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Zopiclone

Imovane, Zopiclone

Farmacologia - Come agisce Zopiclone?

Lo zopiclone appartiene alla classe dei ciclopirroloni ed è un farmaco sedativo ad azione ipnotica con attività ansiolitica, anticonvulsivante e miorilassante (Goa, Heel, 1986).
È caratterizzato da un profilo farmacologico simile a quello delle benzodiazepine, ma presenta una struttura chimica diversa.
Lo zopiclone agisce in maniera selettiva a livello dei siti di legame delle benzodiazepine presenti sul recettore di tipo A dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA), un neurotrasmettitore con funzione inibitoria; tale interazione determina l’apertura dei canali del cloro e un potenziamento della trasmissione GABAergica a livello centrale. Lo zopiclone sembra avere un’azione selettiva per il sottotipo recettoriale omega-1, che determina l’effetto sedativo, mentre le benzodiazepine interagiscono anche con il sottotipo omega-2, responsabile degli effetti negativi sulla memoria e sulle funzioni cognitive (Terzano et al., 2003).
Il farmaco, in vitro, mostra un’elevata affinità verso i siti di legame delle benzodiazepine a livello della corteccia cerebrale, dell’ippocampo e del cervelletto; non possiede alcuna efficacia verso i siti periferici (a livello renale) (Blanchard et al., 1983).

Negli animali lo zopiclone ha mostrato interazione con i nocicettori; la somministrazione del farmaco per via sottocutanea ha indotto un debole effetto antinocicettivo dose-dipendente, antagonizzato solo dalla yohimbina, un antagonista del recettore alfa2-adrenergico. Lo zopiclone è stato somministrato a dosi superiori rispetto a quelle impiegate per il trattamento dell’insonnia (Pick et al., 2005).

Lo zopiclone è un farmaco stereoselettivo; la molecola possiede un atomo di carbonio chirale a cui sono legati quattro sostituenti diversi. In terapia lo zopiclone viene impiegato come miscela racemica composta dai due enantiomeri R e S, dei quali il secondo risulta più attivo; l’enantiomero S(+)-zopiclone possiede affinità 50 volte maggiore dell’enantiomero R(-)-zopiclone verso i siti di legame delle benzodiazepine (Blaschke et al., 1993).

Lo zopiclone è un composto dotato di rapida insorgenza dell’effetto e breve durata d’azione (emivita 3,5-6,5 ore); viene impiegato per brevi periodi nel trattamento di disturbi del sonno transitori, situazionali o correlati a stati d’ansia caratterizzati da difficoltà ad addormentarsi e risvegli frequenti, che influenzano in modo negativo la vita quotidiana.

Insonnia
Lo zopiclone risulta efficace nell’indurre e mantenere i parametri fisiologici del sonno: ne aumenta la durata, ne migliora la qualità, diminuisce il numero dei risvegli notturni e il risveglio precoce. Il farmaco ha mostrato efficacia superiore rispetto al placebo nel ridurre il tempo necessario per addormentarsi e il numero di risvegli notturni e nell’aumentare il tempo totale del sonno (Noble et al., 1998).
Lo zopiclone diminuisce lo stadio I del sonno, allunga lo stadio II, prolunga gli stadi III e IV (stadi profondi del sonno) e rispetta il sonno paradosso.
Il farmaco, a differenza delle benzodiazepine di uso comune, sembra determinare minore assuefazione e dipendenza a causa della breve emivita (3,5-6,5 ore vs 10-12 ore lormetazepam; 10-20 ore lorazepam; 8-22 ore temazepam; 20-200 ore diazepam e metaboliti) (Ashton, 1995).
Lo zopiclone (7,5 mg/die somministrati per via orale) possiede efficacia simile a temazepam (20 mg/die somministrati per via orale), a triazolam (0,5 mg/die somministrati per via orale), a flurazepam (15-30 mg/die somministrati per via orale) e a nitrazepam (5-10 mg/die somministrati per via orale) nella terapia dell’insonnia; non sembra alterare la funzionalità cardiovascolare o respiratoria (Goa, Heel, 1986). Lo zopiclone ha mostrato efficacia terapeutica comparabile anche a midazolam (15 mg/die) nel trattamento dei disturbi del sonno, ma ha determinato una maggiore insorgenza di insonnia rebound alla sospensione del trattamento (Begg et al., 1992).

In uno studio clinico 1507 pazienti affetti da insonnia hanno assunto in modo randomizzato per 28 giorni zopiclone, flunitrazepam, triazolam o placebo; l’efficacia del trattamento è stata valutata come riduzione di almeno 15 minuti del tempo di latenza del sonno, aumento del tempo di sonno totale di almeno il 20%, riduzione del numero di risvegli notturni (non più di tre), sensazione di benessere al risveglio. La percentuale di pazienti che hanno risposto al trattamento è risultata significativamente superiore rispetto al placebo (p=0,0017) e pari a 37,4% con zopiclone, 32,2% con triazolam, 30% con flunitrazepam vs 26,8% con placebo. La sospensione del trattamento non ha determinato l’insorgenza di insonnia rebound (Hajak et al., 1994).
Lo zopiclone (5 mg/die) somministrato a pazienti anziani (età media 79 anni) ha mostrato efficacia comparabile a flunitrazepam (1 mg) nel trattamento dell’insonnia (Dehlin et al., 1995).
In pazienti affetti da insonnia associata al disturbo da ansia generalizzata sia zopiclone che triazolam hanno ridotto i disturbi del sonno; lo zopiclone ha mostrato efficacia superiore nel ridurre l’insorgenza di ansia tra una somministrazione e l’altra del farmaco (Fontaine et al., 1990).

Uno studio clinico di confronto tra zopiclone e zolpidem condotto su 479 pazienti ha evidenziato una riduzione dei disturbi del sonno nel 67,9% e nel 61,6% dei pazienti trattati rispettivamente con zolpidem (10 mg/die) e zopiclone (7,5 mg/die); lo zolpidem ha determinato una minore insorgenza di effetti avversi rispetto a zopiclone (31,3% vs 45,3%). La percentuale di pazienti che ha interrotto la terapia è risultata pari a 18,1% con zopiclone e 13,9% con zolpidem (Tsutsui et al., 2001).

Lo zopiclone in associazione ad aniracetam è stato impiegato nel trattamento dell’insonnia associata a varie patologie cerebrali (ictus, cerebropatie, morbo di alzheimer, malattia di parkinson) in pazienti anziani; nel 78% dei casi è stato osservato un prolungamento del tempo di riposo superiore al 50% (Katsunuma et al., 1998).

Lo zopiclone ha determinato un miglioramento della qualità del sonno in pazienti affetti da artrite reumatoide (7,5 mg/die per 14 giorni vs placebo). Prima e dopo il trattamento sono stati valutati grado di dolore, stanchezza al risveglio, sonnolenza, rigidità mattutina; i pazienti in terapia con zopiclone hanno riportato una riduzione dei disturbi del sonno, ma il farmaco non è risultato efficace nell’alleviare il dolore o nel migliorare i sintomi diurni (Drewes et al., 1998).
Un risultato analogo è stato ottenuto in uno studio clinico condotto su 33 pazienti affetti da fibromialgia che hanno assunto zopiclone o placebo per otto settimane; è stato ottenuto un miglioramento della qualità del sonno ma non dei sintomi dolorosi (Gronblad et al., 1993).

L’efficacia dello zopiclone è stata valutata anche in combinazione ad SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) nel trattamento dell’insonnia associata ad altri disturbi quali depressione e disturbo d’ansia generalizzato. In uno studio clinico 545 pazienti affetti da depressione maggiore in terapia con fluoxetina hanno assunto S-zopiclone (3 mg/die) o placebo per 8 settimane. La terapia combinata S-zopiclone più fluoxetina è risultata associata a riduzione del tempo per addormentarsi, aumento del tempo totale di sonno e miglioramento della qualità del sonno; ha mostrato inoltre un effetto antidepressivo più rapido ed efficace rispetto ai pazienti che hanno assunto fluoxetina più placebo. L’incidenza di effetti avversi e di interruzioni della terapia è risultata comparabile in entrambi i gruppi (Fava et al., 2006).
In pazienti con insonnia associata a disturbo da ansia generalizzato la somministrazione di S-zopiclone più escitalopram ha mostrato efficacia superiore rispetto al trattamento con escitalopram più placebo, nel ridurre i disturbi del sonno e determinare miglioramento della sindrome ansioso-depressiva. Gli effetti avversi riportati con maggiore frequenza sono stati sapore sgradevole in bocca, sonnolenza, mal di testa, secchezza della bocca; la percentuale è risultata pari a 77,6% e 67,9% rispettivamente con escitalopram più S-zopiclone ed escitalopram più placebo (Pollack et al., 2008).