dipendere dall’inibizione diretta della sintesi dell’eritropoietina o del fattore di crescita insulino-simile-1 (ipotesi avvalorata dalla presenza di recettori AT1 sulle cellule staminali ematopoietiche), oppure da un effetto indiretto mediato dal miglioramento della perfusione renale e dalla riduzione successiva del consumo di ossigeno (Liu et al., 2024).
Epatici: (non comuni: 0,1-1%) aumento transitorio delle transaminasi: (rari <0,01%), danno epatico acuto; iperuricemia, acidosi (Liu et al., 2024); ittero, epatite colestatica (Andrade et al., 2002; Hariraj et al., 2000).
Il danno epatico acuto compare entro le prime 8 settimane di terapia e si presenta con le caratteristiche enzimatiche di un’epatite. La causa non è nota, ma sembra assimilabile ad una reazione idiosincrasica da ipersensibilità. Alcune volte il danno epatico è accompagnato da colestasi, ma non è stata riportata nè sindrome del dotto biliare evanescente nè danno epatico cronico. Non è stata osservata formazione di autoanticorpi e le manifestazione immunoallegiche, quali rash, febbre, eosinofilia, non sono frequenti. Nei pazienti che sviluppano enteropatia da sartani, i livelli dell’aminotransferasi sierica possono aumentare. Il danno epatico acuto da irbesartan è autolimitante: non evolve a insufficiena epatica acuta o danno epatico cronico. Da evitare l’uso di corticosteroidi perché non efficaci. Sebbene non sia stata osservata cross-reattività per danno epatico tra sartani, i pazienti che manifestano epatotossicità da irbesartan dovrebbero evitare di usare altri farmaci della stessa classe (LiverTox, 2017).
Gastrointestinali: (comuni: 1-10%) nausea, vomito; (non comuni: 0,1-1%) diarrea, dispepsia; (incidenza non nota) disgeusia, enteropatia simil-celiachia (diarrea grave e prolungata con perdita di peso); pancreatite acuta (Famularo et al., 2005; Fisher, Bassett, 2002)
Gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II o sartani sono stati associati ad una rara sindrome intestinale con caratteristiche simili alla celiachia. Il 98% dei casi riportati è attribuita all’olmesartan; nel 2% degli altri casi sono stati coinvolti diversi farmaci della stessa classe tra cui anche l’irbesartan per cui si ritiene che questo raro effetto avverso possa essere un effetto di classe (Meader et al., 2024). La sindrome gastrointestinale da sartani si presenta con diarrea cronica, perdita di peso e appiattimento e atrofia dei villi intestinali alla biopsia. La sindrome non risponde ai corticosteroidi o alla dieta priva di glutine, ma alla sospensione degli antagonisti del recettore dell’angiotensina II.
L’inibizione del sistema renina-angiotensina-aldosterone è associato ad un aumento del rischio di pancreatite acuta. Nel pancreas recettori dell’angiotensina II, AT1 e AT2, si trovano nei dotti pancreatici; inoltre tali recettori sono localizzati anche nei vasi sanguigni e nelle cellule dell’adenoipofisi coinvolte nella regolazione della secrezione degli enzimi digestivi. I ricercatori hanno ipotizzato che la bradichinina possa contribuire allo sviluppo della pancreatite acuta. In letteratura sono riportati due casi di pancreatite acuta da irbesartan (Famularo et al., 2005; Fisher, Bassett, 2002). Il meccanismo con cui il farmaco può aumentare il rischio di pancreatite acuta potrebbe essere sia diretto (alterazione del metabolismo delle cellule pancreatiche) sia indiretto (variazioni della perfusione emodinamica locale, del metabolismo di lipidi, insulina e glucosio) (Mayerle et al., 2019; Badalov et al., 2007). Un’altra ipotesi coinvolge la possibilità che l’irbesartan induca colestasi alterando il sistema biliare (Malaszka et al., 2017). Sebbene la pancreatite acuta da irbesartan possa essere considerato un evento avverso estremamente raro, nei pazienti con forte dolore addminale non spiegabile con altre cause dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di pancreatite acuta (Famularo al., 2005). Nei pazienti gravemente ammalati il tasso di mortalità della pancreatite acuta si attesta attorno al 30%.
Metabolici: aumento dei livelli di potassio, iperpotassiemia, iponatremia (Liu et al., 2024); aumento dei livelli di creatin chinasi plasmatica (1,7% dei pazienti), ipoglicemia.
Livelli eccessivi di potassio possono provocare nausea, debolezza, formicolio, dolore al petto, battito cardiaco irregolare, perdita di movimento. Nei pazienti diabetici con ipertensione e microalbuminuria, ma funzionalità renale nella norma, l’incidenza di iperpotassiemia con irbesartan 300 mg/die si è verificata nel 29,4% dei pazienti (vs 22% nel gruppo placebo); nei pazienti diabetici e ipertesi con insufficienza renale cronica e proteinuria, l’iperpotassiemia si è verificata nel 46,3% dei pazienti trattati con irbesartan (vs 26,3% nel gruppo placebo).
L’iponatremia è l’alterazione elettrolitica più frequente nella pratica clinica (15-30% dei pazienti ospedalizzati). In genere è lieve e asintomatica, ma può essere causa potenziale di problemi più gravi come l’edema cerebrale osmotico (iponatremia acuta) o demielinizzazione osmotica (correzione dell’iposodiemia troppo veloce) (Verbalis et al., 2013). L’iponatremia è risultata strettamente associata a irbesartan in diversi database di farmacovigilanza (Liu et al., 2024; Estévez-Asenzio et al., 2024;)
Muscoloscheletrici (poco frequenti) dolore lombare o al fianco; (incidenza non nota) artralgia, mialgia, crampi muscolari, rabdomiolisi.
Nell’analaisi delle segnalazioni riportate per irbesartan nel database FAERS, la rabdomiolisi era seconda, dietro a iperpotassiemia, come numero di osservazioni. La rabdomiolisi è riportata tra gli eventi avversi delle specialità a base di irbesartan approvate in Giappone, ma non in quelle approvate negli USA (Liu et al., 2024). I meccanismi con cui irbesartan potrebbe aumentare il rischio di rabdomiolisi sono diversi: 1) alcuni suoi metaboliti hanno dimostrato un effetto tossico verso le cellule dei muscoli scheletrici; 2) il blocco del sistema ranina-angiotensina-aldosterone può riflettersi negativamente sulla perfusione muscolare, soprattutto nei pazieni con insufficienza renale, predisponendo le cellule muscolari alla necrosi ischemica; 3) aumento della concentrazione delle statine per inibizione metabolica; 4) come conseguenza indiretta di squilibri elettrolitici come l’iperpotassiemia (Liu et al., 2024).
Organi di senso: (incidenza non nota) tinnito.
Organi riproduttivi/mammella: (non comune: 0,1-1%) disfunzione sessuale.
Renali: (poco frequenti) dolore alla vescica, urine scure o con sangue, minzione difficile, minzione dolorosa, minzione con bruciore, stimolo frequente alla minzione, riduzione del volume di urine; danno renale acuto, nefrite tubulointerstiziale (Liu et al., 2024).
Il trattamento prolungato con sartani può causare un aumento della concentrazione di aldosterone rispetto ai valori pre-trattamento (fuga dell’aldosterone o “aldosterone escape”: il rilascio di aldosterone è mediato da meccanismi esterni al sistema RAA) che può provocare a sua volta fibrosi glomerulare e tubulare. Un aumento del rischio di malattia renale terminale è stato riportato per losartan, mentre nefrite interstiziale acuta per il valsartan (Liu et al., 2024). Irbesartan è stato associato a peggioramento della funzionalità renale in monoterpia o in associazione a idroclorotiazide in diversi studi clinici (Metra, Lombardi, 2014; Damman et al., 2016; Neutel et al., 2009; Veelken et al., 1998). Nei pazienti in terapia con irbesartan andrebbe quindi verificata la presenza di stenosi vascolare e monitorata periodicamente e nel tempo la funzionalità renale in particolare nei pazienti con ipoperfusione renale (Descombes, Fellay, 2000).
Respiratori: (non comune: 0,1-1%) tosse.
Sistemici: reazioni allergiche (orticaria, difficoltà di respirazione, gonfiore al viso, labbra, lingua o gola).