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Simeprevir

Farmacologia - Come agisce Simeprevir?

Il simeprevir è un farmaco ad azione antivirale diretta contro il virus dell’epatite C (HCV).

La terapia raccomandata per il trattamento dell’epatite C cronica prevede la somministrazione di peginterferone alfa e ribavirina. Dal 2011 sono stati resi disponibili i primi antivirali ad azione diretta, che esercitano la loro azione inibendo proteine specifiche del virus dell’epatite C. Il simeprevir è stato approvato per la prima volta in Giappone nel 2013, in associazione alla terapia di riferimento con peginterferone alfa e ribavirina (DeLemos, Chung, 2014).

In particolare il simeprevir esercita la sua azione inibendo la proteasi virale NS3 e il suo cofattore NS4A, che è importante per il taglio della catena polipeptidica codificata dal materiale genetico del virus a dare le proteine funzionali.

In vitro l’attività di simeprevir è stata valutata misurando i valori di EC50 (concentrazione necessaria per ottenere il 50% dell’effetto inibitorio massimo) in cellule in coltura contenenti i repliconi dei virus HCV. L’EC50 rappresenta la potenza del farmaco ed è risultata pari a 7,05 ng/mL verso il genotipo 1b e, rispetto a questo valore di riferimento, è stata osservata una variazione di 1,4 volte verso il genotipo 1a e di 0,3 volte verso il genotipo 4. In presenza di siero l’attività antivirale risulta ridotta (Verbinnen et al., 2015).

Inoltre, attraverso saggi in coltura cellulare, sono state individuate le mutazioni che conferiscono resistenza al simeprevir (Wu et al., 2013).
Dall’analisi degli studi clinici è stato possibile osservare che le mutazioni più frequenti nei pazienti non responsivi alla terapia con il simeprevir si trovano alle posizioni 80, 122, 155 e 168 della proteasi codificata dal gene NS3 e sono nella maggior parte dei casi sostituzioni aminoacidiche che emergono in corso di trattamento. Nei virus di genotipo 1a con sostituzione Q80K basale spesso al fallimento della terapia è stata ritrovata anche la mutazione emergente R155K (Akuta et al., 2014; Poveda et al., 2014).

I virus resistenti al trattamento con il simeprevir risultano in vitro suscettibili all’azione degli inibitori della polimerasi NS5B e della proteina NS5A e viceversa.

L’efficacia del simeprevir è stata valutata negli studi clinici valutando la risposta virologica sostenuta (SVR), che corrisponde alla condizione di non rilevabilità del virus HCV nel sangue del paziente a 12 (SVR12) o 24 (SVR24) settimane dopo la fine del trattamento.

Nello studio di fase III, multicentrico, randomizzato in doppio cieco, QUEST-1 è stato condotto su pazienti infetti da HCV di genotipo 1 in prima linea di trattamento, randomizzati per ricevere simeprevir più peginterferone alfa-2a più ribavirina per 12 settimane oppure placebo più peginterferone alfa più ribavirina. Per entrambi i gruppi il trattamento è proseguito con la somministrazione di peginterferone alfa più ribavirina per altre 12 o 36 settimane.
La SVR12 è risultata maggiore nel gruppo trattato con simeprevir: 80% rispetto al 50%, con una percentuale di pazienti che ha interrotto il trattamento a causa delle reazioni avverse minore dell’1% in entrambi i gruppi (Jacobson et al., 2014).

Parallelamente è stato condotto lo studio di fase III QUEST-2, strutturato come lo studio QUEST-1, ma con la differenza che i pazienti ricevevano peginterferone alfa-2b, invece che 2a. Anche in questo studio la SVR12 è stata raggiunta dall’81% dei pazienti trattati con simeprevir e nel 50% di quelli trattati con il placebo (Manns et al., 2014).

L’ efficacia del simeprevir è stata poi valutata, nello studio di fase III PROMISE, per il trattamento dei pazienti infetti da HCV di genotipo 1 precedentemente trattati con interferone, ma andati incontro a recidiva. Anche in questo studio un gruppo di pazienti ha ricevuto simeprevir più peginterferone alfa-2a più ribavirina oppure placebo più peginterferone alfa-2a più ribavirina per 12 settimane, con la prosecuzione di peginterferone e ribavirina nelle settimane successive. La percentuale di SVR12 è stata del 79,2% nel gruppo che ha ricevuto simeprevir e 36,1% in quello che ha ricevuto il placebo, con lo 0,4% dei pazienti trattai con simeprevir che ha richiesto l’interruzione del trattamento, rispetto allo 0% dei pazienti placebo (Forns et al., 2014).

Nei pazienti co-infetti da HCV di genotipo 1 e HIV (virus dell’immunodeficienza umana) le percentuali di SVR12 ottenute con il trattamento con simeprevir, peginterferone e robavirina sono risultate simili a quelle dei pazienti infetti solo da HCV: 79,2% tra i pazienti alla prima terapia, 57,1% tra i pazienti già trattati ma non responsivi, 86,7% tra i pazienti andati incontro a recidiva e 70% tra i parzialmente responsivi (Dieterich et al., 2014).

La terapia con simeprevir nei pazienti infetti da HCV di genotipo 4, in prima o seconda linea di trattamento, è valutata con lo studio di fase III, tutt’ora in corso, RESTORE. La percentuale di efficacia, indicata dalla SVR12, è in linea con quella ottenuta negli studi sui pazienti infetti da genotipo 1: maggiore dell’80% per i pazienti mai trattati in precedenza o andati incontro a recidiva, 60% per i pazienti parzialmente responsivi e 40% tra i pazienti non responsivi al primo trattamento (Moreno et al., 2015).

La combinazione del simeprevir in una terapia con il sofosbuvir è stata valutata in uno studio di fase II, COSMOS, e, in seguito, in uno studio di fase III, OPTIMIST-2, i quali hanno osservato una efficacia del regime terapeutico con percentuali di SVR12 simili a quelle ottenute per la combinazione con peginterferone alfa e ribavirina (Lawitz et al., 2015; Sulkowski et al., 2016)