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Nirmatrelvir

Paxlovid

Farmacologia - Come agisce Nirmatrelvir?

Nirmatrelvir (identificato con la sigla PF-07321332) è un farmaco antivirale efficace contro il virus SARS-CoV-2. E’ somministrato per bocca in associazione a ritonavir che, a basso dosaggio, funzione come un potenziatore farmacocinetico: rallenta il metabolismo del nirmatrelvir prolungandone la durata d’azione. Il ritonavir appartiene alla classe degli inibitori della proteasi ed è utilizzato, a dosaggio terapeutico, nel trattamento dell’infezione da HIV. Il ritonavir, anche a basso dosaggio (200 mg/die), è un potente inibitore dell’enzima citocromiale CYP3A4, enzima coinvolto nel metabolismo di circa il 50% dei farmaci presenti sul mercato. Inibendo il CYP3A4, il ritonavir aumenta i livelli plasmatici dei farmaci metabolizzati da questo enzima.

In Italia, L’Agenzia regolatoria ha approvato l’associazione nirmatrelvir/ritonavir (nome commerciale Paxlovid) per il trattamento precoce, entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi, dei pazienti positivi a SARS-CoV-2 a rischio di progressione verso forme severe di malattia. L’associazione è stata approvata a dicembre 2021 negli USA con analoga indicazione terapeutica. L’Agenzia americana aveva concesso un’autorizzazione d’emergenza (EUA, Emergency Use Authorization) dopo che l’azienda produttrice aveva annunciato gli esiti dell’analisi intermedia prevista dal protocollo dello studio clinico di fase 2-3, EPIC-SR (inizio novembre 2021) e confermato in vitro l’efficacia di nirmatrelvir/ritonavir verso la variante omicron (metà dicembre 2021).

L’analisi finale dello studio di fase 2-3 EPIC-HR ha riportato per nirmatrelvir/ritonavir un’efficacia terapeutica dell’88,9% per il rischio di ospedalizzazione da covid-19 e morte per qualsiasi causa nei pazienti che avevano assunto il farmaco entro 3 giorni dalla comparsa dei sintomi e a rischio di progresione verso forme severe di covid-19 (Hammond et al., 2022).

Nel primo studio clinico condotto in doppio cieco in volontari sani, per valutare sicurezza, tollerabilità e farmacocinetica di dosi singole e dosi ripetute, nirmatrelvir ha evidenziato un profilo di tollerabilità accettabile anche alla dose più alta testata (500 mg di nirmatrelvir più ritonavir 100 mg due volte al giorno per 10 giorni). Nello studio, la dose iniziale di 150 mg è stata scelta sulla base di dati non clinici (Owen D., 2021).

I ricercatori hanno quindi selezionato la dose da sperimentare nel successivo studio di fase 2-3 attraverso simulazioni che hanno mostrato come la dose di 300 mg di nirmatrelvir più 100 mg di ritonavir, due volte al giorno, determinava concentrazioni plasmatiche minime di nirmatrelvir pari a circa 5-6 volte la concentrazione necessaria ad inibire, in vitro, il 90% della replicazione del virus SARS-CoV-2 (Hammond et al., 2022)

Dopo lo studio EPIC-HR, l’azienda produttrice del farmaco nirmatrelvir/ritonavir ha avviato altri due studi clinici, ancora in corso, EPIC-SR (NCT05011513) e EPIC-PEP (NCT05047601). Il primo, EPIC-SR (Evaluation of Protease Inhibition for covid-19 in Standard-Risk Patients) ha l’obiettivo di valutare efficacia e sicurazza di nirmatrelvir/ritonavir nei pazienti positivi a SARS-CoV-2 senza fattori di rischio per malattia grave. Il secondo, EPIC-PEP (A Study of a Potential Oral Treatment to Prevent covid-19 in Adults Who Are Exposed to Household Member(s) With a Confirmed Symptomatic covid-19 Infection) ha invece lo scopo di valutare la capacità del farmaco di prevenire l’infezione nei familiari adulti di un paziente positivo a covid-19.

Nello studio registrativo EPIC-HR la variante principale di SARS-CoV-2 era rappresentata dalla varante delta. Studi su linee cellulari e organoidi, strutture pluricellulari create in laboratorio e formati dalle cellule caratteristiche delle vie respiratorie, hanno dimostrato come nirmatrelvir sia efficace anche verso la variante omicron (Li et al., 2022).

Dati di efficacia “real world” verso le subvarianti di Omicron BA.2, BA.2.12.1, Ba.4 e BA.5 provenienti da uno studio di coorte retrospettivo condotto in Colorado (USA) confermano l’efficacia di nirmatrelvir/ritonavir nel ridurre il rischio di ospedalizzazione e morte per tutte le cause (Aggarwal et al., 2023).

In uno studio retrospettivo di coorte, condotto a Hong Kong, durante l’ondata Omicron BA.2.2, il trattamento con nirmatrelvir/ritonavir non è risultato associato ad un maggior rischio di rebound dell’infezione da SARS-CoV-2. Il problema di un “ritorno” dell’infezione pochi giorni dopo la guarigione da covid-19 in pazienti immunocompetenti è stato sollevato dai CDC americani (Centers for Disease Control and Prevention) che hanno osservato questo fenomeno nell’1-2% dei pazienti indipendentemente dal trattamento con il farmaco. Nello studio di riferimento, l’incidenza del rebound della carica virale osservato nei tre gruppi di pazienti trattati rispettivamente con nirmatrelvir/ritonavir, molnupiravir e placebo è risultata simile (6,6% vs 4,8% vs 4,5). Nei pazienti trattati con nirmatrelvir/ritonavir, la probabilità di un rebound della carica virale è risultato più alto nella fascia di età 18-65 anni (vs over 65 anni), nei pazienti con maggiore comorbilità e in quelli trattati con corticosteroidi, mentre la probabilità è risultata inferiore nei pazienti con ciclo vaccinale incompleto. Inoltre il rebound della carica virale non si accompagna ad una maggior incidenza di mortalità, ricovero in terapia intensiva, ventilazione meccanica invasiva (esito clinico composito) (Wong et al., 2023).

Questi dati trovano supporto in un altro studio che ha analizzato il rebound dei sintomi e della carica virale di SARS-CoV-2 in pazienti con covid-19 non trattati. L’incidenza di una riacutizzazione dei sintomi ha interessato il 26% dei pazienti dopo una media di 11 giorni dalla comparsa dei sintomi iniziali. Il rimbalzo della carica virale è stato riscontrata nel 31% dei pazienti e il 13% di questi è andato incontro ad un rimbalzo della carica virale molto alto. In 9 casi su 10 però la recidiva è stata osservata in un solo momento del follow up suggerendo un carattere transitorio del fenomeno. Inoltre, solo il 3% dei pazienti ha manifestato contemporaneamente riacutizzazione dei sintomi e un aumento elevato della carica virale. Secondo i ricercatori i dati semprebbero ipotizzare un processo di guarigione dall’infezione non lineare (Deo et al., 2023).

Meccanismo d’azione di nirmatrelvir
Il nirmatrelvir inibisce l’enzima Main proteasi o Mpro del virus SARS-CoV-2 bloccandone la replicazione all’interno delle cellule (Macchiagodena et al., 2022). Mpro (anche indicata 3 Chemotripsine-like protease o 3CLpro oppure Non stuctural protein 5 o nsp5) è la principale proteasi del virus SARS-CoV-2: le proteasi sono enzimi che spezzano il legame (legame peptidico) tra le unità fondamentali (aminoacidi) che costituiscono le proteine. Nello specifico Mpro catalizza la trasformazione dalla forma “immatura” alla forma “matura” di due proteine virali non strutturali, 1a e 1ab, che però svolgono un ruolo fondamentale nel processo di trascrizione/replicazione del virus SARS-CoV-2. Nirmatrelvir forma un legame covalente con l’aminoacido cisteina presente nel sito attivo della proteasi Mpro bloccandone l’attività (Ahmad et al., 2021).

Anche Mpro è soggetto a mutazioni ma in misura minore rispetto alla proteina spike. Nelfinavir è risultato efficace anche verso forme attive mutate di Mpro (Ullrich et al., 2022). Sull’esperienza derivata da Mpro del virus SARS-CoV-1, che condivide il 96% della sequenza di aminoacidi con l’analoga proteasi di SARS-CoV-2, le mutazioni puntiformi missenso (sostituzione di una base azotata sull’RNA che codifica per un diverso aminoacido) possono modificare - aumentare, ridurre o annullare - l’attività enzimatica della proteasi. Nirmatrelvir ha dimostrato efficacia anche verso le mutazioni puntiformi prevalenti (G15S, T21I, L89F, K90R, P132H, L205V) di Mpro selezionate nelle varianti di SARS-CoV-2 - incluse alfa, beta, gamma, delta e omicron – e con attività enzimatica sovrapponibile a quella del virus non mutato.

Studio clinico EPIC-HR
Lo studio clinico EPIC-HR (Evaluation of Protease Inhibition for covid-19 in High-Risk Patients) è uno studio di fase 2-3, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha valutato efficacia e sicurezza di nirmatrelvir in pazienti adulti positivi a SARS-CoV-2, non vaccinati, non ospedalizzati, a rischio di progressione verso forme severe di malattia (Hammond et al., 2022). I pazienti sono stati trattati con nirmatrelvir 300 mg più ritonavir (come potenziatore farmacocinetico) 100 mg, oppure placebo, ogni 12 ore per 5 giorni. Gli esiti clinici comprendevano rischio di ospedalizzazione o morte per qualsiasi causa correlati a covid-19 fino al 28esimo giorno, carica virale e sicurezza della terapia.

Nell’analisi intermedia programmata (analisi ad interim) lo studio ha mostrato una riduzione del rischio di ospedalizzazione o morte fino al 28esimo giorno dell’89,1% nel gruppo trattato rispetto al gruppo placebo (l’analisi ha considerato i pazienti che avevano ricevuto il trattamento entro 3 giorni dalla comparsa dei sintomi). L’incidenza di ospedalizzazione è stata pari allo 0,77% (3 casi su 389 pazienti) con zero morti nel gruppo trattato con nirmatrelvir/ritonavir e pari al 7,01% (27 casi su 385 pazienti) con 7 decessi nel gruppo placebo. Nell’analisi finale dello stesso gruppo di pazienti, la riduzione del rischio di ospedalizzazione per covid-19 o morte è risultata pari all’88,9% per il gruppo trattato rispetto al gruppo placebo (nirmatrelvir/ritonavir: ospedalizzazione pari allo 0,72%, 5 casi su 697 pazienti con zero decessi; placebo: ospedalizzazine pari al 6,45%, 44 casi su 682 pazienti con 9 decessi).

Lo studio prevedeva una seconda analisi chiave relativa ai pazienti che avevano iniziato il trattamento entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi. I dati finali per questo gruppo di pazienti hanno mostrato un’incidenza di ospedalizzazione o morte per qualsiasi causa correlati a covid-19 pari allo 0,77% (8 casi su 1039 pazienti con zero decessi) nel gruppo trattato vs 6,31% (66 casi su 1046 pazienti, con 12 decessi) corrispondenti ad una riduzione del rischio relativo pari all’87,8%.

Al termine dei 5 giorni di terapia previsti, la carica virale è risultata statisticamente più bassa nel gruppo trattato.

L’incidenza di eventi avversi è risultata sovrapponibile nei due gruppi di studio (22,6% vs 23,9% rispettivamente con nirmatrelvir e placebo). Gli eventi avversi riportati in almeno l’1% dei pazienti - correlati o meno al trattamento secondo i ricercatori – sono stati in generale di grado lieve o moderato e hanno compreso alterazione del gusto o disgeusia (5,6% vs 0,3% rispettivamente con nirmatrelvir e con placebo), diarrea (3,1% vs 1,6%), aumento del D-dimero di fibrina (prodotto di degradazione della fibrina) (1,9% vs 2,8%), aumento dell’alanina aminotransferasi (1,5% vs 2,4%), cefalea (1,4% vs 1,3%), riduzione della clearance renale della creatinina (1,4% vs 1,6%), nausea (1,4% vs 1,7%) e vomito (1,1% vs 0,8%). Considerando solo gli eventi avversi correlati al trattamento secondo i ricercatori, un’incidenza più alta è stata riscontrata nel gruppo trattato con gli antivirali (7,8% vs 3,8%). Questa differenza è dipesa in larga parte dalla disgeusia (4,5% vs 0,2%) e dalla diarrea (1,3% vs 0,2%), gli unici due eventi avversi riportati in almeno l’1% dei pazienti. Una percentuale minore di pazienti ha manifestato un evento avverso grave (1,6% vs 6,6%) o ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi (2,1% vs 4,2%) nel gruppo tratatto con nirmatrelvir rispetto al placebo. Eventi avversi gravi riportati in almeno due pazienti sono stati polmonite da covid-19 (6 vs 37 pazienti, corrispondenti allo 0,5% vs 3,3%, rispettivamente con nirmatrelvir e placebo), covid-19 (2 vs 8 pazienti ovvero 0,2% vs 0,7%) e riduzione della creatinina renale (2 vs 3 pazienti ovvero pazienti 0,2% vs 0,3%); nessuno di questi eventi è stato considerato correlato al trattamento, nirmatrelvir o placebo. Considerando l’intero periodo di follow up, pari a 34 giorni, tutti i decessi osservati (13) sono stati riportati nel gruppo placebo e sono dipesi dalla malattia covid-19.

Studio clinico di comparazione nirmatrelvir/ritonavir vs molnupiravir
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha condotto uno studio di comparazione tra nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir su pazienti con covid-19 quando la variante prevalente del virus era Omicron (febbraio-aprile 2022). I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti con i Registri di Monitoraggio per verificare quale fosse l’impatto dei due antivirali orali sul rischio di morte nei 28 giorni successivi all’inizio della terapia. Lo studio clinico per il tipo di dati utilizzato – acquisiti nella vita reale e non in un campione altamente selezionato come avviene di norma negli studi clinici – è uno studio di “real life”. Dall’analisi dei dati è emerso che la terapia precoce con nirmatrelvir/ritonavir (11576 pazienti trattati) è risultata più efficace di quella con molnupiravir (17977 pazienti trattati) nel ridurre il rischio di morte per tutte le cause nei 28 giorni successivi sia nell’intera popolazione studiata (tasso di incidenza cumulativo aggiustato: 0,78% vs 1.23% rispettivamente con nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir, p =0,0002), sia in specifici sottogruppi di pazienti, incluso quelli vaccinati con il ciclo completo più la dose di richiamo (86,7% dei pazienti totali). Per quanto riguarda la tollerabilità, nirmatrelvir/ritonavir è risultato associato ad una maggior incidenza di eventi avversi (disgeusia, diarrea, nausea) (Torti et al., 2023).