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Nitroglicerina

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Farmacologia - Come agisce Nitroglicerina?

La nitroglicerina è un antianginoso; chimicamente è un nitrato organico. Possiede attività vasodilatante a livello venoso (basse concentrazioni) e a livello arterioso (elevate concentrazioni) (Chesi, Reverzani, 1989).

La nitroglicerina agisce mediante liberazione, a livello della muscolatura liscia, di ossido nitrico (NO). Il meccanismo specifico coinvolge l’enzima aldeide deidrogenasi mitocondriale (mtALDH) che reagendo con nitroglicerina rilascia 1,2 dinitroglicerina e lo ione NO2; quest’ultimo è successivamente ridotto a NO. Per azione della mtALDH si formano piccole quantità anche di 1,3 dinitroglicerina, inattiva. Nella formazione del complesso enzima-substrato è coinvolto un gruppo tiolico -SH (sito attivo dell’enzima) con formazione di un tionitrito intermedio che rilascia lo ione nitrito NO2 (Ignarro, 2002; Chen et al., 2002). L’ossido nitrico NO induce l’attivazione della guanilciclasi con conseguenza formazione di cGMP. Il cGMP provoca, a livello sarcoplasmatico, l’attivazione di proteine che defosforilano e disattivano la miosina, proteina responsabile della contrazione della cellula muscolare, determinando miorilasciamento. L’effetto miorilassante della nitroglicerina è più marcato sul distretto venoso rispetto ai vasi di resistenza (arteriole).

La nitroglicerina provoca dilatazione delle grosse vene afferenti riducendo il ritorno venoso al cuore, la pressione di riempimento ventricolare, il volume telediastolico. Diminuendo il precarico cardiaco, si abbassa la pressione polmonare.

La nitroglicerina provoca dilatazione arteriolare riducendo le resistenze periferiche; diminuisce il post-carico cardiaco e di conseguenza provoca riduzione del volume ventricolare e del lavoro cardiaco; aumento della gittata; riduzione della pressione arteriosa (Chesi, Reverzani, 1989).

Provoca aumento della frequenza cardiaca, per meccanismo riflesso (Elkayam, Aronow, 1982).

La nitroglicerina migliora la perfusione del miocardio per vasodilatazione coronarica (effetto positivo sul vasospasmo coronarico); riduce lo stress sulla parete cardiaca, induce dilatazione dei vasi epicardici e favorisce la redistribuzione del flusso ematico nelle zone ipossiche e ischemiche del cuore.

La nitroglicerina provoca anche il rilascio della muscolatura liscia bronchiale, esofagea, gastrointestinale, uretrale, uterina.

La nitroglicerina potrebbe essere impiegata come antidoto nell’avvelenamento da cianuri. Lo ione nitrito infatti induce la formazione di metaemoglobina altamente affine allo ione cianuro (CN-) con cui forma cianometaemoglobina. Quest’ultima può essere detossificata con tiosolfato sodico ev con formazione dello ione tiocianato facilmente escreto.

La nitroglicerina è il farmaco di scelta nel trattamento dell’attacco acuto anginoso per la rapidità d’azione (entro pochi minuti) e per la breve durata (20-30 minuti). Il farmaco è somministrato per via sublinguale sottoforma di confetti da spezzettare o di spray. Le due formulazioni sono risultate fondamentalmente equivalenti nell’efficacia terapeutica. Il grado di salivazione può influenzare la velocità di assorbimento nel caso della compressa (una maggior salivazione aumenta la velocità di dissoluzione e di assorbimento della nitroglicerina), ma è risultato indifferente per lo spray sublinguale.

Rispetto al placebo, la nitroglicerina sublinguale ha ritardato la comparsa dell’attacco anginoso da 27 secondi (placebo) a 174 secondi (farmaco attivo) (Parker et al., 1986).

Nel trattamento a lungo termine dell’angina stabile, la nitroglicerina è somministrata in formulazioni a rilascio controllato, sottoforma di cerotti transdermici. La formulazione a rilascio controllato per via transdermica induce una durata d’azione prolungata ma presenta il rischio di sviluppare tolleranza. La tolleranza si manifesta dopo 12-24 ore dall’inizio della terapia invariabilmente per tutti i nitrati. I pazienti che sviluppano tolleranza rispondono bene ad un abbassamento della concentrazione ematica di nitrati per 4-8 ore al giorno. Nel caso si sospetti tolleranza, sospendere l’applicazione del cerotto per qualche ora durante le 24 ore.

Il sistema transdermico è costituito da un film trasparente in polietilene (permeabile ai gas ma non ai liquidi) con matrice adesiva, contenente nitroglicerina, che modula la cessione del farmaco (in 24 ore, 1/4 della nitroglicerina totale contenuta). La quantità di nitroglicerina rilasciata dal sistema transdermico è di 0,2 mg/ora (cerotto che libera 5 mg/die di nitroglicerina); di 0,6 mg/ora (cerotto che libera 10 mg/die di nitroglicerina).

Il sistema transdermico possiede efficacia nel 56% dei pazienti (Ridout et al., 1988); aumenta la tolleranza all’esercizio per 8-12 ore (cerotto di 20 cm2 che libera 0,4 mg/ora di nitroglicerina; cerotto di 40 cm2 che libera 0,8 mg/ora).

Per infusione endovenosa, la nitroglicerina è impiegata per il trattamento dell’angina instabile, dell’insufficienza ventricolare sinistra e nell’infarto miocardico.

Nelle sindromi coronariche acute, la nitroglicerina è indicata nelle prime 24-48 ore in caso di infarto miocardico e insufficienza cardiaca, infarto anteriore destro, persistente ischemia o ipertensione; dovrebbe essere continuata, oltre le 48 ore, se il paziente manifesta angina ricorrente o congestione polmonare persistente. Il farmaco è impiegato nell’infarto miocardico in assenza di ipotensione, bradicardia o tachicardia; la somministrazione dobrebbe continuare dopo le prime 48 ore se l’infarto si presenta esteso o complicato.

L’uso prolungato della nitroglicerina può associarsi ad un effetto di tolleranza, cioè ad una riduzione degli effetti farmacologici per un determinato dosaggio. E’ stato osservato in studi in vivo come il rilascio di NO da parte della nitroglicerina sia mediato da un enzima mitocondriale, l’aldeide-deidrogenasi (mtALDH) e come la mancanza di questo enzima (animali geneticamente modificati) si associ ad una perdita di attività da parte del farmaco. Inoltre, la somministrazione prolungata di nitroglicerina si associa ad una riduzione dell’attività vascolare della ALDH, ad una diminuzione del metabolismo della nitroglicerina e ad un aumento delle specie radicaliche a livello mitocondriale (tolleranza ai nitrati). E’ possibile che pazienti con pre-esistente danno mitocondriale (come i diabetici) o con scarsa attività degli enzimi mitocondriali possano rispondere in maniera insufficiente alla nitroglicerina. Inoltre, la somministrazione di farmaci in grado di abbassare l’attività enzimatica di mtALDH (sulfoniluree, cloralio idrato, paracetamolo, alcool) potrebbero antagonizzare l’azione vasodilatante della nitroglicerina

Fenomeno di Raynaud
La nitroglicerina è stata impiegata nel trattamento del fenomeno di Raynaud, manifestazione clinica caratterizzata da episodi improvvisi di spasmo delle arterie digitali dopo esposizione al freddo e successivo riscaldamento. L’applicazione di nitroglicerina transdermica (cerotti a rilascio di 0,2 mg/h) è risultata efficace nel ridurre il numero degli attacchi e la loro gravità, anche se il monitoraggio tramite termografia all’infrarosso non ha evidenziato un miglioramento e i 3/4 dei pazienti sono andati incontro a cefalea (Teh et al., 1995).

Emergenza ipertensiva
La nitroglicerina rappresenta un farmaco di scelta nel trattamento delle emergenze ipertensive – quando cioè aumenti repentini della pressione arteriosa si accompagnano a danno d’organo – nei pazienti con sindromi coronariche acute o edema polmonare. In queste condizioni alla nitroglicerina può essere associato un beta bloccante (labetalolo, metoprololo o atenololo) per ridurre ulteriormente la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca e, conseguentemente il consumo di ossigeno del cuore. La nitroglicerina è anche impiegata in associazione a diuretici dell’ansa quando l’emergenza ipertensiva si manifesta in pazienti con insufficienza ventricolare sinistra. E’ impiegata in associazione a beta bloccanti nei pazienti con dissezione aortica, condizione in cui la pressione arteriosa sistolica deve essere assolutamente riportata al di sotto dei 100 mmHg e la frequenza cardiaca a valori di 60 battiti/min per contenere il più possibile lo stress sulla parete dell’aorta.

Nel trattamento dell’emergenze ipertensive la nitroglicerina può indurre cefalea (effetto collaterale più frequente), ipotensione (responsiva alla somministrazione di liquidi), bradicardia e tachicardia. In presenza di danno miocardico destro (infarto destro), la nitroglicerina è controindicata.

In caso di ictus, il trattamento antipertensivo è controverso perché nelle aree cerebrali interessate dall’infarto cerebrale la perfusione è ridotta e un’ulteriore diminuzione della perfusione, indotta dalla somministrazione di farmaci antipertensivi, potrebbe espandere le dimensioni dell’infarto. Il trattamento antipertensivo dovrebbe essere iniziato solo se la pressione arteriosa è superiore a 220/120 mmHg (o in presenza di una pressione media maggiore di 140 mmHg) e dovrebbe porsi come obiettivo una riduzione del 10-15% dei valori pressori. Questi requisiti potrebbero essere soddidfatti da una terapia di associazione con nitroglicerina e labetalolo.

Ragadi anali
Le ragadi anali sono fissurazioni longitudinali dell’epitelio stratificato dell’ultimo tratto del canale anale. Se presenti da meno d 6 settimane si definiscono acute (tendono a guarire spontaneamente), di queste il 50% cronicizza (le ragadi anali croniche tendono a recidivare). La causa non è nota. E’ stato ipotizzato che l’elevata pressione esercitata dallo sfintere interno, che si associa alle ragadi, riducendo l’apporto di sangue ai tessuti indurrebbe una sorta di ischemia, causa della cronicizzazione della patologia. La nitroglicerina topica, è impiegata nel trattamento delle ragadi anali perché in grado di ridurre la pressione dello sfintere anale (azione vasodilatante mediata dal rilascio di ossido d’azoto, NO).

Negli studi non controllati, tutti di piccole dimensioni, l’efficacia della nitroglicerina topica (unguento allo 0,2%) in caso di ragadi cronicizzate è stata pari al 36-85%, con percentuali di recidive attorno al 15-22% (Watson et al., 1996; Lund et al., 1996; Lund, Scholefield, 1997). Negli studi controllati randomizzati verso placebo, l’efficacia della nitroglicerina (unguento allo 0,2%) è risultata pari al 33-68%, con recidive tra il 27% e il 35% (Utzig et al., 2003; Gastroenterology, 2003).

In uno studio randomizzato controllato verso placebo, sono state confrontate preparazioni topiche di nitroglicerina a concentrazioni differenti (0,1%, 0,2% e 0,4%) applicate 2 oppure 3 volte al giorno. Lo studio ha arruolato pazienti sintomatici sia da più di 6 settimane (ragade cronica) sia da meno di 6 settimane. Dopo 8 settimane di terapia, non sono state segnalate differenze significative tra i vari schemi di trattamento con una percentuale di guarigione del 50% anche nel gruppo placebo. Rispetto al placebo, l’unguento allo 0,4% è risultato più efficace nel ridurre la dolorosità (misurata dal paziente tramite una scala analogica visiva): dopo 8 settimane, la riduzione del dolore a partire dal 4° giorno di trattamento è stata pari al 72% con nitroglicerina 0,4% vs 51% con placebo, il dolore alla defecazione è diminuito, rispettivamente, dell’80% vs 61% (Bailey et al., 2002).

Analoghi risultati sono stati riscontrati in un altro studio di confronto fra nitroglicerina a diversi dosaggi: 0,1%, 0,2% e 0,4% due volte/die. Dopo 8 settimane di terapia, le percentuali di guarigione non hanno evidenziato differenze statisticamente significative: 37,5% con placebo vs 46,9% con nitroglicerina 0,1% vs 40,4% con nitroglicerina 0,2% vs 57% con nitroglicerina 0,4%. Anche per quanto riguarda dolore e dolore alla defecazione, le tre preparazioni di nitroglicerina e il placebo non hanno evidenziato differenze cinicamente rilevanti a 2, 4, 6 e 8 settimane (Scholefield et al., 2003).

Concentrazioni più elevate di nitroglicerina (unguento allo 0,6%) sembrerebbero rendere più rapida la guarigione, ma non garantirebbero percentuali di successo più elevate sul lungo periodo. La dose maggiore indurrebbe inoltre un’incidenza più elevata di effetti collaterali quali cefalea e ipotensione posturale con conseguente diminuzione della compliance del paziente (Carapeti et al., 1999). La cefalea interessa circa la metà dei pazienti trattati con nitroglicerina ed è in genere transitoria, si risolve in circa 30 minuti e risponde al trattamento con analgesici (paracetamolo).

La nitroglicerina è risultata equivalente, come tasso di guarigione, alla tossina botulinica e al diltiazem topico (Fruehauf et al., 2006; De Nardi et al., 2006; Br. J. Surg., 2007; Bielecki, Kolodziejczak, 2003; Shrivastava et al., 2007); superiore alla lidocaina (Maan et al., 2004; Ahmad et al., 2007).

Gomito del tennista (epicondilosi laterale)
La somministrazione topica di nitroglicerina è risultata efficace nel trattamento dell’epicondilosi laterale, più comunemente nota come “gomito del tennista”. In uno studio clinico che ha arruolato 86 pazienti, divisi in due gruppi, uno trattato con nitroglicerina topica e l’altro con placebo, entrambi sottoposti ad un programma di riabilitazione, la nitroglicerina è risultata efficace nel risolvere completamente la sintomatologia associata alle attività quotidiane nell’81% dei pazienti contro il 60% del gruppo di confronto (dati a 6 mesi) (Paoloni et al., 2003). In un altro studio, l’applicazione di nitroglicerina topica con cerotto (dose pari a 0,72 mg/24 ore) è risultata efficace dopo 8 settimane (vs placebo, p=0,04), ma non a dosaggi più alti (1,44 mg/24 ore e 3,6 mg/24 ore) (in disaccordo con quanto osservato in altri studi clinici) (Paoloni et al., 2009). In uno studio che ha arruolato 40 pazienti (20 trattati con nitroglicerina e 20 con placebo), la nitroglicerina per via transdermica è risultata efficace nell’indurre remissione dei sintomi (esito clinico principale: valutazione del dolore con una scala analogica visiva) in 18/20 pazienti nel gruppo trattato contro nessun paziente nel gruppo di confronto (Ozden et al., 2014). La nitroglicerina topica (0,72 mg/die – 5 mg/die) è risultata efficace anche nel trattamento delle tendinopatie con un miglioramento della sintomatologia dolorosa entro 8 settimane rispetto al placebo, mantenutasi fino a 6 mesi di trattamento (Challoumas et al., 2018).