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Tirzepatide

Mounjaro

Farmacologia - Come agisce Tirzepatide?

La tirzepatide è stata approvata per il trattamento del diabete di tipo 2 nel 2022 in Europa e negli USA e per la gestione del peso in pazienti con sovrappeso o obesità nel 2023 negli USA e nel 2024 in Europa. Il range terapeutico va da 2,5 mg per via sottocutanea una volta alla settimana (dose iniziale) a di 15 mg/settimana (dose massima).

La tirzepatide è un peptide sintetico di 39 aminoacidi coniugato con acidi grassi a 20 atomi di carbonio che servono per prolungarne l’emivita rallentandone l’escrezione.

La tirzepatide è un farmaco a duplice azione: agisce sui recettori delle due principali incretine nell’uomo, il peptide-1 simil-glucagone (GLP-1, Glucagon-like Peptide-1) e il peptide inibitorio gastrico (GIP, Gastric Inhibitory Peptide). Entrambe le incretine intervengono sui livelli di glucosio nel sangue, stimolando il rilascio di insulina ed inibendo quello di glucagone glucosio-dipendente, e sulla sensazione di fame. Rispetto alla semaglutide, che tra gli agonisti GLP-1 è il farmaco con i maggiori effetti sull’emoglobina glicata (HbA1c) e sul peso corporeo (-15%), la tirzepatide ha dimostrato un’efficacia superiore nel ridurre la glicemia nei pazienti con diabete di tipo 2 e il peso corporeo (-20%) nei pazienti in sovrappeso o con obesità (Min et al., 2025). In questi ultimi il calo ponderale si traduce anche in benefici sul versante cardiovascolare e cardiometabolico, sull’apparato respiratorio (sindrome da apnee otruttive del sonno), sul sistema riproduttivo (infertilità), sulla funzionalità renale ed epatica (steatoepatite non alcolica (NASH) o steatoepatite associata a disfunzione metabolica (MASH)).

La tirzepatide riduce la glicemia a digiuno e postprandiale, agendo su insulina, glucagone e svuotamento gastrico. Sul versante dell’insulina, la tirzepatide da un lato aumenta la sensibilità al glucosio delle cellule beta pancreatiche, migliorando la secrezione dell’insulina glucosio-dipendente, dall’altro incrementa la sensibilità tissutale all’insulina. Sul versante del glucagone, la tirzepatide ne riduce le concentrazioni a digiuno e postprandiale glucosio-dipendente. Il rallentamento dello svuotamento gastrico indotto dal farmaco rallenta l’assorbimento del glucosio dopo il pasto favorendo il controllo della glicemia postprandiale.

Per quanto riguarda invece la gestione del peso, la tirzepatide agisce sui recettori target presenti nel cervello in aree deputate al controllo dell’appetito. Il farmaco sopprime l’appetito, aumentando il senso di sazietà, ma soprattutto riduce il desiderio di cibo, in particolare di alimenti ricchi di zuccheri e grassi che attivano i centri nervosi della ricompensa dando luogo ad una sorta di “dipendenza” 

Diabete di tipo 2
L’efficacia e la sicurezza della tirzepatide nel trattamento del diabete di tipo 2 sono state valutate negli studi clinici di fase 3 della serie SURPASS. Si tratta di 5 studi clinici che hanno arruolato più di 6mila pazienti il cui esito clinico primario era il controllo glicemico, mentre gli esiti clinici secondari comprendevano: il peso corporeo e la quota di pazienti che raggiungeva il target di peso corporeo, la glicemia a digiuno e la quota di pazienti che raggiungeva il target di emoglobina glicata. In particolare, la glicemia a digiuno è diminuita da -2,4 mmolo/L a -3,8 mmoli/L nei pazienti trattati con tirzepatide e il calo era già evidente dopo due settimane dall’inizio della terapia, migliorava fino a 42 settimane e si manteneva nel tempo (nello studio SURPASS più lungo l’azione ipoglicemizzante si è mantenuta fino alla 104esima settimana). La tirzepatide ha determinato riduzioni significative anche della glicemia postprandiale e dei livelli di trigliceridi (calo del 15-19%, del 18-27% e del 21-25% rispettivamente con le dosi di 5 mg, 10 mg e 15 mg). Inoltre, la riduzione dei trigliceridi indotta dalla tirzepatide è risultata maggiore di quella ottenuta con semaglutide 1 mg (riduzione del 19% vs 24% vs 25% vs 12% rispettivamente con 5 mg, 10 mg, 15 mg di tirzepatide vs semaglutide). La riduzione dei livelli di trigliceridi è stata osservata anche nei pazienti con obesità o sovrappeso, in assenza di diabete (riduzione del 24%, 27%, 31% vs 6%, rispettivamente con le tre dosi di tirzepatide e placebo (Jastreboff et al., 2022).

SURPASS-1 Monoterapia
Nello studio SURPASS-1, la tirzepatide (5, 10, 15 mg una volta a settimana) è stata confrontata con placebo in pazienti diabetici che non riuscivano a controllare la glicemia con la sola dieta e l’esercizio fisico. Dopo 40 settimane di terapia, la riduzione media dell’emoglobina glicata è risultata pari a 1,87% vs 1,89% vs 2,07% vs 0,04% rispettivamente con tirzepatide 5 mg, 10 mg e 15 mg e placebo. L’87-92% dei pazienti trattati con tirzepatide vs 20% del gruppo placebo ha raggiunto valori di emoglobina glicata inferiori a 7%; l’81-86% vs 10% dei pazienti ha ottenuto valori di emoglobina glicata ≤6,5%; il 31-52% vs 1% dei pazienti è arrivata a valori di emoglobina glicata ≤5,7%. La tirzepatide inoltre ha determinato un calo ponderale dose-dipendente compreso tra 7 e 9,5 kg. La maggior parte degli eventi avversi sono stati lievi-moderati e transitori e hanno riguardato il tratto gastrointestinale (nausea: 12-18% vs 6% rispettivamente con tirzepatide e placebo; diarrea: 12-14% vs 8%; vomito: 2-6% vs 2%). Non sono stati riportati casi di ipoglicemia clinicamente significativa o severa. ? stato riportato un decesso nel gruppo placebo (Rosenstock et al., 2021).

SURPASS-2: tirzepatide vs semaglutide
Nello studio clinico in aperto di fase 3 SURPASS-2, la tirzepatide (5, 10, 15 mg/settimana) è stata confrontata con semaglutide (1 mg/settimana). Dopo 40 settimane, la variazione media stimata della concentrazione di emoglobina glicata rispetto al basale (esito clinico primario) è risultata pari a -2,01% vs -2,24% vs -2,30% vs -1,86% rispettivamente con le tre dosi di tirzepatide e semaglutide. Rispetto alla semaglutide, quindi, la tirzepatide riduceva ulteriormente l’emoglobina glicata dello 0,15% (p=0,02) con la dose di 5 mg, dello 0,39% (p<0,001) con la dose di 10 mg e dello 0,45% (p<0,001) con la dose di 15 mg. Anche la riduzione ponderale associata a tirzepatide risultava superiore a quella indotta da semaglutide (p<0,001 per tutte le tre dosi di tirzeptide). L’incidenza di ipoglicemia (glicemia <54 mg/dL) è risultata pari allo 0,6% (tirzepatide 5 mg) vs 0,2% (tirzepatide 10 mg) vs 1,7% (tirzepatide 15 mg) vs 0,4% (semaglutide). La maggior parte degli eventi avversi è stata di tipo gastrointestinale per entrambi i farmaci, di intensità lieve-moderata: nausea (17-22% vs 18% con tirzepatide e semaglutide), diarrea (13-16% vs 12%), vomito (6-10% vs 8%). Eventi avversi gravi sono stati riportati nel 5-7% dei pazienti trattati con tirzepatide vs 3% del gruppo semaglutide (Frias et al., 2021).

Per ridurre le complicanze del diabete di tipo 2, è strategico riuscire a raggiungere i target terapeutici non solo per il controllo della glicemia ma anche per quanto riguarda il profilo lipidico plasmatico, la pressione arteriosa e il peso corporeo. Nella pratica clinica, questo obiettivo è raggiunta solo da una quota minoritaria di pazienti. Questi target sono distinti in standard e “aggressivi”. Per standard si intende emoglobina glicata <7,0%, pressione arteriosa <140/90 mmHg, colesterolo LDL <70 mg/dL e calo ponderale >10%; per target terapeutici aggressivi, si intende emoglobina glicata <6,5%, pressione arteriosa <130/80 mmHg, colesterolo LDL <55 mg/dL e calo ponderale >15%. Una analisi post-hoc dello studio clinico SURPASS-2, presentato all’Endocrine Society Annual Meeting 2025, ha evidenziato la superiorità della tirzepatide sulla semaglutide come strategia terapeutica per raggiungere simultaneamente i target terapeutici raccomandati (da considerare però che la dose di semaglutide utilizzata nello studio clinico non era la più alta disponibile, pari a 2,5 mg). Al basale il numero medio di target terapeutici raggiunti simultaneamente era 1,1 per i target standard e 0,5 per quelli definiti aggressivi. Fattori associati al raggiungimento di un numero maggiore di obiettivi includono l’etnia bianca e valori di emoglobina glicata, glicemia a digiuno, circonferenza vita e pressione arteriosa bassi. Al termine dello studio clinico i pazienti del gruppo tirzepatide avevano raggiunto un numero maggiore di obiettivi standard rispetto al gruppo in terapia con semaglutide (rispettivamente2,3 vs 2,5 vs 2,6 vs 2,2 con tirzepatide 5, 10, 15 mg e semaglutide 1 mg; p <0,001). Con tirzepatide risultava più alto anche il numero di target aggressivi raggiunto (rispettivamente 1,5 vs 1,7 vs 1,9 vs 1,3 con tirzepatide 5, 10, 15 mg e semaglutide 1 mg; p <0,001). I pazienti in terapia con tirzepatide non hanno mostrato differenze rispetto a quelli in terapia con semaglutide in termini di raggiungimento del target pressorio o colosterolo LDL standard (p=0,94). Tuttavia la quota di pazienti che ha raggiunto tre o più obiettivi terapeutici è risultata più alta con tirzepatide sia che si trattasse di target terapeutici standard sia più aggressivi (target standard: 42% vs 53% vs 57% vs 35% rispettivamente con tirzepatide 5, 10, 15 mg e semaglutide 1 mg, odds ratio 1,91 p <0,001; target aggressivi: 15% vs 20% vs 29% vs 8% rispettivamente con tirzepatide 5, 10, 15 mg e semaglutide 1 mg, odds ratio 3,09 p<0,001). I vantaggi più pronunciati della tirzepatide sulla semaglutide hanno riguardato soprattutto il controllo glicemico e il calo ponderale. 

SURPASS-3: tirzepatide vs insulina degludec
Nello studio SURPASS-3, la tirzepatide è stata confrontata con insulina degludec. Tutti i pazienti erano anche in terapia con metformina con o senza inibitori SGLT2 (32% dei pazienti al basale). I pazienti in terapia con tirzepatide sono stati divisi nei tre gruppi 5 mg, 10 mg e 15 mg, mentre i pazienti in terapia con insulina hanno iniziato con una dose di 10 U/die, aggiustata poi per ottenere una glicemia target a digiuno inferiore a 5 mmoli/L. L’esito clinico primario era la non inferiorità della tirzepatide 10 mg o 15 mg o entrambi i dosaggi verso l’insulina degludec nel ridurre l’emoglobina glicemica alla 52esima settimana di trattamento. I risultati dello studio hanno dimostrato la superiorita della tirzepatide (tutti i dosaggi) sull’insulina degludec titolata in termini di controllo glicemico (riduzione di emoglobina glicata: -1,93% vs -2,20% vs -2,37% vs -1,34% rispettivamente con tirzepatide 5 mg, 10 mg, 15 mg e insulina), peso corporeo (-7,5-12,9 kg vs 2,3 kg con tirzepatide e insulina) e rischio di ipoglicemia (glicemia < 54 mg/dL: 1% vs 1% vs 2% vs 7% con tirzepatide 5 mg, 10 mg, 15 mg e insulina). La tirzepatide ha evidenziato una maggior incidenza di eventi avversi gastrointestinali, come atteso rispetto all’insulina degludec, che ha portato ad una quota di abbandoni del trattamento maggiore rispetto ad insulina (Ludvik et al., 2021).

SURPASS-4: tirzepatide vs insulina glargine
Nello studio SURPASS-4, la tirzepatide è stata confrontata con insulina glargine. I pazienti diabetici, ad elevato rischio cardiovascolare, erano in terapia anche con metformina (95%) e/o sulfaniluree (54%) e/o inibiotiri SGLT2 (25%). Lo studio, in aperto, ha avuto una durata massima di 104 settimane con la misura di esito primaria a 52 settimane. La tirzepatide era somministrata nei tre dosaggi di 5, 10 o 15 mg una volta alla settimana, mentre la dose di insulina glargine era titolata per avere una glicemia a digiuno inferiore a 100 mg/dL. La misura di esito primaria era la non inferiorità di una delle due dosi, o di entrambe, della tirzepatide rispetto all’insulina glargine nel ridurre l’emoglobina glicata. L’end point primario è stato raggiunto con entrambe le dosi di tirzepatide (iduzione dell’emoglobina glicata rispetto all’insulina: -0.99% con tirzepatide 10 mg e -1,14% con tirzepatide 15 mg; limite di non inferiorità dello 0,3%). L’incidenza degli eventi gastrointestinali, frequenti con gli agonisti GLP-1, è risultata maggiore con la tirzepatide rispetto all’insulina glarigine (nausea: 12-23% vs 2%; diarrea: 13-22% vs 4%; riduzione dell’appetito: 9-11% vs <1%; vomito: 5-9% vs 2%). L’incidenza di ipoglicemia (glicemia<54 mg/dL) è stata più alta con l’insulina rispetto alla tirzepatide (19% vs 6-9%), soprattutto nei pazienti che non erano in terapia con sulfoniluree (16% vs 1-3% rispettivamente insulina glargine e trizepatide). Con tirzepatide il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, ospedalizzazione per angina instabile) è risultato minore del 26% rispetto ai pazienti in terapia con insulina glargine (HR 0.74). La mortalità è stata pari al 3% vs 4% rispettivamente con tirzepatide e insulina glargine (Del Prato et al., 2021).

Analisi post hoc degli studi SURPASS-3 e 4
Un’analisi post hoc condotta sugli studi clinici SURPASS-3 e 4 ha mostrato in pazienti diabetici con quadri di glicemia differenti come tirzepatide determini riduzioni maggiori dei livelli di glicemia glicata e glicemia postprandiale (p <0.05) rispetto all’insulina basale. Gli effetti più marcati sulla glicemia a digiuno sono stati osservati nei pazienti che presentavano valori di glicemia a digiuno e glicemia postprandiale più alti dopo trattamento con tirzepatide 10 e 15 mg rispetto all’insulina glargine e tra insulina degludec e tirzepatide 5 mg. Inoltre, mentre con tirzepatide il peso corporeo è dominito, con l’insulina è aumentato nei 4 sottogruppi di pazienti, classificati in base ai valori di glicemia postprandiale e glicemia a digiuno (alta/alta, bassa/bassa, glicemia post prandiale alta/glicemia a digiuno bassa e viceversa) (Giorgino et al., 2024).

SURPASS-5: tirzepatide più insulina glargine
Nello studio SURPASS-5, è stata valutata l’efficacia della tirzepatide in pazienti diabetici con controllo glicemico non adeguato nonostante la terapia con insulina glargine con o senza metformina. Le tre dosi di tirzepatide – 5, 10 e 15 mg una volta a settimana - sono state confrontate con placebo. Al termine dello studio (40esima settimana di terapia), la variazione di emoglobina glicata era di -2,11% vs -2,40% vs -2,34% vs -0,86% rispettivamente con tirzepatide 5 mg, 10 mg, 15 mg e placebo. La quota di pazienti che ha raggiunto valori di emoglobina glicata inferiori al 7% è stata molto più alta con tirzepatide rispetto al placebo (85-90% vs 34%, p<0,001). In media i pazienti in terapia con l’agonista duale GLP-1/GIP hanno perso dai 5 ai 9 kg di peso contro un guadagno di 1,6 kg osservato nel gruppo placebo. per quanto riguarda la tollerabilità, gli effetti avversi più comuni correalti al trattamento sono stati diarrea (12-21% vs 10% rispettivamente con tirzepatide e placebo) e nausea (13-18% vs 3%). Una percentuale più alta di pazienti in terapia con tirzepatide ha interrotta la terapia prima del tempo (10% vs 12% vs 18% vs 3% rispettivamente con tirzepatide 5 mg, 10 mg15 mg e placebo) (Dahl et al., JAMA, 2022).

Neuropatia diabetica periferica
In uno studio statistico presentato all’incontro annuale 2024 della Peripheral Nerve Society (PNS), la tirzepatide è stata associata ad una riduzione del rischio di neuropatia diabetica periferica quando confrontata con insulina o altri farmaci antidiabetici. L’analisi, basata sulla metodologia del Propensity Score-Metching, valutava l’incidenza di neuropatia diabetica periferica a 1 mese, 1 anno e 2 anni. I farmaci di confronto comprendevano, oltre a insulina, metformina, semaglutide, dulaglutide e liraglutide. Il set di dati proveniva dal TrinetX Global Health Research Network, database che raccoglie le schede sanitarie elettroniche di pazienti di 83 organizzazioni sanitarie. Nel gruppo di pazienti in terapia con tirzepatide il rischio di neuropatia diabetica periferica è sceso dal 4,8% al 3%, mentre con insulina è passato dal 4,9% al 6,3%. Lo stesso rischio con metformina è sceso leggermente, mentre è rimasto sostanzialmente lo stesso con semaglutide; con dulaglutide e liraglutide, il rischio ha evidenziato un lieve calo dopo 1 mese per poi aumentare a 1 e 2 anni.

Diabete di tipo 1
Poichè circa due terzi dei pazienti con diabete di tipo 1 mostrano sovrappeso o obesità, anche in questo gruppo di pazienti inizia ad essere utilizzata la tirzepatide. Su questa scia è stato condotto il primo trial clinico randomizzato contro placebo di fase 2 (TIRTLE1) sull’uso della tirzepatide a basso dosaggio (2,5 mg e 5 mg/settimana) in pazienti con diabete di tipo 1 (Snaith et al., 2025). Nel campione selezionato, l’età media era di 41 anni, la durata media del diabete di 23 anni, l’indice di massa corporea (BMI) pari a 33,7, l’emoglobina glicata pari a 7,3% con valori fuori controllo per il 35% del tempo e una dose di insulina gionaliera di 69 unità. L’esito clinico primario era la variazione di peso al termine dello studio, la cui durata era di 12 settimane. Nel gruppo trattato con tirzepatide (12 pazienti), solo un paziente non ha aumentato la dose di tirzepatide da 2,5 mg a 5 mg.

Dopo 12 settimane il gruppo trattato con l’agonista duale GLP-1/GIP ha mostrato una riduzione del peso corporeo di 10,3 kg contro 0,7 kg nel gruppo placebo. La differenza tra i due gruppi è risultata corrispondere a 3 punti di BMI, ovvero ad una riduzione dell’8,8% del peso corporeo. Di fatto, con tirzepatide tutti i pazienti hanno perso almeno il 5% del peso corporeo e il 45% ha perso il 10%. Nel gruppo placebo, il 9% dei pazienti ha perso il 5% del peso e nessuno ha superato questa soglia. La differenza di riduzione dell’emoglobina glicata non è risultata statisticamente significative (0,5% vs 0,2%, p=0,05) e non sono state osservate differenze in merito al tempo in cui i valori di glicemia sono stati nel range o sotto range. La tirzepatide però ha mostrato efficacia nell’attenuare l’ampiezza delle variozioni della glicemia (p=0,03) e nel ridurre la dose di insulina necessaria. L’effetto sull’insulina era evidente già dopo 2 settimane di terapia con tirzepatide, è risultato significativo dopo 6 settimane, e si è mantenuto inalterato fino alla fine dello studio (12esima settimana). Questo andamento sembra suggerire un‘azione della tirzepatide sull’insulina che precede quella che il farmaco ha sul peso. I pazienti in terapia con tirzepatide hanno mostrato un’incidenza maggiore di eventi avversi rispetto al placebo (pazienti coinvolti: 9 vs 1) che hanno interessato il distretto gastrointestinale (nausea transitoria, nausea persistente, vomito, reflusso). Non sono stati riscontrati né ipoglicemia severa né chetoacidosi diabetica.

Obesità
L’efficacia e la sicurezza della tirzepatide nella gestione del peso sono state valutate negli studi clinici della serie SURMONT. I pazienti arruolati presentavano obesità (indice di massa corporea ≥30 kg/m2) oppure sovrappeso (indice di massa corporea ≥27 kg/m2 e <30 kg/m2) ma associato ad almeno una comorbilità legata al peso. Solo lo studio SURMONT-2 ha preso in considerazione il diabete di tipo 2 come co-morbilità; negli altri studi clinici della serie (SURMONT-1, 3 e 4) i pazienti in sovrappeso non avevano diabete di tipo 2 conclamato. Analogamente agli studi sul diabete (SURPASS), la dose di tirzepatide è stata titolata fino al valore target di 5 mg, 10 mg e 15 mg per via sottocutanea, una volta alla settimana. In tutti gli studi della serie SURMONT la tirzepatide ha evidenziato una riduzione del peso corporeo clinicamente significativa rispetto al placebo, in una percentuale di pazienti significativamente più alta. Non solo, utilizzando l’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA), nello studio SURMONT-1, i dati hanno indicato come la maggior parte della perdita di peso corporeo fosse attribuibile alla perdita di massa grassa rispetto alla massa magra.

Come già osservato con semaglutide, anche con tirzepatide il tempo intercorso tra inizio della terapia e stabilizzazione del peso è doppio rispetto a quello che si osserva con regimi dietetici di restrizione calorica (24 mesi vs 12 mesi). Tutti gli interventi per trattare l’eccesso di peso - restrizione calorica, farmaci, chirurgia - arrivano ad un valore di peso oltre il quale non si riesce più scendere, un valore detto “plateau”. Il tempo necessario a raggiungere il valore plateau è risultato sostanzialmente sovrapponibile tra semaglutide, tirzepatide e l’intervento di chirurgia bariatrica “Roux-en-Y gastric bypass o RYGB”. Nello studio di riferimento che ha confrontato questi tre interventi con la restrizione calorica secondo un modello matematico validato che simula l’andamento del peso, la composizione corporea e le dinamiche di bilancio energetico per ciascuno dei 4 interventi, la velocità con cui si arriva al plateau non dipende dalla riduzione del dispendio calorico ma dalla velocità con cui aumenta l’appetito man mano che si perde peso. L’appetito può essere scomposto, idealmente, in tre aspetti: fame, sazietà e gratificazione. Gli agonisti GLP-1 agendo sia sulla fame che sulla sazietà aumentano il tempo necessario a risveglire l’appetito. In ogni caso, comunque, l’organismo, che tende a mantenere lo “status quo” ovvero lo stato di partenza, reagisce all’intervento di gestione del peso e quando questa reazione diventa “uguale e contraria” all’intervento esterno, si raggiunge un valore di peso stabile (plateau) che diminuisce più (Hall, 2024).

La perdita di peso indotta dagli agonisti GLP-1 potrebbe accompagnarsi ad un lieve calo del rischio di cancro correlato all’obesità. In uno studio osservazionale che ha confrontato agonisti GLP-1 e inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), questi ultimi senza effetti ponderali, è emerso un effetto protettivo dei primi verso il tumore del colon (riduzione dl rischio del 16%) e del retto (riduzione del rischio del 28%) nelle donne. Nei pazienti trattati con agonisti del GLP-1, inoltre, non è emersa nessuna associazione negativa, statisticamente significativa, verso le 14 tipologie di tumore prese in esame nello studio clinico, mentre è stata registrata una riduzione dell’8% dell’incidenza di morte per qualsiasi causa. Nella popolazione di sesso femminile, ma non in quella maschile, il rischio di tumore correlato all’obesità è diminuito dell’8% e il rischio di morte per quasiasi causa del 20% in chi assumeva agonisti GLP-1 rispetto a chi assumeva inibitori DPP-4 (Mavromatis et al., 2025).

SURMONT-1
In questo studio l’indice di massa corporea medio dei pazienti (67,5% di sesso femminile, 40,6% con glicemia alta, ma non diabete) era di 38 kg/m2. Al termine dello studio (72 settimane), la perdita di peso con tirzepatide 5 mg, 10 mg e 15 mg è risultata pari a 15%, 19,5% e 20,9% vs 3,1% con il placebo (p<0,001 per tutti i confronti con il placebo). La percentuale di pazienti che ha perso almeno il 5% è stata pari all’85-91% con tirzepatide vs 35% con placebo. Il 50% e il 57% dei pazienti trattati con tirzepatide 10 mg e 15 mg hanno avuto un calo del peso uguale o maggiore del 20%, rispetto al 3% del gruppo placebo (p<0,001). Nel gruppo tirzepatide i pazienti hanno visto migliorare anche i parametri cardiometabolici prespecificati. Gli eventi avversi più comuni sono stati a carico del tratto gastrointestinale, come atteso, di grado lieve-moderato e si sono verificati soprattutto nella fase inziale del trattamento, di titolazione del dosaggio. Gli eventi avversi hanno determinato l’interruzione della terapia nel 4,3% vs 7,1% vs 6,2% vs 2,6% dei pazienti rispettivamente trattati con 5 mg, 10, 15 mg di tirzepatide e placebo (Jastreboff et al., 2022). 

In un’analisi post hoc dello studio clinico SURMOUNT 1 è emerso che una percentuale di pazienti potrebbe impiegare più tempo a rispondere alla terapia farmacologica con tirzepatide rispetto alla all’intervallo standard considerato di 12 settimane. Nello studio, infati, i pazienti che dopo 12 settimane mostravano una perdita di peso inferiore al 5%, riuscivano ad arrivare a questo target dopo 72 settimane. In questo sottogruppo di pazienti il tempo medio di risposta, definito come perdita di peso almeno del 5%, è risultato di 24,8 settimane.

SURMONT-2
 Focus dello studio clinico è stato l’impatto della tirzepatide sulla getione del peso in pazienti con sovrappeso/obesità e diabete di tipo 2. I pazienti arruolati, che presentavano un indice di massa corporea ≥27 kg/m2 e valori di emoglobina glicata compresi tra il 7% e il 10%, sono stati randomizzati, in doppio cieco, a ricevere tirzepatide (10 o 15 mg) o placebo per 72 settimane. Gli esiti clinici primari comprendevano la variazione ponderale rispetto al basale e la percentuale di pazienti che raggiungevano un calo ponderale almeno del 5%. Al termine dello studio la percentuale di peso persa risultava pari a -12,8% vs -14,7% vs -3,2% rispettivamente con tirzepatide 10 mg e 15 mg e placebo (variazione rispetto al placebo: -9.6% tirzepatide 10 mg, p<0,0001; -11,6% con tirzepatide 15 mg, p<0,0001). Il 79-83% dei pazienti del gruppo tirzepatide ha raggiunto il valore soglia di calo ponderale, almeno il 5%, contro il 32% del gruppo placebo. Come atteso gli eventi avversi più comuni sono stati di natura gastrointestinale, di intensità per lo più lieve-moderata. Eventi avversi gravi sono stati riportati complessivamente nel 7% dei partecipanti. Nel gruppo tirzepatide sno stati riporati 2 decessi non considerati correlati al farmaco (Garvey et al., 2023).

SURMONT-3
 Lo studio ha valutato l’impatto della tirzepatide in pazienti con obesità o sovrappeso che avevano ottenuto una riduzione del peso corporeo almeno del 5% con interventi intensivi sullo stile di vita dopo 12 settimane. L’aggiunta di tirzepatide ha determinato un’ulteriore perdita di peso media di 18,4% dopo 72 settimane vs 2,5% con placebo. La percentuale di pazienti che ha ottenuto una riduzione del proprio peso almeno del 5% è stata dell’87,5% nel gruppo tirzepatide vs il 16,5% nel gruppo placebo (Wadden et al., 2023).

SURMONT-4
 Obiettivo del SURMONT 4 era verificare l’effetto della tirzepatide, in aggiunta ad un adeguato stile di vita (alimentazione, attività fisica) sul mantenimento della riduzione del peso. A questo scopo i pazienti arruolati hanno ricevuto tirzepatide (10 mg e 15 mg) in aperto per 36 settimane, quindi sono stati randomizzati in doppio cieco a continuare con il farmaco oppure con placebo per 52 settimane. L’esito clinico primario consisteva nel valutare la variazione media di peso nelle 52 settimane in doppio cieco, mentre l’esito clinico secondario la percentuale di pazienti che alla fine dello studio aveva mantenuto almeno l’80% del peso perso nelle prime 36 settimane. La percenuale media di peso perso nelle 36 settimane iniziali è stata pari al 20,9%; dopo la randomizzazione i pazienti trattati con tirzepatide hanno perso ancora una percentuale media del 5,5% del peso, mentre nel gruppo placebo il peso è aumentato in media del 14% (differenza: -19,4%, p<0,001). Al termine dello studio (88esima settimana), l’89,5% dei pazienti nel gruppo tirzepatide aveva mantenuto almeno l’80% della perdita di peso ottenuta nelle 36 settimane iniziali contro il 16,6% del gruppo placebo (p<0,001). La perdita di peso complessiva per l’intera durata dello studio (88 settimane) è risultata pari al 25,3% con tirzepatide vs 9,9% con placebo (Aronne et al., 2024).

SURMONT-5
 La tirzepatide è risultata più effcace della semaglutide nel ridurre il peso corporeo in pazienti con obesità non diabetici. Nello studio di confronto testa a testa (SURMOUNT-5), dopo 72 settimane di trattamento (poco meno di un anno e mezzo) i pazienti che assumevano tirzepatide (10 mg o 15 mg) hanno perso oltre un quinto del loro peso (20,2%) contro poco meno di un settimo (13,7%) in quelli trattati con semaglutide. Quasi un paziente su cinque del gruppo tirzepatide ha ottenuto una perdita del peso maggiore del 30% contro il 6,9% del gruppo di confronto. Il peso corporeo medio al basale era di 113 kg. La maggior perdita di peso nel gruppo tirzepatide è stata accompagnata da un migliorameno più marcato dei parametri cardiometabolici: pressione sistolica e diastolica, glicemia, insulina a digiuno, trigliceridi, colesterolo-VLDL e colesterolo-HDL. La metà delle persone arruolate nello studio presentava almeno due complicanze associate all’obesità (Aronne et al., 2025).

SURPASS-PEDS
 I dati epidemiologici indicano un aumento dell’incidenza del diabete di tipo 2, malattia tipica dell’età adulta, nei giovanissimi, ovvero nella fascia di età under 18. Negli USA, negli ultimi anni, una diagnosi su 4 coinvolge un ragazzo non ancora maggiorenne. Uno studio di fase 3, randomizzato e controllato con placebo, ha valutato l’efficacia e tollerabilità della tirzepatide (5 mg e 10 mg/sett) nella fascia di età 10-17 anni, in ragazzi con diabete di tipo 2, non controllati adeguatamente con metformina e/o insulina basale. L’esito clinico primario era la variazione dell’emoglobina glicata dal basale alla 30esima settimana. Al termine dello studio l’emoglobina glicata era diminuita in media del 2,23% (valore iniziale: 8,04%) con la tirzepatide, mentre era aumentata dello 0,05% con il placebo. (p<0,0001). Nello specifico il 79% dei pazienti ha raggiunto valori di emoglobina glicata inferiori al 6,5% (vs 29% con placebo) e il 53% valori inferiori al 5,7% (vs 14% con placebo). Nel gruppo trattato con tirzepatide, il controllo glicemico è continuato anche nelle 22 settimane di estensione in aperto dello studio. La tirzepatide è risultata efficace anche nella riduzione del peso corporeo (-7,4% con 5 mg/sett; -11,2% con 10 mg/sett) rispetto al placebo (-0,4%). Il profilo di tollerabilità del farmaco è risultato in linea con quello riscontrato nella popolazione adulta con il 6% dei pazienti nel gruppo 10 mg (2/33) che ha inerrotto il trattamento per le reazioni avverse (Hannon et al., 2025).

Rischio cardiovascolare
La tirzepatide ha dimostrato benefici clinici sul rischio cardiovascolare. Nello studio SURPASS-CVOT, i cui risultati finali sono stati presentati all’incontro annuale dell’Associazione europea per lo studio sul diabete (EASD 2025), la tirzepatide è stata associata ad un’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (MACE: morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus) inferiore dell’8% rispetto ai pazienti trattati con dulaglutide, agonista GLP-1 con benefici cardiovascolari già noti (i pazienti arruolati presentavano diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare accertata). Questo valore, 8%, indica una differenza non significativa (hazard ratio HR, di 0,92) che soddisfa i criteri di non inferiorità rispetto alla dulaglutide (p=0,003) (esito clinico principale dello studio) ma non quelli di superiorità (p=0,086), Comunque il tasso di mortalità per tutte le cause nei pazienti trattati con tirzepatide è risultato inferiore del 16% (HR, 0,84) rispetto a quello riscontrato nel gruppo in trattamento con dulaglutide (Eli Lilly, 2025). Con l’agonista duale GLP-1/GIP è stato riportato un miglioramento dei lipidi plasmatici e dei valori di pressione sistolica. Nello studio SUMMIT, in pazienti con obesità e insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (≥50%), la tirzepatide (dosi fino a 15 mg/sett) è risultata ridurre del 38% il rischio di progressione dell’insufficienza cardiaca e di morte cardiovascolare (esito clinico composito) dopo 52 settimane di trattamento (Packer et al., 2025). Per l’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta, invece, l’efficacia e la sicurezza della tirzepatide dvono ancora essere indagate. In ogni caso, nonostante gli esiti positivi dello studio clinico, al momento le evidenze non sono ancora sufficienti per una raccomandazione delle autorità regolatorie per l’impiego di tirzepatide nell’insufficienza cardiaca (Kittleson et al., 2025).

Confrontando tirzepatide con la chirurgia bariatrica non sono invece differenze per l’esito clinico composito primario di mortalità per tutte le cause, eventi cardiovascolari maggiori (MACE, Major Adverse cardiovascular Events) ed eventi renali maggiori (MAKE), considerando separatamente la mortalità per tutte le cause o il rischio di MACE. Rispetto alla chirurgia bariatrica, la tirzepatide è risultata associata ad un tasso minore di eventi indicativi di un peggioramento della funzionalità renale o di una compromissione della sopravvivenza legata ai reni (MAKE, Major Adverse Kidney Events) (WU et al., 2025).

Sindrome da apnea ostruttiva del sonno
La sindrome da apnea ostruttiva del sonno è una patologia respiratoria caratterizzata da micropause nella respirazione mentre si dorme, causate da un’ostruzione parziale o completa delle vie respiratorie. Il trattamento standard prevede l’uso notturno di dispositivi che erogano aria a pressione positiva (PAP, Positive Airway Positive) per mantenere la pervietà delle vie respiratorie. Un peso corporeo eccessivo costituisce un fattore di rischio per questo disturbo, non solo, spesso chi soffre di sindrome da apnea ostruttiva del sonno presenta anche ipertensione e/o malattia cardiovascolare.

Gli agonisti GLP-1, per i loro effetti sull’eccesso di peso, sul diabete, sul profilo cardiometabolico e cardiovascolare, hanno le carte in regola per poter diventare un’opzione terapeutica nei pazienti affetti da questa sindrome: negli USA, la tirzepatide è stata approvata per il trattamento anche di questa patologia. Nei due studi di riferimento (SURMONT-OSA), la tirzepatide è stata confrontata con placebo in pazienti con obesità che non usavano (studio 1) o usavano (studio 2) dispositivi PAP. L’inibitore duale GLP-1/GIP è risultato efficace nel ridurre gli episodi di apnea o ipopnea durante il sonno indipendentemente dall’uso di dispositivi PAP. Dopo 52 settimane di trattamento con tirzepatide (10 o 15 mg una volta a settimana), la variazione media del punteggio AHI (Apnea-Hypopnea Index) è stata di -25,3 episodi/ora vs -5,3 episodi con placebo (p<0,001) nello studio 1 e di -29,3 episodi/ora vs -5,5 episodi/ora con placebo (p<0,001) nello studio 2. Signficativi miglioramenti, rispetto al placebo, in entrambi gli studi, sono stati riscontrati con tirzepatide anche per gli esiti clinici secondari: variazione percentuale dell’indice AHI e del peso corporeo e variazioni del carico ipossico, disturbi e alterazioni del sonno riferiti dai pazienti, concentrazione della proteina C reattiva ad alta sensibilità (test che valuta il rischio cardiovascolare in persone apparentemente sane) e pressione sistolica (Malhotra et al., 2024).

In uno studio di coorte retrospettivo, che ha utilizzato dati di real world combinati con la metodologia statistica del Propensity Score Matching per ottenere due gruppi di pazienti confrontabili, la tirzepatide è stata confrontata con liraglutide e semaglutide (entrambi agonisti GLP-1 approvati per diabete di tipo 2 e obesità) per valutare l’efficacia dei tre farmaci nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) in pazienti con diabete di tipo 2 e sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno. La tirzepatide ha mostrato maggiore efficacia dei due GLP-1 agonisti nel ridurre il rischio di MACE (vs liraglutide HR: 0.58; vs semaglutide HR:0,86). La tirzepatide ha mostrato maggiore efficacia nei pazienti più giovani, di sesso maschile ed etnia bianca. La tirzepatide ha ridotto gli episodi di apnea notturna in maniera più marcata della liraglutide (HR: 0.89), ma non della semaglutide (HR: 0.94) (Henney et al., 2025).

Malattia epatica associata a disfunzione metabolica (MASLD)
La malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (MASLD, Metabolic Associated Steatosic Liver Disease), precedentemente chiamata malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD, Non Alcoholic Fatty Liver Disease) è una condizione strettamente associata all’obesità e al diabete di tipo 2. La steatosi, se non trattata, tende a progredire in steatoepatite (MASH, ex NASH), quindi a fibrosi, poi cirrosi e infine a carcinoma epatocellulare correlato a MASH. La tirzepatide è risultata associata ad una riduzione significativa della steatosi e dei marker di fibrosi epatica. Questi effetti sono probabilmente legati alla capacità dell’agonista duale GLP-1/GIP di migliorare la sensibilità all’insulina, ridurre l’accumulo lipidico e attenuare l’infiammazione epatica.

In pazienti con diabete di tipo 2 e MASLD, il passaggio da agonisti del GLP-1 (dulaglotide, semaglutide) a tirzepatide ha determinato, dopo 6 mesi, una riduzione significativa del peso corporeo, dell’emoglobina glicata, dei punteggi che valutano la steatosi epatica (fatty Liver Index) e la fibrosi epatica (Fibrosis-4 (FIB-4) Index), e i livelli di proteine C reattiva ad elevata sensibilità (hsCRP, high-sensitivity C-Reactive Protein) (Okuma, 2025).

Nei pazienti con MASH e presenza di fibrosi epatica (moderata o severa), la tirzepatide è risultata efficace nell’indurre risoluzione della MASH in assenza di progressione della fibrosi. Nello studio di riferimento, di fase 2, randomizzato contro placebo della durata di 52 settimane, la percentuale di pazienti che ha manifestato risoluzione della steatoepatite senza peggioramento della fibrosi epatica (esito clinico primario) è stata pari al 10% nel gruppo placebo, al 44%, al 56% e al 62% rispettivamente nel gruppo trattato con tirzepatide 5 mg, 10 mg e 15 mg per via sottocutanea, una volta alla settimana. I pazienti che hanno migliorato la fibrosi senza peggiorare la MASH (esito clinico secondario) sono stati il 30% vs 55% vs 51% vs 51% rispettivamente con placebo e tirzepatide 5 mg, 10 mg e 15 mg. (Loomba et al., 2024).

Attualmente (settembre 2025) l’unico farmaco approvato negli USA e in Europa per la MASH è resmetirom; negli USA la semaglutide (specialità medicinale Wegovy) ha ricevuto un’estensione di indicazione per il trattamento della MASH negli adulti con fibrosi di grado moderato-avanzato.

GLP-1 agonisti e testosterone
Le persone affette da obesità, soprattutto se di sesso maschile, presentano livelli di testosterone inferiori del 30% rispetto alle persone normopeso. Inoltre, più di 7 persone su 10 di sesso maschile con obesità patologica presentano livelli ancora più bassi di quelli attesi per questa categoria di persone. Il calo ponderale conseguente a cambiamenti dello stile di vita e la chirurgia bariatrica determinano un aumento del testosterone totale e della proteina (SHBG, Sex Hormone Binding Globulin) che lega il testosterone e lo trasporto nel sangue in forma inattiva. L’analisi dei dati di uno studio di coorte retrospettivo ha evidenziato che l’uso di incretine, come tirzepatide, semaglutide e dulaglutide, può invertire anche i livelli di testosterone. In uno studio condotto su pazienti di sesso maschile (234) in terapia con semaglutide (71%), dulaglutide (21%) e tirzepatide (35%), il testosterone totale e il testosterone libero sono aumentati, rispettivamente, da 312 ng/dL al basale a 368 ng/dL a fine terapia e da 6,7 ng/dL al basale a 7,2 ng/dL al follow up. Il peso corporeo, diminuito da 117 kg a 108 kg al follow up, è risultato correlare negativamente sia al tesosterone totale sia al testosterone libero e la percentuale di pazienti con testosterone totale superiore ai 300 ng/dL è passata dal 54% al basale al 76% al follow up (p <0,001). La concentrazione di proteina legante gli ormoni sessuali, l’SHBG, invece, non è risultata aumentare con la terapia incretinica. Il calo ponderale rimane, comunque, il principale driver nel migliorare i livelli di testosterone (Portillo Canales et al., 2025).

In uno studio pilota che ha confrontato direttamente tirzepatide e testosterone transdermico in pazienti con ipogonadismo e obesità, l’agonista duale GLP-1/GIP è risultato efficace nel ripristinare l’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo con benefici clinici metabolici e ormonali superiori alla terapia ormonale sostitutiva. Da un punto di vista metabolico, la tirzepatide è risultata più efficace del testosterone, e del solo intervento sullo stile di vita, l’altro gruppo di confronto, nel ridurre il peso corporeo, la circonferenza vita, l’indice di massa corporea e i punteggi della Binge Eating Scale. Da un punto di vista ormonale, i pazienti trattati con tirzepatide hanno mostrato un incremento maggiore dei livelli di testosterone totale, ormone lueinizzante (LH), ormone follicolo-stimolante (FSH) e livelli inferiori di 17-beta-estradiolo rispetto ai due gruppi di confronto, pazienti trattati con testosterone transdermico e pazienti trattati solo con modifiche dello stile di vita. Anche il punteggio relativo alla disfunzione erettile è risultato migliorare in maniera più significativa con tirzepatide rispetto all’uso del testosterone (la terapia sostitutiva con testosterone transdermico determina una riduzipne della produzione endogena di gonadotropine) (La Vignera et al., 2025).

Sindrome di Alström
In letterature sono riportati due casi di sindrome di Alström trattati con tirzepatide (Ferch et al., 2025). La sindrome di Alström è una rara malattia genetica (mutazioni a carico del gene ALMS1) multi-sistemica, caratterizzata da degenerazione retinica, progressiva perdita dell’udito, obesità infantile, diabete di tipo 2 e insulino resistenza, cardiomiopatia dilatativa, disfunzione epatica e renale progressiva. Nel primo caso, precedentemente trattato con semaglutide, la successiva terapia con tirzepatide ha determinato un calo ponderale quasi del 27 %, il miglioramento dei livelli di emoglobina glicata che ha permesso di ridurre la dose di insulina giornaliera (-83%) e la risoluzione della steatosi epatica. Nel secondo caso, con diabete già controllato, il calo ponderale indotto dalla tirzepatide è stato accompagnato da una riduzione del grasso epatico dal 21 all11% dopo tre mesi di terapia.