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Melatonina

Circadin, Slenyto e altri

Farmacologia - Come agisce Melatonina?

La melatonina (INN: Melatonin; nome chimico: N-acetil-metossitriptamina) è una sostanza naturale secreta principalmente, ma non solo, dalla ghiandola pineale (epifisi) nei mammiferi, incluso l’uomo.

La ghiandola pineale, situata internamente al cervello, sotto il corpo calloso, contiene cellule pigmentate, simili a quelle della retina, che reagiscono all’alternanza luce-buio percepita attraverso l’occhio. In base a quest’alternanza, la produzione di melatonina segue un ritmo circadiano, cioè nelle 24 ore, con un minimo durante le ore diurne (la luce ne sopprime la sintesi) e un picco durante le ore notturne, fra le 2 e le 4 di notte (per questo motivo la melatonina è anche chiamata “ormone del buio” o “ormone del sonno”). Il ritrmo circadiano della melatonina si mantiene anche in assenza di stimoli esterni, perché regolato da un pacemaker circadiano endogeno rappresentato dal nucleo soprachiasmatico situato nell’ipotalamo.

La melatonina non solo regola il ritmo sonno-veglia dipendentemente dall’alternanza luce/buio, ma funziona come un orologio biologico per l’organismo umano (proprietà cronobiotiche), influenzando svariati processi di natura neuroendocrina e immunologica.

La melatonina è sintetizzata a partire dalla serotonina per azione dell’enzima N-acetiltransferasi, che rappresenta lo step limitante la velocità del processo; dalla ghiandola pineale passa rapidamente nel sangue quindi attraversa tutte le membrane, inclusa la placenta.
I livelli di melatonina, con il passaggio dall’infanzia, alla pubertà, all’adolescenza fino all’età adulta dovrebbero diminuire progressivamente anche se studi recenti non hanno evidenziato differenze significative nei livelli medi, nella durata e nell’AUC di secrezione fra giovani adulti (18-30 anni) e soggetti anziani (età >/= 65 anni) (Scheer, Czeisler, 2005; Zhdanova, 2005).

In vivo, è stato osservato come l’assunzione di melatonina esogena tenda a ridurre la secrezione di melatonina endogena, mettendo in uno stato di “riposo” la ghiandola pineale. Questa condizione sembrerebbe rallentare l’invecchiamento della ghiandola stessa. Interrompendo la somministrazione di melatonina esogena, la ghiandola pineale riprende a sintetizzare la molecona endogena in quantità fisiologiche.

In studi in vivo, la melatonina è risultata stimolare la concentrazione di neurotrasmettitori quali acido aminobutirrico e serotonina nel mesencefalo e nell’ipotalamo; aumentare l’attività della piridossal-chinasi, enzima coinvolto nella sintesi dell’acido aminobutirrico, della serotonina e della dopamina (Martindale, 1999).

La presenza di recettori per la melatonina in diversi tessuti, linfoide, timo, milza cellule mononucleari periferiche, indica un possibile ruolo della molecola nei processi immunologici. In vivo, in seguito a pinealectomia si è verificata atrofia del timo, mielodepressione, riduzione dei livelli di anticorpi e di interleuchina 2, diminuzione dell’attività delle cellule natural killer; l’inibizione della sintesi di melatonina è stata associata a depressione della risposta immunitaria umorale e cellulare. Di contro, la somministrazione esogena di melatonina ha determinato regressione dell’involuzione timica e ripristino della risposta immunitaria (incremento dei livelli circolanti di citochine, linfociti T e B, macrofagi, granulociti) (Mohammad, Pahlavani, 1997).

In vivo, la melatonina è coinvolta nell’inibizione dello sviluppo delle gonadi e nel controllo dell’estro (Martindale, 1999). Negli animali che seguono ritmi stagionali (migrazione, crescita del mantello, riproduzione, etc.), la deprivazione della ghiandola pineale o la somministrazione di melatonina modificano il ciclo riproduttivo (Kennaway, Rowe, 1995).

A livello cutaneo la melatonina è attiva nei processi di protezione della pelle attraverso un aumento della pigmentazione; a livello del cuoio capelluto aumenta la fase anagen dei capelli (Fischer et al., 2004).

Alla melatonina sono state attribuite proprietà antiossidanti dirette (radical scavenger).

La sintesi della melatonina è risultata essere influenzata da diverse condizioni patologiche a carico del sistema nervoso (depressione) e del sistema immunitario (infezioni, malattie autoimmunitarie, tumori). Inoltre, la naturale diminuzione dei livelli di melatonina con il progredire dell’età, osservata in vivo e nell’uomo, ha indotto a ipotizzare un ruolo, per questa molecola, nei processi, sia fisiologici sia patologici, legati all’invecchiamento.

A questo proposito è stato riscontrato nei pazienti con alzheimer una concentrazione di melatonina inferiore rispetto a soggetti della stessa età ma affetti da altre malattie, e una perdita di neuroni a livello del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, nucleo responsabile dell’attivazione della ghiandola pineale (Nair et al., 1986; Swaab et al., 1995).

Sulla base dei dati in vivo e in vitro, le ipotesi formulate per spiegare il declino fisiologico della concentrazione di melatonina nell’organismo hanno preso in considerazione la tipologia cellulare e le ultrastutture che formano la ghiandola pineale, il grado di innervazione simpaticomimetica – che diminuirebbe nel tempo –, l’attività degli enzimi deputati alla sintesi della melatonina e i processi di regolazione extrapineali (Mohammad, Pahlavani, 1997).

Attività antiaging
In vivo, alcuni dati di letteratura hanno evidenziato come l’asportazione della ghiandola pineale riduca la longevità mentre estratti della stessa ghiandola o supplementi di melatonina favoriscano l’allungamento della vita e riducano l’incidenza di tumori. Gli effetti sulla longevità inoltre sono risultati maggiori quando la melatonina o gli estratti della ghiandola pineale sono stati somministrati ad animali giovani (topi di 4 mesi) rispetto ad animali più maturi (topi di 12 mesi).

La somministrazione nelle ore diurne di estratti della ghiandola ha aumentato, nelle ore notturne, il turnover della seronina a melatonina e incrementato il picco di melatonina. A supporto del ruolo attribuito alla melatonina e alla ghiandola pineale nei processi di invecchiamento, è stato inoltre osservato come l’allungamento della vita ottenuto tramite diete ipocaloriche (assunzione di cibo ridotta del 40%) negli animali da laboratorio sia probabilmente mediato da un aumento dell’enzima N-acetiltransferasi e dei livelli di melatonina. Inoltre, in uno studio non scevro da critiche metodologiche il trapianto della ghiandola pineale da animali giovani ad animali vecchi ha determinato un’inversione del processo di invecchiamento (Mohammad, Pahlavani, 1997).

Attività antitumorale
La melatonina è stata studiata in ambito oncologico, in associazione all’interleuchina 2 nel trattamento di tumori solidi a carico della cute (melanoma), del rene, del polmone, della mammella (Lissoni et al., 1989, 1990, 1992, 1992a, 1993, 1993a, 1993b, 1994, 1994a, 1995; Lissoni et al., 1994; Bregani et al., 1995); nella contraccezione ormonale orale in associazione a noretisterone (Short, 1993); nel trattamento dell’iperlipidemia (Pittalis et al., 1997); nella terapia della cefalea a grappolo (Leone et al., 1996).

Il razionale dell’impiego della melatonina nel trattamento dei tumori si è basato sull’osservazione che ridotti livelli di melatonina e/o l’eliminazione della ghiandola pineale risultavano associati a comparsa di formazioni neoplastiche, mentre la la somministrazione esogena di melatonina o di estratti della ghiandola pineale risultavano possedere in vitro e in vivo attività antitumorale.

I meccanismi proposti per l’attività antitumorale della melatonina hanno fatto riferimento alla sue proprietà immunologiche (incremento di tipi cellulari quali fattori stimolanti la proliferazione delle colonie di granulociti-macrofagi, incremento della sintesi di citochine quali IL-4 e IL-5, incremento dell’attività delle cellule NK), di inibizione degli ormoni neuroendocrini (prolattina GH, estrogeni), di inibizione della sintesi di sostanze proinfiammatorie (prostaglandine).

Attività sul ritmo sonno-veglia
Per gli effetti sul ritmo sonno-veglia, la melatonina è utilizzata nel trattamento dei disturbi del sonno, in particolare del jet lag. In questo ambito la melatonina è somministrata come integratore; è disponibile come specialità medicinale per la sola indicazione del trattamento a breve termine dell’insonnia primaria in pazienti con età >/= 55 anni.

La melatonina promuove il sonno e questo, a sua volta, riduce l’esposizione alla luce: è possibile quindi che l’effetto della melatonina in parte sia dovuto anche ad uno spostamento del timing di esposizione alla luce. La somministrazione di melatonina esogena influenza il ritmo sonno-veglia, sia per uno spostamento della curva dose-risposta sia per un effetto di down regulation recettoriale. Dosi diurne di melatonina, tali da indurre concentrazioni simili a quelle fisiologiche delle ore notturne, aumentano la propensione al sonno, mentre la soppressione della melatonina durante le ore notturne, con esposizioni alla luce o tramite somministrazione di betabloccanti, è in grado di compromettere il sonno.

L’effetto dose-dipendente della melatonina sul sonno si ottiene all’interno dell’intervallo dei valori fisiologici della melatonina endogena plasmatica (50-200 pg/ml) con dosi pari, in un giovane adulto sano, a 0,1-0,3 mg. La somministrazione di dosi più elevate non ha effetti sul sonno, ma sul profilo di tollerabilità della molecola (Zhdanova, 2005). La somministrazione di dosi di 10 mg produce livelli superiori di circa 1000 volte a quelli fisiologici. Poiché la somministrazione di melatonina esogena nelle ore diurne, al mattino o nel primo pomeriggio, ha effetti sul sonno che si manifestano entro 30-60 minuti, mentre incide sull’orologio biologico determinando un’anticipazione massima di un’ora, è probabile che i meccanismi per l’effetto di induzione del sonno e per le proprietà cronobiotiche siano differenti.

Un altro aspetto importante dell’attività della melatonina sul sonno è che questa sostanza determina nell’individuo una condizione molto simile alla veglia rilassata che precede la fase di addormentamento, per cui, a differenza degli ipnotici tradizionali che provocano sonnolenza o stanchezza, l’effetto sul sonno si esplica se le condizioni ambientali lo permettono.

In alcuni pazienti, dosi elevate di melatonina provocano effetti simili ai sedativi ipnotici suggerendo una possibile interazione della molecola con altri tipi di recettori. Gli effetti di dosi di 5 mg sono risultati simili, ma più graduali, a quelli di 10 mg di temazepam; dosi minori, corrispondenti a livelli fisiologici di melatonina sono risultati in grado di modificare il sonno negli animali diurni senza effetti sedativi.

La somministrazione di 2 mg/die alla sera in pazienti con insonnia primaria è risultata efficace nel migliorare la latenza del sonno e la qualità del sonno senza interferire con lo stato di veglia nelle ore diurne. Nella scheda prodotto della specialità Circadin è riportato uno studio polisonnografico in cui la melatonina (2 mg/die) ha diminuito il periodo di latenza del sonno di 9 minuti rispetto al gruppo placebo. Nel gruppo di pazienti trattato con melatonina non sono state riportate variazioni nello schema del sonno né sulla durata del sonno REM. In un altro studio il miglioramento della qualità del sonno e dell’attenzione al mattino è stato clinicamente significativo nel 47% dei pazienti che avevano ricevuto melatonina vs 27% del gruppo placebo.

In un altro studio randomizzato, in doppio cieco, la riduzione del tempo di latenza ottenuto con melatonina è stato di 24,3 minuti rispetto a 12,9 minuti nel gruppo placebo.

L’efficacia della melatonina dipende anche dalla sensibilità dei recettori melatoninergici, che presenta elevata variabilità interindividuale. La correlazione infatti tra livelli di melatonina e controllo del sonno può variare da un individuo con l’altro. Tendenzialmente i bambini e i giovani adulti sono più sensibili agli effetti della melatonina esogena, mentre una maggiore variabilità nella risposta è stata osservata nei pazienti anziani. L’effetto “promotore del sonno” della melatonina è seguito da un effetto ipotermico caratterizzato da una diminuzione della temperatura corporea e da un aumento di quella cutanea (è stata ipotizzata un’indipendenza reciproca dei due meccanismi) (Scheer, Czeisler, 2005; Zhdanova, 2005).

La melatonina è impiegata come induttore del sonno (riduzione della fase di addormentamento) nei pazienti pediatrici e adulti con ritardo mentale (disabilità intellettiva) (uso off label) (Sajith, Clarke, 2007); nei pazienti asmatici (Campas et al., 2004; J. Allergy. Clin. Immunol., 2003).

La somministrazione della melatonina (3 mg) a pazienti asmatici per 4 settimane è risultata efficace nel migliorare la qualità del sonno senza influenzare sintomi asmatici, uso di farmaci specifici e picco di flusso diurno (Campas et al., 2004).

In pazienti con asma notturno la melatonina è risultata invece indurre un peggioramento della patologia asmatica. Dal confronto fra livelli di melatonina e funzionalià polmonare in pazienti con asma notturna, con asma non notturna e in volontari sani è emerso un picco notturno di melatonina significativamente più elevato nei pazienti con asma notturno rispetto ai controlli. Il picco ha inoltre presentato un ritardo maggiore nei pazienti con asma notturna rispetto a quelli con asma non notturna. Livelli elevati di melatonina sono stati correlati a sintomi asmatici più severi (J. Allergy. Clin. Immunol., 2003).

L’effetto della melatonina sui disordini del sonno è stato studiato anche in pazienti affetti da malattia di alzheimer (Gehrman et al., 2009), in pazienti pediatrici con sindrome da deficit di attenzione ed iperattività (Bendz, Scates, 2010), in pazienti schizofrenici (Suresh Kumar et al., 2007), in bambini autistici o con sindrome dell’X fragile (Wirojanan et al., 2009), in bambini con sindrome di Angelman (Braam et al., 2008).

Jet Lag
Il jet lag comprende un insieme di sintomi – stanchezza diurna, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno – che si verificano dopo un viaggio aereo attraverso diversi fusi orari in seguito al quale il ritmo circadiano del viaggiatore non risulta più sincronizzato con l’orario locale. I viaggi aerei verso est risultano più disturbanti rispetto a quelli verso ovest e l’incidenza e gravità dei sintomi dipendono dal numero di fusi orari attraversati.

In base ai dati raccolti in una metanalisi, è emerso che la somministrazione di melatonina esogena non è risultata efficace nel variare il tempo di latenza del sonno in pazienti con disturbi del sonno secondari o sottoposti a restrizione delle ore di sonno (jet lag o slittamento degli schemi di sonno dipendenti dal lavoro) (Buscemi et al., 2006).

Sulla base dei dati disponibili su Cochrane Controlled Trials Register, Medline, Embase, Psych Lit and Science Citation Index e riviste specializzate “Aviation, Space and Environmental” e “Sleep” relativi a trial clinici randomizzati (9 vs placebo e 1 vs zolpidem), che hanno arruolato passeggeri e staff di linee aeree civile e personale di linee aeree militari, è emerso un effetto positivo della melatonina sui sintomi del jet lag quando la molecola è somministrata poco prima di coricarsi secondo l’orario del luogo di arrivo, dopo voli che hanno attraversato almeno 5 fusi orari. Dosi giornaliere di melatonina comprese fra 0,5 e 5 mg/die sono sostanzialemnte equivalenti come efficacia, anche con la dose più alta l’addormentamento è risultato più rapido e il sonno di qualità migliore rispetto alla dose minore. Dosi > 5 mg non hanno evidenziato un aumento di efficacia sull’induzione e sulla qualità del sonno. La relativa scarsa efficacia osservata con dosi di 2 mg a lento rilascio indurrebbe a ritenere che la melatonina “lavori” meglio con profili di farmacocinetica caratterizzati da picchi di concentrazione più alti e di breve durata. Dall’analisi dei dati disponibili, fondamentale per i suoi effetti sul jet lag sembra essere l’ora di somministrazione della melatonina: l’assunzione precoce rispetto all’orario di addormentamento è stata associata a sonnolenza diurna e ritardo nell’adattamento all’ora locale (Herxheimer, Petrick, 2002).

Attività di neuroprotezione
Molti disturbi di natura neurologica sono risultati correlati ad alterazioni del ritmo sonno-veglia (Turek et al., 2001). In modelli in vitro e in vivo, la melatonina ha evidenziato attività di neuroprotezione legate probabilmente all’attivazione di recettori specifici in grado di stimolare l’espressione genica di enzimi antiossidanti e di attenuare la produzione/rilascio di citochine proinfiammatorie (Cuzzocrea, Reiter, 2002; Carrillo-Vico et al., 2006). Le stesse proprietà antiossidanti della melatonina probabilmente esplicano un effetto diretto nel ridurre il danno macromolecolare (inibizione dell’attività nella nitrico-ossido sintetasi, effetto stabilizzante le membrane biologiche).

Questo particolare ormone è in grado di inibire il rilascio di dopamina in alcune aree cerebrali (ipotalamo, ippocampo, retina), di interferire con la trasmissione gabaergica e con i recettori per gli oppioidi, a livello dei quali si comporterebbe come agonista/antagonista favorendo l’azione analgesica degli oppiacei (Zisapel, 2001; Fanciullacci et al. 2000; Arendt, 2005; Potenza et al., 1999).

Attività anticefalgica
Per gli effetti a livello neurologico, la melatonina è stata presa in considerazione come possibile opzione terapeutica nel trattamento dell’emicrania. L’emicrania presenta un andamento ciclico che in alcuni pazienti risulta quasi assimilabile ad un andamento circadiano. Comune è la distribuzione degli attacchi di emicrania secondo il ciclo mestruale: nei soggetti che soffrono di attacchi di emicrania, il 55% è correlato al mestruo.

E’ stato inoltre osservato che nei pazienti con emicrania episodica o cronica, poco meno della metà (46,5%) si lamenta per cefalea ogni qualvolta viene modificato l’orario per andare a dormire, nella maggior parte dei pazienti questo di verifica quando sussiste un ritardo dell’orario (69%) mentre nella restante parte (31%) quando si tratta di anticipare il sonno (Peres, 2005 e 2005a).

Nei pazienti emicranici senza aurea i livelli di melatonina nel plasma e nelle urine risultano più bassi rispetto ai controlli così come la concentrazione nelle urine durante le ore notturne in concomitanza del ciclo mestruale. Inoltre, durante la fase luteale, quando i livelli di melatonina dovrebbero normalmente aumentare, nei pazienti emicranici quest’incremento è meno pronunciato e durante gli attacchi l’escrezione di melatonina è ulteriormente ridotta. Ancora, nei pazienti con emicrania, il picco di melatonina risulta ritardato rispetto ai controlli ad indicare una disfunzione cronobiologica negli emicranici cronici (Peres et al., 2001). La melatonina sembrerebbe coinvolta anche nella genesi dell’emicrania a grappolo (Peres et al., 2000; Chazot et al., 1984; Waldenlind et al., 1987, 1994; Leone et al., 1995).

La somministrazione di melatonina a pazienti che soffrono di attacchi di emicrania è risultata efficace nell’indurre sollievo (dose di 20 mg in infusione) – in 4 pazienti il sollievo si è manifestato il giorno dopo la somministrazione, mentre in 2 pazienti a partire dal terzo giorno; diminuzione del dolore pulsante associato all’attacco cefalgico (Claustrat et al., 1997).

In caso di difficoltà nel prendere sonno associata a cefalea, la melatonina ha diminuito in maniera significativa il numero di attacchi emicranici (Nagtegaal et al., 1998). In uno studio in aperto, la profilassi con melatonina 3 mg è stata associata ad una riduzione della celalea (sollievo dal dolore) nel 64,7% dei pazienti. La risposta terapeutica è stata osservata durante il primo mese di terapia e risposta completa – assenza di attacchi nel mese precedente – è stata ottenuta nel 25% dei pazienti. La differenza nel numero di attacchi, intensità, durata e uso di analgesici fra pre-trattamento e fine trattamento (ultimo mese di terapia) è risultata statisticamente significativa (P < 0,001) (Peres et al., 2004).

La melatonina ha dimostrato efficacia nel ridurre il numero di attacchi cefalgici anche in caso di cefalea a grappolo. Il trattamento con melatonina serale (10 mg per os) per 14 giorni ha determinato nella metà dei pazienti (20 pazienti complessivi, 2 sofferenti di emicrania cronica, 18 episodica) una riduzione progressiva fino a scomparsa degli attacchi durante i primi 3-5 giorni. Questi sono poi ricomparsi dopo la sospensione della melatonina (Leone et al., 1996). In questo studio, condotto in doppio cieco, non hanno risposto al trattamento i due pazienti con cefalea a grappolo cronica; in un altro studio risposta terapeutica era stata ottenuta con la somministrazione di melatonina 9 mg prima di coricarsi (Peres, Rozen, 2001).

Attività diabetogena
La melatonina inibisce il rilascio di insulina legandosi ai recettori melatoninergici 1A e 1B situati a livello delle cellule beta-pancreatiche. Alcune varianti del gene che codifica per il recettore 1B sono state associate ad iperglicemia e ad alterazioni nella fase precoce di secrezione insulinica e nella funzionalità della cellule beta-pancreatiche; i portatori di tali variazioni presentano perciò un aumentato rischio di insorgenza del diabete di tipo 2.
Lo sviluppo di molecole in grado di bloccare gli effetti della melatonina sulla secrezione insulinica potrebbe rappresentare una nuova strategia per il trattamento del diabete di tipo 2 (Murder et al., 2009).

Attività immunitaria
La melatonina svolge un’azione stimolante sul sistema immunitario: induce il rilascio di interferone gamma e IL-2 dalle cellule T helper di tipo 1 e favorisce la produzione di IL-1, IL-6 e IL-12 dai monociti; per tale ragione, essa potrebbe rivelarsi utile in caso di infezioni batteriche o virali ma dannosa in caso di malattie autoimmuni (come l’artrite reumatoide) (Maestroni, 2001).

Attività contraccettiva
La melatonina sembra possedere anche una potenziale attività contraccettiva; in uno studio, sia quando somministrata in monoterapia ad alte dosi (300 mg) per 4 mesi, sia quando somministrata in associazione con il progestinico sintetico noretisterone in varie combinazioni di dosaggio, ha inibito la funzionalità ovarica (Voordouw et al., 1992).

Sono stati osservati miglioramenti derivanti dall’uso della melatonina nelle seguenti patologie: disordini gastrointestinali (riflusso gastro-esofageo, sindrome dell’intestino irritabile, dispepsia funzionale) (Werbach, 2008; Song et al., 2005; Klupínska et al., 2007); tinnito (Pirodda et al., 2010); fibromialgia (Acuna-Castroviejo et al., 2006); glaucoma (Belforte et al., 2010); sclerosi sistemica (Todisco, 2006); distrofia muscolare di Duchenne (Chahbouni et al., 2010); vasculopatia indotta dalla nicotina (Rodella et al., 2009); alopecia (Fischer et al., 2004).