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Montelukast

Singulair, Montegen e altri

Tossicità - Qual è la tossicità di Montelukast?

Sovradosaggio: in pazienti con asma cronico la somministrazione prolungata di dosi fino a 200 mg/die e la somministrazione per pochi giorni di dosi fino a 900 mg/die non è stata associata a effetto tossici significativi. La somministrazione di dosi di 1 g di montelukast ha determinato la comparsa di dolore addominale, sonnolenza, cefalea, sete, vomito e iperattività psicomotoria.

Tossicità cronica: in vivo, a valori di AUC di montelukast pari a 17 volte quelli ottenuti con la dose clinica raccomandata nell’uomo sono comparsi effetti tossici gastrointestinali, aumento della salivazione, perdita di feci e squilibrio elettrolitico. Nella scimmia, effetti tossici si sono manifestati per valori di AUC superiori a 232 volte l’esposizione sistemica ottenuta con la dose clinica raccomandata nell’uomo. In vivo, il montelukast non è risultato indurre fototossicità (raggi UVA, UVB, spettro visibile della luce).

Mutagenicità, cancerogenicità: il montelukast non è risultato mutageno nè cancerogeno.

Tossicità riproduttiva: in vivo, l’indice di fertilità e fecondità attribuito al montelukast è risultato diminuire nei ratti di sesso femminile per esposizioni sistemiche (AUC) pari a 70 volte l’AUC corrispondente alla dose orale massima raccomandata nell’uomo; lo stesso indice non ha subito variazioni nel ratto maschio per valori di AUC pari a 160 volte il valore corrispondente alla dose orale massima raccomandata nell’uomo. Il montelukast non è risultato indurre effetti teratogeni a dosi corrispondenti a valori di AUC pari a 100-110 volte il valore corrispondente alla dose orale massima raccomandata nell’uomo. In vivo, dopo trattamento materno con montelukast, sono stati riscontrati nella prole: ridotto peso alla nascita (esposizione sistemica pari a più di 69 volte l’esposizione sistemica ottenuta con la dose raccomandata nell’uomo) e ossificazione incompleta (esposizione sistemica pari a più di 24 volte l’esposizione sistemica ottenuta con la dose raccomandata nell’uomo).
Per valutare il profilo di sicurezza del montelukast (e dello zafirlukast, l’altro antileucotrienico disponibile in commercio) in gravidanza è stato condotto uno studio in cui donne con asma in terapia con montelukast o zafirlukast sono state confrontate con donne asmatiche in terapia con beta2-agonisti a breve durata d’azione e con donne non asmatiche (controlli). Al termine dello studio il rischio di aborto, diabete gestazionale, preeclampsia, ridotto incremento ponderale materno, parto pretermine, basso punteggio di Apgar e riduzione nella lunghezza del bambino o della circonferenza craniale non risultava aumentare nelle donne che avevano fatto uso di montelukast o zafirlukast (p>0,05). Il basso peso alla nascita neonatale osservato nelle donne in terapia con gli antileucotrienici potrebbe dipendere dalla gravità dell’asma materno e/o dal controllo dei sintomi raggiunto. La prevalenza di malformazioni maggiori riscontrati nei bambini nati dalle madri in terapia con montelukast o zafirlukast è risultata più elevata di quella osservata nelle donne non asmatiche (p=0,007), ma in linea con quella riscontrata nelle donne asmatiche trattate con i beta2-agonisti a breve durata d’azione (p=0,524). Comunque i difetti osservati con montelukast, o zafirlukast, non rappresentavano uno schema coerente (Bakhireva et al., 2007). In un altro studio con disegno simile, in cui l’esposizione in gravidanza al montelukast (donne con asma) veniva confrontata con l’esposizione a glucocorticoidi e/o beta2-agonisti per via inalatoria (donne con asma) e con l’esposizione a farmaci non teratogeni (donne senza asma), è emerso un basso peso alla nascita per i figli unici nati da madri esposte al montelukast rispetto agli altri due gruppi (p=0,038), un’età gestazionale inferiore rispetto al gruppo di donne non asmatiche (37,8 vs 39,3 settimane, p=0,045), ma non rispetto alle donne con asma trattate con glucocorticoidi e/o beta agonisti per inalazione (37,8 vs 37,6 settimane, p=0,891), una maggior sofferenza fetale al momento del parto rispetto alle donne senza asma (25,6%, p=0,007). Considerando solo le madri che hanno continuato ad assumere i farmaci fino al termine della gravidanza, l’unica differenza statisticamente significativa fra i tre gruppi è risultata essere il peso medio del bambino alla nascita. L’incidenza di malformazioni maggiori (endpoint principale) nei bambini nati da madri esposte a montelukast è risultata sovrapponibile a quella della popolazione generale (Sarkar et al., 2009). Durante la sorveglianza post-marketing, sono stati osservati difetti congeniti agli arti in donne che assumevano montelukast in combinazione con altri farmaci antiasmatici: la relazione di causalità fra il difetto congenito e il montelukast non è stata stabilita. Sulla base dei dati di letteratura relativi al profilo di sicurezza del montelukast, l’associazione degli ostetrici e dei medici ginecologi americani (American College of Obstetricians and Gynecologists) in accordo con l’associazione dei medici che si occupano della cura dell’asma (American College of Allergy, Asthma and Immunology) hanno giudicato il montelukast una valida opzione terapeutica per il trattamento dell’asma in gravidanza resistente ad altri trattamenti farmacologici (Ann. Allergy Asthma Immunol., 2000).
La FDA ha inserito il montelukast nella classe B per l’impiego in gravidanza. In classe B sono inseriti i farmaci i cui studi riproduttivi sugli animali non hanno mostrato un rischio per il feto e per i quali non esistono studi controllati sull'uomo oppure i farmaci i cui studi sugli animali hanno mostrato un effetto dannoso (oltre a un decremento della fertilità) che non è stato confermato con studi controllati in donne nel I trimestre (e non c'è evidenza di danno nelle fasi avanzate della gravidanza).
In vivo il montelukast è escreto nel latte materno; non è noto se questo si verifica anche nell’uomo.